Archivio mensile Luglio 2017

GIUSEPPE PLUMARI ed EMMANUELE

Uno storico municipalista del XIX secolo

    Giuseppe Plumari, uomo di chiesa e di cultura, era nato a Randazzo il 17 agosto del 1770.
Il padre, don Candeloro, faceva il notaio, e la madre, Paola Emmanuele, discendeva da un’antica famiglia locale. Nonostante appartenesse alla media borghesia, egli dovette sempre fare i conti con le ristrettezze economiche della famiglia, e se già il padre si vedeva costretto, per arrotondare i suoi magri proventi, a far l’organista nelle chiese, lui si trovò sempre a lottare da solo per raggiungere quei risultati che il censo non gli aveva dato già per scontati, e rinunciare nel corso della sua vita, a tante aspirazioni.

Aveva, per esempio, fatta istanza al Re per essere assunto come Cappellano Militare, e, forse dopo un accoglimento sfavorevole, dovette adattarsi all’ambiente del paese.
Ambiente che inevitabilmente doveva andargli piuttosto stretto, sia per le naturali ambizioni dell’uomo, consapevole delle sue doti, sia per le invidie e ostilità in mezzo alle quali si trovò sempre costretto a vivere.
Compì i primi studi presso il Convento dei Basiliani, e in particolare, per la retorica e le lettere, sotto la guida dall’Abate Giovanni Romeo.
Fu proprio un episodio avvenuto in gioventù, un viaggio a Napoli nel corso del quale ebbe modo di visitare palazzi e musei, a risvegliare in lui l’amore per la storia e per le “cose antiquarie”. A 18 anni si recò a frequentare il Seminario di Messina, dove completò gli studi laureandosi in Teologia e Diritto. Fu ordinato sacerdote nel 1795.

Dopo un periodo di tirocinio a Palermo, ritornato nel paese natale, fu associato al clero della chiesa di Santa Maria, in qualità di Canonico della Collegiata.
Nel 1814, alla morte dell’Arciprete Don Alberto Salleo, partecipò al concorso per l’Arcipretura, vincendolo: “questo – dice lo storico don Salvatore Calogero Virzì – fu l’inizio di tutte le traversie della sua vita perché, contestata da uno degli sfortunati concorrenti, Don Antonino Vagliasindi dei baroni del Castello, la sua nomina ad Arciprete, fu tradotto davanti ai Tribunali”.
Ma fu anche la molla che, involontariamente, fece scattare nel Plumari nuovi interessi, dandogli al tempo stesso la possibilità di assecondarli.
Infatti dovette trasferirsi a Palermo per due anni, dal 1815 al 1816, per seguire la causa, che poi avrebbe vinto in pieno, a seguito di tre diverse sentenze successive, ma la permanenza nel capoluogo gli offrì anche l’opportunità ed il tempo di frequentare archivi e biblioteche, di spulciare libri e documenti, scoprendo così la sua vocazione di storico, nonché di avvicinare dotti e studiosi del tempo, quali D. Vincenzo Castelli e D. Giovanni D’Angelo, che lo aiutarono ad affinare ed approfondire la già latente passione per la storiografia.
Da queste frequentazioni, da questi studi, che D. Giuseppe Plumari integrò con la lettura degli storici municipali, quali Pietro Oliveri, Antonino Pollicino, Pietro Di Blasi, Pietro Rotelli, il notaio Prospero Ribizzi e Onorato Colonna, doveva scaturire l’enorme mole degli scritti su Randazzo, la sua storia, i suoi figli più illustri.
Di ritorno in patria, avrebbe potuto finalmente dedicarsi alla vita parrocchiale, preparando i giovani al catechismo, pronunciando orazioni e sermoni, e facendosi così apprezzare per le sue doti di oratore.
Ma per l’Arciprete Plumari la tranquillità era ben lungi dall’arrivare: entrò subito in contrasto con gli Amministratori dell’Opera De Quatris – l’azienda costituita da lasciti e beni immobili assegnati alla chiesa di S. Maria dalla defunta baronessa Giovannella De Quatris – che in seno alla comunità randazzese costituivano una vera e propria potenza economica, e, per di più, dovette vedere sempre minacciata e messa in forse la sua stessa dignità ed autorità di Arciprete.
Infatti, sulla scorta di una certa teoria, ormai da tempo consolidata, stando alla quale le chiese di Randazzo fossero ricettizie, ovvero istituzioni spontanee dove i vari membri godevano di parità assoluta, esercitando a turno, per esempio, le mansioni di parroco, la figura dell’Arciprete sarebbe venuta a ricoprire così un titolo privo di autorità giurisdizionale su tutto il resto del clero, e di conseguenza il Plumari dovette subire non poche angherie ed umiliazioni, specie da chi mal aveva digerito la sua nomina.
Di fatto egli riuscì, soltanto nel 1839, alla morte del Decano D. Antonino Vagliasindi, a sedersi tranquillo sulla sospirata poltrona di Arciprete, e ad assumere i pieni e reali poteri, nonché la dignità, che tale carica comportava: “assommando le due dignità nell’unica sua persona, non ha più da tribolare per il riconoscimento dei suoi diritti e delle sue ambizioni cui tanto sensibile era il suo carattere”’ (Virzì).
Si era anche fatto promotore dell’idea di creare una sede vescovile a Randazzo (la città allora, e fino al 1872, faceva parte della Diocesi di Messina), benché su questa sua proposta sarebbe poi prevalsa quella delle Autorità di Acireale.
Non è da escludere che egli accarezzasse il sogno segreto di poter indossare per primo, e in patria, le insegne di Vescovo…

 

Morì il 1° ottobre 1851. Probabilmente fu seppellito in S. Maria, tuttavia, sicuramente a seguito dei vari rifacimenti della pavimentazione della basilica, e allo smantellamento delle pietre tombali già esistenti, della sua tomba non vi è oggi alcuna traccia. Strano destino, questo, per un uomo che lasciò un’opera immortale, e cui la città deve tanto!
Don Virzì, che è la fonte più dotta, esauriente e attendibile, che ne conobbe e studiò per esteso l’opera, e che a tutt’oggi ne è considerato il più degno erede e successore, così lo descrive:
      “carattere ardente, fattivo, in parte intrigante e ambizioso… Il suo agire in parte ingenuo, fu quello di certi uomini che pensano di essere chiamati a raddrizzare le cose storte… a riformare il mondo con uno spirito di intransigenza che rivela la loro personalità”.
A ciò va aggiunta, da un lato, la perenne condizione di ristrettezza economica in cui il Plumari versò per tutta la vita, e dall’altro la costanza, l’accanimento con cui egli si batté, per tanti anni e con ogni mezzo, per raggiungere il traguardo del pieno riconoscimento di quella dignità dell’Arcipretura che con tanta ostinazione e spirito di ripicca gli fu osteggiata per lunghi anni.

Troppo complesso sarebbe descrivere le diatribe, i colpi bassi, le battaglie che caratterizzarono la rivalità col Decano Vagliasindi  (si tratta di Paolo Vagliasindi Basiliano che nel “Discussione Storica e Topografica” confuta la tesi del Plumari sulla origine di Randazzo F:R.) e altri esponenti influenti del clero locale, ma la chiave di lettura di questa vicenda si potrebbe trovare forse inquadrandola nello scontro fra due classi sociali, un’aristocrazia titolata, fortemente aggrappata ai propri appannaggi e privilegi, cui era restia a rinunziare, ed una borghesia che, fattasi strada con i soli propri mezzi, vedeva negli studi una sorta di affrancamento e di riscatto sociale: a tal proposito non può sfuggire come Giuseppe Plumari non mancasse mai di aggiungere, al proprio nome, il titolo raggiunto con studio e sacrificio “Dottore in Sacra Teologia“, “Canonico in Sagra Teologia Dottore”, e finalmente “Unico Parroco Arciprete di Randazzo”.
Abbondante la sua bibliografia, almeno a giudicare dai titoli pervenutici, a testimoniare un impegno pastorale e culturale notevole e continuo.
Fu grande oratore, convinto e infiammato, tant’è che pubblicò le sue omelie “animato, per non dire obbligato, dai buoni cittadini, che ascoltate le aveano con tanto piacere, e che avean veduto dalle stesse raccolto un frutto universale” come ebbe ad affermare con un pizzico di vanità, o piuttosto consapevolezza delle proprie capacità e dei propri meriti.

– È del 1821 l’Omelia nel giorno natalizio ed onomastico del Re Ferdinando I,
– del 1822 la Felicità dei popoli sotto la Religione Cristiana e sotto il Governo Monarchico, e la Infelicità dei popoli sotto le segrete società tendenti a distruggere la Religione e il trono,
– una Orazione funebre in morte di Ferdinando I (1825).

Altri scritti ancora furono dettati dall’intendimento di affermare le proprie tesi, come :
Le Ragioni in difesa del diritto dell’Arciprete di Randazzo (1813),
– Sulla elezione dell’Amministrazione dell’Opera De Quatris, fatta dai parrocchiani di S. Maria ai quali s’appartiene (1815),
– una Allocuzione in difesa dei beni ecclesiastici appartenenti alla Collegiata di S. Maria.
Altri gli sono stati attribuiti:

Orazione fatta al consiglio civico di Randazzo al 25 agosto 1813,
Poche idee sopra talune leggi da farsi ai termini dello statuto politico per la Sicilia (1848).

Ma la mole più cospicua è costituita dagli scritti su Randazzo, opera cui Plumari dedicò l’impegno di una vita.

La Storia di Randazzo fu redatta in varie stesure, ne esiste pure un’edizione condensata presso la Biblioteca Zelantea di Acireale, depositatavi dall’Autore nel 1834.

Lionardo Vigo


Come egli stesso afferma, fu incoraggiato nelle stesura dell’opera dall’amico acese Lionardo Vigo:

      “Avendo io nelle ore dell’ozio raccolte alcune memorie relative alla Storia di Randazzo, mia Patria, queste un tempo legger volle il Cavaliere Lionardo Vigo della Città di Acireale, qui venuto per curiosare… mi animò… Egli stesso a scrivere un Sunto della Storia mia municipale, con avermi incaricato di doverlo poi trasmettere ali Accademia de’ Zelanti di Scienze, Lettere ed Arti di essa Città di Aci-Reale. Tanto io praticai nello stesso anno 1834″.

Spiegherà poi che, trattandosi di un sunto, omise per brevità di citare gli autori consultati, offrendo così automaticamente il destro ad altri, in particolare all’altro storico dell’epoca, l’Abate Paolo Vagliasindi, di contestare le sue tesi, in particolare la teoria della pentapoli. Secondo questa teoria, Randazzo sarebbe stata originata, a detta del Plumari, dalla fusione di cinque città, Tiracia, Alesa, Triocala, Tissa e Demena.

 

                  Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia – fine primo volume.

 

Di fatto nella Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia, in 2 volumi, iniziata nel 1847 e conclusa nel 1851, l’anno stesso della morte, egli innesta la storia della Città sul ceppo della storia dei popoli e delle genti che abitarono la Sicilia e il Mediterraneo, fin dai tempi più antichi, attingendo agli autori greci e romani. La sua descrizione si fa via via più serrata e documentata, quanto più lo scrittore si avvicina ai tempi moderni.
L’opera è corredata anche da disegni e schizzi, di mano dello stesso Plumari, d’indubbio valore documentario, per ricostruire monumenti non più esistenti o la topografia della città.
Degno di menzione il Codice diplomatico, la Storia delle famiglie nobili di Randazzo, la Storia dei personaggi illustri di Randazzo che fiorirono per fama dì santità, concepita come un terzo volume della Storia.
Proprio questo volume, per volontà dello stesso autore, non sarebbe stato depositato presso l’Archivio di Palermo, ma lasciato alla città di Randazzo, nel caso si fosse reso necessario attingere notizie utili alla causa di beatificazione o canonizzazione di qualcuno dei suoi figli più meritevoli.
“Gloria primaria ed unica della storiografìa randazzese” definisce l’Arciprete Giuseppe Plumari, in un eccesso di  modestia, don Salvatore Calogero Virzì, e prosegue: “Egli è stato l’unico fra tutti gli storici della città a lasciarci una storia manoscritta che è, per l’enorme quantità di documenti consultati e che in parte trascrive e riporta, la fonte più attendibile e più informata degli avvenimenti del passato di Randazzo”.
La sua importanza risiede anche, per noi moderni, nel potere attingere a piene mani, attraverso i suoi scritti, a fonti ormai perdute. Gli è stato rimproverato un eccesso di municipalismo, e qualche ingenuità storica.
Ma Plumari è, e si dichiara egli stesso, storico municipale, e, quanto al resto, lo stesso Virzì, pur riconoscendogli una certa ridondanza e qualche carenza di critica storica, giustifica tali pecche spiegando come la sua opera vada comunque valutata all’interno del contesto in cui si è generata, alla luce della storiografia del tempo. A noi non resta che inchinarci di fronte ad un impegno così costante, protrattosi fino alla morte.
Da quelle pagine manoscritte, in una grafia elegante, ordinata, trabocca tutto l’amore per la sua città, “un tempo celeberrima, a nessun ‘altra Città del Regno seconda”, ma anche per la ricerca e per la storia. Come si legge nella dedica della Storia di Randazzo, Diruta dum patriae numeras monumenta vetusta, tum patriae surgit gloria nobilior, c’è un moto di ambizione, naturale in chi si accinge a un’opera grande, ma c’è anche spirito di servizio.
E come sottovalutare tante descrizioni della Randazzo del suo tempo, quelle così puntuali di opere d’arte, edifici, le cronologie, le citazioni d’archivio, gli elenchi di chiese, di porte, beni in massima parte ormai inesistenti, distrutti o smarriti, e riscontrabili solo attraverso la sua testimonianza. 
Maristella Dilettoso

 (Articolo pubblicato su Cultura e Prospettive n. 23, Supplemento a Il Convivio n. 57, Aprile – Giugno 2014)

       Clicca sull’immagine per leggerlo                                                 Clicca sull’immagine per leggerlo

 

                                                              UNA GLORIA DELLA CITTA’:  L’ARCIPRETE D. GIUSEPPE PLUMARI                                                               

 

     Gloria primaria ed unica della storiografia randazzese è il famoso Arciprete Giuseppe Plumari, vissuto a cavallo dei Sec. XVIII e XIX. Ed è giusto che noi, moderni cultori delle glorie patrie, diamo il dovuto tributo di riconoscenza a quest’uomo che, ignorato del tutto nel passato, da studiosi e non studiosi, ci ha lasciato una grande opera, che ci parla di tutte le glorie della nostra cittadina.
    Dico ignorato, perché in verità ben poco la cittadinanza randazzese ha fatto per lui.
Mentre, infatti, si sono giustamente onorati i caduti della grande guerra, intitolando al loro nome un intero viale (Viale dei caduti sulla Via Regina Margherita) e non poche strade del paese, purtroppo, col risultato di cancellare irrimediabilmente nomi tradizionali e popolari, ancora in parte vivi nel gergo popolare, con tanto danno dell’antica toponomastica urbana, che non ha lasciato traccia nemmanco negli Atti Ufficiali del Comune.
Nulla si è fatto in Randazzo per l’Arciprete Plumari, che ha lasciato manoscritta la sua opera, ma solamente intitolando, non so in quale tempo al suo nome un vicoletto ignorato del quartier di S. Martino.
    Cosi per lui, cosi per tanti altri nomi prestigiosi della storia cittadina, facendo eccezione soltanto per il nome del deputato del principio del secolo, on. Paolo Vagliasindi, per cui si affisse al cantonale della casa di famiglia una candida lapide che ebbe la ventura di essere stata dettata dal grande Federico De Roberto ed inaugurata col concorso di tutto il popolo e di tutte le autorità, come ci testimoniano le fotografie del tempo.
    Grande personaggio arciprete Giuseppe Plumari ed Emmanuele, uomo di cultura e di abilità.
    Egli è stato l’unico fra tutti gli storici della città a lasciarci una Storia manoscritta che è, per l’enorme quantità di documenti consultati e che in parte trascrive e riporta, la fonte più attendibile e più informata degli avvenimenti del passato di Randazzo.
Opera enorme in due grossi volumi che fu da lui compilata sulle memorie di cultori di storia patria e di notai che, purtroppo, noi non possediamo più, ma che egli ebbe la fortuna di avere in mano e sfruttare nella sua trattazione.
In tale opera abbiamo un documento del suo impegno indefesso di ricerca che lo ricerca che lo spinse ad una immane fatica che solo chi ne è addestrato può valutare, del suo ardente amore per la patria, della sua gioia nel portare alla luce le sue glorie del passato, unica soddisfazione dello studioso e del compilatore.
    Ce lo riferisce egli stesso rivelandoci che il suo interesse crebbe a dismisura allorquando, nello studio dei documenti, trovava citato continuamente il nome della sua Randazzo e degli avvenimenti che la riguardavano.
    Tutto questo trasparisce da tali pagine. Stato d’animo, purtroppo, questo, che costruisce il punto più debole del suo lavoro, aggravato dalla sua complessità e spesso pletoricità. Mende, queste, di una certa gravità che sminuiscono il valore dell’opera, ma che non sono da imputare del tutto all’autore che, nato nel settecento, il cosiddetto secolo dei lumi, non poteva non risentire di quelle manchevolezze che la storiografia ancora registrava nella sua evoluzione.
   Per tali deficienze, più che personali, dovute al manchevole manchevole sviluppo scientifico del tempo, non seppe valutare con disinteressato discernimento le notizie raccolte e non seppe fare uso di quella storica che fa la vera storia. 

 

Via Plumari – quartiere di San Martino 

    
    Dico ignorato, perché in verità ben poco la cittadinanza randazzese ha fatto per lui.
Mentre, infatti, si sono giustamente onorati i caduti della grande guerra, intitolando al loro nome un intero viale (Viale dei caduti sulla Via Regina Margherita) e non poche strade del paese, purtroppo, col risultato di cancellare irrimediabilmente nomi tradizionali e popolari, ancora in parte vivi nel gergo popolare, con tanto danno dell’antica toponomastica urbana, che non ha lasciato traccia nemmanco negli Atti Ufficiali del Comune.
Nulla si è fatto in Randazzo per l’Arciprete Plumari, che ha lasciato manoscritta la sua opera, ma solamente intitolando, non so in quale tempo al suo nome un vicoletto ignorato del quartier di S. Martino.
    Cosi per lui, cosi per tanti altri nomi prestigiosi della storia cittadina, facendo eccezione soltanto per il nome del deputato del principio del secolo, on. Paolo Vagliasindi, per cui si affisse al cantonale della casa di famiglia una candida lapide che ebbe la ventura di essere stata dettata dal grande Federico De Roberto ed inaugurata col concorso di tutto il popolo e di tutte le autorità, come ci testimoniano le fotografie del tempo.
    Grande personaggio arciprete Giuseppe Plumari ed Emmanuele, uomo di cultura e di abilità.
    Egli è stato l’unico fra tutti gli storici della città a lasciarci una Storia manoscritta che è, per l’enorme quantità di documenti consultati e che in parte trascrive e riporta, la fonte più attendibile e più informata degli avvenimenti del passato di Randazzo.
Opera enorme in due grossi volumi che fu da lui compilata sulle memorie di cultori di storia patria e di notai che, purtroppo, noi non possediamo più, ma che egli ebbe la fortuna di avere in mano e sfruttare nella sua trattazione.
In tale opera abbiamo un documento del suo impegno indefesso di ricerca che lo ricerca che lo spinse ad una immane fatica che solo chi ne è addestrato può valutare, del suo ardente amore per la patria, della sua gioia nel portare alla luce le sue glorie del passato, unica soddisfazione dello studioso e del compilatore.
    Ce lo riferisce egli stesso rivelandoci che il suo interesse crebbe a dismisura allorquando, nello studio dei documenti, trovava citato continuamente il nome della sua Randazzo e degli avvenimenti che la riguardavano.
    Tutto questo trasparisce da tali pagine. Stato d’animo, purtroppo, questo, che costruisce il punto più debole del suo lavoro, aggravato dalla sua complessità e spesso pletoricità. Mende, queste, di una certa gravità che sminuiscono il valore dell’opera, ma che non sono da imputare del tutto all’autore che, nato nel settecento, il cosiddetto secolo dei lumi, non poteva non risentire di quelle manchevolezze che la storiografia ancora registrava nella sua evoluzione.
   Per tali deficienze, più che personali, dovute al manchevole 

sviluppo scientifico del tempo, non seppe valutare con disinteressato discernimento le notizie raccolte e non seppe fare uso di quella storica che fa la vera storia.
    Molte, infatti, delle sue conclusioni storiche non reggono alla critica moderna, avvalorata dai ritrovamenti archeologici e documentari. Ciò non toglie che egli ci ha lasciato una fonte preziosissima di tutto ciò che riguarda la storia della città, elegante, ben leggibile, due copie dell’ultima stesura della “ Storia di Randazzo” e ne depositò una nella Biblioteca Comunale di Palermo, ancora esistente e consultabile e ne regalò una al Comune di Randazzo, purtroppo da tempo scomparsa.

 

Giuseppe Plumari – Primo volume Storia di Randazzo

Giuseppe Plumari – secondo volume Storia di Randazzo

 

   Notizia recentissima di questi giorni è che, nel clima instauratosi da qualche tempo nella nostra città per merito delle Autorità cittadine attuali,, ad ovviare al danno subito dalla comunità tutta con la scomparsa della copia manoscritta originale, il Comune è stato dotato del “Microfilm” dell’opera del Plumari, giacente nella sopradetta Biblioteca di Palermo, a servizio degli studiosi.
   IL PLUMARI, come egli stesso ci rivela in un breve profilo lasciatoci nella sua opera “Uomini Illustri di Randazzo”, nacque il 17 Agosto 1770 dal notaio D. Candeloro e da Paola Emmanuele.
    Giovanetto fu alunno, per i primi elementi di lettere e retorica, del basiliano Don Giovanni Romeo, Abate allora del Monastero di recente costruzione, il cui fabbricato diventò in seguito il “Collegio S. Basilio”.
    A 18 anni fu inviato dal Seminario di Messina dove compi i suoi studi e si addottorò  in Teologia e Diritto, alla scuola di illustri professori che lo informarono all’amore dello studio.

   Ordinato sacerdote nel 1795, fece un breve tirocinio ministeriale a Palermo, dove si distinse per la scienza e la sua abilità di oratore, ritornò, quindi, a Randazzo e fu associato al Clero della Chiesa di Santa Maria.
    Morto il degno arciprete, D. Alberto Salleo (1783-1814), assieme ad altri quattro, fu ammesso al concorso per l’Arcipretura e vinse (1814), ma questa vittoria fu l’inizio di tutte le traversie della sua vita perché, contestata la sua elezione ad Arciprete da uno degli sfortunati concorrenti, fu tradotto davanti ai Tribunali.
Egli per difendere validamente il suo diritto e il beneficio ecclesiastico vinto, dovette trasferirsi per due anni (1815-1816) a Palermo dove ottenne con tre sentenze diverse una piena vittoria e un pieno riconoscimento del diritto.
   Un avvenimento particolare della sua giovinezza apri un nuovo orizzonte alle sue innate disposizioni e lo portò ad una scelta che avrebbe indirizzato il suo giovane animo alla cultura storica.  Ce lo fa sapere egli stesso.
    “All’età di 18 anni, ritrovandosi in Messina in compagnia di alcuni cavalieri randazzesi (…) passa con li medesimi a vedere la capitale di Napoli e tutte le magnificenze della bella Partenope non esclusa la grande gala di corte solita farsi l’8 Settembre nella Festa di S. Maria di Piedigrotta.
    Dalla visita fatta alle antichità di Pozzuoli e al celebre Museo Borbonico, cominciò a prendere gusto allo studio delle cose antiquarie…”.

    Questa passione si sviluppo negli anni e raggiunse la massima efficacia nel periodo, non poco lungo, che egli passò a Palermo dove frequentò archivi, biblioteche, persone della cultura, come un D. Vincenzo Caselli, principe di Torremuzza, grande studioso delle antichità della Sicilia, ed il can. D. Giovanni d’Angelo, che lo avviarono agli studi storici ed alla ricerca di documenti nella celebre Biblioteca del Senato ed in vari Archivi della Capitale.
    Di tutto questo materiale che, man mano, andò raccogliendo, integrato dalle memorie scritte dei randazzesi Pietro Oliveri, Antonio Pollicino, Pietro di Blasi, Pietro Rotelli, notaio Prospero Ribizzi e del benedettino Onorato Colonna, egli compilò una serie di volumi riguardanti la storia della città delle sue famiglie e delle persone illustri di essa, come si può vedere dal lungo elenco delle sue opere, che segue:

  • Storia di Randazzo, trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale della Sicilia – Ms. in 2 voll. 1849, presso la Biblioteca Comunale di Palermo.
  • Storia di Randazzo – Ms. in un Vol. presso la Biblioteca Zelantea di Acireale, depositata dallo stesso autore l’8-1-1834.
  • Storia di Randazzo, prima stesura manoscritta, appartenente al compianto can. D. Giuseppe Finocchiaro, ora in possesso della famiglia Virgilio Pietro di Catania.
  • Codice Diplomatico – Ms. in un Vol. presso la Biblioteca Comunale di Palermo.
  • Storia delle Famiglie Nobili di Randazzo – Ms. in un Vol. in possesso della Famiglia Scala, Giarre.
  • Storia dei personaggi illustri di Randazzo – Ms. in un Volume.
  • Allocuzione in difesa dei beni ecclesiastici appartenenti alla Collegiata di S. Maria – Palermo 1813.
  • Ragioni in difesa del diritto dell’Arciprete di Randazzo – Messina 1813.
  • Sulla elezione dell’Amministrazione dell’Opera de Quatris fatta dai parrocchiani di S. Maria ai quali s’appartiene – Catania 1815.
  • Omelia nel giorno natalizio ed onomastico del Re Ferdinando I – Catania 1821.
  • Felicità dei popoli sotto la Religione Cristiana e sotto il Governo Borbonico – Messina 1822.
  • Infelicità dei popoli sotto le segrete società tendenti a distruggere la Religione e il Trono – Messina 1822.
  • Orazione funebre in morte di Ferdinando I – Messina 1825.

    Carattere ardente e fattivo si rivelò il Plumari fin dal primo momento in cui egli fece parte della “comunità” della Chiesa di S. Maria, cui si aggregò non appena fu ordinato sacerdote (1795).
    Ritiratosi da Palermo ove, come si è detto, passò i primi anni del suo sacerdozio aggiudicandosi tanta stima, si immise in pieno nella vita parrocchiale della Chiesa con una grande dose di entusiasmo ad impartire lezioni di catechismo ai giovanetti, a pronunziare discorsi di circostanza e orazioni sacre che furono tanti apprezzati dai fedeli e dalla comunità ecclesiastica che, nello stesso 1795, dal  R. Amministratore dell’Opera de Quatris, cui competeva il diritto, D. Giacinto Dragonetti, fu eletto canonico della Collegiata al diciottesimo stallo e scelto come curatore della “Festa della Vara”.
    Problema gravissimo che angustiò tutta la sua vita, furono le ristrettezze economiche della famiglia (il padre, notaio, per arrotondare le entrate faceva l’organista nelle Chiese) e perciò domanda al Re per essere assunto come Cappellano Militare e, forse in seguito ad una risposta negativa, si decise di adattarsi alla vita del paese anche in mezzo alle difficoltà che gli derivarono dalla famiglia e dall’ambiente.     Non pochi, infatti, furono gli invidiosi ed i nemici dichiarati intorno a lui, suscitati dalle sue buone doti che lo facevano spiccare su tutti e, purtroppo, anche dal suo carattere deciso e non facilmente malleabile, quando si trattava della difesa dei diritti suoi e della Chiesa o di opporvi alle prepotenze, da qualunque parte venissero specialmente da parte degli Amministratori dell’Opera de Quatris che, essendo a capo di questa grande e ricca azienda, la più grande del paese, si sentivano investiti di autorità e strapotere cui tutto  e tutti dovevano piegarsi.
Anche in seno al Clero, in questo periodo torbido della storia della nazione, egli ebbe a soffrire ed a combattere le sue battaglie alla difesa dell’Autorità di Arciprete.
Le teorie sovversive del tempo, il fermento politico che aveva portato in Randazzo l’istituzione di alcune vendite della carboneria, l’inquietitudine rivoluzionaria lasciata dalla invasione francese nel napoletano e dal regno murattiano, avevano disposto gli spiriti al sovvertimento delle vecchie istituzioni ed alla scelta delle novità più singolari.
    Tra queste una estrosa teoria che toccava direttamente il Plumari nella sua qualità di Arciprete, sostenuta da gente malevola ed illusa, proprio in questo scorcio di secolo, imperversò per tutto il periodo successivo facendo maturare, negli anni ’50 del secolo passato ed oltre, risultati distruttivi.
    Intendo accennare alla teoria pseudo-storica che sosteneva, senza documenti di appoggio valevoli, che le chiese di Randazzo erano “chiese ricetti zie”, cioè chiese formatesi nei secoli come istituzione spontanea il cui clero si era in esse raccolto senza istituzione canonica, per cui i membri godevano di una parità assoluta e di diritti uguali, esercitando il ministero sacramentale a turno con le specifiche mansioni, volta per volta, il parroco “ad tempus”.
    Ciò colpiva direttamente la posizione dell’Arciprete che, in conseguenza di ciò non godeva di beneficio ecclesiastico istituito dall’Autorità canonica, ma soltanto di un titolo spoglio di autorità giurisdizionale sugli altri preti, per cui il detentore del titolo di Arciprete, secondo tale teoria, era un semplice sacerdote come tutti gli altri, un “unus inter pares” senza diritti giurisdizionali di sorta.

    Conseguenza di tale teoria, che ebbe gli assertori più accaniti tra il clero di Randazzo, fu la contestazione dell’Autorità arcipretale del Plumari che, nonostante la sua difesa a base di documenti, dovette subire affronti e clamorose ripulse che arrivarono a formali disubbidienze ed opposizioni.
    Eppure, a leggere anche ora i documenti della fondazione della Collegiata, diventata con gli anni l’arbitra della Chiesa di S. Maria ed in seno alla quale si trovavano i più accaniti suoi oppositori, ben altre erano le disposizioni arcivescovili emanate nell’atto della fondazione, concedeva tutto ai Cappellani, ma chiaramente ribadiva la intoccabilità dei diritti dell’Arciprete sia nel Coro, sia nelle processioni, sia in tutte le azioni liturgiche e di rappresentanza, sia ancora nelle sue facoltà giurisdizionali.
    Grosso imbroglio, dunque, questo, che condizionò e tormentò la vita del Plumari che potè avere un po’ di pace soltanto quando egli fu eletto, nel 1840, Decano della Collegiata e che fu risolto soltanto alla sua morte dai Tribunali ecclesiastici ad opera del suo successore, il battagliero ed energico Arciprete D. Vincenzo Cavallaro, proprio nel decennio degli anni cinquanta dell’Ottocento.
    Nonostante gli assilli derivategli da ciò, che fu il cruccio della sua vita, il problema economico, cioè, ed ancora dalla difesa strenua dei suoi diritti di Arciprete, egli continuò ad esercitare il suo ministero di buon sacerdote e zelante Arciprete; non solo, ma anche a coltivare la sua occupazione preferita di indefesso studioso e, perciò, è opera dell’ultimo decennio della sua vita, anzi addirittura degli ultimi anni, la definitiva stesura dell’Opera sulla storia di Randazzo, come ci rivela la data segnata nella copia ancora esistente (1849), tempo in cui erano già sedate tutte le diatribe e le opposizioni alla sua persona e alla sua giurisdizione, perché erano venuti meno i suoi più acerrimi oppositori e si erano assommate nell’unica sua persona le due dignità del Clero di Arciprete e di Decano della Collegiata (1840).

    Moriva nell’ottobre del 1851 e probabilmente fu seppellito nella Chiesa di S. Maria, ma della sua tomba si è perduto ogni ricordo.

    Commossi, pertanto, e riconoscenti, rendiamo omaggio a questo degno figlio della nostra città, il quale nella sua opera ci ha lasciato la testimonianza più viva e veritiera di ciò che significa amore della patria e della scienza congiunti in un unico nobile scopo.

    Quali ricordi di questo grande personaggio ci restano a Randazzo?

 

                        La casa del Plumari – corso Umberto 233/235 – Randazzo

    In verità ben pochi: un vicolo – come abbiamo già detto – vicino alla sua casa di abitazione, nel quartiere di S. Martino, intitolato al suo nome; un libro che porta di suo pugno il nome; una qualche lettera nell’archivio della Chiesa, con intestazione a stampa dei suoi titoli e col bollo personale con il suo stemma; ed ancora, forse una statuetta della Madonna Addolorata, che apparteneva al clan. Caldiero, che l’avrà potuta ereditare da lui.
    Non un ritratto, non alcuna carta dei suoi numerosissimi appunti; non memorie dei contemporanei che ci facessero conoscere la personalità di quest’uomo tanto benemerito della sua patria.
    A lui, vada, pertanto, il nostro tardivo ricordo riconoscente; e questo profilo, da questa rivista, espressione divulgativa dei problemi e delle glorie della città, nel mio intento è l’omaggio di uno studioso che tanto gli deve ed una spinta a che i cittadini tutti, con a capo le autorità civili e religiose, rendano il dovuto tributo di riconoscenza con iniziative che possano far conoscere i grandi meriti di chi ha innalzato alla sua città con monumento “più duraturo del bronzo” (aere perennius).

Sac. Salvatore Calogero Virzì.  Articolo pubblicato su “Randazzo Notizie” n.9  maggio 1984 

    (Forse non è inutile ricordare a noi tutti che, ahimè, l’esortazione di Don Virzì  di rendergli i dovuti onori all’Arciprete Giuseppe Plumari, è rimasta fino ad ora totalmente inascoltata).  Francesco Rubbino

                                                                              

Qui di seguito riportiamo le copertine ed alcuni dipinti e disegni dei tre volumi della  “STORIA DI RANDAZZO ”  :

 

 

 

Di seguito alcune pubblicazioni del Plumari. Li puoi trovare anche nella sezione LIBRERIA.
 
  Storia di Randazzo:  Primo Volume diviso in tre libri.           

  Lettere Autografe – 1822 

  Codice Diplomatico della Città di Randazzo  .                       

  Orazione Funebre per Ferdinando I Re del Regno delle Due Sicilie.

 

  La Felicità Politca-Cristiana

                           

                                     

                                 

                                      

                                        

Nunzio Trazzera, artista polivalente (di Santi Correnti)

Il Faust goethiano diceva che nel suo petto abitavano due anime (“Zwei Seelen wohnen in meiner Brust”): ma bisogna riconoscere che nel petto dell’artista siciliano Nunzio Trazzera, che è nato a Randazzo nel 1948, di anime ne abitano parecchie, perché, nella sua multiforme attività creatrice, si è cimentato con uguale successo non solo nella pittura, ma anche nella scultura in bronzo, nella ceramica policroma e nella terracotta.
Del resto, se chiedete a lui stesso una classificazione della sua arte, Nunzio Trazzera vi risponderà che egli non è un pittore o uno scultore, bensì un “pittoscultore”: cioè egli riconosce – e le sue numerose opere lo dimostrano – che nella sua vitalità artistica “pòntano ugualmente” (come direbbe Dante) sia la espressione pittorica che quella scultorea; e che queste due arti vanno intese nella più ampia gamma possibile di espressione, per cui, accanto alle tele e alle opere pittoriche, troviamo le statue e i busti e i bassorilievi in bronzo: ed accanto alle ceramiche policrome di notevoli proporzioni (come il “Cristo Re” di Montelaguardia, ed il “San Cristoforo” di Porta San Martino a Randazzo), troviamo pregevoli opere di terracotta, quali le formelle del “Trofeo S. Ignazio”, e gli artistici vasi che adornano le Piazze di Piedimonte Etneo, nonché gli smalti.
La vigorosa poliedricità di Nunzio Trazzera – che storicamente si riallaccia ad una nobilissima tradizione siciliana, che partendo dal messinese Francesco Maurolico del Cinquecento (che fu al tempo stesso astronomo, matematico, storico e grammatico di vaglia), arriva al belpassese Nino Martoglio (che nel primo Novecento è stato giornalista, commediografo, poeta bravo tanto in siciliano quanto in italiano, nonché organizzatore teatrale e critico letterario non comune) – è stata messa in rilievo dal corale apprezzamento di illustri critici a livello nazionale, quali Senzio Mazza ed Orietta Giardi, che già nel 1979 fecero notare la dimensione cosmica e l’impatto cromatico della pittura di Nunzio Trazzera; ed è stata confermata dalle lodi unanimi che gli sono state rivolte da noti critici siciliani, quali l’indimenticabile don Salvatore Calogero Virzì, e i viventi Salvatore Agati ed Alfio Ragaglia da Randazzo, che hanno rispettivamente fatto notare l’innato talento creativo, la genuina interpretazione del messaggio umano, ed il reale contributo culturale che le opere di Nunzio Trazzera arrecano allo sviluppo spirituale del popolo siciliano in genere, e della comunità randazzese in particolare.
Questa grande carica umana deriva a Nunzio Trazzera non solo dalla sua vocazione artistica, e del quotidiano contatto con i giovani suoi allievi, che riconoscono in lui non un docente, ma un Maestro: ma deriva soprattutto anche dalle sue vaste esperienze umane, dovuti ai suoi lunghi soggiorni fuori dalla Sicilia, e segnatamente in Lombardia: onde la sua arte risulta arricchita da questi corroboranti apporti extra-insulari. Io stesso ho avuto il piacere di conoscere Nunzio Trazzera non in Sicilia, ma a Milano, in una delle trasmissioni che negli anni Ottanta si tenevano a Radio Montestella per i Siciliani residenti al Nord, e che erano condotte da mio fratello comm. Pino Correnti, allora direttore del prestigioso Teatro Manzoni di Milano.
Questo infaticabile artista, così ricco di creatività nei vari campi dell’arte figurativa, e che nelle sue opere vuole e sa esprimere il desiderio di pace, di lavoro, di libertà e di amore, che sono sentimenti profondamente radicati nel cuore dei veri siciliani, merita quindi l’apprezzamento e il plauso di quanti, come l’autore di queste righe, credono fermamente, e fermamente sostengono, che la Sicilia non è soltanto mafia, come mostrano di credere scrittori e giornalisti di grande nome come Sciascia o Bocca, perché invece la Sicilia è la inesausta generatrice di santi, di scienziati, di scrittori e di artisti, come Archimede, come Antonello, come Bellini, come Quasimodo, come Pirandello e come Verga.

SANTI CORRENTI
dell’Università di Catania

Torre Archirafi (Catania), 4 Agosto 1993

 

 

NUNZIO TRAZZERA

Nunzio Trazzera,  pittore e scultore  nasce a Randazzo nel 1948.
E’ stato docente di educazione artistica a Corsico, Rozzano, Milano, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Maletto e Randazzo.
Fin dal 1966 ha partecipato a varie manifestazioni artistiche con mostre personali, collettive, rassegne e fiere in varie città italiane ed estere.

Nunzio Trazzera

Sue sculture in bronzo, ceramica, legno e pittoriche sono presenti in varie collezioni e arredi pubblici e privati.

Insignito di vari premi e riconoscimenti, figura con biografia, opere e articoli in numerosi libri, riviste specializzate, giornali ecc.

Nunzio Trazzera si presenta

NunzioTrazzera

 Non è un’impresa agevole riannodare i fili di un cammino nell’arte figurativa, nato da una naturale inclinazione e vissuto in continua evoluzione. E forse è per questo che, anche oggi, nonostante le mete raggiunte, il mio animo non si sente appagato.

I miei sentimenti e affetti, la mia terra, la mia immaginazione creativa, i problemi dell’uomo, della società nel suo complesso e nel suo specifico, i contrasti etnici e religiosi, mi ispirano e mi sollecitano a nuovi impegni.

E’ un’agitazione interiore che mi punge e mi assilla e che non troverà quiete se non nel parto di nuovi lavori. Ma troverà mai quiete il mio animo?

Spero di no, perché quando un animo si sente appagato è orto, quando l’immaginazione e la fantasia si sono spente non si vive, quando l’ardore creativo si è esaurito la vita, intendo quella artistica (ma non solo) è finita.

Io non vorrei giungere a tale giorno, perché ciò vorrebbe dire che né la natura che ci circonda, né il calore degli affetti più belli parleranno più al mio cuore. Tutto questo ha animato e guidato, nel tempo, la mia attività e il mio impegno nel campo dell’arte.

Nunzio Trazzera

Nunzio Trazzera

La presente raccolta, pertanto, serve a documentare, da una parte, quanto fin qui realizzato: sogni vissuti e realizzati con le varie tecniche raffigurative; dall’altra vuole essere un omaggio ai miei familiari, agli amici ed estimatori, che, da sempre, con atti concreti e sinceri, mi sono stati e mi sono discreti sostenitori e pungolo per la mia attività.
Vuole infine essere l’occasione per ringraziare quanti – e sono veramente moltissimi – hanno onorato e reso possibile la collocazione e l’esposizione delle mie opere, sia in Italia che all’estero; quanti le hanno richieste per utilizzare nella pubblicazione di libri o in riviste a carattere artistico-culturale e in giornali.

Questo consenso, accompagnato sempre da continui riconoscimenti ed autorevoli attestati, ha favorito e favorisce la crescita, l’evoluzione, la maturazione, l’autonomia culturale e ispirativa per la realizzazione dei miei sogni.

Ed in questo stato fortunato perché nato, formato e vissuto in quella parte della Sicilia orientale che si specchia nell’azzurro del mare Ionio, ricco di storia e civiltà; in quella parte dove maestoso si erge il vulcano etna con la sua mole cangiante, con i suoi sussulti ora lievi ora minacciosi, con le sue strade incandescenti tra zone ora aride ora innevate, sempre presente e vivo; in quella parte resa famosa per la bellezza e varietà delle sue coste e insenature, per i suoi pendii fertili e variamente colorati e profumati da estesi agrumeti e frutteti, da una lussureggiante vegetazione di boschi e sottoboschi.

Qui, ai piedi dell’Etna, sono nato, qui la mia mente si è dischiusa alla conoscenza del vero e del bello, qui il mio cuore ha cominciato a palpitare e a commuoversi. Loro nutrimento sono stati la natura aspra ma avvolgente, i contrasti cromatici, la purezza e il profumo dell’aria, la varietà della fauna e della flora, l’operosità e la calda sensibilità della gente, gli usi, i costumi, le tradizioni, le lotte, le sconfitte e le vittorie.

Nunzio Trazzera – Randazzo

Qui, in questa zona della Sicilia Ionica, mi sono formato, qui dove fin dall’antichità si sono avvicendati popoli diversi, Greci, Latini, Arabi, Normanni ed altri, lasciando mirabilissime testimonianze architettoniche, scultoree  e pittoriche.

Qui in questa gemma dello Ionio, sono nati o vissuti artisti e pensatori la cui fama è universalmente nota ed onorata, quali Archimede, Pitagora , Antonello da Messina, Giovanni Verga, G. Sciuti, Domenico Tempio, Vincenzo Bellini, Santo Calì, Francesco Messina, S. Fiume.
In questo grandioso scenario culturale ed artistico, la natura ha giocato un ruolo di vera protagonista.
Essa infatti di continuo genera, ispira, stimola, apre la mente e il cuore di coloro che sono dotati da natura ed educazione a quella particolare sensibilità che abilita a creare o ricreare nuove espressioni d’arte in tutti i campi, sia poetiche che letterarie e artistiche , in particolare figurative.
Questa realtà, questo patrimonio naturale ed umano bastano da soli a mantenere viva e sempre attuale una tradizione di artisti e opere apprezzati presso tutti coloro cui stanno a cuore i più alti valori della cultura, del pensiero e del bello.

Nunzio Trazzera

Questa atmosfera, questa specificità della mia terra, ha forgiato la mia sensibilità, ha caratterizzato la mia arte nel suo divenire, ha generato le mie opere.
Ancora giovanetto ho sperimentato una forte quanto fantastica sensazione: nel silenzio vivo della natura, con lo sguardo fisso nella cangiante atmosfera, fui attratto da una nuvoletta che candida si stagliava nell’azzurro del cielo.

Quasi giocando, la nuvoletta lentamente si dissolveva e si ricomponeva stuzzicando dolcemente la mia immaginazione, si sfibrava e lacrimava sulla terra, sugli alberi, sulle cose.

Questa semplice e fortuita visione ha segnato l’inizio di una ininterrotta riflessione sul ciclo perenne della vita, sul motto di Eraclito, sull’arte corinzia, su Buonarroti, sul dinamismo barocco, sui macchiaioli, sui futuristi e le varie avanguardie.

Inizia così quell’avventura esistenziale e artistica che solo in parte trova posto in queste pagine. Nell’opuscolo, infatti, sono presenti solo alcuni dei momenti di impegno e di confronto sereno con la natura, e questi mai statici ma sempre e in continuo divenire, dove protagonista è l’uomo, col suo impasto di sentimenti, passioni, desideri, vizi, virtù: tutto l’uomo, capace di condizionare in positivo o in negativo la realtà in cui vive ed opera.

NUNZIO TRAZZERA

 

Porta San Martino, Randazzo – Il San Cristoforo opera di Nunzio Trazzera.

   

 Hanno scritto di Nunzio Trazzera                  

Artisti contemporanei alla ribalta di Salvatore Calogero Virzì  

Nunzio Trazzera  – E nato a Randazzo  (CT) dove vive e lavora in via Portali 31. Pittore – scrittore.

Opere di Pittura: Maternità cosmica. Sacro e Profano. Simbiosi. Mediterranietà di Nunzio Trazzera

Se l’arte è tale quale fu definita “passaporto di libertà”, dobbiamo dire che Trazzera è definitivamente avviato verso questa libertà che raggiunge l’estasi della contemplazione in tutti i campi della sua creatività d’artista.
Egli infatti si rivela vero artista sia come pittore, sia come scultore,  come ceramista e fonditore.Il suo innato talento creativo rivela un tocco di disegno incisivo, una tavolozza cromatica varia,  palesemente efficace che, vivificando il disegno e l’idea assoluta del soggetto, si innalza a dimensioni di vita che si avviano verso un cosmico dinamico.
Questo del dinamismo delle linee e della scelta del soggetto più opportuna e atta ad esprimerlo per me sono le caratteristiche  più immediate del Trazzera: movimento, ridda di colori sgrananti intramezzati da chiaroscuri evanescenti, movimento convulsivo che esprime un idea, una vita nuova che agita le sue rappresentazioni, di una efficacia talmente efficace che ci porta nel sogno e nello sbalordimento.
Opera vasta questa ed espressiva che trova la sua completa espressione in soggetti presi  dalla vita giornaliera visti con occhio d’artista cui si associa l’irreale e il cosmico pervaso tutto non da cerebralismo ma da un sentimento che parte dal cuore,  da una esperienza vissuta da una realtà che ci colpisce momento per momento , raggiungendo vette di dolcezza, di soddisfazione, di rimpianto del momento che fugge. Paternità dunque cosmica, pervasa da una esperienza che diventa conquista e messaggio di vita: disegno incisivo., il colore astratto o a chiazza dai contorni netti o sfumati, il movimento convulso ma sempre contenuto e sempre pervaso dall’idea che vuole esprimere, fanno del Trazzera uno degli artisti più rappresentativi tra i giovani siciliani che hanno già raggiunto la loro identità e la loro personalità artistica.

Salvatore Calogero Virzì 

 

Il dinamismo cosmico 

Le opere di Nunzio Trazzera di Giusy Paratore 

Novara – Che Novara amasse l’arte del dipingere era già noto; a far riscuotere numerosi consensi, però ha contribuito il numero impressionante di visitatori, che ha dedicato tante ore ad apprezzare le numerose mostre preparate con cura dall’Amministrazione Comunale Novarese.
    Le vie del centro storico, in questo caldo mese d’agosto, pullulano di artisti che, con l’esposizione dei quadri, stanno facendo rivivere le antiche tradizioni di Novara. Per rendere più surreale la mostra, oltre ad alcuni locali privati ed al palazzo <<Stancanelli>>, sono state messe a disposizione degli artisti alcune chiese.
Nel tempio di S. Francesco, fra luci soffuse, ha esposto dall’11 al 18 agosto le sue pregiate opere lo scultore e pittore di Randazzo, Nunzio Trazzera.
Il successo ottenuto dall’artista etneo con la mostra dal tema; <<il dinamismo cosmico>> le sue opere, infatti, sono state lungamente ammirate dagli amanti della pittura. Tutti sono rimasti colpiti e meravigliati dell’espressione artistica che Nunzio Trazzera riesce a trasmettere attraverso i suoi quadri.
<<La sua pittura brilla di una luce interiore che evidenzia la luminosità dei colori – afferma Rosalba Buemi – vivifica l’espressività dei personaggi, anima la natura e le cose, trasportandoci in una dimensione cosmica, in una vitalità piena in un trionfo di luce e colori che ci fanno volteggiare nell’infinito come solo i grandi sanno fare. Nelle sue tele – prosegue Rosalba Buemi – l’armonia dei colori da origine alla linearità ed all’essenzialità delle forme.
Il trionfo cromatico ci trascina nell’interiorità del sentimento: l’amore, la gioia di vivere, gli affetti familiari, i problemi sociali, il dinamismo delle sue opere in ceramica, l’esempio più alto è sicuramente  l’abside della chiesa di Montelaguardia di Randazzo, dove il Cristo muove le gambe e le braccia verso gli uomini per accoglierli nella sua infinitezza e le figure umane s’innalzano verso l’alto>>.
Nunzio Trazzera, nella storica chiesa di S. Francesco, ha esposto opere che riguardano i vari campi della figurazione.
Lo scultore, nelle sue creazioni vere o fantasiose, è riuscito ad imprimere una forte personalità, le sue opere sono in continua trasformazione nella cromia, nei volumi e nelle masse senza corposità e peso.

La Donazione – Bronzo a c.p. di Nunzio Trazzera

L’artista di Randazzo è riuscito a fare sprigionare dalle sue <<magiche>> mani soluzioni originali di un particolare equilibrio, che portano al sogno, alla riflessione ed alla contemplazione.
Le sue opere riescono, con naturalezza, a rendere partecipe il fruire degli eventi instabili con quali è destinato a convivere con altri eventi moderni.
L’arte di Trazzera, attraverso lo sfocare volontariamente le figure, assume una funzione ludica; il pittore <<gioca>> per raggiungere una profondità psicologica, che porta a soddisfare le sue esigenze emotive.
Questi <<ingredienti>> hanno fatto conoscere ed apprezzare Nunzio Trazzera ed i consensi ottenuti saranno da stimolo per realizzare altre opere poliedriche di pittura e di scultore in terracotta ed in bronzo.

Giusy Paratore 

                          

 

 

 

 

Angelo Manitta: libertà e sublimità nell’arte di Nunzio Trazzera. 

Bronzi 2012- Randazzo

L’uomo, con i suoi problemi, i suoi affetti e i suoi sentimenti di gioia, di coerenza, di amore e soprattutto di impegno sociale, sta al centro della composizione del Trazzera.
L’espressione “l’uomo misura di tutte le cose” in pochi pittori e scultori contemporanei è forse cosi vera come in lui, che parte dal passato, si forgia nel presente e approda nel futuro. In questa evoluzione l’emozione interiore si oggettiva e si solidifica in una visione unitaria e complessa che emerge da un sottofondo realistico e dinamico per giungere al “sublime”.
Il sublime è un’estasi laica, una contemplazione della vita nelle sue varie sfaccettature. Il sublime trascina il fruitore dell’opera d’arte “non alla persuasione – come afferma l’autore greco nel saggio “Il sublime”, ma all’estasi, perché ciò che è meraviglioso s’ac-compagna sempre ad un senso di smarrimento e prevale su ciò che è solo convincente e grazioso”.
La scultura “Danza” è espressione di questa sublimità e soprattutto di quella libertà interiore dell’uomo, espressa attraverso i movimenti agili e snelli delle due figure.
Nunzio Trazzera, nato a Randazzo (CT) nel 1948, insegna Educazione Artistica nelle scuole statali. Pittore e scultore, ha esposto i varie città italiane e all’estero con personali e collettive.
Molti critici si sono interessati alle sue opere, tra cui F. Sofia, S. Modica, S. Correnti, S. Mazza, O. Solipo, G. Gullo, G. Trabini, Insignito di vari riconoscimenti, le sue opere figurano in numerose collezioni pubbliche e private. Il suo percorso artistico, collocato nell’ambito del post-modernismo, ma volto verso il futuro, giunge ad una soluzione originale dell’arte, che affascina il lettore sia per il contenuto che per la forma.
La sua arte comunque ha sapore di classico e universale, ed è punto d’incontro tra l’interiorità che scorre ed opera nell’uomo (funzione soggettiva) e l’esteriorità che scorre ed opera nella vita quotidiana (funzione oggettiva).

ANGELO MANITTA 

                                                                                       ——————————————————————————-

   

 

 

NICOLA PETRINA

Nicola Pètrina, politico e sindacalista italiano, nasce a Randazzo il 13 novembre 1861.

È stato uno dei fondatori e leader nazionali del movimento di ispirazione socialista dei Fasci Siciliani.

 I Fasci Siciliani, detti anche Fasci Siciliani dei Lavoratori  furono ufficialmente fondati il 1º maggio del 1891 a Catania, ad opera di Giuseppe De Felice Giuffrida. Il movimento era però nato in maniera spontanea già alcuni anni prima il 18 marzo 1889 a Messina. Fu un movimento di massa di ispirazione libertaria, democratica e socialista spontaneista che si diffuse fra proletariato urbano, braccianti, contadini e lavoratori.

Esso fu il primo Movimento di massa organizzato dell’Italia post-unitaria, e nacque per le intollerabili condizioni sociali in cui era costretta a vivere la gran parte della popolazione siciliana.

Dopo i fatti sanguinosi di Giardinello, Monreale, Lercara Friddi, Pietraperzia, Gibellina, Belmonte Mezzagno, Marineo, S. Caterina Villermosa ove vi furono decine di morti e centinaia di feriti, furono arrestati  i capi del Movimento.

Giuseppe De Felice, Nicola Petrina, Giacomo Montalto, Francesco Paolo Ciralli, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, Bernardino Verro e tanti altri professionisti e studenti sospettati di aver partecipato alle dimostrazioni o semplicemente di simpatizzare per il Movimento, furono arrestati e circa 1.000 persone furono mandate al confino, senza nessun processo.

Il 4 gennaio 1894 Francesco Crispi (che per giunta era Siciliano e con in passato “rivoluzionario” mazziniano), capo del governo italiano, decretò lo stato d’assedio e ordinò al Commissario Straordinario di Palermo di firmare il decreto di scioglimento dei Fasci.

Nicola Barbato

Furono sospesi le libertà individuali, l’inviolabilità del domicilio, la libertà di stampa e il diritto di riunione e di associazione.

Giuseppe De Felice Giuffrida

Memorabile discorso di autodifesa tenuto il 26 aprile 1894 durante il processo da Nicola Barbato:
   ” Persuadevo dolcemente i lavoratori morenti di fame che la colpa non è di alcuno; è del sistema… Perciò non ho predicato l’odio agli uomini ma la guerra al sistema. (…) Davanti a voi abbiamo fornito i documenti e le prove della nostra innocenza; i miei compagni hanno creduto di dover sostenere la loro difesa giuridica; questo io non credo di fare.  Non perché non abbia fiducia in voi, ma è il codice che non mi riguarda. Perciò non mi difendo. Voi dovete condannare: noi siamo gli elementi distruttori di istituzioni per voi sacre. Voi dovete condannare: è logico, umano. Io renderò sempre omaggio alla vostra lealtà. Ma diremo agli amici che sono fuori: non domandate grazia, non domandate amnistia. La civiltà socialista non deve cominciare con un atto di viltà. Noi chiediamo la condanna, non chiediamo la pietà. Le vittime sono più utili alla causa santa di qualunque propaganda. Condannate! “

Quella scritta dai Fasci dei lavoratori resta una delle più importanti pagine di storia sociale e politica non solo della Sicilia, ma anche d’Italia e d’Europa. I contadini organizzati posero con forza il problema dell’ammodernamento dell’agricoltura della Sicilia, ancora caratterizzata da latifondi incolti o mal coltivati, nelle mani di poche ricchissime famiglie, che li affittavano ai gabelloti mafiosi, i quali – a loro volta – li spezzettavano in piccoli lotti per subaffittarli ai contadini. Erano quest’ultimi a lavorare la terra fino a 16 ore al giorno, ricavandone appena il necessario per sopravvivere. Una situazione insostenibile. Fu per questo che i contadini posero il problema di contratti agrari più equi e di trasformazioni colturali radicali.

Bernardino Verro al centro della foto

Il nostro Nicola Petrina insieme all’anarchico Giovanni Noè, il 18 marzo 1889, istituì il primo Fascio dei Lavoratori di Messina. Nel mese di luglio 1889  venne arrestato, restando in prigione fino al 1892.

Il 21 e 22 maggio 1893, a Palermo, partecipò al congresso dei Fasci siciliani, in questa occasione venne eletto nel Comitato centrale, assumendo altresì la direzione del Fascio dei lavoratori della Provincia di Messina. Aderì, quindi, al Partito dei Lavoratori Italiani (nome iniziale del Partito Socialista Italiano).

Nel luglio 1893 venne eletto consigliere comunale a Messina, nel corso del suo mandato scoprì e mise a nudo numerosi abusi che erano stati commessi nella città dello Stretto negli anni precedenti.

A seguito della repressione dei Fasci siciliani perpetrata dall’Esecutivo guidato da Francesco Crispi, il 4 gennaio 1894, Petrina viene nuovamente arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Pene ben più pesanti subirono gli altri capi dei Fasci siciliani quali Giuseppe De Felice Giuffrida (18 anni), Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro  (12 anni di carcere). Tuttavia nel 1895, con un atto di amnistia, venne concessa la clemenza a tutti i condannati in seguito ai fatti dei fasci siciliani.

Nel corso della sua attività politico/sindacale, Nicola  Pètrina fu sempre in stretto contatto con l’anarchico Amilcare Cipriani.

Nicola Pètrina morì vittima della catastrofe sismica che sconvolse Messina il 28 dicembre 1908, la sua salma venne recuperata solo l’11 gennaio 1909.

      Giovanni Puglisi, anarchico e poi militante socialista il 18 maggio 1910 nella casa natale di Nicola Petrina fece scoprire una lapide per ricordare la figura di questo nostro valoroso concittadino: 
             ” In questa casa / il 13 novembre 1861 / schiudeva gli occhi / a vita intensa di entusiasmi e di lotte NICOLA PETRINA // Le calamità pubbliche e il carcere iniquo / furono per lui campo fecondo / di azione di pensiero / La catastrofe di Messina del 28 dicembre 1908 / tragicamente lo travolse // Il Popolo di Randazzo / pose questo ricordo / il giorno 18 maggio 1910 / solennemente commemorando / il tribuno gagliardo l’apostolo fervente / di una civiltà più vera ed umana “.
La lapide non esiste più a causa degli eventi bellici del 1943 che distrussero un gran parte della nostra Città.

A cura di Francesco Rubbino


         Fasci Siciliani

Oggi, molte associazioni democratiche sono impegnate in Sicilia (a Corleone ad esempio) per la legalità e contro il modello perverso imposto da anni dalla mafia. Le radici di questa lotta affondano nella storia dei movimenti contadini e sindacali (I Fasci siciliani dei Lavoratori) che attivi per una maggiore giustizia e libertà furono repressi duramente dal giovane Stato italiano, il quale di fatto favori’ l’affermazione della “cultura” mafiosa. Un’importante pagina di storia del movimento antimafia che non viene sempre raccontata nelle scuole.

Crispi e il decreto di scioglimento dei Fasci dei lavoratori

Il 4 gennaio 1894, il capo del governo italiano, Francesco Crispi, decretò lo stato d’assedio, dando pieni poteri civili e militari al generale Morra di Lavriano per mettere a ferro e fuoco l’Isola. Gli ordini di Crispi (ironia della sorte, pure lui siciliano e con un passato di “rivoluzionario” mazziniano) furono chiari: sciogliere tutte le sezioni dei fasci, arrestarne i capi e sottoporli a processo davanti ai tribunali militari, riportare ad ogni costo l’ordine nelle campagne siciliane. Prima di lui, il liberale Giovanni Giolitti, nonostante le sollecitazioni dei proprietari terrieri e dei gabelloti mafiosi siciliani, si era rifiutato di scioglierli. Ma, nel dicembre 1893, il siciliano Crispi, inviò le truppe nei comuni più “caldi”, con l’ordine di sparare sui contadini ai primi accenni di protesta.

Repressione militare dei fasci siciliani

Fu così che il 10 dicembre a Giardinello, durante uno sciopero contro le tasse, vi furono 11 morti e diversi feriti. Il 17 dicembre a Monreale, in un’analoga situazione, numerosi feriti. E poi ancora, il 25 dicembre 11 morti e tanti feriti a Lercara Friddi. Il 1° gennaio 1894, 8 morti e 15 feriti a Pietraperzia e 20 morti e molti feriti a Gibellina. Il 2 gennaio a Belmonte Mezzagno i morti furono 2, il 3 gennaio a Marineo vi furono 18 morti e tanti feriti, mentre a S. Caterina Villermosa13 morti. In pochi giorni furono arrestati Giuseppe De Felice, Nicola Petrina, Giacomo Montalto, Francesco Paolo Ciralli, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, Bernardino Verro e tanti professionisti e studenti, sospettati di aver partecipato alle dimostrazioni o semplicemente di simpatizzare per il movimento. In 70 paesi si operarono arresti di massa, circa 1.000 persone furono mandate al confino, senza nessun processo. Come se non bastasse, furono sospesi le libertà individuali, l’inviolabilità del domicilio, la libertà di stampa e il diritto di riunione e di associazione.

Decreto di scioglimento dei fasci del corleonese

Il decreto di scioglimento del Fascio di Corleone porta la data del 17 gennaio 1894 ed è firmato dal Commissario straordinario per la Sicilia reggente la regia Prefettura di Palermo. Con lo stesso decreto venivano sciolti anche i Fasci dei comuni del circondario. C’è scritto che già l’11 gennaio 1894 era stata delegata «ai signori Prefetti dell’Isola la facoltà di sciogliere i Fasci dei lavoratori», ritenendo che «l’azione fin qui spiegata dai Fasci è stata causa delle agitazioni, dei disordini e delle sommosse avvenute in alcuni comuni di questa Provincia».

In conformità alla proposta che era stata avanzata dal Sotto Prefetto di Corleone, si decretava, quindi, lo scioglimento dei «due Fasci dei lavoratori di Palazzo Adriano e Roccamena, non che quelli di Corleone, Campofiorito, Contessa Entellina, Bisacquino, Prizzi, Chiusa Sclafani e Giuliana». Il Sotto Prefetto di Corleone era stato incaricato di provvedere alla esecuzione materiale dei contenuti del decreto, che prevedeva lo scioglimento di ogni singola sezione e il sequestro delle «carte , dei registri, dei gonfaloni, delle bandiere e di quant’altro sia di pertinenza dei sopradetti Fasci». In sostanza, bisognava cancellare ad ogni costo ogni traccia di questo imponente movimento che stava sconvolgendo un ordine sociale che durava da secoli. E per giustificare un’azione repressiva di queste proporzioni, contro il movimento dei Fasci fu lanciata la gravissima accusa di avere un disegno insurrezionale, mirante a scardinare l’unità territoriale del giovane Stato unitario.

Francesco Crispi

Per zittire l’opposizione inferocita, il 28 febbraio 1894 Crispi portò in parlamento «le prove». In primo luogo, il «trattato internazionale di Bisacquino», sottoscritto dal governo francese, dallo zar di Russia, dall’onorevole Giuseppe De Felice, dagli anarchici e dal Vaticano, il cui obiettivo era quello di staccare la Sicilia dal resto del Paese, per porla sotto il protettorato franco-russo. Poi, il «proclama insurrezionale», trovato nella casa di un pastaio di Petralia Soprana, col quale si invitavano ad insorgere «gli operai, figli dei Vespri». Prove “pesanti”, ma spudoratamente false. Montature costruite ad arte da “zelanti” funzionari, per giustificare la repressione di un movimento popolare, che rivendicava semplicemente condizioni di lavoro più umane.

I Fasci dei lavoratori, primo esempio di lotta organizzata contro la mafia

Di Renato Guttuso, Contadini al lavoro

Infatti, tra il 1892 e il 1894, la Sicilia era balzata agli onori della cronaca nazionale proprio per il dilagare di un’agitazione sociale di proporzioni mai viste, che ebbe come protagonisti circa 400 mila contadini del feudo ed operai delle zolfare, organizzati da questo movimento dei Fasci, che s’ispirava ad una ideologia vagamente socialista. Esso fu il primo movimento di massa organizzato dell’Italia post-unitaria. E nacque per le intollerabili condizioni sociali in cui era costretta a vivere la gran parte della popolazione siciliana.

Guidati da capi, espressione della piccola borghesia intellettuale dell’Isola, come Garibaldi Bosco a Palermo, Nicola Barbato a Piana dei Greci, Bernardino Verro a Corleone, Giuseppe De Felice a Catania, Nicola Petrina a Messina e Giacomo Montalto a Trapani, tanti contadini impararono i vantaggi dell’unione. Nel congresso provinciale dei Fasci, svoltosi il 30 luglio 1893 a Corleone, allora vera “capitale contadina”, erano stati approvati dai delegati i famosi “Patti di Corleone”, che rappresentano il primo esempio di contratto sindacale scritto dell’Italia capitalistica. I contenuti dei “Patti” non avevano nulla di rivoluzionario. Nella sostanza, proponevano l’applicazione della mezzadria pura, cioè la divisione a metà dei prodotti della terra tra il contadino e il proprietario. Ma diversi agrari si rifiutarono lo stesso di accettarli «per non aver l’aria di sottomettersi al fascio», spiegò Bernardino Verro al giornalista Adolfo Rossi nel settembre 1893. Per la paura, cioè, che potessero mutare radicalmente condizioni sociali ataviche, fondate sulla sottomissione dei contadini all’aristocrazia agraria isolana, che allora deteneva il 70% della superficie coltivabile, e ai gabelloti mafiosi.

Di Renato Guttuso, Occupazione delle terre incolte in Sicilia, Dresda, Gemäldegalerie

La modernizzazione della Sicilia frenata da Crispi

Quella scritta dai Fasci dei lavoratori resta una delle più importanti pagine di storia sociale e politica non solo della Sicilia, ma anche d’Italia e d’Europa.
I contadini organizzati posero con forza il problema dell’ammodernamento dell’agricoltura della Sicilia, ancora caratterizzata da latifondi incolti o mal coltivati, nelle mani di poche ricchissime famiglie, che li affittavano ai gabelloti mafiosi, i quali – a loro volta – li spezzettavano in piccoli lotti per subaffittarli ai contadini. Erano quest’ultimi a lavorare la terra fino a 16 ore al giorno, ricavandone appena il necessario per sopravvivere.
Una situazione insostenibile. Fu per questo che i contadini posero il problema di contratti agrari più equi e di trasformazioni colturali radicali.

Bernardino Verro, sindaco di Corleone

Non a caso, Bernardino Verro a Corleone pensava di integrare le colture estensive (grano, avena, orzo) tipiche del latifondo, con la coltivazione delle viti (sperimentando, in particolare, le viti americane) e di istituire una stazione di monta taurina, per selezionare e migliorare la qualità degli allevamenti bovini.

L’avere represso nel sangue il movimento dei fasci, quindi, non fu solo una scelta etica condannabile, ma anche un gravissimo errore politico, che ritardò notevolmente la modernizzazione della Sicilia, compromettendone lo sviluppo. Le conseguenze di una simile scelta la paghiamo ancora oggi, in termini di sviluppo ritardato e di presenza condizionante della criminalità mafiosa.
 L’alleanza tra aristocrazia agraria e borghesia mafiosa, sostenuta dallo Stato liberale di allora, ha condizionato lo sviluppo della vita democratica in Sicilia e in tutto il Paese.

Per una «via dei Fasci Siciliani» in ogni comune dell’Isola

Nicolo Barbato, capo del fascio di Piana dei Greci

Eppure, ancora oggi molti manuali scolastici non dedicano al movimento dei Fasci neanche una riga.
In provincia di Palermo, strade dedicate ai “Fasci Siciliani” esistono solo nei comuni di Misilmeri, Marineo e Borgetto. Non ce ne sono Palermo, a Piana degli Albanesi e nemmeno a Corleone.
Eppure in queste tre città operarono i Fasci più importanti della Sicilia, guidati da personaggi di rilievo come Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro.
      In tutti i comuni, invece, c’è una via dedicata a quel Francesco Crispi, che represse nel sangue il movimento, fece sciogliere i Fasci e arrestare i suoi capi. Provocatoriamente, oggi i siciliani democratici potrebbero (con qualche ragione) chiedere a tutti i municipi dell’Isola di cancellare le vie e le piazze intitolare a Francesco Crispi, per reintitolarle ai Fasci dei lavoratori.

Statua di Rosario Garibaldi Bosco esposta nei locali della Cgil di Palermo

Ma, anche senza arrivare a questi eccessi, le organizzazioni palermitane della Cgil, dell’Anpi, dell’Arci e di Libera, sostenuti dallo storico prof. Giuseppe Carlo Marino, hanno redatto ed approvato un documento, con cui chiedono ai sindaci e ai consigli comunali della Sicilia di intitolare una strada o una piazza ai Fasci dei lavoratori, «allo scopo di onorare e di rendere giustizia storica alle migliaia di donne e di uomini che lo animarono».

Bernardino Verro

   

Giovanni Noè

PAOLO VAGLIASINDI (1838-1913)

Paolo Vagliasindi Polizzi, fu l’uomo cui si deve l’esistenza del Museo archeologico di Randazzo.

Nato nel 1838, e nipote dell’omonimo abate Paolo Vagliasindi, storico e confutatore delle tesi del Plumari, pur non essendo un “esperto”, era tuttavia un appassionato dell’arte e dell’antichità classica, mente aperta e uomo di grande generosità. Per merito suo infatti fu possibile il riscatto del Convento dei Cappuccini, che nel 1866 era stato incamerato dallo Stato a seguito delle legge per la soppressione delle corporazioni religiose. Quando i beni ecclesiastici furono messi all’incanto, il Vagliasindi riacquistò il Convento per restituirlo successivamente all’Ordine.

Paolo Vagliasindi

Ma Paolo Vagliasindi rifiutò fermamente ogni offerta, soprattutto per la cessione del bellissimo e raro oinochoe, vaso per la mescita del vino in terracotta, decorato in rosso su fondo nero, e raffigurante il mito dei Boreadi, perché volle fortemente che la collezione restasse a Randazzo. Anzi, destinò alla raccolta una sala del suo palazzo, rendendola fruibile ai visitatori. Nel 1904 la collezione Vagliasindi fu esaminata e catalogata dal professor Giulio Emanuele Rizzo, Ispettore del Museo nazionale di Roma, che relazionò poi in una breve pubblicazione.

Alla morte di Paolo Vagliasindi, nel 1913, la collezione rimase affidata al figlio Vincenzo, ma fu seriamente danneggiata dai bombardamenti del 1943, che squarciarono il palazzo; molti pezzi andarono distrutti o saccheggiati, altri furono recuperati dai Padri Cappuccini dei vicino Convento, per essere esposti negli anni ’60 in una sede provvisoria presso la Casa di riposo di Randazzo. Solo nel 1998, restaurati e catalogati, hanno trovato degna dimora nel Castello di S. Martino.

 

Ma il suo nome è rimasto legato alla storia di Randazzo a seguito di un episodio fortuito, che sembra quasi leggendario: tutto cominciò, quando una contadina, prestando il suo lavoro nel feudo di S. Anastasia, proprietà di Paolo Vagliasindi a circa 6 km da Randazzo, s’imbatté casualmente in un piccolo oggetto d’oreficeria, che corse a consegnare al proprietario del fondo. Egli intuendone l’origine, intraprese una prima serie di scavi, in concomitanza con i lavori colturali, e vide materializzarsi poco a poco una vera e propria necropoli.

 

Una volta sparsa la voce, la Direzione delle Antichità di Palermo prese contatti col Vagliasindi, e furono condotte delle regolari campagne di scavi nel territorio di S.Anastasia e Mischi, dirette nel 1889 dal Salinas e vent’anni dopo da Paolo Orsi: vennero alla luce altre tombe e corredi funerari, monete, vasi, anfore, utensili, gioielli, statuette, ascrivibili al IV-V sec. a.C. In base alle norme vigenti, però, la stragrande maggioranza dei reperti dovettero essere ceduti al Museo Nazionale di Palermo e a quello Archeologico di Siracusa.(M.D.)

 Maristella Dilettoso

 

Castello Svevo

Oinochoe.

Castello Svevo e Campanile di San Martino – Randazzo

MUSEO ARCHEOLOGICO PAOLO VAGLIASINDI – LA STORIA 

AVVENIMENTI STORICI – CRONOLOGIA

CRONOLOGIA

 

 440 a.c.  –   La Città di Trinacia (futura Randazzo) nel 440 a.C. fu  assediata e sconfitta dai Siracusani.  I Trinacesi  diedero prova di grande valore e per non ca­dere in mano al nemico, cui non vollero arrendersi, si uccisero tutti l’un l’altro, senza restarne in vita che fosse uno”.  (così scrive Emmanuele La Monaca, nella sua “Antichità di Sicilia”).

254 – Il 1° febbraio del 254 si verificò una terribile eruzione dell’Etna. Gli abitanti del luogo si rivolsero alla SS Vergine che accogliendo le suppliche salva la Città dalla lava. Grati del celeste favore i Tiraciesi costruirono una Chiesa di legno nella quale rimase nello stesso luogo dove si era trovato il pilastro con l’Immagine della Madonna  e fu chiamata  Santa Maria del Pileri.  (Padre L.Magro) 

891 –   Secondo il Codice Arabo Tomo II° fogl. 285, nel 891  Randazzo aveva la popolazione di ventitremila anime.

1074  –  Il monastero di San Giorgio, che prima si chiamava Monastero di S. Maria Maddalena delle Moniale Benedettine,  prese questo nome per volere del Conte Ruggero che aveva lasciato lì il Quadro con l’Immagine di San Giorgio Martire e  cin­que pezzetti di ossa fra cui un’intera costola preziose Reliquie del  Santo ed un dente mascellare dell’Apostolo Paolo.

1088 Il Pontefice Urbano II (ispiratore della Prima Crociata per la liberazione di Costantinopoli e realizzatore del programma di portare e tenere   la  Campania e la  Sicilia saldamente nella sfera d’influenza cattolica,) diretto a Troina si fermò a Randazzo e celebrò messa nella chiesa di S. Maria (unica di rito latino).

1198  – La Chiesa Abbaziale di Randazzo era “Suffraganea” di Messina, ol­tre che per tradizione, anche perché una Bolla Pontificia di Innocenzo III°, emanata nell’anno 1198, trascritta da Carlo Domenico Gallo negli Annali della Città di Messina,  accordava a Bernardo Arcivescovo di Messina l’uso del Pallio, autorizzandolo a poterlo usare non solo nella propria Diocesi, ma pure nelle Chiese suffraganee di Troina, Lipari, Cefalù, Taormina e Randazzo.

1150 – …… nel veridico sito detto Triocla, oggi su fortissima rupe,  è giacente quella Nobile Città che fu denominata Randatium.
(Nota bene: = RANDATIUM : nome originario da Trinacium, che senza la T fu detta dai Saraceni Rinacium e Ranacium. Il primo che poi la denominò Randatium fu il conte Ruggiero, allora quanto concesse all’Abate di Sant’Angelo di Brolo l’ex feudo di Santa Maria del Bosco).

1154  Il geografo arabo del re Ruggero II  El-Edrisi descrive Randazzo come un villaggio “del tutto simile ad una cittadina con un mercato che pullula di mercanti e artigiani”, testimoniandone il particolare periodo di prosperità economica.

1195  –  L’Imperatore Arrigo VI, nel suo viaggio (1195 ?) da Castrogiovanni a Messina dove si recava per causa di malattia, a settembre fu a Maniace ; in tale occasione dovette necessariamente passare da Randazzo.

1197  – La Regina Costanza – moglie dell’Imperatore Arrigo VI  – fu di passaggio da Randazzo in luglio 1197, nel suo viaggio da Messina a Palermo.

1210  –  L’Imperatore Federico II e sua moglie la Regina Costanza, per consiglio dei medici in quanto a Palermo vi era la peste, soggiornarono per la salubrità del clima prima a Montalbano e poi a Randazzo ove si fermarono tutto il mese di ottobre.

1217  –  La chiesa di Santa Maria. La data della costruzione della Chiesa si trova scolpita nell’ Epigrafe  sul pilastro di tramontana della Chiesa che recita  (la traduzione è di don Calogero Virzì) 🙁 una nuova versione di Angela Militi la data 12 marzo del 1214. vedere: randazzo segreta)     “ Nel lasso di tempo del 1217 dopo la nascita della Vergine Maria del Verbo, fu costruito questo edificio coperto da volte in pietra sopra archi sostenuti da dodici colonne lavorate con arte eccellente.  Un leone collocato sopra la parte terminale orna con arte questa opera egregia, tempio venerato di Cristo.  Nell’anno del Signore 1239 questa opera fu portata a termine “.
 Con Lettere Apostoliche  del 20 settembre 1957 fu elevata a Basilica Minore Pontificia.  

1239 – Nella cornice del  muro di destra della Basilica di Santa Maria (dalla parte del corso Umberto I) si legge la scritta  “IMPERANTE”.  Doveva esserci scritto: ” IMPERANTE FEDERICO II “. La domenica di Palma del 1239, però, il Papa Gregorio IX  scomunica per la seconda volta l’Imperatore e quindi  la frase resta incompleta.

1256    “L’imperatore Manfredi, figlio naturale del Re Federico II e della Regina Bianca, presa d’assalto Randazzo nel 1256, e si fece quì acclamare Re, due anni prima che fosse coronato in Palermo, lasciando quì Governatore suo zio Federico Lanza Principe di Antiochia e Conte di Capizzi, dal quale ebbe origine in Randazzo questa Fami­glia della quale Nicolò De Antiochia fu uno dei Senatori nel 1282,  e Benedetto De Antiochia che sposò in Ran­dazzo Margarita Omodei, Baronessa di Maletto”.

1282  –  Pietro I d’Aragona il 10 agosto 1282 sbarcava a Trapani e dopo essere stato incoronato a Palermo si diresse (8 settembre) a Randazzo  – unica città murata dell’entroterra del Valdemone posta sull’alto Alcantara che presentava per l’esercito siciliano tutte le garanzie di una città fortificata – e qui fece attendere il suo esercito, in una località che ancora, a ricordo, porta il nome di “Campu re“, per soccorrere Messina assediata dagli Angioini.  

1282 –  Randazzo prese parte ai Vespri Siciliani (ribellione scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo contro i francesi). La città insorse contro gli Angioini e nel piano che circonda il lago Gurrita i randazzesi sterminarono le truppe francesi che presidiavano la città.

1282 Pietro I d’Aragona fa restaurare le porte di San Giorgio e la porta aragonese, detta anche Porta di San Giuliano, che deve il suo nome al fatto che Re Pietro d’Aragona restaurandola, fece apporre accanto allo stemma del paese anche il proprio e quello della moglie Costanza. 

1286  –  Il re Giacomo D’Aragona, secondogenito di Pietro e della regina Costanza, visitò Randazzo e la definì Terra Prelibata.

1292  – 
Nella battaglia navale, il mese di luglio, che vide contrapporsi il re di Sicilia Federico II contro Carlo D’Angiò perse la vita il randazzese Corrado Lanza che nel 1282 era stato nominato  dal Re  Pietro I° Senatore di Randazzo occupando pure la Carica di Gran Cancelliere della Corona di Sicilia.

1296  –  Lo storico Giuseppe Bonfiglio (1547-1622) cosi descrive Randazzo parlando della guerra tra il Re Federico II e Carlo D’Angiò    “Vicino Castiglione principale fortezza del Laoria, è situata la Città di Randazzo la quale, per le sue ricchezze, nobiltà di  Cittadini, numerosità di popolo e grandezza di territorio, a nessuna del Regno è seconda”.

1299  –  Michele Amari (Palermo 1806 – Firenze 1899 storico, politico ed arabista) nella sua opera “La guerra del Vespro Siciliano” definisce: “Randazzo, principal città in Val Demone dopo Messina” . Commentando un testo arabo  trova che Randazzo veniva definita: “città  tetra e sinistra , nonostante i suoi balconi , le sue porte di pietra scolpita”.

1300 – Agli inizi del 1300, il duca Roberto d’Angiò, sferrò un attacco armato contro Randazzo, città fedelissima a re Federico III d’Aragona. I Randazzesi serrarono le porte, le munirono di armati e presidiarono le otto torri di guardie scelte. Per evitare un lungo, probabile assedio, i cittadini passarono al contrattacco: in una notte di buio fittissimo, l’esercito randazzese uscì da Porta Pugliese ed attaccò gli armati angioini. Seguì un furioso combattimento: l’esercito angioino fu costretto a battere in ritirata dall’impeto dei Randazzesi. L’avvenimento va sotto il nome di “assalto della Fonte del Roccaro”, una  fontana che ancora esiste sulle sponde del fiume Alcantara.

1303  –  Federico d’Aragona o Federico II (Barcellona 1273-Paternò 1337),  incoronato re di Sicilia (o di Trinacria) a Palermo il 25 marzo del 1296, per una particolare distinzione di onore e per lo sviluppo  urbanistico della Città, il 10 febbraio 1303 emanò un decreto con cui fece obbligo a tutti i baroni del regno di trasferirsi a Randazzo assieme alla sua Corte per villeggiare nei quattro mesi estivi.

1312 La Regina Eleonora, moglie del Re Federico II, diede alla luce a Randazzo il Reale Infante cui, nella fonte battesimale della Chiesa  di S. Nicolò, fu imposto il nome di Guglielmo e  gli fu dato dal Padre il titolo di primo Duca di Randazzo. 

1337  –  Il Re Federico II,  nell’ultimo giro che fece in Sicilia, giunto a Castrogiovanni   elesse il suo quartogenito Principe Giovanni quale secondo Duca di Randazzo in sostitu­zione del fratello Guglielmo deceduto nel 1320, all’età di otto anni. A questo Duca, oltre ai Casali soggetti al Distretto di Randazzo, furono addette le Città di Troina, Castiglione e Francavilla. 

1337  Giovanni d’Aragona,  Quarto figlio di re Federico III di Trinacria e di Eleonora d’Angiò, nacque nella primavera del 1317. Dotato di ricchi feudi (Mineo, Alcamo, Francavilla, Torino, Malta, Pantelleria), alla morte di Federico nel 1337, in virtù appunto del testamento paterno vide elevato al rango di Marchesato, fino allora mai conferito in Sicilia, la sua signoria di Randazzo, ottenendo un posto di grande rilievo nella feudalità siciliana

1338  –  Il Re Pietro II° , figlio primogenito di Federico II,  e la moglie Elisabetta di Baviera che sposò nel 1321,  tenne Residenza in Randazzo con tutta la Reale Famiglia, nei quattro mesi di estate. 

1342  –  Divenuta  vedova la Regina Elisabetta l’ 8 agosto 1342, insieme ai figli Ludovico e Federico, dovette rimanere a Randazzo   sino al 1347, per disposizione del Duca Giovanni, Tutore di Ludovico ed Amministratore del Regno.

1348  – Si può leggere  da un diploma del 1348, emanato in Catania il 14 agosto  da Federico il Giovane,  Duca di Atene, Marchese di Randazzo, Conte di Mi­neo e Calatafimi, che Randazzo ottenne la Reale ap­provazione di due Capi­toli dove era dichiarato che il Distretto della Città di Randazzo era costituito da dodici Casali e precisamente : Spanò, Carcaci, Floresta, Pulichello, Cattaino, Bolo, S. Teodoro, Chisarò, Cuttò, Santa Lucia, Maniace e Bronte, e nelle Cause Criminali, soggetti al Capitano Giustiziere di Randazzo.

1358  –  Il Re Federico III°  tenne  Randazzo un Parlamento Generale di tutti i Baroni fedeli, per trovare i mezzi per poter vincere ed umi­liare tutti i nemici.

1380  – Nel 1380, come riferisce il Padre Lazana Carmelitano e con lui anche il Padre Giu­seppe Fornari, essendo venuti a Randazzo i Padri Carmelitani per fondarvi un Convento, fu loro concessa la  Chiesa che i Trinaciesi, Triocolini ed Alesini, quando si accamparono in un sito ad oriente della Città,  fabbricarono un Suburbio (sobborgo)  e vi edificarono una Chiesa per loro Parrocchia che dedicarono a San Michele Arcangelo,  accanto alla quale edificarono il loro Cenobio (monastero).  Questo Convento con la relativa Chiesa si rese glorioso sotto il governo di Padre Luigi Ra­batà Religioso Carmelitano, nato in Monte San Giuliano in quel di Trapani, circa il 1420 e morto in fama di santità in Randazzo, in un sabato di maggio, con molta probabilità il giorno 11 del 1490.

1366  – Il Principe di Torremuzza Vincenzo Castelli scrive  nei Fasti di Sicilia, vol. I°, pag. 75 ,  che quando ancora l’Infante Maria aveva tre anni ed era sotto la tutela di Artale d’Aragona suo Balio, fu riunito in Randazzo il Parlamento Generale del Regno rap­portato,  per stabilire la successione di Maria, nel caso che fosse deceduto il Re Federico III°, allora molto grave e senza eredi maschi. 

1398  –  Il  Re Martino e la Regina Maria furono in Randazzo, accompagnati dal Car­dinale Gilforte, Arcivescovo di Palermo e da fra’ Paolo Romano Arcivescovo di Monreale, a preghiera dei quali, furono perdonati i Baroni ribelli.

1411  –  La regina Biancadopo aver visitato in lungo e in largo la Sicilia con la sua corte itinerante, venne anche a Randazzo  il 3 giugno 1411 e venne accolta con tutti gli onori. Fu così contenta che fece scrivere una missiva dal suo segretario a Palermo: “…….. hodie intrammu feliciter in quista terra di randazu, undi fommu richiputiet ascuntrati cum solemni festa et alligrizia da tucti universaliter....”.

1414  –  L’Arciprete di Randazzo R.mo Matteo D’Elefante nel 1400 fece un’istanza al Metropolitano Arcivescovo di Messina, perché fosse dichiarata la Chiesa di S. Maria la maggiore sopra delle altre due Chiese di S. Martino e S. Nicolò. Dopo 14 anni di litigio,
il 15 febraio 1414 l’Arcivescovo di Messina e Metropolitano di Ran­dazzo, Mons. D. Tommaso Crisafi proferì la sua sentenza definitiva con la quale di­chiarò Maggiore sulle altre Chiese quella di S. Maria, col Titolo di Madre Chiesa duratura in perpe­tuum usque ad finem mundi.

1419  –  Il Beato Matteo Gallo di Agrigento (1377-1450) fu il fondatore del nostro Convento dei Frati Osservanti cioè di Santa Maria di Gesù. Il culto della sua beatificazione  venne riconosciuto dalla Chiesa con decreto del 21 febbraio 1767, approvato da papa Clemente XIII.
La memoria si celebra l’8 febbraio.

1420  –  Luigi Rabatà dell’Ordine dei Carmelitani nasce a Monte San Giuliano. Muore 11 maggio 1490 in odore di santità. Si distinse per carità ed umiltà. Le sue ossa riposano nella Basilica Minore di Santa Maria. La Congregazione dei Riti ha permesso nel 1841 con un Decreto il culto del Beato

1420  –  Mons. Francesco Conzaga (1546-1620)  Gene­rale dell’Ordine Francescano  scri­vendo della fondazione del Convento dei Minori Osservanti di Randazzo dedicato a S. Ma­ria di Gesù, afferma che è stato fabbricato, a spese pubbliche, dai Cittadini di Triocla, vulgo Randazzo, nel 1420. La donazione venne  confermata dal Re Alfonso, con Diploma che si trova copiato in margine nell’atto  della Donazione stipulato in Randazzo presso le Tavole del Notaro Guglielmo Milìa, il 3 gennaio 1420.

1420  – Per poter edificare il Convento di Santa Maria di Gesù i Giurati di Randazzo donarono come locale alcune fabbriche appartenenti al Comune, che erano reliquie dell’antico teatro di Triocla che i Saraceni avevano distrutto e convertito in Quartiere militare e  poi diventato magazzino del Comune. Tale donazione venne confermata da Re Alfonso con Diploma che fu in­serito a margine dell’Atto  presso il Notaro Guglielmo Milia, il 23 gennaio 1420, in Randazzo.

1426  –  Il 24 dicembre del 1426 il R.mo Capitolo della Cattedrale di Messina, funzionante da Metro­politano,  confermò la superiorità della Chiesa Abbaziale di S. Maria, perché le due ex Cattedrali di S. Nicolò e S. Martino non avevano voluto cedere a detta Chiesa l’esercizio e le funzioni di Madre Chiesa di Randazzo. Nel 1435 anche il Sommo Pontefice Eugenio IV riconfermò questa supremazia.

1435  –  Sotto il Sommo Pontefice Eugenio IV, a richiesta dei Randazzesi, la Città Abbaziale ( cioè le tre chiese: Santa Maria, San Nicola e San Martino) di Randazzo viene incorporata  nella Diocesi di Messina di cui era Suffraganea già dal 1198.  Nel 1872 passa nella Diocesi di Acireale.

1438  –  Il Re Alfonso sollecitato   dall’’Arciprete di Santa Maria  Santoro Palermo confermava la supremazia della Madre Chiesa di S. Maria e il  2 febbraio 1439 lo stesso Re Alfonso mandò Lettera Oratoria all’Arcivescovo di Messina per dar esecutoria alla citata Bolla già spedita nel 1434 per detta supremazia.

  1450 –  Alfonso V  d’Aragona detto il Magnanimo visitò Randazzo il 1 maggio e riaffermò il previlegio giuridico che i Randazzesi potevano essere giudicati solo da Magistrati della Città e ribadisce il diritto di tagliare il legname nei boschi della Foresta della porta di Randazzo.  

1466  –  San  Francesco di Paola venne a Randazzo per incontrare , Simone Pollichino, uno dei Giurati di Randazzo, per avere l’autorizzazione a potere estrarre dal suo fondo il legname e trasportarlo da Tortorici fino a Torrenova e di là, via mare, a Milazzo per la costruzione di un Convento.

1466 – “ Era il 26 ottobre del 1466, quando il viceré Lupum Ximenez d’Urrea approvava, per la prima volta,  le Consuetudini di Randazzo, un sistema di norme civili – composte da 58 articoli – che regolavano la vita comunitaria della città. Le stesse furono redatte durante «un Consiglio generale in locu» e sottoposte allo stesso viceré per la conferma, il 6 giugno dello stesso anno, dal reverendo Jaymum de Citellis, arcipresbitero della terra di Randazzo e dal nobile Michaelem la Provina «sindicos et ambaxiatores universitatis terre Randacii» (Vito La Mantia.Consuetudini di Randazzo, Palermo, 1903.  (dal blog.: www. randazzo segreta.it di Angela Militi). 

1470Gualtiero Spadafora, barone di Maletto, ma residente a Randazzo in piazza San Nicola nel “Palazzo del Duca “, fondò  l’Ospedale Civile per gli Infermi Poveri e miserabili, a beneficio del quale donò in per­petuo i salti d’acqua di tutti i mulini, serre d’acqua e battinderi ossia paratori esistenti nel Fiume Grande di Randazzo ch’egli possedeva per investitura feudale. Questa donazione, con testamento del 3 ottobre 1470 presso il Notaro Pino Camarda di Randazzo, ebbe la conferma Reale il 9 ottobre dello stesso anno 1470, come si leg­geva nella Giuliana dell’Ospedale Cittadino redatta dal nostro storico locale Sac. D. Anto­nino Pollicino circa il 1706  con atto pubblico del 31-10-1470, in Notaio Pino Camarda.

1476 – Il 3 agosto venne istituita la Fiera Franca nell’ambito del territorio della chiesa di Santa Maria. Questo privilegio fu concesso dal Re Giovanni (Giovanni II D’Aragona – 1398/1479 -)  La Fiera Franca fa da volàno alla manifestazione della “a Vara” che si svolgeva e si svolge il 15 di agosto. 

1477  – Il Supremo Gerarca della Chiesa Universale, dopo furibonde liti tra le tre Chiese per la supremazia,  nel 1470 incaricò per la  Revi­sione della  Causa il  Delegato Apostolico Mons. D. Leonzio Crisafi Archimandrita di Messina, con l’espresso incarico di  ponderare bene tutte le ragioni dei Ricorrenti e  pro­nunziare una  Sentenza finale la quale avesse forza di perpetuo silenzio sopra tutto.  Dopo una lunga discussione della Causa che durò circa sette anni , Mons. Crisafi spedì la  sentenza definitiva il 16 gennaio 1477, dove si riaffermava la parità di tutti i diritti e privilegi delle tre Chiese.

1487  –  Il Monastero di S. Filippo di Demena, detto anche di S. Filippo di Fragalà viene annesso al territorio di Randazzo così detto Nuovo, con Diploma 4 febbraio 1487 del Re Ferdinando II° di Castiglia. In esso Diploma fu ordinato che , non si potesse portare vino da altra parte se non dalla sola Città di Randazzo. 

1492 Gli ebrei di Randazzo sono costretti a lasciare la Città a seguito del provvedimento di  Ferdinando II  d’Aragona re della Sicilia (1468/1516) che prevedeva l’espulsione di tutti gli ebrei dai suoi territori. A seguito di ciò vendettero alle Monache di S. Giorgio la sopraddetta casa con l’attigua Moschea e due altri casaleni con degli annessi e il Cimitero confinanti con il Monastero, con il patto di ritorno nel caso che fossero richiamati dall’esilio. L’atto fu redatto presso il Notaro Staiti il 26 novembre IIª Indiz. 1492,

1506  –  La baronessa Giovannella De Quatris, con atto notarile redatto  il 5 marzo dal Notaro Geronimo Crupi di Palermo e l’assenso di Ferdinando II, lasciò il suo vistoso patrimonio (i feudi di Flascio e Brieni) alla Chiesa di Santa Maria creando la sua “maramma” o fabbriceria per cui si fu in grado di terminare i lavori di ricostruzione e la si potè arricchire di quegli arredi sacri preziosissimi che formano il suo pregevolissimo tesoro. Tale decisione venne confermata e ratificata dal Re Ferdinando il Cattolico il 25 aprile dello stesso anno e il 22 dicembre del 1545, con Bolla Pontificia, venne ratificata dal Sommo Pontefice Paolo III

1519  –  I giurati di Randazzo volendo costruire un convento dei Frati di San Domenico di Gusman, si riunirono  nella Chiesa Parrocchiale di San Nicolò il 4 aprile 1519 e ad unanimità di voti decisero di chiedere al Padre Provinciale dei Domenicani l’autorizzazione a costruirlo. Avuto il benestare scelsero come luogo il locale della cosidetta Torrazza, che era l’antico Palazzo con Torre della nobile famiglia Russo, di origine Lombarda, ma che poi era diventata proprietà dei nobili Si­gnori D. Antonino e Figli Floritta. Pertanto il 20 aprile 1519 presso il Notaro Vincenzo Di Luna fu stipulato l’atto non solo della Torrazza ma anche  delle due chie­sette attigue di Santa Maria delle Grazie e dell’Apostolo San Barnaba. 

1523 –  Nella cappella del SS. Sacramento della Chiesa di S. Nicolò si ammirano, di Antonello Gagini, un tabernacolo posto dietro l’altare ed altri bassorilievi eucaristici e qualche scena della Passione. I lavori furono commissionati il 7 dicembre 1523 per onze 37 pari a lire 471,75, ma incominciati nel 1535 e rimasti incompleti per la morte dell’artista avvenuta nell’aprile dello stesso anno e poi rifiniti dal figlio  Giacomo.

1535 – Il sindaco (Magistrato Civico per quei tempi)  è  Francesco Lanza.

1535  –  Ai piedi di questo campanile ( di S.Martino ) si affacciò la cavalcata del biondo e triste  Imperatore Carlo V  il 16 ottobre e si fermò per  tre giorni nel Palazzo Reale prima di ripartire per Messina. A Lui si attribuiscono le fatidiche parole. ” Estoes  todos  Caballeros ” ( Siate tutti Cavalieri ).   Dal che il sottotitolo di questo sito: ” tutticavalieritutti “.

1535 L’imperatore Carlo V giunse a Randazzo il 18 ottobre del 1535. Dicono pure i nostri storici concittadini, nei loro manoscritti che, quando l’Imperatore, dal punto della diruta Chiesa di S. Elia scoprì il nostro Paese, volgendosi ai circostanti, abbia detto queste parole: “Come si appella questa Città con tre Torri?” indicando i Campanili delle tre Chiese Parrocchiali; alla quale domanda il Magistrato rispose: “Semprecché la Parola Reale di Vostra Cesarea Maestà non deve andare indietro, è questa la Città di Randazzo dalla Vostra Maestà or ora onorata col Titolo di Città”.  Al ché l’Imperatore soggiunse: resta accordato. (Padre Luigi Magro). A ricevere l’Imperatore è stato il Magistrato Civico (Sindaco di quei tempi) che si chiamava Francesco Lanza così come riportato nel libro rosso della chiesa di San Martino.

1535L’Imperatore Carlo V  ordinò che venisse rifatto il Campanile di San Nicola che le autorità cittadine volevano abbatterlo perché pericolante, e che venisse fortificato con grosse catene di ferro, a spese del Regio Imperiale Erario. Il campanile fu poi demolito nel secolo XVIII a causa del terremoto dell’11 gennaio 1693 che demolì Catania. 

1535Tra il 1535 e il 1540, secondo un pregevole ragionamento di Don Virzì,  deve essere il periodo nel quale i Randazzesi costruirono “a Vara”.  Carro trionfante alto 18 metri con 25 figure viventi che rappresentano i Misteri Mariani:
  Dormizione o Morte,  Assunzione  e  Incoronazione di Maria Santissima. Costruito  dai nostri bravi artigiani dietro la direzione – pare – dell’architetto messinese Andrea Calamech.

1536 Nel marzo 1536 vi verificò una violenta eruzione dell’Etna. Lo storico Tommaso Fazello (1498-1570), testimone oculare della spaventosa eruzione, così descrisse l’inizio dell’evento eruttivo: «il 23 di marzo del 1536, verso il tramontare del Sole, una nube di fumo nero al di dentro rosseggiante coprì la cima dell’Etna, e poco dopo dal cratere, e da nuove aperture fattesi nel contorno, uscì un gran fiume di lava che verso oriente andò a coprire un lago, dove liquefacendosi le nevi che vi erano si formò un grosso torrente che furioso scese con corso arcuto verso Randazzo sommergendo greggi di pecore, animali e tutto ciò che incontrò».

1536  –  A seguito di questa violenta eruzione dell’Etna, il  23 marzo 1536, la colata lavica, emessa dal cratere di monte Pomiciaro, ostruì nuovamente l’alveo del fiume Flascio determinando la formazione del lago Gurrida.78

1536  –  Il Papa Paolo III nel suo secondo anno di Pontificato, ordina, tramite l’arcivescovo di Messina mons. Andrea  Mastrilli, ai preti delle tre parrocchie, di non vantare più diritti di “proeminentia” nelle processioni, né diritti di vessilli. 

1537  –  Per volere di re Carlo V, che sottrae a Randazzo popolazione e introiti, viene fondata la cittadina di Bronte. (Arch. Francesca Paolino). 

1540 – In una notte di tempesta del settembre del 1540 alcuni viandanti, che portavano un crocifisso, chiesero ospitalità al parroco della chiesa di San Martino. L’indomani e per tre giorni successivi, non poterono ripartire in quanto il temporale era sempre più violento. Questo fu interpretato dalla Comunità Ecclesiale come un segno del Signore che voleva che il Crocifisso rimanesse nella chiesa. Fu acquistato e ” Il Crocifisso della Pioggia”  o “‘u Signuri ‘i l’acqua “ da allora è fatto segno di grande devozione soprattutto nei periodi di siccità e carestia.
Il Crocifisso è opera di Giovanni Antonio Mattinati scultore di Messina.
 
1544 – Fondazione del Convento de’ Frati Minori Cappuccini. Un secondo Convento fu costruito nel 1600. Il Convento e l’orto nel 1866 furono incamerati dal Governo e riacquistati dai Frati che vi eressero il Seminario Serafico. Distrutto dalla guerra nel 1943 fu ricostruito e ingrandito e il Seminario rimase funzionale sino alla chiusura definitiva dopo il Concilio.

1551 – Il primo aprile G. Antonio Fasside, nato a Randazzo, vescovo di Cristopoli e ausiliare dell’Arcivescovo di Monreale, consacrò la nostra monumentale Basilica. (Padre Vincenzo Mancini).  Nel  2001450° dalla Dedicazione – viene ricordata questa data con una solenne celebrazione nella Basilica e con la pubblicazione ” La Basilica Santa Maria di Randazzo”.

1522 – Il 1 di ottobre fu commissionato allo scultore di Palermo Antonello Gagini (1478/1536) la statua di San Nicola – che ancora ora si trova nella omonima chiesa – per intervento (come fideiussore) di Gian Michele Spadafora nipote del Beato Domenico Spadafora.(P.Raimondo ) . Federico De Roberto ci racconta che se la statua non fosse riuscita bene il Gagini avrebbe dovuta rifarla.

1536 l’Etna eruttò due larghi torrenti di fuoco che vennero a formare le  Sciare dell’Annunziata, così titolate dalla vicina Chiesa. La  lava ostruì il corso del fiume, estendendosi in larghezza fino al lago Gur­rida, per cui le acque non potendo più scorrere dal lato meridionale della Città, vanno ad inabissarsi in certi sotterranei acquedotti naturali dello stesso lago che dal volgo, in lingua Siciliana, vengono chiamati pirituri.

1553  – Padre Agostino da Randazzo fu Provinciale dei Cappuccini di tutta la Sicilia. 

1555  –  L’Imperatore Carlo V convocò un’ Assemblea nel mese di marzo a Messina per poter ottenere dei soldi essendosi indebitato per le molte guerre che aveva sostenuto. In questa occasione chiese pure di poter vendere  e di alienare dal Regio Demanio la Città di Randazzo. I Randazzesi per impedire questa ingiuriosa vendita si recarono a Messina e riuscirono ad impedire la vendita e la alienazione sborsando al Regio Erario la somma di quattromila scudi. Questa Transazione fu stipulata il 4 novembre 1555, come sta registrata nel Libro Magno dei Privilegi di Randazzo.

1567 Camerata Girolamo pubblica il libro ” Trattato dell’honor vero, et del vero dishonore. Con tre questioni qual meriti più honore, ò la donna, ò l’huomo. O’ il soldato, ò il letterato. O’ l’artista, ò il leggista ”  presso l’editore Alessandro Benacci.

1569 – La nostra Città così veniva definita: Randazzo Città di Sicilia: TRIOCLA – TRIOCLAE.  Bevilacqua Vocabolario – Venezia 1569.

1575  – Gli abitanti di Randazzo erano ottantaquattro mila (84.000) per cui si meritò l’epiteto di URBIS PLENA.

1575 – La nostra Città fu funestata dalla peste fino al 1580. Dopo inutili tentativi di domare “la bestia” furono costretti ad incendiare quasi tutto il quartiere di Santa Maria.  Molte famiglie nobili abbandonarono per sempre Randazzo. I deceduti si calcola che furono all’incirca trentaduemila persone.

1576  Erasmo Marotta nasce a Randazzo. Compose madrigali, mottetti, litanie, salmi e musicò l’Aminta di Torquato Tasso. Fu l’inventore del dramma pastorale in Italia.  “sul cader degli anni” si fece gesuita. Muore il 6 ottobre 1641.  

1578  – Con il perversare della  peste, che infierì a lungo per ben 5 anni nella nostra Città, il Convento del Carmine fu trasformato in Lazzaretto per gli appestati non poveri, mentre per i poveri si è provveduto con una baracca costruita nella piazza antistante simile ad altre due costruite fuori le mura della Città.

1578  –  Antonino Randazzese l’anno di nascita di questo umile frate minore. Divenne responsabile provinciale del suo Ordine che guidò con molta saggezza. Fu un acuto agiografo. Rimangono alcune sue opere manoscritte sulla vita dei santi. Morì il 13 giugno 1632. 

1579  – Padre Vincenzo da Randazzo   prima Vicario Provinciale e poi, per la morte del Provinciale Padre Antonio da Torto­rici, nel seguente Capitolo fu nominato Provinciale.

1582 – La chiesa di San Nicola venne rifatta ed ingrandita per la terza volta, lo dimostra la scritta all’esterno dell’abside dal lato di mezzogiorno: 
              ”  L’antichità fece – il tempo disfece – la posterità con mezzi – pubblici e privati – più bellamente rifece –   (Padre Luigi Magro).

1584  – Nel Convento di Randazzo fu tenuto un Capitolo (Assemblea elettiva e legislativa dell’Ordine Francescano)  in cui fu eletto Provinciale Padre Ludovico da Catania. Altri Capitoli furono tenuti nel 1701 e nel 1739.

 1590  –  Muore a Palermo – Randazzese di nascita – Giovanni Domenico De Cavallaris, famoso giureconsulto fu tra gli esperti che presero parte alla elaborazione della legislazione della Sicilia.

1600  – Si apprende da un Documento del secolo XVII che sotto il Regno di Filippo IV° Re di Spagna (1605-1665) era stata proposta la vendita della Città di Randazzo, ma non vi si riuscì perché Pietro Oliveri, morto a Madrid il 1680, Reggente del Su­premo Consiglio d’Italia, quale cittadino di Randazzo,  ne prese la difesa e  furono così tanti gli argomenti che seppe portare che non fu posta in vendita. ( La data precisa non ci é nota).

1610 I Padri Cappuccini con Atto del 20 maggio 1600 presso il Notaro Pietro Dominedò, volendo costruire un Convento acquistarono il terreno da un  un certo Giuseppe Margaglio che, ben volentieri lo vendette e l’ 8 settembre1600, con gran concorso di popolo, fu ivi eretta la Croce . L’anno se­guente il 14 aprile 1601 , fu tenuto un Civico Consesso  per trattare sulla contri­buzione della spesa per la erezione di questo secondo Convento, e questa fu così generosa da accelerare i tempi e nel 1610 il lavoro della Chiesa e del Convento, che furono dedicati al SS. Salvatore, era terminato.                   

1604 – In base alla documentazione raccolta da Francesco Fisauli, – “Le Confraternite di Randazzo nella Storia e nel diritto ecclesiastico” – a partire dal 1604 le Confraternite e le loro Chiese, da laiche o indipendenti diventarono prima Chiese venerabili e poi Chiese filiali delle tre Parrocchie: S. Maria, S. Nicola, S. Martino.

1615 – Il Vicerè di Sicilia Duca d’Ossuna convocò a Palermo il Parlamento Generale del Regno.  Randazzo mandò come suo Procuratore il Dott. D. Pietro Fisauli che, grazie alla sua amicizia con il Vicerè, ottenne molte Grazie e Privilegi che si leggono  in un Diploma datato
Palermo il 7 agosto 1615,  e registrato a Randazzo nel Libro Grande dei Privilegi, il 12 novembre 1615. 

1616 –  Una lapide in arenaria posta sulla porta di levante ci fa sapere che essa fu ricostruita ed ampliata nel 1616
su progetto dell’Arch. Francesco Rubino: “ Ars et labor – Francisci Rubini – 1616 “.

1618  –  Il gesuita Giuseppe Marzio nasce a Randazzo nel 1618 . Nel 1654 pubblicò: Primo saggio di Panegirici. Fu molto apprezzato come “sacro oratore”. Morì nel 1676.

1619  –  l’Arcivescovo di Messina Andrea Mastrilli propose la soppressione della Parrocchia di S. Nicolò, dietro  il pretesto di cederla ai Padri Gesuiti che volevano fon­dare un Collegio in Randazzo ed anche perché i Sacerdoti di questa Chiesa non potevano vivere, essendo la Chiesa povera di rendite. Il 3 dicembre  1619,  Notaro Pietro Dominedò redige l’atto della fusione della Chiesa di S.Nicolò con la chiesa di Santa Maria avendo sottoscritto l’atto tutti i Sacerdoti dell’una e dell’altra Chiesa.

1621  –  Il Notaio (Notar) Pietro Dominedò il 18 settembre certifica che nella chiesa di Santa Maria vi sono 28 Preti.
Ironicamente annotato: «Or se ciò si fu da Pastori ; che è; e che sarà dai Secolari ? Auri sacra fames.

1624  –  Non essendo stata eretta la chiesa di Santa Maria con la chiesa di S. Nicola a Collegiata in quanto  avrebbero con ciò acquistata la tanto desiderata Maggioranza anche sopra l’altra Parrocchia di S. Martino, cosa contraria alla egualità stabilita dalle Sentenze Apostoliche precedenti, l’Atto di fusione non ebbe effetto e le due chiese ritornarono ad essere due Parrocchie.

1624 Nel mese di giugno scoppio la peste a Palermo. I Palermitani si votarono a Santa Rosalia e venne a cessare la peste nella Città. Pure Randazzo fu colpita e il Magistrato Municipale con tutti i cittadini come riconoscenza per la cessazione della peste, si votarono a Santa Rosalia facendo fare  un quadro con la Sua Immagine che fu posto dentro la Chiesa dei Conventuali di San Francesco. Quadro andato perduto con i bombardamenti del 1943 sotto le macerie della Chiesa.         

1628  –  IL Concittadino Dott. in Teologia D. Antonino De Aiuto che ritornava da Roma volendo che i Padri Gesuiti fondassero un Collegio di Studi a Randazzo, Gli lasciò tutti i suoi beni a condizione che non dovessero pretendere la chiesa di San Nicola. Venuti in Randazzo i Gesuiti, dopo la morte del Testatore, presero possesso dell’eredità che ammontò a 350 Onze annue di rendita,  fondarono il loro Collegio nella casa ereditata e aprirono la Chiesa della Madonna delle Grazie, sotto il nuovo Titolo di S. Igna­zio. Ma reputando insufficiente la rendita De Aiuto per il mantenimento del Collegio, pretesero di avere dai Procuratori della Fabbrica di S. Maria, il denaro cumulato in Cassa. Da qui nacque un lungo contenzioso di cui fu coinvolto anche il il Vicerè Duca di Alcalà, ma i Padri Gesuiti non riuscirono a spuntarla. Nel 1638 poi i Padri Gesuiti, adducendo che la loro abitazione era angusta, che essi non avevano potuto ottenere la Chiesa di S. Nicolò e che era insufficiente l’annua rendita di Onze 350 proveniente dalla eredità De Aiuto, pur aumentate di Onze 50 date dall’Università di Randazzo per mantenere il Collegio, erano costretti a lasciare la Città, cedendo la eredità De Aiuto ai Padri Minimi del Convento di S. Francesco di Paola.

1632 –  Nella Parrocchiale chiesa di S. Nicolò esiste l’Arciconfraternita dell’Opera della Mise­ricordia fondata sotto il Titolo del “SS. Crocifisso in suffragio delle Anime del Purgatorio” il 1° luglio 1632 dall’Arciprete di Randazzo Dott. D. Ettore Prescimone approvata dalla Curia Arcivescovile di Messina per mezzo del Vicario Generale D. Mario Guzzaniti ed esecutoriatà nella Curia di Randazzo il 10 luglio 1632.

1636
–  Il 27 agosto del 1636, Filippo IV re di Spagna, bisognoso di denaro  inviò alla città di Randazzo una pergamena reale con la quale chiedeva ai cittadini una notevole somma per la Corona, minacciando di annullare la demanialità della Città, con la conseguente vendita in qualità di Feudo.  I Randazzesi raccolsero il donativo dal feudo Torrazzo e dalla vendita del Castello.

1640 – L’11 gennaio 1640, don Carlo Romeo  comprò dal Regio Fisco per 404 onze il Castello di Randazzo (dove ora è ubicato il Museo Archeologico Vagliasindi)  e il titolo di barone del Castello di Randazzo.

1647 – Il sindaco di Randazzo è  Don  Giovanni Romeo. 

1647 – Nella chiesa di San Martino, dietro la porta maggiore, si conserva un antico Battistero di marmo rosso con pilastrini ottagonali ed archetti ogivali con capitelli frondosi, nel quale, benché a stento, si legge la seguente iscrizione:
               “Qui crediderit et Baptizatus fuerit Salvus erit. Hoc opus Expeditum fuit per me Magistrum Angelum De Riccio de Messana. Sub Anno Incarnationis Domini + MCCCCXXXXVII “.  “Chi avrà creduto e sarà Battezzato sarà salvo. Questo lavoro fu concepito da me Maestro Angelo De Riccio da Messina. Sotto l’anno del Signore 1447.”

1647 – Dal 16 luglio al 9 agosto scoppiò a Randazzo una rivolta a causa dell’aumento delle tasse e per l’estrema miseria nella quale era ridotta la Città. Don Muzio Spatafora, Vicario Generale, alla testa di sei compagnie entrò il 27 luglio nella nostra Città e dopo aver eseguito arresti e alcune condanne a morte ristabilisce la pace. Il cardinale Trivulzio dichiara che il motivo scatenante della rivolta palermitana dell’agosto 1647 è stata proprio la dura repressione militare avvenuta a Randazzo.  ( Daniele Palermo).

 1650  – Nasce a Randazzo, probabilmente in questa data Francesco La Guzza . Uomo di molta cultura ed un  grande predicatore. Scrisse molte opere religiose. 

1674  –  La regina Marianna d’Austria il 21 novembre concede a Randazzo il titolo di Graziosissima per essere stata aiutata a sottomettere la città di Messina , ribelle alla Spagna. 

1676  –  Nasce a Randazzo Nunzio Perciabosco poeta comico ed autore di varie commedie e drammi di cui alcuni titoli:
 – Donna Margherita o vero l’incognita conosciuta negl’accidenti del carnovale, 
 – L’Altamura o vero l’amorosa simpatia
 – Fidauro o vero le bellicose vendette favorita dalla fortuna
 – L’Olivara o vero l’Amante crudele
 – Il Polifemo o vero la Tirannide soggiogata.
Gli è stata dedicata una via (graziosissima) dietro la chiesa di San Martino che va verso piazza San Pietro.

1678 –  Il Re Carlo II° figlio del Re Filippo IV dopo la reggenza della Madre Marianna  salito al trono di Spagna spedì una lettera il 26 aprile dove manifestava la riconoscenza per la fedeltà ed il valore mostrato dai Cittadini Randazzesi. 

1679  –  Dopo la dichiarazione del Re Carlo II° anche Randazzo il 19 marzo 1679 dichiarò Patrono della Città San Giuseppe, Sposo di Maria, sottoscrivendo l’Atto ben 300 Famiglie, l’Arciprete D. Giuseppe Emmanuele Oliveri, n. 51 sacerdoti e n. 32 Chierici addetti al Servizio delle Tre Parrocchie.

1680  –  Pietro Oliviero il 15 luglio muore a Madrid. Nato a Randazzo, ma non si conosce la data di nascita. Fu autore di pregiate opere giuridiche. Nel 1678 fu Reggente del Supremo Consiglio d’Italia e con questa carica si recò a Madrid. 

1686  La confraternita di Maria SS Annunziata della Chiesa dell’Annunziata è stata fondata il 25 maggio 1686 ed  un tempo riuniva massari ( Contadini a cui era affidata la gestione di un appezzamento di terreno  in base a un contratto di locazione – detto contratto di masseria).

1689  –  Vi fu una grande inondazione e il  Fiume straripando inondarono il Borgo denominato dei Conciariotti ove erano le Concierie che rimasero di­strutte con tutte le case ivi esistenti. Anche  la Chiesa di S. Maria dell’Itria fu inondata e per  tale di­sastro cessò di funzionare. Rimase pure demolito il Ponte grande a cinque archi che congiungeva Randazzo con Santa Domenica, ed altri due piccoli uno chiamato della Misericor­dia che dava accesso alla Chiesa omonima e l’altro della Fontana del Roccaro.

1693 –  Il  più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale si verificò in tutta la SiciliaIl primo terremoto fu il 9 gennaio 1693 attorno alle ore 21:00. Il  secondo terremoto – preceduto circa 4 ore prima da un’altra forte scossa che però non aggravò sensibilmente i danni della prima – avvenne il giorno 11 gennaio 1693 alle ore 13:30 ed ebbe effetti veramente catastrofici. Tutto il periodo sismico fu, inoltre, accompagnato da un’intensa attività dell’Etna. La statistica ufficiale, redatta nel maggio 1693, riporta circa 54.000 mortiCatania, Acireale e i piccoli centri del versante sud-orientale dell’Etna furono quasi interamente distrutti.  Anche  Randazzo ebbe diversi morti e notevoli  danni alle abitazioni e  fu sconquassato il Campanile di S. Nicola che era stato incatenato a spese dell’Imperatore Carlo V°, quando onorò la no­stra Città di sua presenza, e dopo pochi anni si è dovuto abbattere.  Le repliche, anche di forte intensità, furono avvertite per oltre 3 anni .La nostra Città di Randazzo ebbe dei danni e

1718 Ebbe luogo la sanguinosa battaglia di Francavilla fra tedeschi e spagnoli, passarono da Randazzo tante truppe spagnole da non poter essere ospitate nei vari conventi locali, per cui si dovette ricorrere alle Chiese per alloggiare i soldati. La prima che fu adibita a Caserma, come la più grande, fu quella di S. Nicola.

1718 – Il Capitano d’Arme D. GIORGIO LICARI è  Patrizio della Città e occupò Cinque volte la Carica di Capitano Giustiziere,

1720 – Vi fu una notevole siccità. Infatti non piovve per ben 18 mesi. Delle sette fontane da cui attingevano acqua i nostri concittadini cinque erano prosciugate ( Roccaro, Gallo, Erba Spina, Sanamalati e Sela dei PP.Cappuccini) solo due (Flascio e Faucera) erano attive.

1724  –  Francesco Onorato Colonna  (1683/1731) dei Duchi di Cesarò e dei Marchesi di Fiumedinisi storico e letterato scrive il libro:  Idea dell’antichità della Città di Randazzo. Il libro è custodito nella biblioteca comunale di Catania. 

1730  L’attuale statua di Rannazzu Vecchiu è, in realtà, una copia, realizzata negli anni ’30 del 700, commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto)  a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo, i cui resti – un leone, un’aquila e un berretto frigio –, attualmente, si trovano murati sulla parete settentrionale della chiesa di San Nicola. 

1741  – Sulla porta dell’Ospedale vi è un Medaglione in pietra su cui è scolpita in rilievo la Ma­donna della Pietà che è stata qui trasportata dal vecchio Ospedale: porta inciso l’anno 1741.

1741 –  Carlo III , Re delle due Sicilie, istituì a Randazzo un Tribunale Commerciale con ampia Giurisdizione sopra 27 Città e Terre.
 
1741 – L’Infante Filippo. primo figlio maschio di Carlo III, Re delle Due Sicilie, nato il 13 giugno 1741,  ebbe il titolo di Conte di Calabria e  Duca di Randazzo.

1746 – 29 novembre, fu innalzata, nella piazza antistante la chiesa di San Nicola, la nuova statua, in marmo, di Randazzo Vecchio, emblema e memoria della storia della città. Essa venne commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto), a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo. Diverse sono le ipotesi avanzate sul personaggio che rappresenta: ciclope Piracmone, Ducezio, re dei Siculi, o l’unione delle tre etnie della città (Lombardi, Greci e Latini). Differenti sono anche le interpretazioni avanzate, sin’ora, intorno al significato allegorico dei tre animali – leone, serpenti e aquila – che accompagnano Randazzo Vecchio.
(Angela Militi
)

1746Visita del monsignore Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina, il quale stette a Randazzo dal 13 al 29 dicembre nel corso della quale celebrò il rito della consacrazione della chiesa di San Martino (21 dicembre).

1746 –  Il 27 dicembre 1746 Mons. Francesco Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina. essendo in Randazzo in occasione della Sacra Visita, consacrò la Chiesa di San Nicola e nel 1751, in qualità di Delegato Apostolico, la eresse, insieme alle altre due S. Martino e S. Maria, alla dignità di Collegiata, con le relative Dignità ed Insegne Canonicali di cui la Cappa corale e l’Ermellino che vennero confermati dalla S. Sede nel 1785.

1753  Il Viceré D. Eustachio Duca di Viefuille venne a Randazzo verso le ore 17 del 14 novembre 1753 e si fermò sino al 28 dello stesso mese alloggiando nel Convento dei Minori Conventuali della Chiesa di S. Francesco. In questa occasione Gli fu fatto presente che a causa della peste (1575-1580) la popolazione si era di molto ridotta, impoverita ed abbandonata per sempre dai Nobili che si erano trasferiti a Messina. Il Viceré ordinò di regolare le tasse secondo la popolazione del 1753.     

1756  –   Il Marchese Fogliani, nuovo Viceré di Sicilia il 12 maggio, dispose che, a causa della diminuzione della popolazione per la elezione dei Giurati, vi fossero due scrutini, uno per eleggere due del Ceto Nobile ed uno per eleggere due del Ceto Civile.

1760 Il Collegio San Basilio nasce come Monastero Basiliano tra il 1760 e il 1768. Divenuto di proprietà del Comune, grazie alle leggi eversive del 1866/67, fu concesso ai Salesiani nel 1879 che per volontà di don Bosco divenne il primo centro studi salesiano della Sicilia.

1761  –  Arcangiolo Leanti  nel suo ” Lo stato presente della Sicilia del 1761″ così descrive Randazzo:
Città piccola reale, pur mediterranea, posta alle falde dell’Etna: è animata in quattro parrocchie da 4.169 abitatori; ha quattro conventi di religiosi e tre di monache dell’Ordine di S. Benedetto. Presso questa città trovasi il lago Gorrida, di cui molto favoleggiarono gli antichi poeti greci e latini. 

1767  –  Il Re Carlo III° dispone, con un decreto datato 25 aprile, che a tutti quelli che avessero avuto il Padre o l’Avo iscritti nella Mastra Civile (la Mastra era l’elenco dei nobili per la partecipazione alla elezione dei 4 Magistrati che avrebbero governato la Città) gli era concesso di passare nella Mastra Nobile.

1770  –  L’Arciprete Don Giuseppe Plumari ed Emmanuele, nacque il 17 agosto dal notaio D. Candeloro  e da Paola Emmanuele. Gloria primaria ed unica della Storiografia Randazzese, ci ha lasciato una grande opera , che ci parla di tutte le glorie della nostra Città. Muore il 1 ottobre del 1851 e probabilmente fu seppellito nella Chiesa di Santa Maria, ma della sua tomba si è perduto ogni ricordo.  

1785  – Finalmente, dopo tre secoli di discordie fra le Tre Chiese , come si rileva dagli Atti del Regio Notaro  D. Carmelo Ribizzi, in data  6 marzo  1785, troviamo che le tre Collegiate otten­nero dalla S. Sede il Privilegio della Cappa di Coro ossia l’Ermellino.

1789 – Al fine di equilibrare su tutti i cittadini del Regno le entrate dello Stato  Ferdinando III re di Sicilia (Ferdinando IV re di Napoli) fece eseguire un censimento generale. A Randazzo si ebbe  il seguente risultato: 
             Quartiere di Santa Maria:  Maschi 607     Femmine 467   totale 1074
              Quartiere di san Nicolò:    Maschi 1415    Femmine 1183  totale 2598
              Quartiere di San Martino: Maschi 1476   Femmine 1129 totale 2605
              Totale : 6.277 anime.
Il censimento è stato fatto da Don Girolamo Saletti deputato della locale Deputazione.

1808  –  Il Sindaco di Randazzo é  il Dott. Filippo Scala”

1818  Il 20 febbraio vi fu un tremendo terremoto. Non si hanno notizie per  danni agli uomini o alle cose si sa di questo terremoto in quanto il Quadro raffigurante San Giorgio donato dal Conte Ruggero I di Sicilia (1031-1101) al Monastero si stacco dal muro e cadendo si ridusse in minutissimi pezzi, essendo corroso dalla tignuola, come ebbe a constatare il Duca di San Mar­tino, allora Intendente di Catania, venuto a visitare per ordine del Sovrano la nostra Città. Federico II°, insieme alla Regina Eleonora, (circa il 1312) donarono alle Monache di San Giorgio un Quadro dipinto su Tavola, rappresentante il Transito del loro Patriarca San Be­nedetto,  anche questo cadde e andò in frantumi .   

1824 –  Alla morte del re Ferdinando I , la Chiesa di San Nicola – che funzionava da Cattedrale del triennio – celebrò solenne funerale; ma, dato il caso specialissimo, anche le altre due chiese vollero celebrare il suo: e i funerali furono tre.
(Pietro Silvio Rivetta in arte Toddi).

1825 – L’Arciprete Giuseppe Plumari  il 30 agosto rivolse una petizione al Re Francesco I°  perché fosse demandata l’Amministrazione dei Beni della Baronessa Joannella De Quatris lasciati alla Maramma di S. Maria, ad una Commissione locale, sotto il controllo del Consiglio degli Ospizi di Catania, togliendo dalle mani dell’Amministratore residente a Palermo, perché la Chiesa, in poco più di un secolo di tale Amministrazione aveva avuto la perdita di almeno Onze sessantatre­mila (63.000).  Il Re  accoglie la petizione e dà disposizioni affinché sia eseguita. 

1834  – Nel 1834 si accese una forte polemica provocata da uno scritto sulle “glorie di Randazzo di Leonardo Vigo”, pubblicato nelle Effemeridi Scientifiche e Letterarie di Palermo, dopo ch’egli aveva consultato il manoscritto: Idea dell’Antichità di Randazzo di Don Francesco Colonna dei Duchi di Cesarò e dei Marchesi di Fiumedinisi, ed il Sunto della Storia di Randazzo, scritto ed inviato dall’Arciprete Don Giuseppe Plumari Emanuele all’Accademia dei Zelanti della Città di Acireale.

1835  –  Paolo Vagliasindi Basiliano pubblica per la tipografia del Giornale di Scienze Lettere ed Arte di Palermo “Discussione storica e topografica di Paolo VAGLIASINDI basiliano di Randazzo” . L’Opera polemicamente cerca di confutare alcune teorie dello storico Giuseppe Plumari sulle origini della nostra Città.

1836 – La presunta data dell’apertura del Cimitero. Questa data infatti è riportata in una lapide ancora esistente nella zona pericolante.

1836 La confraternita dell’Addolorata, che precedentemente si chiamava Confraternita di Maria SS.ma degli Agonizzanti, non possiede alcun documento manoscritto che ne attesti la data di fondazione. Ha solo un recente dattiloscritto in cui tra l’altro si legge: data di fondazione 20 luglio 1834; data di autorizzazione da parte di Ferdinando II, re delle due Sicilie, 13 febbraio 1836.

1838  –  Paolo Vagliasindi Polizzi, nasce nel 1838 e si deve a Lui l’esistenza del Museo Archeologico Vagliasindi.  Infatti nel 1889 in un suo fondo in contrada Sant’Anastasia-Mischi  furono trovati casualmente dei reperti archeologici oggi esposti nel museo archeologico di Randazzo e nel museo Paolo Orsi di Siracusa.

1847 l’Arciprete Giuseppe Plumari scrive: ” Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia esposta dall’Arciprete di essa Città Giuseppe Plumari ed Emmanuele dottore in Sacra Teologia e socio dell’Accademia dè Zelanti di Scienze, Lettere, ed Arti della Città di Aci-Reale. Divisa in tre volumi. – Volume I  anno 1847 “.

1847 – Il  22 settembre 1847, il sindaco di Randazzo con l’aiuto del Canonico Giuseppe Cavallaro amministratore dell’Opera De Quatris, , crearono  il Corpo Bandistico  Città di Randazzo. La spesa in quell’epoca, è stata circa di trenta Onze.

1849 –  l’Arciprete Giuseppe Plumari scrive: ” Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia esposta dall’Arciprete di essa Città Giuseppe Plumari ed Emmanuele dottore in Sacra Teologia e socio dell’Accademia dè Zelanti di Scienze, Lettere, ed Arti della Città di Aci-Reale. Divisa in tre volumi. – Volume II   anno 1849″.

1855 –  Muore nel Monastero di Randazzo l’Abate D. Paolo Vagliasindi. Fu Segretario della Camera dei Pari nel 1848, profondo conoscitore delle scienze storiche, archeologiche, economiche siciliane. Scrisse sull’eruzione dell’Etna del 1832, La Riflessione Sull’Appendice (1835) e confutando le tesi del Plumari sulle origini di Randazzo “DISCUSSIONE STORICA E TOPOGRAFICA DI PAOLO VAGLIASINDI BASILIANO DI RANDAZZO”.  Sostituì le lettere ad uno Obelisco egiziano. Seppellito nella chiesa di S.Maria di Gesù sulla tomba fu inciso: “Voce mortale non potrà accrescere meriti alla fama di Lui “.

1859 Padre Gesualdo De Luca, ex Provinciale Cappuccino da Bronte,  “ In S. Martino di Randazzo chiesa collegiata Parrochiale a turno matrice “, fece l’elogio funebre per Sua Maestà Ferdinando II re delle Due Sicilie. Il testo integrale lo trovi nella sezione “LIBRERIA”. 

1860Giuseppe Garibaldi da Messina ordina a Nino Bixio di recarsi a Randazzo – dove giunge il 6 agosto insediandosi nella casa di Giuseppe Fisauli –  per sedare la rivolta scoppiata a Bronte, Linguaglossa, Adrano.

1861   –  Nicola Petrina, politico, sindacalista e uno dei fondatori dei  Fasci Siciliani o Fasci Siciliani dei lavoratori  ( con Giuseppe De Felice,  Giacomo Montalto, Francesco Paolo Ciralli, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, Bernardino Verro ),  nasce a Randazzo il 13 novembre 1861 e muore il 28 dicembre del 1908 a Messina a causa del tremendo terremoto che ha colpito questa città.

1861  –   Gli abitanti di Randazzo sono : 7005 

1864  –  Gaetano Basile fu Ferdinando nasce a Randazzo il 6 luglio. E’ stato un medico e igienista italiano, Direttore della Sanità Pubblica dal 01/02/1934 al 28/02/1935. Nel dicembre 1912 fu prescelto come Direttore capo della divisione per il servizio igienico generale al Ministero dell’Interno e nel 1916 ricevette la medaglia d’oro ai benemeriti della salute pubblica. Nel dicembre 1930 fu promosso Direttore Generale della Sanità Pubblica. Nel 1943 avendo avuto distrutta la casa di Catania dai bombardamenti del 1943 si ritirò a Crocitta dove morì il febbraio 1951. Una immensa folla partecipò al suo funerale. Il Comune gli ha intitolato una tra le più belle strade della città.

1866 – Nel 1866 lo Stato incamerò i beni di tutte le Confraternite, senza eccezione alcuna. (Con il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866, detta legge eversiva, fu negato il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni, e le congregazioni religiose regolari, ai conservatori ed i ritiri che comportassero vita in comune ed avessero carattere ecclesiastico). 

1866  –  A seguito della legge eversiva (il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866) fu soppresso il convento dei Carmelitani. I fedeli allora chiesero che le Sante Reliquie del Beato Luigi Rabatà fossero tolte dalla chiesa del Carmine e fossero trasfe­rite nella Chiesa Collegiata di Santa  Maria. La  Sacra Congregazione dei Riti, con l’approvazione di Pio X°,  in data 10 giu­gno 1910 accordava la richiesta di traslazione dalla Chiesa del Carmine ove erano state conservate per più di quattro secoli, alla Chiesa di S. Maria. 

1868  –  Sindaco della Città e don Giuseppe Fisauli. 

1872 La città di Randazzo che fino al 1435  faceva parte della diocesi di Messina, passa con la diocesi di Acireale.

1875  –  Secondo il Vocabolario Geografico – Storico – Statistico e il Dizionario Geografico Postale del regno d’Italia il comune di Randazzo era dotato di un ufficio postale, di scuole e d’istituti di pubblica beneficenza.  

1878 – Le nostre Autorità Municipali (Sindaco Giuseppe Fisauli), preoccupati di dare una buona educazione ai nostri giovani, in accordo con le Autorità Ecclesiastiche, fecero venire le Suore di Carità che presero la Direzione dell’Asilo, della Scuole Elementari ed in seguito dell’Ospedale.  L’Asilo fu inaugurato il 13 settembre 1878 ed eretto in Ente Morale l’8 dicembre dello stesso anno. Lo scopo è l’ammissione dei bambini di ambo i sessi, dai tre ai sei anni per ricevere la prima educazione religiosa e civile.  La prima Deputazione ebbe a Componenti i Signori: Giuseppe Vagliasindi Romeo Presidente, Dottor Antonino Birelli e Giuseppe Fisauli Piccione Deputati.

1879 – Sindaco della Città è il barone Giuseppe Fisauli.

1879 – Su indicazione del prefetto di Catania Conte Ottavio Lovel de Maria e il comm. Achille Basile. che caso stranissimo, rappresentavano uno Stato massonico e anticlericale, ed il vescovo di Acireale Mons. Gerlando Genuardi,  le autorità della Città –  l’Arciprete Francesco Fisauli, il Sindaco B.ne Giuseppe Fisauli, il Consigliere Provinciale Giuseppe Vagliasindi –  si incontrano con i delegati di Don Bosco –  Don Gio­vanni Cagliero (reduce dalla prima missione salesiana in Patagonia, e che poi, qualche anno dopo, diventerà cardinale di Sancta Romana Ecclesia.” Pino Portale”) e Don Celestino Durando – per firmare la “Convenzione” dove si stabiliscono i lavori di ristrutturazione e ammodernamento del vecchio monastero basiliano che avrebbe dovuto ospitare il Collegio Salesiano e si fissò la data dell’inizio dell’opera con scuole elementari e ginnasiali per l’ottobre del medesimo anno 1879.

1884  –  Gustavo Vagliasindi nasce a Randazzo. Professore universitario di argomenti agricoli nel 1947 promosse la fondazione della Facoltà di Agraria di Catania. L’Università nel 1961 gli conferì alla memoria la medaglia d’oro al merito della scuola. Il comune di Sanremo il “Garofano Rosso”.  Morì a Catania nel 1957.

1885 – Viene eletto sindaco Paolo Vagliasindi (1858/1905) a soli 27 anni.

1886 – Il pittore viterbese Pietro Vanni dipinge “La Madonna in trono col Bambino” che si trova sull’altare Maggiore (1663 in marmo policromo intarsiato) nella Basilica di Santa Maria.

1887 – Viene rieletto sindaco Paolo Vagliasindi (1858/1905).

1887 – Si diffonde una epidemia di colera. Il sindaco Paolo Vagliasindi, per la sua opera meritoria gli viene attribuita la medaglia d’argento al valore civile da parte del Governo.

1887 – Viene costruito il ponte sul fiume Alcantara tutto in pietra lavica e con una serie di accorgimenti per consolidare il terreno circostante. Il 13 agosto 1943 i tedeschi ritirandosi fecero crollare con delle mine le tre arcate. 

1891  –  Giuseppina Dilettoso Vagliasindi (in religione Suor Maria Addolorata) nasce a Randazzo il 21 giugno. Rimasta vedova dedicò tutta la sua vita al Signore. Fondò l’Opera Betania Ancelle di Gesù Sacerdote, con lo scopo di assistere i sacerdoti, quelli malati e più bisognosi.  Morì il 15 agosto 1981. 

1893  –  l’Orfanotrofio Femminile, affidato alle Suore di Carità, veniva fondato e dedicato al Sacro Cuore di Gesù dal Rev.mo Canonico D. Francesco Fisauli fu Dott. Vincenzo e dai Signori: Barone Avv. Benedetto Fisauli con i fratelli Ing. Vincenzo, Avv. Antonio, Colon­nello Brigadiere Diego, Avv. Gualtiero figli del Barone Giuseppe, 11 maggio 1893 e 20 settembre 1894 presso il Notaro Basile avv.Giuseppe, con lo scopo di ricovero, istru­zione e mantenimento, fino alla maggiore età, delle orfane abbandonate, nate legittime da genitori che ebbero domicilio in Randazzo.

1895Inaugurazione della Ferrovia CircumEtnea il 29 settembre.  Mario Mandalari (1851-1908), che arrivò a Randazzo comodamente seduto sul treno inaugurale, descrive, nel libro “Ricordi di Sicilia: Randazzo” ( N.Giannotta editore – 1897) con accenti trionfali “ la vittoria dell’Uomo sul Mostro”, il Gigante Mongibello, che, ormai cinto di rotaie, non riesce ad ostacolare la marcia del Progresso.

1896 – Per opera del  Canonico D. Vincenzo Panissidi  viene costituita nella Chiesa di San Nicola la Confraternita del SS. Sacramento che, sorta modestamente fra alcuni parrocchiani, andò vie più accrescendosi col titolo di Pia Società del SS. Sacramento e venne canonicamente fondata dopo un decennio di esistenza, nel 1896. Venne poi elevata al rango di Confraternita l’anno 1925 ed aggregata alla Primaria Arciconfraternita di Roma.

1896Andrea Capparelli  fu nominato Rettore dell’Università di Catania. Nato a Randazzo il 14.12.1854 .  Nel 1880 si laurea in Medicina all’Università di Catania. Fisiologo si interessò pure di Neurologia, Istologia e Terapia. Importanti i suoi studi sul diabete. Morì a Catania nel giugno 1921 . 

1897Scoppia nella nostra Città una epidemia di colera.

1899 – l’onorevole Paolo Vagliasindi  (1858/1905), deputato per 4 legislature, il  14 maggio del 1899 viene nominato Sottosegretario all’Agricoltura, Industria e Commercio durante il governo di Luigi Pelloux.  Carica che mantiene fino al 21 giugno 1900.

1903 Cesare Finocchiaro pubblica il libro. “L’acqua potabile in Randazzo “. Editore: lo Stabilimento Tipografico di Catania. 

1903  –  il 4 ottobre fu inaugurato nella Sala del Palazzo Comunale un Circolo di Cultura e una sezione dell’Archivio Storico per la Sicilia Orientale. Il Vice Presidente, prof. V. Casagrande, tenne il discorso inaugurale, mentre F. Basile ricordò quella cerimonia con un opuscolo intitolato “Circolo di cultura a favore della gioventù”.  

1903 Vito La Mantia Commendatore, Grande Ufficiale e Primo Presidente Onorario di Corte d’Appello –  pubblica il libro: “Consuetudini di Randazzo.  Editore : Tip. Stab. A. Giannitrapani via Monteleone n. 23 – Palermo

1905 – Sindaco è l’avvocato  Gualtiero Fisauli 

1905 – il 23 dicembre 1905 a soli 47 anni muore di pleurite a Catania l’onorevole Paolo Vagliasindi (1858/1905).

1906/1907  –   il 1° acquedotto costruito a Randazzo (1906/1907). sindaco pro- tempore  Gualtiero Fisauli.  L’acqua detta di “Pietre Bianche” proviene dalle sorgenti di Portale o Pietre Bianche, Tortorici (ME) a circa 1350mt. sul livello del mare, portata acqua circa 7 litri al secondo. Sorgente di Montone-territorio di Randazzo circa 1275 mt. sul livello del mare, (portata:  1 litro/sec). La condotta che raccoglie l’acqua  delle due sorgenti arriva al Serbatoio dei  Cappuccini, dopo avere attraversato alcune  zone, tra cui  Roccabellia e Murazorotto.  Acque eccellenti e saluberrime sono definite dalla ” Relazione a cura del Prof. Eugenio Di Mattei-Università di Catania”.

1907 –  Randazzo ebbe la luce elettrica per la prima volta dall’Officina del Sig. D. Ciccione Vagliasindi.

1907 Douglas Sladen pubblica a New York : “Sicily The New Resort an Encyclopedia of Sicily by Douglas Sladen”  una guida turistica della Sicilia.  Nella II parte del libro da pag. 462 a pag. 468 si parla di Randazzo impreziosito da belle foto.

1908 – Sindaco della Città è Sebastiano Polizzi.  Il 30 giugno 1908 firma la transazione dove vengono sanciti i criteri e stabilite le norme e segnate le quote che spettano a ciascun Ente dell’eredità della Baronessa Dè Quatris.  Così si pose fine a quasi 300 anni di lotte fra le Tre Chiese (San Martino, San Nicola, Santa Maria).

1909 – Lo storico di Acireale  Vincenzo Raciti Romeo (1849-1937)  Fu un Canonico e archivista della cattedrale di Acireale e bibliotecario della locale Accademia Zelantea. Studioso di storia patria si dedicò con particolare cura alla storia della città di Acireale e dintorni. Nel 1909 pubblicò due suoi scritti: “Da Acireale a Randazzo” e “Randazzo Origini e monumenti”. Si trovano in originale presso la Biblioteca Zelantea di Acireale.

1909 – Federico De Roberto pubblica il libro “Randazzo e la Valle dell’Alcantara”.  Editore: Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo. Il libro contiene n.147  illustrazioni e I tavola. 

1909Il sindaco di Randazzo è l’avvocato Sebastiano Polizzi.

1909 Vito La Mantia (1822/1904) storico e giurista siciliano il quale  fu anche Consigliere di corte di Cassazione a Roma, coadiuvato dai figli completò alcuni lavori originali in materia di diritto consuetudinario  tra cui   “Le consuetudini di Randazzo”  che venne pubblicato nel 1909.  L’intero testo lo puoi leggere nel profilo di Angela Militi.

1910 –  il Sacerdote don Salvatore Calogero Virzì nasce 11 gennaio a Cesarò (ME). Salesiano, Educatore, Storico della nostra Città, Ricercatore.  Si spegne intorno alle ore venti del 21 novembre 1986 al San Basilio di Randazzo.

1910Per iniziativa di Giovanni Puglisi ( anarchico e poi socialista)  il 18 maggio venne scoperta una lapide nella casa natale di Nicola Petrina che così diceva: 
                ” In questa casa / il 13 novembre 1861 / schiudeva gli occhi / a vita intensa di entusiasmi e di lotte NICOLA PETRINA // Le calamità pubbliche e il carcere iniquo / furono per lui campo fecondo / di azione di pensiero / La catastrofe di Messina del 28 dicembre 1908 / tragicamente lo travolse // Il Popolo di Randazzo / pose questo ricordo / il giorno 18 maggio 1910 / solennemente commemorando / il tribuno gagliardo l’apostolo fervente / di una civiltà più vera ed umana “.
              La lapide non esiste più a causa degli eventi bellici del 1943 che distrussero un gran parte della nostra Città.

1910  – La  Sacra Congregazione dei Riti, approvato da Pio X° in data 10 giu­gno 1910,  accordava la richiesta di  traslazione dei resti del Beato Luigi Rabatà dalla Chiesa del Carmine ove erano state conservate per più di quattro secoli, alla Chiesa di S. Maria. Avendo poi il popolo, in occasione del colera del 1911, ad iniziativa del Vescovo, fatto voto al Beato di procedere presto a tale traslazione se Egli avesse ottenuto da Dio la cessazione del morbo entro il 15 agosto, concessa la Grazia come la si desiderava, si procedette alla preparazione ed il 13 agosto 1912 avveniva la trasla­zione in forma solennissima.

1911  –  Si registra a Randazzo una epidemia da colera.

1911 – Dopo aver inaugurato la statua del Re Umberto  I nella Piazza Roma di Catania, il Re Vittorio Emmanuele III e la Regina Elena  il 31 maggio vennero a Randazzo con il treno reale della Circumetnea.  Alla stazione il commissario  Spasiano  a nome della Città offrì un mazzo di fiori. Proseguendo i reali si fermarono alla villa Statella del marchese Giovanni Romeo. Accompagnavano  il Re il Ministro degli Esteri Sangiuliano, il Ministro di Grazia e Giustizia Finocchiaro Aprile, il Ministro dei Lavori Pubblici Sacchi, la Presidenza del Senato e della Camera dei Deputati con parecchi Onorevoli ed il Prefetto della Provincia.

1912  –  Il 13 agosto le ossa del beato Luigi Rabatà furono trasportate in processione dalla chiesa del Carmine alla Basilica Minore di Santa Maria. Dal 1866 (ano della soppressione degli Ordini religiosi per le leggi eversive) erano state dimenticate nel convento carmelitano. Si racconta che il beato aveva salvato nel 1897  Randazzo dal colera. 

1913Walter Leopold (1882-1976) in un lavoro svolto per la sua tesi di dottorato a Dresda : ” Studio sulle architetture medievali a Castrogiovanni (odierna Enna), Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo” a proposito della nostra città scrive : 
       «la roccia nera di basalto lavico su cui Randazzo è stata costruita scende a strapiombo verso il fiume Alcantara, che scorre proprio sotto le sue mura. Sono da apprezzare le caratteristiche paesaggistiche particolari di un centro storico incastonato sui declivi dell’imponente vulcano Etna. Estremamente interessanti sono la Chiesa di Santa Maria e la torre di San Martino». 

(Antonino Portaro). 

1914  –  Il sindaco di Randazzo è  Alberti Capparelli. 

1914  – Il 19 aprile 1914, a Randazzo, nel corso di una cerimonia cui parteciparono numerosi cittadini, e le varie associazioni del tempo, dietro iniziativa del sindaco Alberto Capparelli, in onore dell’on.le Paolo Vagliasindi, veniva inaugurata una lapide, scolpita da Antonino Corallo, e posta sul cantonale del Palazzo Vagliasindi in via Umberto I, il cui testo, dettato proprio da Federico De Roberto, recita:
         “Paolo Vagliasindi / nelle lotte della vita pubblica / portò la forza e la gentilezza / di un cavaliere antico / in Parlamento e al Governo / fu propugnatore immutabile / di libertà con ordine / crudelmente troncata / prima di dare tutti i suoi frutti / l’opera nobilissima / del Cittadino esemplare / vive nella memoria dei contemporanei / rivivrà nella storia / di questa diletta sua terra.” 

 

1915 La prima Guerra Mondiale (1915-1918) causò a Randazzo la morte di ben 150 nostri Concittadini e un gran  numero di feriti e mutilati. I superstiti di questa spaventosa guerra furono insigniti del titolo di “ Cavalieri dell’Ordine di Vittorio Veneto “.  

1918 – Sindaco di Randazzo è  Andrea Capparelli ( la giunta è formata da: U.Vagliasindi, G. Caldarera, D Vagliasindi, G. Fisauli, G. Panissidi ).

1919 – A seguito di molte manifestazioni di Popolo per le condizioni misere in cui versava, vi fu una scalata al Municipio e la folla inferocita  resistette  alla forza pubblica che fu costretta ad usare le armi e sparò sui manifestanti  causando la morte di nove Cittadini.

1919 – Giuseppe Bonaventura nasce a Randazzo il 6 Ottobre. Nel 1951 assieme a Vito Scalia e Antonio D’Amico fu uno dei fondatori della CISL di Catania, e Segretario Generale dal 1961 al 1964. Fu Consigliere Provinciale e Sindaco della nostra Città dal 14 dicembre 1960 al 26 agosto 1961. Morì prematuramente a 45 anni il 17 dicembre 1964. E’ stato il personaggio politico e sindacale di maggior prestigio nella seconda metà del novecento di Randazzo.

1920 – Nel mese di aprile fanno visita a Randazzo  la novellista irlandese EDITH SOMERVILLE (1858-1949) e la musicista inglese e leader del movimento “Women’s Suffrage” delle Suffragettes ETHEL SMYTH (1858-1944), meglio nota come Dame Ethel Smyth Descrivono la nostra Città in un modo orrido con delle affermazioni francamente molto gratuite. Puoi leggere l’articolo cliccando: “Non tutti parlano bene di Noi” .

1920  –  Il 25 luglio, preceduto da una serie di proteste anche da parte di molte donne, vi fu una grande dimostrazione di Cittadini contro il Commissario Prefettizio Rocco Scriva, a causa della mancanza del pane e da una iniqua distribuzione della farina. I dimostranti assaltarono il Municipio e dopo che furono stati costretti ad uscire si accalcarono dietro le due porte d’uscita. I carabinieri , forse impauriti da tutta questa gente, incominciarono a sparare sulla folla. Il risultato fu che vi furono sette morti ( i contadini Vincenzo Calcagno, Francesco Paolo Magro, Giuseppe Sorbello, il pastore Giuseppe Giglio, il calzolaio Luigi Celona, il falegname Benedetto La Piana, e lo scalpellino Gaetano Mangione) e sedici feriti di cui quattro dell’Arma.

1921 Il 14 gennaio  Padre Domenico Spadafora fu dichiarato, dal Papa Benedetto XV (1854-1922) ufficialmente Beato. Nasce a Randazzo nel 1450 dai Conti Spadafora. Educato dai padri Domenicani consegue il titolo di  Maestro di Teologia. Viene consacrato sacerdote nel 1479 e dietro invito della locale comunità nel 1491 si reca a  Montecerignone dove fa costruire il conventino con sei celle per i frati e la Chiesa dedicata alla Madonna. Nel 1494 durante la quaresima avvenne ” il miracolo dei fiori”. Muore il 21 dicembre 1521

1921 – Il Principe Ereditario Umberto di Savoia il 28 ottobre fu ospite del marchese Giovanni Romeo nella sua casa di Statella. La data di questa visita è incisa in una delle  tre lapidi murate nella facciata del Castello sulla veranda.

1921 – Gli abitanti di Randazzo sono  17.762  il massimo storico.

1921 – Il Ministero della Pubblica Istruzione pubblica un catalogo del Patrimonio Artistico dello Stato suddiviso per Province. In quella di Catania, Randazzo fa bella mostra di sé. Puoi leggerlo “Elenco degli Edifici Monumentali” del sito  .

 1923 – Le principesse Mafalda (morì il 27 agosto 1944 nel  Campo di concentramento di Buchenwald, Weimar, Germania ) e Giovanna di Savoia il 24 aprile furono ospiti del marchese Giovanni Romeo alla Statella.  La data di questa visita è incisa in una delle  tre lapidi murate nella facciata del Castello sulla veranda.

1929 – Con Decreto del 13 luglio del Governo di S.M. il Re Vittorio Emanuele III la superiora Suor Maria Carolina Zefilippo e la direttrice Suor Antonietta Veggiotti  dell’Istituto Santa Caterina, furono decorate con Medaglie D’Oro per gli oltre quarant’anni di insegnamento con lodevolissimi risultati.

1931Guglielmo Policastro scrive, “Randazzo: La città del silenzio.” e  “Il museo Vagliasindi di Randazzo”. 

1931 – Nel dicembre del 1931 i confrati dell‘Arciconfraternita delle SS Anime del Purgatorio di S. Nicola approvarono un nuovo statuto che all ‘articolo 8 così recita:” …si proibisce in modo tassativo ed assoluto a qualsiasi rettore di portare il Cristo morto in casa propria”. Prima di questa data veniva portato nella casa del Governatore dell’Arciconfraternita, dove il “Cristu ‘ndo cataletto” veniva preparato e ornato e da lì partiva la processione.

1932 – Il prof Enzo Maganuco visita Randazzo con la speranza di rinvenire una qualche traccia della chiesetta di Sancta Maria in Nemore. Visitò pure  la chiesa di Sant’Agata che descrisse nel libro “Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre”. A seguito di questa visita nella rivista “Panorami di Provincia” pubblicò una serie di articoli sull’Architettura, Pittura, Miniatura della nostra Città e descrisse – mirabilmente –  il libro di preghiere della baronessa Giovanella Dè Quatris . 

1934
– Il parapetto della “Tribonia”
  (oggi largo Monsignore Vincenzo Mancini) è stato costruito nel 1934. Questa data risulta incisa nel secondo pilone di destra, guardando verso il fiume. (segnalato da Vincenzo Rotella).

1936  –  Mons. Don Salvatore Russo Vescovo Diocesano di Acireale, dopo la S. Visita Pastorale fatta in Ran­dazzo l’ 8 dicembre 1936, emanò una ordinanza nella quale pose fine alla diatriba fra le Tre Chiese Santa Maria,  San Nicolò e San Martino, dichiarando e decretando la loro totale autonomia e  parrocchialità, che vi deve essere un solo Parroco e che il Matriciato a turno viene abolito. La sola chiesa di Santa Maria resta per sempre la sede dell’Arcipretura con tutto quello che ne consegue.     

1936 –  Essendo Arciprete il Can. D. Giovanni Birelli, dopo la rinunzia dell’Arc. Mons. D. Francesco Paolo Germanà, col contributo di tutti i Cittadini, venne rifatto, in lastre di marmo, tutto il pavimento antico della Chiesa di San Nicola che era in mattonelle di terracotta e già malandato ed avvallato in molti punti per le sepolture sottostanti.

1937Francesco Fisauli  discute la sua tesi di laurea in diritto ecclesiastico, dal tema “Le Confraternite di Randazzo nella Storia e nel diritto ecclesiastico”  all ‘Università di Bologna , relatore il Prof. Cesare Magni.

1941  –  Il vescovo di Acireale Mons. Russo, il 2 luglio, avanzò alla Santa Sede una petizione,  accompagnata da oltre quattromila firme e con l’approvazione di tutte le Organizzazioni Randazzesi sia Civili che Religiose, con la quale chiedeva alla Sacra Congregazione dei Riti,  di poter ornare del Titolo di Santuario la Chiesa di Maria Santissima del Monte Carmelo con i privilegi consentiti dal Diritto e da concedersi dal medesimo Ordinario. Petizione che ebbe l’approvazione. 

1943 Dal 13 luglio al 13 agosto Randazzo fu oggetto di pesantissimi bombardamenti da parte degli Alleati. Le incursioni aeree furono 84 e furono utilizzati 425 bombardieri medi, 249 leggeri e 72 cacciabombardieri. Si calcola che su Messina e Randazzo volarono più di 1.100 aerei.  L’80% degli edifici furono distrutti – la chiesa di S.Martino fu la più danneggiata – e i tedeschi completarono l’opera saccheggiandola. Per saperne di più leggi la tesi di  Lucia Lo Presti
         “Randazzo la Cassino di Sicilia. Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto e danneggiato negli anni della seconda guerra mondiale”.

1943 – La Prefettura di Catania il 26 giugno calcola che gli sfollati (intere famiglie che abbandonarono le proprie case per rifugiarsi nelle caverne, grotte, masserie e case di campagne abbandonate) furono 983.

1943 – 
Randazzo venne occupata il 13 agosto dai “Falcons” del 39°reggimento di fanteria della 9^ divisione statunitense.

1943 – Dal 13 luglio al 13 agosto, secondo quanto riporta US Air Force, Randazzo subì attacchi aerei per diciannove giorni: dieci giorni nel mese di luglio e nove nel mese di agosto.

1944 Naufragio del piroscafo Oria il 12 febbraio, una delle maggiori tragedie della seconda guerra mondiale, nella quale persero la vita oltre 4000 soldati italiani che, fatti prigionieri dai tedeschi, dovevano  essere trasferiti da Rodi al Pireo e da lì deportati in Germania. Soldati che  non si erano piegati al volere nazista. Tra questi due soldati Randazzesi: Salvatore Fornito e Renato Vagliasindi.  (Vito Gullotto).

1945Salvatore Genovese – Partigiano nato a Randazzo il 19 settembre 1921 e morto a Spalato il 9 aprile 1945. Fucilato da un plotone di esecuzione nazista nel carcere di Spalato assieme ad altri 28 giovani partigiani dopo un processo “farsa”.

1945  –  Antonio Canepa, noto pure con lo pseudonimo di Mario Turri, nasce a Palermo il 25 ottobre 1908 e la mattina del 17 giugno 1945 fu ucciso in un conflitto a fuoco con i carabinieri, in contrada Murazzu Ruttu sulla SS n. 120, in circostanze non del tutto chiare. Insieme a Lui morirono Carmelo Rosano di 22 anni e Giuseppe Lo Giudice di 18 anni. Canepa è stato un docente e politico italiano e fu comandante dell’ Esercito Volontario per la Indipendenza della Sicilia  (EVIS).  Sul luogo dove è stato ucciso sorge un cippo dedicato ai caduti dell’ E.V.I.S. Antonio Canepa è sepolto nel cimitero di Catania, nel viale dei siciliani illustri, accanto a Giovanni Verga e Angelo Musco.

1946 – Il Consiglio Comunale il 18 aprile 1946 elegge Sindaco il dottor  Giuseppe Emanuele.

1947Il Consiglio Comunale nella seduta del 9 maggio 1947 approva il  Piano di Ricostruzione redatto dal prof. Giovanni Rizzo. Definitivo il 12 febbraio 1948.

1947  –  Il 26 aprile  muore il pittore randazzese Francesco Paolo Finocchiaro a Taormina dove si era stabilito nel 1930 avendo acquistato Villa Florenzia e l’hotel Excelsior. Pittore molto rinomato, le Sue opere si trovano a Roma, Napoli ed in molte altre città. Nella Casa Bianca (USA) è esposto un suo quadro raffigurante  Theodore ed Eleanor Roosevelt, con i quali intrattenne un’intensa amicizia. I bombardamenti del 1943 distrussero il dipinto  la Trasfigurazione che si trovava nella chiesa di S. Francesco di Paola. Del Finocchiaro possiamo ammirare  la tavoletta con il Pastorelloappartenente al Comune di Randazzo che faceva bella mostra  nella stanza del Sindaco, e  il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano all’ingresso della Basilica di Santa Maria. Nato a Randazzo il 15 marzo 1868, studiò all’Istituto di Belle Arti di Napoli, si trasferì a Roma, dove si fece un nome eseguendo ritratti di notabili ed ecclesiastici.

1947
Il Consiglio Comunale in data 5 luglio 1947 elegge Sindaco  Pietro Vagliasindi. 

1948Antonio Pallante, giovane studente universitario di Giurisprudenza di Randazzo, (aveva allora 24 anni)  il 14 luglio davanti a Montecitorio ferisce gravemente il segretario del PCI  Palmiro Togliatti con quattro colpi di calibro 38. Subito preso fu condannato a 19 anni di reclusione. Ne sconto 5 anni. Togliatti ordinò ai suoi di non commettere azioni che potevano comportare l’inizio di una guerra civile. Così si salvò la Repubblica.

1950 – La confraternita del S. Cuore è Stata costituita il 12 novembre 1950, lasciata chiudere dagli stessi confrati nel 1966 e ricostituita nel 1999.

1951 Il padre Luigi Magro da Randazzo dei Frati Minori Cappuccini al secolo Magro Santo fu Vincenzo muore il 16 novembre. Nato il 29 giugno 1881 a Randazzo, fu ordinato sacerdote a Nicosia il 7 febbraio 1904. Oltre che apprezzato per il suo impegno pastorale, ha dedicato la sua vita alla ricerca e allo studio della Storia di Randazzo scrivendo:   Cenni storici della Città di Randazzo    dai primi abitatori della Sicilia fino al 1946. Questo documento rivisitato dal salesiano don Sergio Aidala , è fondamentale per la conoscenza della Storia della nostra Città.

1952 – Consiglio Comunale nella seduta del 10 giugno 1952  elegge Sindaco  Pietro Vagliasindi. 

195411 febbraio Francesco Vagliasindi fonda l’Opera Pro Facci Mucciati in onore dei suoi genitori Giuseppe ed Anna Vagliasindi.

1955 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 28 febbraio 1955 elegge Sindaco Nicolò Palermo. 

1956– Il Consiglio Comunale elegge nella seduta del 12 giugno 1956 Sindaco Pietro Vagliasindi. 

1959 – Alla presenza dell’on.le Angelini Ministro dei Trasporti il 4 giugno viene inaugurato il tronco ferroviario  Alcantara-Randazzo . Si conclusero così positivamente anni di lotta di tutti i Comuni della Valle avendo come alfiere l’avvocato Ferdinando Basile.

1960 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 14 dicembre 1960 elegge Sindaco Giuseppe Bonaventura .

1961 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 26 agosto 1961 elegge Sindaco  Giuseppe Montera. 

1962 – Monsignore Salvatore Russo – Vescovo di Acireale – dispone, dopo avere ottenuto dal Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi, la licenza ad erigere a “Congregazione Religiosa delle Ancelle di Gesù Sacerdote” l’Opera della N.D.  Giuseppina Dilettoso,  il 3 agosto 1962  con un Suo decreto “l’erezione canonica in persona morale dell’Opera Betania – Ancelle di Gesù Sacerdote – con sede a Randazzo via Musco, 14.  Nomina Direttrice, vita natural durante, la Signora Dilettoso Giuseppina ved. Vagliasindi, promotrice e sostenitrice dell’Opera suddetta”. 

1964Leonardo Sciascia durante un suo viaggio sull’Etna visita la nostra Città, lo accompagna Ferdinando Scianna, noto fotografo, che gli scatta alcune foto nella piazza di San Martino. In seguito scriverà un bell’articolo  sui “Paesi Etnei”. 

1965 Il Consiglio Comunale nella seduta del 20 febbraio 1965 elegge Sindaco Sebastiano Giuffrida .

1966 Nel Settimanale “ABC” del 14 agosto compare un articolo di Luigi Stancampiano dal titolo: “Brache di cemento par il Ciclope Piracmone ” dove si racconta che, con bella ironia,  “ un ignoto muratore ha ricoperto nottetempo l’addome della antica statua con uno strato di malta a presa rapida per onorare la severità dell’epoca in cui viviamo”. (R.N. n.3 del novembre 1982). Era sulla bocca di tutti che ha commettere questo atto “moralistico” pare sia stato il signor S.S. istigato dal un noto professionista S.D.

1968 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 27 marzo 1968 elegge Sindaco Sebastiano Giuffrida. 

1968 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 31 agosto 1968 delibera di acquistare la villa  “Vagliasindi”  di piazza Loreto con tutta l’area circostante per consentire la costruzione dell’attuale Scuola Media. 

1969 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 22 gennaio 1969 elegge Sindaco Santo Camarata .

1969 – Il Professore Pietro Virgilio pubblica il 24 maggio per la Scuola Salesiana del Libro – Catania Barriera  il libro Randazzo e il Museo Vagliasindi” con foto di “Dal Vecchio-Vega”.  Opera fondamentale per la conoscenza del Museo. Lo scopo di questa pubblicazione è racchiuso in questa dedica: “Ti ho vista nel crepuscolo/possa presto io vederti nello splendore/della tua rinascita”.

1970  –  Si svolsero le elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale dopo la parentesi commissariale del dr. Vincenzo Viviano. Il consigliere Vincenzo Munforte (1906) del PSIUP ebbe a dire, con grande soddisfazione, che finalmente erano stati estromessi i  nobili dal civico consesso.  Infatti tra i trenta Consiglieri eletti nella votazione del 6 giugno per la prima volta nella storia della nostra Città, non vi erano rappresentati nobili nè loro discendenti.  

1970 – Il consiglio Comunale nella seduta del 13 agosto 1970 elegge Sindaco  Paolo Felice Iovino

1971 – Il Consiglio Comunale nella seduta del ….. aprile 1971 elegge Sindaco   Giuseppe Montera 

1971 –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 5 ottobre 1971 elegge Sindaco  Francesco Rubbino (a soli 22 anni)

1971 – Vengono consegnati dal sindaco  Francesco Rubbino,  con una commovente cerimonia svoltasi nella sala del Consiglio Comunale,  la Medaglia e l’Attestato agli insigniti di “Cavalieri dell’Ordine di Vittorio Veneto ” per avere partecipato alla guerra 15/18.  così come previsto dalla legge 18 marzo 1968 n.263 

1972 – Viene approvata dall’ARS la legge n. 44 del 22 luglio 1972 , ottenuta a furor di popolo,che autorizzava i Mercati Domenicali in Sicilia,  ove per tradizione si erano svolti. In esecuzione di questa legge, l’Assessore Regionale all’Industria e Commercio, con D.A. n. 558 del 13 settembre 1972 sanciva il diritto all’apertura del Mercato Domenicale nel Comune di Randazzo, di fatto esistente da oltre trentacinque anni.

1972 –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 31 luglio 1972 rielegge Sindaco  Francesco Rubbino

1972  –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 30.10.1972 eleggeva sindaco Giuseppe Gulino. 

1975   Giuseppe (Pippo) Gullotto e Alfio Scirto  danno vita a Radio Randazzo International  la prima radio libera di Randazzo. 

1976Il Consiglio Comunale il 24 aprile istituisce La Biblioteca Comunale .  Dopo una apertura saltuaria dal mese di ottobre del 1978 inizia a funzionare con regolarità. 

1979  –  Il Consiglio Comunale elegge sindaco Francesco Rubbino

1979  –  Il Consiglio Comunale (Sindaco Francesco Rubbino) nella seduta del 2 febbraio 1979 concede la “Cittadinanza Onoraria” al Salesiano Salvatore Calogero Virzì  per essersi distinto con azioni e opere a valorizzare e fare conoscere le tradizioni ed il patrimonio storico ed artistico della Città.

1980  –  Il Collegio Salesiano San Basilio il 2 giugno con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali viene insignito dalla Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.  

1981 – Nel mese di febbraio iniziano le trasmissioni di  TVR ( Tele Video Randazzo), la prima rete televisiva randazzese. Pippo Gullotto inizia la sua avventura televisiva presentando programmi che riscuotono sempre grande successo.

1981  –  Il 17 marzo ebbe inzio “Eruzione di Randazzo“. Dopo tutta una serie di scosse telluriche e aperture di varie fratture a quota 2625 e 2500 m, ebbe inizio la colata lavica principale con fuoruscita di lava a quota 1800 m. con direzione tra Randazzo e Montelaguardia, distruggendo boschi, vigneti, coltivazioni,  case di campagne . Inoltre tagliava il binario della CircumEtnea e della Ferrovia dello Stato, la SS.120, la strada provinciale verso Moio ed altre strade comunali e poderali e raggiungeva le sponde del fiume Alcantara. Dopo aver percorso km.7,5 la lava si fermò. L’attività  delle bocche di frattura (1250-1115) continuò fino al 23 marzo ma il braccio di lava che minacciava Randazzo rallentò fino ad arrestarsi a circa 2 km dall’abitato. 

1982 – il 19 marzo viene inaugurata la statua di San Giuseppe dello scultore Gaetano Arrigo. Messa nella piazza San Giovanni Bosco, guarda il vulcano Etna, nella speranza che la città possa essere protetta.

1983 – Dopo varie vicissitudini burocratiche, giudiziarie, amministrative e finanziarie alle ore 19,24 del 22 agosto dal pozzo 2 di Santa Caterina sgorgava in abbondanza l’acqua rinvenuta a una profondità di 160 metri. Per la nostra Città è un evento storico ha dichiarato il sindaco Salvatore Agati ai cittadini, tecnici e amministratori presenti.

1987 – il 1 febbraio del 1987 si svolge la cerimonia della riapertura dell’Ospedale Civile . Presenti alla cerimonia, oltre ad un folto pubblico di cittadini ed addetti alla sanità e  con la gioiosa partecipazione della Banda Musicale di Randazzo “Erasmo Marotta“,  il Presidente Rino Nicolosi (che ha finanziato l’opera), l’assessore alla Sanità Aldino Sardo Infirri, l’assessore agli Enti Locali Francesco Parisi, il Sottosegretario ai Trasporti Nicola Grassi Bertazzi, gli onorevoli Nino Perrone, Pino Firrarello, Salvatore Leanza, Nino Caragliano, Raffaele Lombardo, il Sindaco Salvatore Agati e molte autorità politiche, civili e religiose non solo del nostro Comune. Nel ringraziare tutti  il Presidente dell’USL n.39  Francesco Rubbino, ha ricordato le tante vicissitudini passate per poter ristrutturare ed ammodernare il Presidio Ospedaliero.

1987Sabato 23 maggio 1987 ha avuto luogo la cerimonia di intitolazione di una piazza al Maggiore paracadutista Francesco Vagliasindi. Il sindaco Salvatore Agati assieme al fratello del Maggiore Paolo Vagliasindi ha scoperto la lapide commemorativa alla presenza di numerose autorità e di cittadini.

1988 – L’Amministrazione Comunale (sindaco Salvatore Agati) acquista la collezione dei Pupi Siciliani che viene collocata nella saletta ricavata nel seminterrato all’interno del Castello ove è anche ubicato il Museo Archeologico Paolo Vagliasindi 

1988 – Il Consiglio Comunale il 13 dicembre elegge sindaco Salvatore Agati.

1989 – Il Consiglio Comunale su proposta del sindaco Salvatore Agati con delibera n. 192 del 27 novembre 1989 concede la Cittadinanza Onoraria all’on. Calogero Mannino.

1990 – Il consiglio Comunale il 29 maggio  elegge sindaco  Francesco Rubbino.

1990 – Viene inaugurata nel mese di luglio la statua di San Giovanni Bosco nella piazza di San Francesco di Paola.

1991 – La Siciliana Gas inizia i lavori di metanizzazione della Città.

1992 – il Consiglio Comunale il 23 novembre elegge sindaco Giovanni Germanà.

1993 – Il Consiglio Comunale il 21 aprile elegge sindaco Francesco Lanza.

1994 – Nelle elezioni comunali del 27 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Angela Vecchio.

1996   Il Consiglio Comunale, Sindaco  Angela Vecchio, Presidente Fabio Aidala, con delibera n. 33 del 6 maggio intitola la Sala del Consiglio in: “Sala Consiliare Giovanni Falcone Paolo Borsellino “.

1996 – Tra il 20 e il 29 marzo si verificò un evento franoso che interessò il lato sinistro del fiume Alcantara. Il movimento esteso per circa 1850 metri di lunghezza e di circa 900 metri di larghezza copri 165 ettari di terreno. La frana distrusse quasi un chilometro di S.S. n° 116, che collega gli abitati di Randazzo e Santa Domenica Vittoria, trascinò a valle terreni coltivati di un certo pregio causando danni all’economia locale, infine, rovinò all’interno dell’alveo del fiume, ostruendolo e formando un invaso di sbarramento naturale di circa 375.000 m³, che impediva il normale deflusso delle acque verso valle.

1998 – Nelle elezioni comunali del  8 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Ernesto Del Campo.

2002 La Link Japan, una tra le maggiori reti televisive giapponesi, annualmente produce uno special televisivo di 30 minuti, dedicato ad un personaggio nazionale o straniero che si è distinto particolarmente per la sua attività.  Il 2002 è stato celebrato dall’ONU come anno dedicato alla montagna e alla natura ed è stato questo il motivo per cui i responsabili dell’emittente nipponica hanno voluto dedicare uno dei suddetti programmi ad un personaggio che si occupa di ambiente e natura.
La scelta è caduta sul nostro concittadino Vincenzo Crimi Commissario Superiore della  Forestale
.

2003 –  Nelle elezioni comunali del  10 giugno  i cittadini eleggono direttamente sindaco Salvatore Agati.

2005  –  Medaglia D’Argento al Merito Civile. Data del Conferimento il 25 gennaio 2005 con la seguente motivazione: Comune, occupato per la posizione strategicamente favorevole dall’esercito tedesco, fu sottoposto per trentuno giorni, tanto da essere definito  ” la Cassino di Sicilia “, a violentissimi bombardamenti che provocarono numerose vittime civili e la distruzione dell’intero abitato. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.  13 luglio – 13 agosto 1943

2006 – Il 20 settembre 2006, all’età di 83 anni, si è spento a Catania  Angelo Priolo. Ornitologo di fama mondiale. Nel 1983 viene costituito il Museo Civico di Scienze Naturali . Nel 1986 consegna al Comune la sua Collezione Ornitologica di 2250 esemplari che rappresenta una delle maggiori raccolte di uccelli che si conservino nell’Italia Meridionale. Nel 1991 viene nominato, assieme a Luigi Lino del WWF, Conservatore Onorario del Museo. Nel 2012 aderendo ad una richiesta dell’Associazione Ornitologica, ma soprattutto per riconoscenza e gratitudine della nostra Comunità,  gli viene intitolato il Museo.

2007Emanuele Manitta, già portiere della A.S.Randazzo, fa il suo esordio nel campionato di calcio della Serie A nella partita Livorno – Roma (1-1) 21 gennaio 2007. E’ il primo giocatore di calcio Randazzese che ha giocato nella massima divisione calcistica. Emanuele Manitta ha anche giocato nel Bari, Ragusa, Messina, Napoli, Catanzaro, Bologna, Siena.

2008 – il 22 febbraio muore all’età di 90 anni ad Acireale  padre Antonino Maugeri. Era nato a Randazzo il 4 settembre 1918 primo di nove fratelli di cui un altro , padre Rosario, anch’esso sacerdote.  Per più di 40 anni canonico della chiesa San Pietro e Paolo di Acireale fu stimato ed amato dagli acesi non solo per la missione sacerdotale, ma soprattutto per l’intelligenza e cultura. Appassionato di musica fu pianista, organista, compositore vincendo diversi concorsi di musica sacra. Nel 1990 nasce la Corale Polifonica ” Don Antonino Maugeri “. Il 23 maggio 2007 gli è stato intitolato l’Auditorium dell’Istituto “Galileo Galilei”  di Acireale.

2008 –  Nelle elezioni comunali del  1 luglio  i cittadini eleggono direttamente sindaco Ernesto Del Campo.

2011 – Gli abitanti di Randazzo sono:  11.108

2013 –  Nelle elezioni comunali del  12 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Michele Mario Mangione.

2013 Carmelo Carmeni  (nato a Randazzo il 29 settembre 1972) ha vinto il sesto campionato del mondo di forgiatura disputatosi a Stia (Arezzo) nei giorni tra il cinque e l’otto settembre durante la XX Biennale Europea d’Arte Fabbrile La gara  ha visto la partecipazione di 200 fabbri provenienti da 20 paesi stranieri e aveva come temaPlasticità“.  Carmeni ispirandosi alla Sicilia e a Luigi Pirandello ha intitolato la sua opera “Uno, nessuno e centomila”. I lavori eseguiti sono stati giudicati da una giuria internazionale.

2013 – Il 15 di agosto, causa una pioggia torrenziale e persistente,  “a Vara”,  per ovvi motivi di sicurezza, non “esce”. La prima volta da quando è stata ripristinata l’uscita. Con una discutibile decisione delle autorità Comunali e Religiose la domenica 18  “a Vara” niesci.

2016 – Alla presenza di molte autorità e cittadini il 29 aprile si è svolta la cerimonia di  intitolazione dello spiazzo antistante il lato nord della chiesa e la sacrestia (‘a Tribonia) all’Arciprete Monsignore Vincenzo Mancini che d’ora in poi si chiamerà  “Largo mons. Vincenzo Mancini”. Il sindaco Michele Mangione ha dichiarato che la Giunta  con delibera n. 19 del 19 febbraio 2016 stabilendo di dedicargli questo “largo” ha voluto riconoscere i tanti meriti dell’Arciprete Mancini nei confronti della nostra Cittadinanza.  Il vescovo Antonino Raspanti e il parroco don Domenico Massimino hanno ricordato il suo impegno sacerdotale.

2017 – il 23 settembre nasce il sito: www.randazzo.blog . Lo scopo è dare una rappresentazione dell’arte, della storia, della cultura, dei costumi, degli avvenimenti, dei personaggi e dei luoghi della nostra Città.  Amministratori : Giulio Nido, Francesco Rubbino, Lucio Rubbino .

2018 –  Nelle elezioni comunali del  11 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Francesco Sgroi.

2018 – Il 15 di agosto, causa una pioggia torrenziale e persistente,  “a Vara”,  per ovvi motivi di sicurezza, non “esce”. Le autorità Comunali e Religiose decidono di fare uscire “a Vara” domenica 25 agosto. Arrivata in piazza Municipio si blocca per un guasto tecnico e si è costretti a farla ritornare lentamente indietro. 

2019 Il Consiglio Comunale nella seduta del 30 maggio approva, su proposta dell’Amministrazione Comunale, la delibera n.17 avente per oggetto:“Dichiarazione dello stato di dissesto finanziario, dell’ente, ai sensi dell’art. 246 del D. Lgs. 267/2000”. Per la prima volta nella sua storia amministrativa avviene questa Dichiarazione di Dissesto. Le conseguenze per i Cittadini e per i fornitori saranno molto gravi.

2019 Il  Presidente della Repubblica, a seguito della Dichiarazione del Dissesto Finanziario del Comune,  in data 23 agosto 2019, su proposta del Ministero dell’Interno, che ha competenza sulla finanza locale, ha nominato tre Commissari Straordinari che faranno parte dell’Organo Straordinario di Liquidazione ( OSL ) al fine di estinguere la massa debitoria del comune. I tre Commissari del dissesto sono il dott. Giuseppe Milano, Funzionario in servizio della Prefettura di Catania, il Dott. Antonino Alberti, Segretario Generale in quiescenza ed il Dott. Andrea Dara, Dottore Commercialista dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Palermo. Detto OSL con delibera n. 1 del 18 settembre 2019 si è regolarmente insediato ed ha eletto a suo Presidente il Dott. Giuseppe Milano.

2020 – Il 9 marzo a seguito del Coronavirus (Covid-19) che ha colpito tutto il Mondo, siamo costretti a rimanere in casa . Si può uscire soltanto per lo stretto necessario. Sono state chiuse le scuole, bar, negozi, e quasi tutte le attività lavorative. 

2020 –  Al concorso di  Londra il Decanter Awards 2020 – il concorso enologico più importante al mondo – che si è svolto il 25 settembre, sono state premiate tre etichette di Al-Cantàra. La medaglia d’oro e ben 95 punti su 100 a   “O Scuru O Scuru”,   un vibrante e corposo Etna rosso Doc del 2017 ottenuto da grappoli del vitigno etneo per eccellenza, il nerello mascalese, raccolto a mano da antichissimi ceppi prefillossera sparsi a macchia di leopardo nella tenuta di Feudo Sant’Anastasia e qui vinificato in purezza, degustati alla cieca insieme a oltre 16.000 vini da un giuria internazionale di oltre cento esperti per .
Due medaglie d’argento sono invece per “Luci Luci” 2018 (Etna Bianco Doc da uve carricante, altra cultivar autoctona dell’Etna a bacca bianca) con 93 punti e per “‘A Nutturna” 2018 (IGP Terre Siciliane, bianco di nera da uve di nerello mascalese vinificate in bianco) al quale sono stati assegnati 92 punti. Anche lo scorso anno, Al-Cantàra ha ricevuto tre medaglie al Decanter.
Grande soddisfazione per Pucci Giuffrida, commerciante catanese, che grazie ai molti premi vinti, si è guadagnato in quindici anni l’affettuoso appellativo di “vigneron letterario”.

2020 – Il Presidente della Regione Nello Musumeci con l’Ordinanza n. 47 del 18 ottobre 2020 ordina particolari misure di contenimento del contagio nel territorio del Comune di Randazzo a causa del Coronavirus (COVID-19). Praticamente dichiara “Zona Rossa” la nostra Città per una settimana. Randazzo sembra una città morta. 

2020  –  Salvatore Rizzeri, noto storico Randazzese, pubblica per l’Edizione La Rocca “RANDAZZO E LA SUA STORIA  Origine ed Evoluzione nei Secoli”. Una Opera di 429 pagine ricca di illustrazioni e commenti.

2021  –  Giovedì 28 ottobre  muore, a 45 anni,  Vera Guidotto. Sabato 30 alle ore 10 sono stati celebrati i funerali nella chiesa del Sacro Cuore. Nonostante il divieto a causa del Covid la partecipazione della gente è stata assai numerosa. Vera è stata una ragazza molto segnata dal destino, ma nonostante questo è riuscita a diventare una poetessa ed una scrittrice di raro talento. Nata a Randazzo il venerdì 10 settembre 1976  Ha frequentato regolarmente le Scuole Medie e Superiori. Nel 1998 scrive un libro sull’amore e l’amicizia dal titolo “Il diverso non esiste”. Scopre di avere una propensione per la poesia e ne scrive parecchie con profonda e limpida semplicità. Le sue riflessioni sulle cose del mondo ed i suoi racconti non sono mai banali. Randazzo perde una grande donna (mai vinta) e in campo letterario la prima e la più importante. 

2022 –  Il sindaco Francesco Sgroi il 4 febbraio rassegna le dimissioni dalla carica di Sindaco. 

2022  –  Nelle elezioni comunali del  12 giugno i cittadini eleggono direttamente Sindaco Francesco Sgroi

2022  –  Il 3 novembre (II anniversario della sua morte) è stato presentato, nella sala consiliare “Falcone e Borsellino” del Palazzo Municipale il libro postumo di Salvatore Agati : La Storia di Randazzo. Lungo il corso tracciato dal Plumari. Dopo i saluti del vice sindaco Gianluca Anzalone, sono intervenuti Giuseppe Giglio, Alfonso Sciacca relatore, il sen. Pino Firrarello, padre Domenico Massimino, Maristella Dilettoso, Francesco Rubbino, dr. Patti.  Rosaria Agati a nome della famiglia ha ringraziato i presenti.

2022  –  Il maratoneta Antonino La Piana (20.01.1979) il 6  novembre partecipa alla Prestigiosa Maratona di NEW YORK  percorrendo tutto l’itinerario in 03.52.19. Nino La Piana non è nuovo a  queste imprese sportive infatti negli anni 2021/2022 ha partecipato, percorrendo tutto l’itinerario, a più di 20 maratone. Nino la Piana è il primo randazzese che riesce ad ottenere questi risultati.

2022  –  Sabato 3 dicembre è morto il Prof. Antonino Grasso. Nato a Randazzo il 16 ottobre 1943. Giornalista, scrittore, dotto conferenziere con molti titoli accademici tra cui: Magistero in Scienze Religiose conseguito nel 1999,  Bacellierato in S. Teologia conseguito nel 2000, Dottorato in S. Teologia con specializzazione in Mariologia che insegna nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Luca” di Catania aggregato alla Pontificia Facoltà Teologia di Sicilia.
 È stato Insignito il 02 giugno 1980 dal Presidente Sandro Pertini dell’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana” “per particolari benemerenze” acquisite al servizio dell’emigrazione degli italiani in Germania.
 Autore di 10 pubblicazioni mariane:  “Maria con te”  [1994] ; “E la Vergine distese le mani” [1995]  ; “Guadalupe. Le apparizioni della “Perfetta Vergine Maria” ,   “Maria, madre della speranza, Donna di legalità”  [2006] ;   “La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI” [2008];   “Maria di Nazareth. Saggi teologici” [2011] ;  “Perchè appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane” [2012] ;   Maria, maestra e modello di fede vissuta [2013] ;  Apparizioni, malati e guarigioni a Lourdes. La prodigiosa guarigione di Delizia Cirolli il miracolo n. 65 di Lourdes riconosciuto dalla Chiesa [2015] ;   Maria, Madre di misericordia: “sotto il tuo manto c’è posto per tutti” Meditazioni [2016] ;  Lucia Mangano. Una vita d’unione con Maria.
Insieme a
don Santino Spartà è stato il realizzatore del “Parco Sciarone” e del sito web ” www. fatimaparcosciaronerandazzo. 
É autore e gestore del portale di Mariologia  http://www.latheotokos.it,
raccomandato dalla Congregazione per il Clero e dalla Pontificia Academia Mariana Internationalis. ha migliaia di pagine di articoli su ogni aspetto della Mariologia, filmati, audio, immagini, ecc. è il sito mariano più visitato d’Italia e uno dei più visitati del mondo in campo mariano ed è stato recensito spesso.

Un nostro illustre concittadino che ricordiamo con affetto, stima e ammirazione.

2023  – È operativa da ieri  – 20 marzo – la commissione di indagine con il compito di realizzare un accesso ispettivo presso il comune di Randazzo. La misura è stata disposta dal prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, su delega del ministro dell’Interno, per verificare l’eventuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso. La commissione, secondo le previsioni del Testo unico degli enti locali, dispone di tre mesi – rinnovabili per ulteriori tre mesi – per terminare gli accertamenti e presentare al prefetto le conclusioni dell’attività ispettiva effettuata.

2023    Il 17 settembre viene pubblicato da Amazon il libro di padre Luigi Magro Cappuccino “Cenni Storici della Città di Randazzo” (1946) a cura di Francesco e Lucio Rubbino. Il libro originale viene implementato da oltre 50 fotografie molte delle quali riproducono i ritratti degli Scrittori Storici a cui fa riferimento il Magro (al secolo Santo Magro). Le note bibliografiche sono 72 e le pagine 427. 

 

Rubrica a cura di LucioFrancesco Rubbino

 

BIBLIOGRAFIA:
  –  Giuseppe Plumari ed Emmanuele  (1770/1851):  Storia di Randazzo, trattata in seno ad alcuni cenni  della Storia Generale della Sicilia – Ms. in 2 voll. 1849, presso la Biblioteca Comunale di Palermo.
 – Giuseppe Plumari ed Emmanuele: Primo Volume della Storia di Randazzo  .
  –  Padre Luigi Magro Cappuccino: Cenni storici della Città di Randazzo 1946 .
  –  Angela Militi : sito ” Randazzo Segreta.myblog,it”  .
  –  Federico De Roberto : “Randazzo e la Valle dell’Alcantara” .
  –  Don Calogero Virzì – Salesiano .
  –  Maristella Dilettoso : Randazzo città d’arte nel 1994.  Guida alla Città di Randazzo nel 2002. 
    Un beato che unisce : Randazzo e Montecerignone, nell’anno 2006.  
    Detti, sentenze, proverbi, storielle, modi di dire, usanze e anedotti  siciliane: un viaggio nell’universo      
    randazzese. 
  –  Lucia Lo Presti : Randazzo la Cassino di Sicilia. Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto danneggiato
     negli anni della seconda guerra mondiale .
  –  Antonio Agostini : Sei secoli di oreficerie. Artisti e committente internazionali e isolane nell’etnea Randazzo .
  –  Walther Leopold : Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo”. 
     Berlino 1917 . 
  –  Nino Grasso : Portale di Mariologia – latheotokos.it  .
  –  Maria Teresa Magro : Museo Archeologico Vagliasindi .
  –  Vito La Mantia : Le consuetudini di Randazzo (1903) .
  –  Enzo Crimi : Randazzo e il suo Territorio. Al Quàntara la Valle Incantata
  –  Emanuele Mollica : De Quadro (una storia prende vita) – Baronessa De Quadris
  –  Mario Alberghina : Ospedale Civile Randazzo – 1470/1864 
  –  Stefano Bottari : Le oreficerie di Randazzo
  –  Domenico Ventura : Randazzo e il suo territorio tra medioevo e prima età moderna. 
 
  –  Camerata GirolamoTrattato dell’honor vero, et del vero dishonore
 
 –  Santo Carmelo Spartà detto Don Santino : storico-scientifico di Randazzo
  – Sladen, Douglas Brooke– Sicily – The  New Winter Resort By ( pag. 462/468)
  –  Pietro Virgilio : Randazzo e il Museo Vagliasindi .
  –  Fabrizio Titone : Il caso dell’universitas di Randazzo nel tardo Medioevo .
  –  Paolo Vagliasindi Basiliano : Discussione Storica e Topografica di Randazzo (1835)
  –  Davide Cristaldi : L’Aquila Marmorea del Castello di Randazzo .
  –  Gesualdo De Luca : Elogio funebre per Sua Maestà Ferdinando II Re delle Due Sicilie .
  –  Raimondo Diaccini : Vita del Beato Domenico Spadafora .
  –  Fernando Mainenti : Il castello di Randazzo: architettura, storia, miti e leggende popolari .
  –  Francesca Passalcqua : 1787 /1805  L’intervento di Giuseppe Venanzio Marvuglia nella fabbrica di 
     Santa Maria a Randazzo .
  –  Mariangela Niglio : La Conservazione della Cinta Muraria di Randazzo .

 

 

 

 

 

ISIDORO RACITI

Isidoro Raciti è nato a Giarre (CT) nel 1957.

Isidoro Raciti

Pittore-poeta, da oltre quarant’anni si dedica alla pittura con impegno, interessandosi particolarmente alla carta quale nobile mezzo di comunicazione ed espressione, eccellente ed insostituibile supporto della parola e dell’immagine.
Attivo e stimolante giornalista, operatore e mediatore culturale, dai primi anni Settanta ad oggi, è stato più volte segnalato dalla critica e vincitore di moltissimi concorsi e premi artistici e letterari.
Gli è stato assegnato il Premio Europeo di Giornalismo “G. Macherione”.Oltre ad aver diretto varie testate giornalistiche, ha fondato e diretto i mensili di cultura lo Stilo, il cui logo di testata veniva pubblicato per gentile concessione del Museo del Louvre di Parigi, No Comment e, successivamente, Sicilia Tutto Qui.

Alcune sue opere pittoriche figurano in diverse collezioni pubbliche e private (anche in musei e fondazioni), in Italia e all’estero, mentre altre sono state utilizzate come “immagine” in prestigiose circostanze.
Sue liriche sono state tradotte, pubblicate e recensite su riviste ed antologie tra le più conosciute e diffuse.
Numerosi gli articoli giornalistici, le recensioni ed i servizi radiotelevisivi a lui dedicati nel corso della sua articolata attività.

Ha esposto in permanenza soprattutto in Spagna presso le Eurogalerias de Arte “Llamas(Bilbao, Fuenterrabia, Las Arenas, Malaga, Marbella, San Sebastian) e la Arte Galeria “Antonia Ferrero” in Portugalete.Ha pubblicato e curato una cinquantina di volumi (poesia, arte ed altro).
Fra le sue attività culturali di maggior successo ricordiamo il “Premio TORRE ARCHIRAFI”  Rassegna Internazionale d’Arte e Cultura  fra le più quotate e stimate nel panorama artistico-culturale, che ha organizzato per dieci anni.
Fra i premiati con l’ambito riconoscimento: Museo del Louvre di Parigi, Governo Svizzero, Francisco Goya (alla memoria), 

Insolito Amore – Isidoro Raciti

Maestro Alberto Sughi.
Altre manifestazioni di prestigio: la storica Antologica del Maestro Archimede Cirinnà (già pittore del Vaticano); la presentazione del volume Capolavori della Pittura Italiana ’800 e 900 nelle Collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Mario Ursino; un apprezzato documentario sulla vita di Federico II e sui castelli normanni dell’area jonico-etnea, per la Fondazione Federico II dell’Assemblea Regionale Siciliana.
Successivamente ha ideato e condotto per due anni consecutivi l’Oscar Internazionale dell’Acqua segno di Vita. Tra i premiati: la NATO, il Palazzo di Versailles, il Museo Archeologico Etrusco delle Acque di Chianciano Terme, la Pedrollo S.p.A., Piscine Castiglione, Viorica – fontane danzanti, la Chiesa Cattolica in Giordania (in memoriale del Battesimo di Cristo), il Comune di Longarone.
Ha prospettato la possibile creazione di un Museo d’Arte Tematico dell’Etna (MATE).Dai primi anni Novanta consolida una significativa e vitale amicizia con un suo particolare estimatore, per anni curatore delle sue mostre iberiche, Mario Angel Marrodán (poeta spagnolo, saggista, biografo e membro dell’Associazione Internazionale dei Critici d’Arte, recentemente scomparso).
Sempre affascinato dalla carta, è l’artista che si interessa maggiormente a questo insostituibile supporto e che, negli ultimi vent’anni, ha prodotto vari libri e cataloghi su carta fatta a mano, anche filigranata e copertine con stampa a secco (torchio a stella), come nel caso di OMAGGIO all’ETNA (HOMAGE to ETNA) Euthymìa Ætnensis, che presenta nel 1998 alle Ciminiere di Catania e al Comune di Milo (CT) in tiratura limitata; nonché il catalogo ufficiale de i 1000 anni della Carta in Sicilia – interamente realizzato a mano su carta “Franco Conti”, in tiratura limitata e due copie in P.d.A. (2003).
L’originale collezione “i 1000 anni della Carta in Sicilia” costituisce l’unico evento per ricordare i mille anni della introduzione, da parte degli Arabi, della carta in Sicilia.
Il Catalogo è stato curato dal Dott. Mario Ursino (g

Un diavolo per capello – Isidoro Raciti

ià Funzionario e Storico dell’Arte della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, docente di Legislazione dell’Arte ed eminente esperto di De Chirico).La prima esposizione ha avuto luogo al Castello Nelson di Bronte (CT).
Nell’occasione, lo stesso dott. Ursino ha auspicato un maggior interesse da parte degli Enti Pubblici verso l’opera artistica del Raciti, la quale -a suo avviso- meriterebbe un inserimento ancor più esteso e capillare in ambiti museali, al fine di essere ampiamente conosciuta.
Messaggi di congratulazioni e vive espressioni di apprezzamento per le stupende opere e per l’iniziativa culturale sono giunti anche da parte del Papa, del Presidente della Repubblica e da varie Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea tra le più prestigiose.
Successivamente l’Artista è stato invitato ad esporre i due pannelli più grandi  (mt 3 x 2)  alla mostra Vernice art-fair della Fiera di Forlì.
Nel 2011, su invito delle Terme di Chianciano (SI), del Museo Archeologico delle Acque e del Comune di Chianciano Terme, ha presentato il catalogo MOS MAIORUMIl costume degli antenati (poesie e opere pittoriche) con récital, mostra e spettacolo VIORICA – Fontane Danzanti a lui dedicato, con grande successo di pubblico e di critica.
Nel 2012, su invito dell’Associazione Salus (C. D’Agostino Onlus) e del P.O. “San Vincenzo” Taormina – Divisione Oncologia Medica, ha presentato, a scopo benefico, il catalogo La nostra Isola (acquerelli e pastelli) in occasione della esposizione al pubblico dell’inedita Collezione.
Su invito del prestigioso Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano, nel 2013, ha presentato la Collezione TRACCE dedicata al Museo e alla sua storia, evento che ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica, testimoniato dalla presenza di oltre trentamila visitatori.
I fogli di carta appaiono chiari protagonisti in ogni opera, così come nella poesia Trame di luce che inaugura e condensa il percorso dell’intera collezione, che consta di trenta opere su carta fatta a mano Fabriano.
Oltre al Museo e al Comune di Fabriano, hanno collaborato all’organizzazione la Libera Associazione Culturale L’IMPEGNO, la Collana editoriNproprio e il Comitato Archivio Artistico Documentario Gierut.
Il catalogo della Collezione, rilegato a mano, contiene un’articolata nota del critico d’arte Lodovico Gierut, un testo del Dott. Mario Ursino, una testimonianza del Dott. Fabrizio W. Luciolli (Presidente dell’Atlantic Treaty Association e del Comitato Atlantico Italiano NATO), la Presentazione dell’Assessore al Turismo – MCF del Comune di Fabriano, l’Introduzione del Dott. Giorgio Pellegrini (Dir. MCF), la Prefazione del Prof. Pietro Guarnotta. Curatrice dell’evento: Prof. Rosa Pino. Le opere sono state punzonate a cura del Museo accanto alla firma dell’autore.
L’artista, negli ultimi anni, realizza le sue opere soprattutto su carta fatta a mano, da lui definita  “la grande Signora, nobile e fantasiosa”.
Nel 2012 ha realizzato la collezione Il destino comune degli artisti – Omaggio a Jackson Pollock (28 gennaio 1912 – 11 agosto 1956) per ricordare, a cento anni dalla nascita, il pittore statunitense capostipite dell’Action Painting ed “eccellente protagonista sensitivo dell’essenza dell’Arte”, come il Raciti stesso lo definisce.
La relativa brochure è stata realizzata in occasione della Personale di Pittura presso “Casa Cuseni” Museo delle Belle Arti – Città di Taormina (agosto 2015).Recentemente è stato inserito nel circuito delle mostre previste in occasione del gemellaggio tra i Comuni di Pietrasanta (LU) e Cefalù (PA); è stato, inoltre, invitato, insieme ad un piccolo gruppo di artisti selezionato da qualificati critici d’arte, a realizzare, in omaggio al grande Antonello da Messina, un’opera pittorica su una tavoletta avente le stesse dimensioni del celebre Ignoto marinaio, custodito all’interno del Museo Mandralisca di Cefalù, affinché resti permanentemente esposta presso lo stesso Museo.
Di prossima pubblicazione: Del silenzio dell’Arte, Il sogno astratto, Antologia poetica.

 

 

Tel. +39 338 7949279                                                                    Mail: isidoro.raciti57@gmail.com

 

Sito dell’Artista: www.racitiarte.com  (in fase di rielaborazione).

Ulteriori notizie reperibili su YouTube e su Facebook (profilo dell’Autore).

 

Realizzazioni artistiche e attività culturali

  • MILLE ANNI DELLA CARTA IN SICILIA
  • Pittore, poeta e autore di numerosi volumi;
  • Fondatore e Segretario dell’Associazione “Premio TORRE ARCHIRAFI” Rassegna d’Arte e Cultura (internazionale);
  • Già Direttore Responsabile-Editore del mensile d’Informazione e Libere Opinioni Lo Stilo (con logo di testata pubblicato per gentile concessione del Museo del Louvre di Parigi), gli è stato conferito il Primo Premio Europeo di Giornalismo intitolato a Giuseppe Macherione;
  • Già Direttore Responsabile di Radio Universal TV, del Radio Giornale Punto Ora Informazione, di Radio Giarre Sera e del quindicinale sportivo Cuore GialloBlu, nonché Direttore Responsabile del Periodico Nel mio Comune e Direttore Responsabile e Direttore Editoriale del periodico No Comment, Direttore Responsabile e Direttore Editoriale del quotidiano online Sicilia Tutto Qui.
  • Giornalista Pubblicista (ha pure collaborato con il quotidiano Gazzetta del Sud);

    Juvenilia – Isidoro Raciti

  • Addetto stampa con incarichi di pubbliche relazioni e responsabile organizzativo;
  • Presentatore radiotelevisivo e ideatore di vari programmi;
  • Insegnante di Comunicazione (Corso Europeo per Esperto Reti Locali);
  • È stato coordinatore e moderatore di una conferenza, tenuta dal Ministro degli Esteri italiano del tempo, sul tema L’Italia nell’Europa che conta: quali opportunità per i giovani del Mezzogiorno?;
  • Nel 1992 ha allestito la storica Antologica del Maestro Archimede Cirinnà (già pittore del Vaticano);
  • Negli ultimi anni, presente in prestigiose esposizioni, ha firmato varie personali di successo;
  • È stato responsabile organizzativo e coordinatore della presentazione del volume Capolavori della Pittura Italiana ’800 e 900 nelle Collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Mario Ursino (Funzionario e Storico dell’Arte del predetto Museo romano);
  • Per la Fondazione Federico  II dell’Assemblea Regionale Siciliana ha diretto un apprezzato documentario sulla vita di Federico II e sui castelli normanni dell’area jonico-etnea;
  • Ha curato l’organizzazione per la presentazione al pubblico del romanzo Pazzo di Pietro Guarnotta, autore della commedia Fausto, vincitrice del concorso UILT (Unione Italiana Libero Teatro), messa in scena per la regia di Guglielmo Ferro;
  • Ha presentato a Firenze la XIV edizione del Premio Enogastronomico Internazionale “Caterina de’ Medici”;
  • Negli ultimi anni ha esposto in permanenza soprattutto in Spagna presso le Eurogalerias de Arte “Llamas” (Bilbao, Fuenterrabia, Las Arenas, Malaga, Marbella, San Sebastian) e la Arte Galeria “Antonia Ferrero” in Portugalete;
  • Dal 1995 è collaboratore, coordinatore, ideatore programmi e conduttore televisivo di Euro TV – Produzioni Video & Service;
  • Dal 2003 è curatore dell’originale Collana editoriNproprio, ideata insieme a Pietro Guarnotta per stimolare la divulgazione di ogni valido e meritevole prodotto intellettuale;
  • Ha anche condotto un entusiasmante collegamento in diretta televisiva su RAIDUE;
  • Nel 2010 ha ideato e condotto la Prima Edizione dell’Oscar Internazionale dell’Acqua segno di Vita, (tra i premiati, con differenti motivazioni, la NATO, il Palazzo di Versailles, il Museo Archeologico Etrusco delle Acque di Cianciano Terme, la Pedrollo S.p.A., Piscine Castiglione, Viorica – fontane danzanti). L’anno successivo è seguita la Seconda Edizione, che ha visto premiati la Chiesa Cattolica in Giordania e il Comune di Longarone (BL).
  • È Presidente e Fondatore della Libera Associazione Culturale L’IMPEGNO.

Sue pubblicazioni:

  • TRILOGIA (non solo poesie)

    Tipografia-Litografia Bracchi – Giarre (1991)

  • TANDEM Inter Nos e Storie Ricercate (Poesie)

    Tipolito Galatea – Acireale (1993)

  • INTENSAMENTE TU (Pagine scelte)

Futuria 2016 – Isidoro Raciti

    Tipografia-Litografia La Rocca – Giarre (1994)

  • IMPEGNO CIVILE

    Prima edizione: Tipografia La Celere – Messina (1995)

    Seconda edizione: Tipografia-Lito Santo Grasso – Giarre (1996)

  • TEOREMI (Poesia e Pittura)

    Litoscanner – Nuova Graphica Due – Palermo (1997)

  • IBERIA (50 Poesie in italiano e spagnolo)

    Ediciones Cardeñoso – Vigo (Spagna)

    Colección: Cuencosliterarios N° 202 (1997)

  • OMAGGIO all’ETNA (HOMAGE to ETNA) Euthymìa Ætnensis

    Catalogo Bibliografico su carta filigranata

    Tiratura limitata N° 10 P.d.A. (1998)

  • VENA nella valorizzazione del territorio di Piedimonte Etneo

    Tipografia-Litografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (1999)

  • Solchi diVersi

    Tipografia-Litografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (1999)

  • e la vita continua (pamphlet italiano-inglese)

    Tipografia-Litografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (2001)

  • zucchero in zollette (silloge poetica)

    Tipografia-Litografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (2002)

  • i 1000 anni della Carta in Sicilia

Notte di San Lorenzo – Isidoro Racit

    Catalogo interamente realizzato a mano su carta “Franco Conti”

    Tiratura limitata N° 2 P.d.A. (2003)

  • i 1000 anni della Carta in Sicilia a cura di M. Ursino (catalogo mostra)

    Tipografia-Litografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (2003)

  • Trentennale di attività (2003)
  • Viaggiando Viaggiando (raccolta di poesie)

    Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2003)

  • I due pannelli di carta fatta a mano più grandi del mondo (brochure)

    Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2004)

  • Isidoro Raciti “Poetica e impegno di un artista” anteprima trentennale di attività (pamphlet)

    Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2004)

  • Porcherie (poesie)

    Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2004)

  • Ricostruiamo l’uomo (poesie)

    Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2008)

  • Mos Maiorum – Il costume degli antenati (poesie e opere pittoriche)

Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2011)

  • La nostra Isola – acquerelli e pastelli

Tipolitografia F.lli Chiesa – Nicolosi (2012)

  • Tracce (Catalogo dell’omonima collezione su carta fatta a mano – Fabriano)

Tipolitografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (2013)

  • inSolito Amore (Poesie 2008-2014)

Rotomail Italia S.p.A. – Vignate (2015)

  • Il destino comune degli Artisti – Omaggio a Jackson Pollock nel centenario della nascita

Tipolitografia Etna – Fiumefreddo di Sicilia (2015)

Inoltre ha curato l’edizione dei volumi:

–     Dell’Associazione “Premio TORRE ARCHIRAFI” – Rassegna d’Arte e Cultura (int.le) Analisi del segno inciso – 1993;

Tavolozze incrociate una mostra come pretesto1994;

Oltre il chador1995;

Impegno civile (prima e seconda edizione) – 1995/1996;

Centoartisti1997;

50 poesie di Mario Angel Marrodán (in lingua italiana) – 1997.

–     Del Rettore del Santuario di “S. Maria della Vena”:

II Santuario S. Maria della Vena – Un’antenna spirituale di comunicazione con il cielo -2002.

–     Della Collana editoriNproprio (dal 2003 ad oggi): Viaggiando Viaggiando

Le memorie di un combattente

Varie ed eventuali

Poeti in erba

Porcherie

Le radici dell’anima

La perfetta infelicità

Sulle ali della libertà

Conosci, ama, tutela il tuo ambiente

La vita: istruzioni per l’uso

Un mondo in un granello di sabbia

Le lacrime della luna

Iperbole

Il Banco di Sicilia

Parole

Sicilia – la vera storia di una leggenda

Ricostruiamo l’uomo

Il Radice sconosciuto (1854-1931)

Il Viaggio in Sogno

Erano i giorni delle fionde

Legalità è…

Talking in Bed

Mos Maiorum – Il costume degli antenati

Francesco Sciacca: l’uomo, il preside, lo studioso

Io parto da qui

Rinchiusi

Formule di approssimazione delle funzioni goniometriche

Annuario Attività 2008/2011 – Comune di Piedimonte Etneo

La nostra Isola

Mi sussurra il Cielo

Tracce

La Fantasia e il Fantastico

Il Vangelo secondo lo Spirito Santo

inSolito Amore

Il destino comune degli Artisti – Omaggio a Jackson Pollock nel centenario della nascita

 

Prossime pubblicazioni:

Cataloghi d’arte e altre opere:

  • Del silenzio dell’Arte
  • Il Sogno Astratto
  • Antologia poetica

Alcuni inserimenti su antologie e miscellanee

 

(in Italia):

100 Poesie d’amore Ibiskos Editrice (Empoli)

Annuario dell’I.T.G. “N. Colajanni” (Riposto)

Antologia “Madonna di Montalto” – A. Siciliano Editore (Messina)

Antologia Torino ’94: – Ibiskos Editrice (Empoli)

Artisti per l’Europa – Italart (Corno Giovine LO)

Atlantis-Ars-Artis (Acireale)

Bollettino del Santuario di Montalto (Messina)

Centoartisti (Torre Archirafi-Riposto)

Colle Armonioso (Firenze)

Cultura e Società (Torino)

Dialogo (Como)

Dizionario Antologico – Carello Editore (Catanzaro)

Ferdinandea (Catania)

Festa di Vendemmia Pro Loco (Giarre)

Francobollo d’argento (Zafferana Etnea)

Giornale di Poesia Siciliana (Palermo)

Grappoli d’amore (Vasto)

Hyria (Napoli)

I nostri pensieri vagano nei ricordi (Riposto)

I Poeti del Faro D’argento (Riposto)

Il Foglio Volante – La Flugfolio

Il Giornalino – III Circolo Didattico (Giarre)

Il Letterato (Cosenza)

Incontri (Catania)

Incontro nello studio di Ada Gandolfo Macaluso (Cannizzaro CT)

La Nuova Tribuna Letteraria (Padova)

Le Due Sicilie Società Storica Catanese (Catania)

Leggere Poesie – Ursino Editore – Antares (Catanzaro)

Lumie di Sicilia (Firenze)

Mostra del libro edito ed inedito – E.N.D.A.S. (Catania)

Natale in maneggio – I.T.C.O. (Acireale)

Nord-Sud (Salerno)

Nuova Comunità (Cosenza)

Nuovo Confronto (Bari)

Poesia e Musica – a cura del G.A.C. (Roma)

Portaportese Giornale La Voce di Roma e del Lazio

Premio Giornale dell’Etna (Acireale)

Premio Poesia (Riposto)

Presenza (Napoli)

Punto di vista (Padova)

Quaderni dell’Asia (Palermo)

Roma (Salerno)

Rosemarine (Nunziata di Mascali – CT)

Sagra del Mare (Riposto)

Isidoro Raciti

Studio d’Arte Simeone – Cooperativa Sociale “La Cicala” (Genova)

Tribuna Stampa (Milano)

Verso il Futuro (Avellino)

Vita e Mare (Genova)

Voci nostre (Giarre)

 

(all’Estero):

Arboleda (Palma de Mallorca Spagna)

Cartas y Testimonios de Garcia Moreday 25 Años del Mazacote

Espiral de las Artes (Madrid – Spagna)

Nuevo Horizonte Cultural (Las Palmas de Gran Canaria – Spagna)

Punto de encuentro (Uruguay)

 

 

Servizi radiotelevisivi trasmessi su:

 

Antenna Sicilia

Canale 5

DG Marche

Euro Sicilia International

Euro TV

Prima TV

Radio Gold Fabriano

Radio Universal

RAI Radio Televisione Italiana

REI TV

Rete 4

Rete-Special

Tele Aci – Canale 9

Telecolor

Tele Effe – Fenice

Tele Idea

Telejonica

Telepira

Tele Radio Ciclope

Tele Sicilia

Teletna

T.R.A.

TVR – Italia 9 Network

Articoli e recensioni stampa

(in Italia):

BlogTaormina

Bronteventi

Canicattì Nuova

Comunicare

Corriere di Reggio

Corso Italia

Cronaca Vera

Dg Marche

Dossier – Roma

Espresso Sera

Gazzetta del Sud

Gazzettino di Giarre

Giornale di Sicilia

Giornalismo Siciliano

Il Cittadino

Il Difensore

Il Mercatino

Il Messaggero del Sud

Il Nuovo Corriere del Tufo

Il Tirreno – Grosseto

L’Aretuseo

L’Azione

L’Espresso Calatino

L’Italia Settimanale

La Gazzetta

La Nazione

La Nazione – Grosseto

La Sicilia

La Tribuna di Giarre

La Voce dell’Ionio

lo Stilo

Media Pages

Murmur Art

Notiziario Museo Nazionale della Fotografia Brescia

Orizzonti

Prospettive

Sicilia Mondo

Sicilia Notizie – Giornale dell’Etna

Sicilia Sera

Taormina Informa

Vita di Comunità

Vivere Fabriano

(all’Estero):

Deia (Spagna)

El Correo (Spagna)

El Correo Vizcaya (Spagna)

 

Giuseppe Gullotto.

Alfio Scirto e Pippo Gullotto – Randazzo

                Giuseppe Gullotto nato a Passopisciaro nel comune di Castiglione di Sicilia il 5 agosto del 1947 da genitori Randazzesi, la mia biografia nasce su questo sito  come primo fondatore di radio libera e successivamente come emittente televisiva.
Da ragazzo dopo la scuola dell’ obbligo la mia passione era rivolta nel campo dei motori, ho imparato l’ arte sotto la direttiva di due bravi meccanici a Riposto, all’età di 20 anni mi sentivo pronto per affrontare questo mestiere da solo che ho fatto fino all’ età di 27 anni, mi sono sposato a 24 anni ed avendo messo su famiglia le esigenze sono aumentate pertanto bisognava  guadagnare di più, cosi a malincuore ho dovuto abbandonare l’attività motoristica per andare a fare tutt’altra cosa.
Sono diventato operaio nella tanta discussa Siace cartiera di Fiumefreddo di Sicilia ed avendo a disposizione più tempo ho incominciato a coltivare degli hobby, fermo restando che la meccanica mi accompagna fino ad oggi cercando di fare il mio meglio nel restaurare auto e moto antiche.
I miei primi hobby sono nel campo dell’aeromodellismo che pratico anche adesso, il mio sogno e’ sempre stato volare ho praticato per diversi anni il volo con i delta a motori, il secondo hobby nasce con l’ avvento delle ricetrasmittenti detti comunemente CB o baracchino.
Nel mio paese c’era un’altra persona che praticava lo stesso hobby, lui studiava all’Università di Catania in ingegneria elettronica, ed abbiamo fatto amicizia, un giorno mi chiama per radio e mi chiede se avevo in macchina la radio a modulazione di frequenza per ascoltare della musica indicandomi il canale, lui aveva costruito un trasmettitore l’unico nella nostra zona che era in grado di poter far ascoltare quello che ai giorni nostri ascoltiamo: la RADIO in FM.
Sto parlando del 1973, lui è Alfio Scirto, successivamente diventato mio cognato, ho subito chiesto di costruirne uno per me ma lui prontamente mi disse te lo regalo, dal detto al fatto col suo aiuto ho montato a casa mia una radio libera che inconsciamente utilizzavo senza alcuna autorizzazione, si era sparsa subito la voce di questo avvenimento ed ogni giorno facevo ascoltare la musica che tanta gente mi richiedeva, ed io ho incominciato anche a far sentire la mia voce, ero diventato un conduttore radiofonico senza rendermene conto, comunque la radio aveva un piccolo raggio d’azione dalla postazione dove mi trovavo era ascoltabile da Moio Alcantara, Malvagna, Roccella Val Demone, Santa Domenica Vittoria.
Qualche anno dopo nel 1975, la mia esigenza è stata quella di trasferirmi a Randazzo ed io ero felice di farlo, città che mi piaceva molto perché l’avevo sempre frequentata.
Assieme a me si trasferisce anche il mio hobby, da qui nasce assieme al costruttore Alfio Scirto, Radio Randazzo International, studi in via Torre, (la parte alta della città di  Randazzo). Descrivere quei periodi ci vorrebbe tanto tempo, ricordo il giorno dell’inaugurazione degli studi e delle trasmissioni, erano le 15.30 di un sabato estivo, ospiti l’ indimenticabile padre Vincenzo Mancini ed il sindaco Prof. Salvatore Agati, toccava a me fare le presentazioni ero frastornato quasi mi tremava la voce ero molto emozionato, avevo paura di sbagliare avendo accanto due persone di cultura come il Sindaco e l’Arciprete. Per fortuna tutto andò per il verso giusto.

Successivamente tanti ragazzi e ragazze si sono avvicinate e proposti come conduttori quasi tutti sono stati accolti, ed ebbe inizio ufficialmente la prima emittente radiofonica a Randazzo.
Come tutte le cose belle c’è sempre il rovescio della medaglia, dopo qualche mese le autorità giudiziarie ci hanno imposto di chiudere l’emittente perché privi di autorizzazione.
Non erano informati che, essendo stato abolito dalla Corte Costituzionale il monopolio alle trasmissioni di Stato, bastava comunicare all’ispettorato territoriale con sede a Catania della presenza dell’emittente.
Così avendo chiarito la nostra posizione sono riprese le trasmissioni.
Dopo un breve periodo, ci siamo trasferiti in altri studi più confortevoli perché abbiamo ceduto ad altri Radio Randazzo International, la motivazione era quella di avere la possibilità economica per sviluppare e potenziare un’altra realtà e dare anche spazio ad altri gestori con buoni propositi.

Antenne televisive

Con noi nasce in via dei Galvagno Radio Randazzo Centrale, successivamente nel 1980 si unisce ad un’altra realtà radiofonica derivata dalla prima emittente per potenziare la struttura, prende il nome di Radio Randazzo Unita.
E’ doveroso da parte mia ricordare l’amicizia che ci ha legato, all’indimenticabile nostro socio Franco Vagliasindi, per raccontare la nostra storia sia radiofonica e di amicizia si dovrebbe scrivere molto, lui con grande dispiacere di tutti coloro che lo conoscevano e naturalmente dei suoi cari è venuto a mancare in età ancora giovane, ma resta sempre un personaggio da ricordare con affetto. (Radio Randazzo Unita la sua esistenza finisce nell’ anno 1992).

Avendo fatto questa bella esperienza, negli anni 80 si incominciava a parlare di televisione, sempre con mio cognato Alfio Scirto, abbiamo dato vita alla prima emittente televisiva a Randazzo Tele Video Randazzo TVR, prima a carattere locale successivamente sempre con mezzi propri e con poco denaro abbiamo ampliato il bacino d’utenza con un ripetitore a Castiglione di Sicilia contrada Monte Colla adiacente alla postazione Rai, abbiamo costruito il traliccio per ospitare le antenne alto 30 metri, ancora oggi esistenti, tutto in manifattura artigianale con l’aiuto di un nostro amico fabbro Santo Pitinzano.
Successivamente abbiamo portato sul luogo, con una mia macchina e montato con l’ausilio di una carrucola, per intenderci quella usata nei pozzi dell’acqua, ed una scala di legno, quella serve per la raccolta delle olive, i ripetitori ed abbiamo costruito in muratura la casetta per la sistemazione delle apparecchiature.
Completata la postazione ed avendo già acquisito una discreta esperienza ci siamo cimentati a costruire le antenne e i trasmettitori per poter irradiare il segnale, quasi analogo discorso vale anche per le altre postazioni di S. Andrea, Maniace e Castelmola.
Fatte le postazioni ed avendo così potenziato su tutto il territorio il segnale di TVR abbiamo pensato anche a far vedere altre emittenti televisive che stavano nascendo in quel periodo. Ottenuta la loro autorizzazione il “territorio” ha avuto la possibilità di vedere prima il segnale di TELETNA emittente catanese e successivamente altre due emittenti RTP di Messina ed RST emittente calabrese.

Ma la nostra innovazione nel settore non si ferma qui, venendo a conoscenza della nascita di una emittente nazionale CANALE 5 siamo andati a contattare, a monte Lauro vicino la città di Vizzini, il responsabile della postazione di CANALE 5 proponendo la nostra disponibilità ad ospitare a forma gratuita il loro segnale televisivo, per dare la possibilità a questo “territorio” un po’ dimenticato da tutti, ad usufruire di questo servizio, cosa che è avvenuta a breve scadenza cosicché abbiamo avuto prima di tanti altri l’innovazione della tv privata.

Il successivo episodio lo voglio raccontare perché ritengo sia importante per la cronistoria delle emittenti locali.
Dopo qualche tempo, un giorno mi viene a trovare il tecnico di CANALE 5 ormai diventati amici dicendomi che il responsabile dell’emittente voleva parlarmi, mi presenta questo signore che io non conoscevo, parlava con accento milanese e prima di accennare la motivazione della sua venuta mi ha invitato a pranzo. A quel tempo nella nostra città pochi erano  i locali dove poter pranzare, la scelta è stata la trattoria Veneziano sita in via del Santuario.
Di tutto si e’ parlato tranne di televisione, una persona simpatica scherzosa che prendevi subito in simpatia, finito il pranzo in poche parole mi ha detto che stavano per far nascere altri due televisioni, ITALIA 1 e RETE QUATTRO e mi chiese se da parte mia c’era la disponibilità di ospitare anche le altre due emittenti. Non ha completato il discorso perché la mia risposta è stata subito positiva, ero felice di sapere che nel “territorio” avveniva questo. Concluso l’accordo, sempre in forma gratuita, ed avendo firmato all’istante un contratto per il comodato d’uso della postazione, leggo la firma: Silvio Berlusconi, a quel tempo ancora sconosciuto.

Negli anni successivi, per il nostro gesto di accoglienza, ha voluto aiutarci per diventare sempre più professionali, a tutt’oggi mantengo il rapporto con la loro azienda.

Successivamente abbiamo avuto rapporti anche con Telecolor ed Antenna Sicilia che grazie al nostro impegno ancora oggi vengono mantenuti questi servizi.

Franco Munda e Francesco Rubbino – Randazzo

Intanto il tempo scorre inesorabile,  nel 1990 per scelta personale, mio cognato, Alfio Scirto, lascia a me il compito di proseguire con TVR cosa che ho fatto assieme hai miei figli Andrea e Vincenzo fino ad oggi a distanza di 36 anni dalla sua nascita.
Nell’anno 2003 TVR cambia denominazione adesso si chiama EUROTV Randazzo, abbiamo sempre voluto che il nome di questa città fosse evidenziato per primo per l’ amore che gli portiamo e per tutti i Randazzesi che sempre ci hanno stimato e rispettato  a cui va il nostro grazie.
La televisione ha svolto un servizio sociale non indifferente riconosciuto da tutti, tanti programmi sono stati fatti, abbiamo avuti tanti illustri personaggi come ospiti, del mondo della politica, della cultura, dello sport, della medicina, dello spettacolo.
Abbiamo fatto anche tanti spettacoli ed iniziative nelle varie piazze ed il nostro obbiettivo principale e’ stato sempre quello di valorizzare la nostra città i suoi personaggi, i suoi monumenti e tutto quello che è la vita sociale, non solo di Randazzo ma di tutto il territorio del suo bacino di utenza.
In questa breve storia voglio ricordare  i collaboratori che più sono stati vicini all’emittente  ed hanno dato vita alla tv, Franco Munda, Pippo Anzalone, Gaetano Di Silvestro, Beppe Petrullo, Michele La Rosa, Isidoro Raciti, Angelo Borzi’, Carmelita Bonfiglio, Antonino Mobilia, Nino Caggegi e tanti altri, ricordo tutti ma sarebbe un lungo elenco, questa pagina serve non solo per ricordare ma per ringraziare tutti anche se non menzionati che tanto hanno fatto con serietà e passione per fare vivere una realtà importante che e’ quella della comunicazione.

EUROTV  ancora oggi con le difficoltà del tempo riesce a trasmettere per partecipare al sociale e allo sviluppo di questa Città e del suo hinterland. GRAZIE.
Voglio anche ricordare per precisione di cronaca che nel 1993 dopo la chiusura di Radio Randazzo Unita ho dato vita ad un un’altra realtà radiofonica Radio Amica, affinché Randazzo avrebbe avuto ancora questa realtà e fare riavvicinare i ragazzi che si erano smarriti ad avere un punto di riferimento e fare delle cose costruttive, cose che tanti hanno fatto, qualcuna/o di loro anche oggi trasmette in radio importanti, presenta spettacoli grazie all’ insegnamento acquisito nella struttura.
Radio Amica nel 1997 ha ceduto le proprie frequenze a Radio Maria, radio nazionale a spunto religioso che ancora oggi è presente sul nostro territorio.
In altre occasioni, se ci sarà la possibilità, vo

Pippo Gullotto, Michele La Rosa e Pippo Anzalone – Randazzo

glio parlare della socializzazione e di tanti anche frivoli episodi che avvenivano all’interno della radio e della televisione.
L’augurio è che questo patrimonio, a fruizione nostra e dei posteri, per far si che la nostra storia non venga dimenticata, rimanga attraverso le immagini reali che sono quelle televisive.
Concludo con i ringraziamenti all’amico di sempre Francesco Rubbino, (meglio conosciuto come Ciccio Rubbino) per avermi invitato a scrivere su questo sito da lui ideato ed è molto interessante per fare memoria assieme a personaggi molto illustri di questa bella Città.

 grazie Ciccio.       

 Randazzo 19 luglio 2017

 

Trasmissioni Televisive

    Giuseppe Anzalone intervista l’on.le Rino Nicolosi Presidente della Regione Sicilia.

A cura di Francesco Rubbino

Giuseppe Patania

     Giuseppe Patania nasce a Palermo il 20 gennaio 1780 ed è il più noto e popolare pittore palermitano della prima metà dell’800. Della scuola di Giuseppe Velasco diviene il miglior rappresentante della pittura neo-classica e della pittura romantica della Sicilia. Si dedicò anche all’incisione, alla miniatura, alla scenografia.

Giuseppe Patania

San Basilio

Tra le sue opere più significative  La consegna della Città da parte dei Musulmani, affresco, opera realizzata nella Sala Gialla del Palazzo dei Normanni di Palermo  e Ciclo, affreschi, opere realizzate nella Sala Pompeiana del Palazzo dei Normanni di Palermo.

 Da noi si possono ammirare: nella chiesa del Collegio San Basilio il quadro ” La trasfigurazione “, nella chiesa di Santa Maria Sacra Famiglia ” mentre nella chiesa di San Martino due sue opere “ Il San Benedetto” ed  “Il Martirio di San Bartolomeo“. 

 Morì il 23 febbraio 1852 a Palermo ed è sepolto al San Domenico.

Martirio di San Bartolomeo

San Basilio

Sacra Famiglia

 

RANDAZZO NOTIZIE

                              

Nel marzo del 1982 l’Amministrazione di Randazzo,  Sindaco Francesco Rubbino,  delibera la pubblicazione di una Rassegna Periodica Trimestrale della vita politico-amministrativa e degli aspetti culturali ed artistici  della nostra Città..

   Tutto ciò nasce da un bisogno,  largamente sentito dalla popolazione e dagli organismi politici, economici e sindacali  di essere messa a conoscenza dell’operato dell’Amministrazione e soprattutto di coadiuvarla attraverso i meccanismi della partecipazione.

   Dal tra parte l’Amministrazione sentiva la necessità di uno strumento che le permettesse di parlare con i Cittadini e informarli dell’operato del Sindaco, della Giunta e del Consiglio Comunale.

   Un altro aspetto importante era quello di far conoscere la storia di Randazzo e valorizzarne  le bellezze artistiche ed architettoniche coinvolgendo quanti con grande passione si interessavano a questi temi .

   Per la pubblicazione del Periodico fu incaricato il dr Rosario Talio, ideatore del progetto,  che diviene Direttore Responsabile.

   Il primo numero esce il il mese di maggio 1982 e viene distribuito gratuitamente a tutta la popolazione randazzese. In seguito viene spedito anche a moltissimi nostri concittadini residenti in altra parte dell’Italia o all’estero. Ottiene da subito un  insperato successo e gradimento.

   Per la redazione di questo sito, molte notizie sono state attinte da questo Periodico.

Di seguito sono state pubblicate le copertine .

 

   
   
   
 
   
   
   
 
 
   
 
   
   
   
   
   
   

 A cura di Francesco Rubbino

 

 

  

Libri: Presentato a Randazzo “Maria Madre di Misericordia”, del teologo Antonino Grasso. Meditazioni per riscoprire la figura della Madonna (25.05.2016)

(Articolo pubblicato su La Voce dell’Jonio, periodico quindicinale della Diocesi di Acireale, edizione online, consultabile sul sito La Voce dell’Jonio | www.vdj.it in data 25.05.2016)

 

E’ stato presentato a Randazzo il 16 maggio scorso, presso la chiesa del Sacro Cuore, l’ultimo libro di Antonino Grasso, Maria Madre di Misericordia:  Sotto il tuo manto c’è posto per tutti, appena pubblicato per i tipi delle Edizioni Segno.

Antonino Grasso, nato a Randazzo, è vissuto per oltre vent’anni in Germania. Rientrato in Italia, ha insegnato per alcuni anni alle scuole elementari della sua città. Nel 2001 ha conseguito il Dottorato in S. Teologia con specializzazione in Mariologia presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” di Roma. Insegna Mariologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Luca” di Catania, aggregato alla Pontificia Facoltà di Teologia di Sicilia – Palermo. Inoltre è socio corrispondente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale (Città del Vaticano), socio ordinario dell’Associazione Mariologia Interdisciplinare Italiana di Roma, ed è autore e gestore del portale scientifico di Mariologia più conosciuto d’Italia: http://www.latheotokos.it

Numerosissime le sue opere, articoli di mariologia pubblicati su riviste specializzate, e libri, tra i quali ricordiamo Maria, con te: meditazioni, esperienze, preghiere, con prefazione di René Laurentin (Ancilla 1994), E la Vergine distese le mani: per riscoprire un dono della Madonna. Caterina Labouré e la medaglia miracolosa (Ancilla 1995), Guadalupe: le apparizioni della perfetta Vergine Maria (Gribaudi, 1998 e 2004).

E ancora: La prodigiosa guarigione di Delizia Cirolli il Miracolo N. 65 di Lourdes riconosciuto dalla Chiesa, che è anche la sua Tesi di Licenza in S. Teologia con specializzazione in Mariologia, del 2001, La Vergine Maria e la Pace nel magistero di Paolo VI (2008), fino ai recenti Perché appare la Madonna (Ancilla, 2012) e Apparizioni, malati e guarigioni a Lourdes (Segno, 2015)

L’ultima pubblicazione, Maria Madre di Misericordia, un agile volumetto che consta di undici capitoli con ricca bibliografia, si propone come un testo di meditazione e teologia sulla Madonna e la sua relazione con la misericordia, che spiega e affronta il tema nei suoi vari aspetti, per concludersi con una sorta di “antologia” di preghiere composte da Santi, Pontefici e Padri della Chiesa.

A introdurre l’incontro è stato il parroco del Sacro Cuore, don Santo Leonardi. Dopo aver brevemente presentato la figura dell’autore, ha riportato alcuni passaggi iniziali del testo, che si configura in continuità con quanto espresso da Papa Francesco nella Bolla d’indizione del Giubileo in corso, la Misericordiae vultus, e con l’Enciclica del Santo Papa Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia, ravvisando la chiave di lettura del libro proprio nella misericordia e maternità di Maria, citando il Concilio di Efeso (431): “Il Figlio nato dal Padre ci creò, nato dalla Madre ci ricreò”. Dopo una breve disamina delle varie parti dell’opera, dove si analizza la relazione di Maria quale Madre di Misericordia con le sue più importanti attribuzioni, ha concluso con una preghiera, presente sul libro, e composta da Papa Benedetto XVI, cedendo la parola all’autore.

Antonino Grasso ha spiegato alcuni punti nodali del testo, soffermandosi sull’importanza di riscoprire la figura di Maria quale “Madre di Misericordia”, secondo il desiderio del Santo Padre, innanzitutto in quanto, come Madre del Signore, ne condivide la mentalità, le aspirazioni, e siccome – come afferma S. Paolo – Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, la funzione di Maria, oltre che darci il Salvatore, è quella di condurci tutti alla salvezza. Maria ha sempre costituito col Figlio un tutt’uno, soprattutto condividendone la sofferenza, ed è quindi Madre di Misericordia perché sul Golgota è diventata anche madre nostra. In quest’ottica l’autore ha proposto una lettura analitica della “Salve Regina”, la preghiera che i cristiani recitano ogni giorno, e che oltre a contenere gli attributi materni della Santa Vergine, riassume tutte le aspirazioni e le sofferenze degli uomini: quindi Maria madre di misericordia perché consolatrice degli afflitti, delle infinite pene che affliggono l’umanità, perché la sua dolorosa maternità, sperimentata ai piedi della croce, la predispone a tutto ciò, ma madre di misericordia anche perché “speranza nostra”, come colei che interviene per dirci di non farci abbagliare dalle cose illusorie del mondo, e additarci la vera strada.

Sollecitato infine da un quesito posto da don Leonardi, il prof. Grasso ha affermato che la “disponibilità” di Maria, che si manifesta nell’episodio esemplare e significativo del mistero della Visitazione, episodio che, secondo gli esegeti biblici è simbolicamente correlato al percorso dell’Arca dell’Alleanza, con le relative analogie, configurandola come la “nuova Arca”, le conferisce anche la caratteristica di “madre dei sacerdoti”, in quanto il sacerdote è chiamato a dare Gesù al mondo, proprio come Maria.

 

 Maristella Dilettoso

TITTY,  LA VOLPE (di E. Crimi)

Titty è un’amabile volpe (vulpes vulpes) che vive con la sua famigliola tra i pulvini di Astragalo e gli arbusti di Ginepro emisferico, all’interno del bellissimo betuleto dei Monti Sartorius, tra i comuni di Piedimonte Etneo e Linguaglossa. La nostra amicizia dura oramai da almeno 10 anni, mi ricordo che la incontrai per la prima volta durante un’escursione didattica con una scolaresca e lei attratta dal vociare dei bambini, si avvicinò a noi in modo furtivo ma senza paura. Da allora, anno dopo anno, rafforzammo la nostra amicizia e reciproca fiducia. Ella sembra oramai abituata alla mia voce e alla mia presenza, ogni volta che torno a trovarla, sembra aspettarmi con apprensione e con qualche abbaio di gioia. Spero di trovarla per molto tempo ancora, anche se sono consapevole che questa amicizia non potrà durare a lungo, dato che la durata della vita delle volpi non supera in media i 12 anni. Ad ogni modo io andrò a trovarla lo stesso, nella convinzione che troverò almeno i suoi piccoli che non ho avuto ancora modo di conoscere personalmente. Infatti, le volpi, per protezione, tendono sempre a celare i propri cuccioli e quando si recano a caccia o a gironzolare per il territorio, li tengono ben al riparo all’interno di sicure tane. Non porto mai del cibo con me, al massimo qualche frutto, perché gli animali selvatici devono procurarselo, pertanto, consiglio a tutti voi che leggete, se vi capitasse di incontrare sulla vostra strada un animale selvatico, non date mai da mangiare, se non volete che esso si prenda l’abitudine di ottenere cibo facile dall’uomo e scordi come cacciare le sue prede, ciò è contro natura e lo porterebbe sicuramente a morire di fame, quando l’uomo non lo rifornirà più. La catena alimentare è una gerarchia, una piramide spietata soccombono i più deboli, forse ciò é crudele ma certamente necessario e inevitabile, può anche non piacere ma é la natura che si autoseleziona. Come tutte le volpi, Titty è posizionata ai primi posti della catena alimentare del nostro territorio, che è quell’insieme di rapporti di nutrizione e predazione, all’interno di un ecosistema. Le sue straordinarie capacità di adattamento, le permettono la colonizzazione di ampi territori pedemontani ostici, che potrebbero risultare scomodi per altri animali selvatici.
Come ho potuto notare da alcuni resti di prede, Titty, oltre a cibarsi di uccelli, piccoli mammiferi come conigli e roditori, non disdegna altresì una dieta a base di frutta, bacche e verdura selvatica, dunque, la volpe può considerarsi un animale onnivoro. Quando questo cibo manca, sotto lo sguardo incuriosito dei gitanti, riesce a procurarsi il cibo raggiungendo l’area turistica di Piano Provenzano, dove “fa provvista” di frutta, rimanenze di cibo dei ristoranti e persino di qualche malcapitato animale domestico… poi via verso la sua tana dove i cuccioli aspettano. La volpe ha l’abitudine di fare scorta di cibo nei periodi di abbondanza, seppellendolo in tante piccole buche, per utilizzarlo in seguito nei periodi di ristrettezze. Le volpi hanno una lunghezza testa-corpo tra i 60-70 cm, la coda è lunga circa 40-50 cm, un’altezza di 35-45 cm e un peso che a volte sfiora i 10 kg. Il colore predominante è il fulvo tendente al rossastro che copre quasi interamente il corpo dell’animale, con una caratteristica macchia biancastra presente sulla gola e sul petto, il carattere distintivo per eccellenza invece è la coda con pelame folto. Come dicevamo sopra, il regime alimentare della volpe, che caccia in modo solitario, è molto vario ma anche utilissimo ai fini della selezione naturale, ai fini del controllo della diffusione di specie dannose per l’agricoltura e per il mantenimento in buona salute di varietà oggetto di predazione, contribuendo a frenare il diffondersi di epidemie infettive. Infatti, recenti studi hanno permesso di appurare che le volpi si nutrono anche di selvaggina morta, malata o difettosa e persino di topi, cavallette e altri insetti, dannosissimi per l’agricoltura. L’habitat naturale della Volpe è rappresentato da superfici boscose dove può trovare rifugio, ma non disdegna zone vicino ai coltivi, i centri abitati e persino alle abitazioni dove non ci sia forte disturbo. La volpe non attacca mai e solo se disturbata dalla presenza dell’uomo reagisce primariamente con la fuga. La volpe è attiva prevalentemente nelle ore notturne, mentre nelle ore diurne riposa nella sua tana che costruisce nei fitti cespugli, tronchi o all’interno di vecchie tane di altri animali. Durante il periodo degli amori, maschio e femmina si ricercano attraverso segnali olfattivi e abbai. Il periodo degli accoppiamenti va da gennaio a marzo e la gestazione dura circa 60 gg. I piccoli vengono alla luce in aprile-maggio in numero di 3-8 e l’emancipazione si ha intorno a 3-4 mesi di vita.

GINO CORALLO

 Gino Corallo (1910-2003) e la pedagogia della libertà       

                                 Gino Corallo, salesiano, docente e insigne pedagogista, era nato a Randazzo (CT) l’11 ottobre 1910, ottavo di nove figli, da Antonino, un provetto artigiano del marmo, ed Angela La Piana.

Il padre venne a mancare quando Gino aveva solo 14 anni, e da quel momento iniziò una storia di stenti e fatiche comune a tante famiglie del sud: i fratelli maggiori emigrarono in Canada dove ben presto li avrebbe raggiunti anche la madre. Sarebbe tornata soltanto nel ’36, per l’ordinazione sacerdotale del figlio. Gino studiò all’Istituto San Basilio, la prima casa salesiana fondata in Sicilia, non siamo in grado di affermare se questa frequentazione abbia influito sulla sua futura vocazione religiosa – anche tre sorelle sarebbero entrate a far parte delle Figlie di Maria Ausiliatrice – : la sua prima Professione avvenne il 28.09.1927, e l’ordinazione sacerdotale il 9 agosto 1936, nella natia Randazzo.

In questo periodo alternava agli studi curricolari ed a quelli religiosi, com’era consuetudine, l’insegnamento nelle scuole salesiane. Dopo gli studi di Teologia, conclusi alla Pontificia Università Gregoriana, frequentò il Pontificio Istituto Biblico di Lingue Orientali di Roma, dove studiò l’arabo, il siriano, l’ebraico, e la Facoltà di Lettere, presso l’Università Statale di Roma, dove tra l’altro studiò le lingue moderne (pare avesse una particolare predisposizione all’apprendimento delle lingue, sia antiche che moderne) e dove conseguì la laurea nel 1938 col massimo dei voti. Aveva avuto, tra i suoi insegnanti, il filosofo Giovanni Gentile. Conseguita l’abilitazione, passò ad insegnare lettere classiche  in vari istituti scolastici salesiani.

Fra i suoi tratti caratteristici, una statura piuttosto minuta, occhi mobilissimi e attenti, movimenti scattanti, quasi fosse sempre animato da grande fretta, era dotato di un’eloquenza concisa ma inarrestabile e densa di concetti.

Dopo la guerra, nel 1947, si era trasferito a Catania, e, obbedendo a precise indicazioni dei suoi superiori, non troppo volentieri agli inizi, per la verità, si dedicò allo studio della Pedagogia, dopo essersi trasferito a Milano sotto la guida di P. Gemelli dell’Università Cattolica, rivolgendo il suo interesse ai nuovi indirizzi della scuola americana, e particolarmente a John Dewey: la sua prima pubblicazione (La pedagogia di John Dewey, 1950), è infatti dedicata all’esposizione critica del pensiero del grande pedagogista americano, ancora poco noto in Italia, e che Corallo, dopo averne letto tutti gli scritti in lingua originale, contribuì a far conoscere. In quegli anni fu negli USA, e pubblicò poi nel 1955 i risultati del suo studio sulle scuole americane. Nel 1954 divenne libero docente di Pedagogia, ottenendo incarichi negli Atenei di Roma, Salerno, Bari e Lecce.

Nel 1963 vinse il concorso a cattedra e fu nominato Ordinario di Pedagogia all’Università di Bari, dove per primo diresse l’Istituto di Pedagogia. Intanto aveva già delineato, ed esposto nei primi scritti, il nucleo essenziale della sua pedagogia della libertà. Successivamente, nel 1965, sviluppando e arricchendo quella riflessione iniziale, pubblicò il primo volume del suo trattato, che costituisce una pietra miliare nella storia della pedagogia italiana, ed a breve distanza, nel 1967, il secondo volume (Pedagogia: I. Problemi di pedagogia generale, II. L’atto di educare, Torino S.E.I.): è questa la sua opera principale, “opera sistematica e documentata, in cui il discorso pedagogico sviluppa le proprie premesse teoriche e si estende alle implicazioni e conseguenze metodologiche, con ampi riferimenti alle scienze psicologiche oltre che alla storia della pedagogia occidentale. Su questo trattato hanno studiato molte generazioni di studenti universitari, a Bari e a Catania” (Moscato).

Gino Corallo sosteneva che “l’educazione consiste nel portare l’uomo alla conquista della piena forma umana, nel convincimento che l’uomo è pienamente uomo solo quando è capace di agire moralmente con autentica libertà interiore, e che pertanto il processo educativo consiste nel rendere l’uomo capace di agire con libertà o moralità, perché non ci può essere un’azione libera che non sia morale e un’azione morale che non sia libera” (Zanniello). Per quanto attiene poi all’affermazione della pedagogia come scienza, offrì un contributo originale alla determinazione dell’oggetto specifico e del metodo della ricerca pedagogica.

Nel contempo, e fino al 1968, continuò a insegnare presso il Pontificio Ateneo Salesiano di cui fu anche Rettore. Dal 1° novembre 1970 fu chiamato a reggere la cattedra di Pedagogia (e poi anche quella di Didattica) presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, incarico che ricoprì fino al 1985, data in cui si ritirò per sopraggiunti limiti di età. L’Ateneo catanese volle dedicargli un volume di scritti, presentato nel corso di una solenne cerimonia svoltasi nell’aula magna della Facoltà di Lettere e Filosofia l’anno successivo al suo ritiro dall’insegnamento.

Fu un periodo di intenso e proficuo lavoro, quello svolto all’Istituto di Pedagogia in Palazzo S. Giuliano, dal prof. Corallo e dallo staff dei suoi collaboratori: decine le tesi di laurea prodotte, seguite con “precisione puntigliosa”. Così lo ricorda M. Teresa Moscato, al tempo sua assistente: “Don Corallo era parco di complimenti, non faceva promesse, non chiedeva obbedienza o appartenenza: esigeva studio, impegno, stesure accurate e scritture rigorose”, ma, ben lo sanno quanti sono arrivati sotto la sua guida al momento conclusivo, allora ti sorprendeva per la passione, che fino allora non avresti mai sospettato, con cui presentava e sosteneva il “prodotto finito” davanti alla commissione, sottolineandone ogni possibile pregio.

Fra le varie cariche e riconoscimenti conseguiti da Gino Corallo, ricordiamo la presidenza dell’IRRSAE (Istituto Regionalele di Ricerca, Sperimentazione e Aggiornamento Educativi) Sicilia (1979), e, dopo la celebrazione del suo ottantesimo compleanno, l’intitolazione della biblioteca dell’ Istituto di Pedagogia di Bari, che lui stesso aveva fondato anni prima.

 Dopo lunga malattia, caratterizzata da rari momenti di lucidità, strano destino per un uomo dotato di memoria straordinaria, si spegneva il 12 dicembre 2003 nella casa salesiana di Pedara. L’IRRE (Istituto Regionale di Ricerca Educativa) Sicilia, ha voluto istituire in sua memoria il Premio “Gino Corallo”.

Tra i numerosi studi e saggi pubblicati, vanno ricordati: Libertà e dovere nel problema della vocazione, Torino : SEI, 1949; Idee e fatti nelle scuole d’America, Salerno : Hermes, 1955; La didattica moderna negli USA (Brescia, 1958), Educazione e libertà nella società contemporanea (Brescia, 1965) Il lavoro scientifico : fondamenti e metodi (Bari, 1966), una guida al metodo per la stesura della Tesi di laurea (e furono davvero tanti gli studenti che lessero ed applicarono questi precetti), Strumentalismo e funzionalismo in Dewey, Claparède e Piaget (Brescia).

C’è stata anche un’attività meno nota, più intimistica, in Gino Corallo, quella di poeta, appartenuta agli anni giovanili e costituita da diverse composizioni inedite, in latino e in lingua. Tra gli scritti inediti, Alla ricerca del significato della virtù dell’umiltà, e La letteratura per l’infanzia tra arte ed educazione, Bari, La Vallisa, 2008, pubblicato postumo: l’autore, che già aveva insegnato a Bari, primo in Italia, la storia della letteratura per l’infanzia, in questo scritto rimasto inedito metteva a fuoco le linee principali di una epistemologia della letteratura per l’infanzia, il rapporto tra etica ed estetica, pedagogia e letteratura. Copiosa la bibliografia su Corallo, la sua figura ed il suo pensiero, costituita da articoli, saggi, raccolte e monografie, difficile menzionarli tutti, tra i tanti: Scritti in onore di Gino Corallo, (Catania, Facoltà di Lettere, 1988), tra gli scritti in sua memoria due si devono ai collaboratori d’un tempo, come Maria Teresa Moscato (Moscato, “Fare la verità” : don Gino Corallo pedagogista salesiano, Elledici 2008), un profilo abbastanza completo, a 360°, dal punto di vista umano e scientifico, ed una raccolta di scritti di autoritari selezionata e curata da Giuseppe Zanniello (Zanniello, Educazione e libertà in Gino Corallo, Armando 2005).

Maristella Dilettoso

(Articolo pubblicato su Il Convivio n. 38, Luglio – Settembre 2009)

 PRODUZIONE LETTERARIA

Don Gino Corallo
“Fare la verità”

Don Gino Corallo
“Fare la verità”
Don Gino Corallo
“L’Atto di Educare”
Don Gino Corallo
“Educazione e Libertà”
       
 

Don Gino Corallo
“Educare la Libertà”

 

Don Gino Corallo
“Il mondo educativo salesiano”

 

Don Gino Corallo
“L’Educazione”

 

Don Gino Corallo
“L’atto di educare”

      

HANNO SCRITTO DI LUI

DON GINO CORALLO: SALESIANO, EDUCATORE E PEDAGOGISTA

di CARLO DE NITTI

Per chi, come l’autore delle righe che seguono, opera da circa trenta anni nella scuola, è un vero piacere intellettuale ripensare a significativi momenti della pedagogia e della storia della scuola italiane del secondo dopoguerra (1950 – 1970), leggendo il recente agile volume di Luigi Lafranceschina, La Pedagogia Italiana del Secondo Dopoguerra e la Proposta Pedagogica di Don Gino Corallo(Bitonto Arti Grafiche Cortese 2014, pp. 89), presentato da Vittoriano Caporale e prefato da Daniele Giancane.

Attraverso i tre capitoli che lo compongono, l’Autore rivolge la sua attenzione ad educatori ‘rivoluzionari’ nel loro tempo di ispirazione ideale diversa: da don Lorenzo Milani a Mario Lodi, da Alberto Manzi al Movimento Cooperazione Educativa.

In tutte le loro esperienze, tanto quelle ispirate dallo spiritualismo e dal personalismo cristiano, quanto quelle ispirate dalla pedagogia materialista marxista, faceva premio: a) la ricerca di nuovi compiti e nuove frontiere per l’educazione che consentissero al Paese di superare gli anni della pedagogia gentiliana, idealista ed, in ultimo, fascista; b) un’incisiva lotta al persistente analfabetismo che interessava il Paese soprattutto al Sud e nelle zone rurali (cfr. p. 12).

Nell’ambito del quadro di riferimento testé brevemente tracciato, si staglia, la figura di don Gino Corallo, nel capitolo a lui dedicato, che occupa circa metà del volume, dal titolo “Don Gino Corallo (1910 – 2003) e la ‘poesia’ dell’educazione alla libertà morale”. E’ in esso che l’Autore effonde se stesso e la sua storia intellettuale e professionale: infatti, egli, studente universitario presso l’allora facoltà di Magistero dell’Università degli studi di Bari, è stato un discepolo diretto del Professore dal 1965 in poi. Lafranceschina, con un approccio deferente e rispettoso, ricostruisce la bio – bibliografia del Pedagogista, delineando le intuizioni principali ed il lascito culturale migliore

Don Gino Corallo, siciliano di Randazzo (CT), divenne sacerdote salesiano nel 1936; nel 1938 si laureò in lettere ed insegnò lettere classiche per circa un decennio nei Seminari salesiani: “La sua formazione intellettuale e culturale molto ampia nel campo teologico, linguistico-letterario (dimestichezza con il mondo classico e conoscenza di molte lingue) e filosofico trovò completamento oin quello pedagogico, quando ‘in obbedienza’ a una precisa richiesta dei superiori, dal 1957 al 1953, si dedicò allo studio della Pedagogia, pubblicando nel 1950 il suo primo volume pedagogico di oltre 500 pagine” (p. 48). Si trattava del volume La pedagogia di Giovanni Dewey, edito a Torino dalla SEI: la prima monografia su John Dewey, che fece conoscere il pensatore americano in Italia dopo l’ostracismo fascista ed idealistico.

Tra il 1952 ed il 1953, don Gino Corallo ebbe l’opportunità di verificare il pensiero di Dewey nelle pratiche delle scuole statunitensi, soggiornando per nove mesi negli Stati Uniti d’America. “Ebbe così la possibilità di visitarne le scuole e di studiare l’attivismo, la didattica, il metodo educativo e i risultati conseguiti” (Ibidem).

Anni di ricerche fondamentali e di lavoro, i primissimi anni ’50, che consentono a don Gino Corallo di mettere a punto il nucleo fondamentale del suo originale pensiero pedagogico. Partendo dall’idea che la pedagogia è scienza – e come tale non può non utilizzare il metodo scientifico nell’approccio ai suoi problemi teoretici – ed in particolare scienza filosofica, il suo oggetto di studio non è l’uomo ma la sua educazione (cfr. p. 57), ovvero l’acquisizione da parte dell’uomo di un ‘abito mentale’: “La pedagogia riceve il contributo di quasi tutte le scienze umane […] senza, però, integrarsi o sostituirsi agli altri saperi scientifici” (p. 58). Il fulcro intorno al quale deve ruotare la pedagogia è la libertà dell’uomo quale acme della formazione dell’uomo attraverso le cinque educazioni – fisica, intellettuale, morale, sociale religiosa – che don Gino Corallo individua quali articolazioni dell’educazione intesa come “processo unitario, armonico, integrale e il cui fine ultimo è l’agire rettamente e liberamente” (p. 65).

La libertà, insieme al principio di valorizzazione, è la cifra profonda della pedagogia corallina, attenta alla metodologia dell’educazione. Non vi è chi non vede in essa “la tradizione e l’esperienza salesiana, tesa alla pratica e ricca di indicazioni e suggestioni” (p. 67): il principio della valorizzazione fa sì che l’uomo conosca ed interiorizzi i valori, riconoscendoli come tali. Il veicolo dei valori non può che essere, in concreto, l’educatore: il vero e proprio archetipo dell’educando attraverso il principio della “causalità esemplare della testimonianza dell’educatore, che deve motivare e sostenere la volontà dell’educando, avere il carisma di direzionare la sua ‘crescita’ al meglio, lasciandolo libero” (p. 69).

In questa prospettiva, si situa anche la concezione coralliana della Didattica come scienza autonoma, con una sua epistemologia di riferimento: per don Gino Corallo, non vi può essere didattica che non consideri “l’alunno soggetto attivo nel processo di apprendimento, protagonista nella costruzione e nell’acquisizione delle sue conoscenze da socializzare e condividere con gli altri” (p. 79). E’ la grande lezione innovativa e di libertà dell’attivismo pedagogico perché esprime “le tre esigenze fondamentali di ogni iter didattico ed educativo, ossia la conoscenza dell’alunnol’individualizzazione del trattamento, l’interesse” (p. 80): l’educazione – ‘scienza della vita’ – non può non formare uomini liberi, nella migliore realizzazione della pedagogia salesiana.

Una lettura euristica, quella del volume qui recensito, per tutti gli educatori – come postula, nella sua Presentazione, Vittoriano Caporale – affinchè essi possano “alimentare il loro entusiasmo nell’affrontare la difficile ’arte di educare’ le nuove generazioni in un tempo di ‘crisi globale’” (p. 6). E di entusiasmo ce ne vuole proprio tanto!

Leggere le pagine che, da Discepolo a Maestro, Luigi Lafranceschina ha dedicato al pensiero di don Gino Corallo è stato un piacere: particolare per chi, come chi scrive, ha ritrovato in esse uno spaccato della propria storia di vita familiare, perché le lezioni del prof. Corallo le frequentava – quando poteva, essendo uno studente lavoratore – anche mio padre.

 Pedagogista, sacerdote nella Congregazione religiosa dei Salesiani. Attento e critico conoscitore della cultura americana, ha compiuto studi negli Stati Uniti, dove ha tenuto conferenze ed effettuato ricerche presso prestigiose istituzioni culturali ed università. Ha insegnato nell’Istituto superiore di Magistero di Salerno e in quello “Maria SS. Annunziata” di Roma, e presso la Facoltà di Magistero di Bari dove ha diretto l’Istituto di Pedagogia, creando un cenacolo di ricerca da cui sono transitati molti degli attuali docenti universitari di questa disciplina. Ha insegnato anche nella Università di Lecce e presso il Pontifico Ateneo Salesiano di Roma, di cui ha ricoperto anche la carica di Rettore. Dal 1970 ha tenuto la cattedra di Pedagogia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Catania. In un periodo in cui si diffonde in Italia l’attenzione alla pedagogia deweyana e l’Attivismo dilaga nelle scuole, C. costruisce un panorama della scuola americana come “laboratorio sperimentale” e ne affronta la valutazione critica che, senza voler obliare i difetti, rileva i valori di una educazione per tutti aderente ai bisogni dei singoli (Idee e fatti nelle scuole d’America). La riflessione sui metodi mette a fuoco il problema del rapporto personagruppo e tematizza il processo di “valorizzazione”, come principio del metodo educativo, che consente di superare la tradizionale antinomia autorità-libertà e lo scoglio della causalità educativa con il concetto “efficacia valorizzante”(Pedagogia, voll. I e II). La figura dell’educatore è delineata negli aspetti professionali di sapere scientifico e di competenza metodologica sempre in riferimento ad un processo di “strettissima relazione personale” che tocca la dimensione profonda della persona e postula l’attenzione alla direzione e al ritmo dell’orientamento personale e alla pro-attività oltre che alla esemplarità della guida educativa. L’orientamento personalista e cristiano sottende l’intera produzione dell’Autore e si esprime, persino negli studi sul Dewey (La pedagogia di J Dewey) e sulla esperienza educativa americana, come matrice di riferimento nella indagine sui valori: la democrazia, la libertà, l’autonomia di giudizio, il rispetto della persona e delle idee altrui segnano per l’Autore “la distanza fra barbarie e civiltà” e fondano una prospettiva educativa che mira a costruire la comunità e ad estendere la cittadinanza.
    A cura di Lucio Rubbino

 

 

ETICA NICOMACHEA: LA CULTURA DEL NULLA (di E. Crimi)

 

_______________________________________________________________________________________

Come ho scritto altre volte, secondo me se si dovesse definire con un’etichetta l’epoca in cui viviamo, essa andrebbe indubbiamente archiviata con l’appellativo di epoca della dissacrazione e dell’effimero. Stiamo assistendo impassibili alla sconfitta della società civile e le cause sono sotto gli occhi di tutti. Stiamo vivendo un contesto socio-economico di grande conflittualità e insicurezza sul futuro, di mancanza di valori forti e di punti di riferimento stabili ed autorevoli, la condizione sociale generale e quella giovanile in particolare, non possono che esprimere un chiaro disagio, che, se ripreso e ben gestito da chi ne ha responsabilità, conduce ad una reale consapevolezza di quanto importante sia la moderatezza sociale. Ma se non saputo gestire, sfocia invece in decadentismo culturale più o meno grave, che a volte non si può porre rimedio, o comunque non a breve termine. Numerosi sono infatti i valori, come ad esempio l’amicizia, la religione, la morigeratezza, nei quali i nostri padri credevano, oggi contestati e messi definitivamente in crisi. Che dire della famiglia, un tempo ritenuta il nucleo della società e cardine dell’esistenza umana, oggi vive una crisi profonda, ha perso persino alcuni valori educativi e affettivi fondamentali. Oggi la famiglia si occupa sempre meno dei figli, presa da altre problematiche, più delle volte effimere: non è certamente normale, come capitato in questi giorni in provincia di Arezzo, che una mamma “dimentichi” in auto e fa morire sotto il sole la propria figlia di un anno e mezzo. Ma anche l’insubordinazione dei figli e un’educazione consumistica ed effimera, sta riducendo la nostra società a un deserto culturale. Non parliamo del teatrino della politica, priva di etica e valori, tutto è diventato spettacolo, finzione, ipocrisia, effimero, ben rappresentato in queste ore dalla politica nazionale, in cerca di accordi di potere, che pongano attenzione solo ai propri interessi e a quelli della casta, l’intoccabile casta che prende e mai dà. Questa formazione intellettuale, ci rende tutti culturalmente e socialmente, un pò più poveri nello spirito e nell’anima. Oggi ci propongono dei modelli, noi viviamo oggi dei modelli. I modelli di vita squilibrati, la rincorsa al successo economico da ottenere senza troppe remore etiche e la vita vissuta all’insegna del divertimento sfrenato, portano l’uomo moderno allo sfinimento, a provare penosi sentimenti di solitudine, di noia, di insicurezza, di vuoto esistenziale, di profondo disorientamento morale, di abbandono dei valori umani per cedere il posto alla cultura del Dio denaro. Questo fatto è paradossalmente acuito, anziché lenito, dalla libertà di cui gode l’uomo contemporaneo, dalla molteplicità di opzioni fra cui è chiamato a scegliere, in assoluta solitudine, senza riferimenti certi, senza guide che non siano il profitto economico e l’interesse personale. Dunque, un vortice decadentista e chi crede ancora nei sani valori, non si trova pienamente a suo agio in questa società del nulla, priva di regole e dove il durevole diventa labile e il fugace quasi incontrovertibile. Invero, in ognuno di noi, a volte, emergono delle forme comportamentali non necessariamente illegali, che una volta poste in essere, creano disagio perché contrari alla liceità di un’etica formalizzata che lascia spazio alla soggettività dell’individuo. Per recuperare la speranza e il rapporto con la propria identità esistenziale, l’uomo deve fare un poderoso tentativo di risvegliare le coscienze addormentate di una società sottomessa all’apatìa che si è installata nelle nostre menti, prendendone possesso assoluto. Ad ogni modo, nulla è irreversibile e ciascuno ha la sua parte in questa nostra società contemporanea… un grande e gravoso compito di pervenire ad un modello di vita equilibrato e incentrato sul rispetto dei veri valori etici. Tuttavia, nessun cambiamento radicale è privo di sofferenza ed a volte dolore ma la capacità di sostenere obiettivi di alto profilo, anche al costo di sofferenze è ciò che rende l’Uomo realmente nobile.

La foto allegata rappresenta i due principali filosofi dell’antichità, Platone che regge il suo libro “Timeo” e solleva il dito in alto, ad indicare il bene (sinistra ) e Aristotele, che regge il suo libro “Etica Nicomachea”, ad indicare l’etica, come realtà più vicina all’ideale dell’uomo (destra), raffigurati in una delle opere pittoriche più rilevanti dello Stato della Città del Vaticano, visitabile all’interno del percorso dei Musei Vaticani, il famoso affresco “Scuola di Atene”, di Raffaello Sanzio, databile 1509-1511.

Eroi dimenticati: la tragedia dei soldati italiani a Kos (sott.ten.Gaetano Vagliasindi)

Beato quel popolo che non ha bisogno d’eroi” .   ( Bertold Brecht) 

 

Maristella Dilettoso al Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari

L’armistizio firmato l’8 settembre 1943 non segnò soltanto l’inizio della Resistenza e della lunga strada che portò l’Italia alla democrazia, ma anche della tragedia di tante migliaia di soldati italiani sorpresi in terra straniera, che in quell’evento invece avevano visto l’imminenza di un ritorno alla loro patria e alle loro case.

Kos – foto Roberto Santangelo

Nel settembre 2001 l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, forse per la prima volta, volle commemorare presso Porta San Paolo gli oltre 500, tra militari e civili, che persero la vita nella cosiddetta battaglia di Roma, nell’intento di fermare l’ingresso dei nazisti nella capitale. Il gesto del Capo dello Stato non era che il seguito di una sorta di viaggio nella storia di quegli eventi, dolorosi e controversi, che drammaticamente si susseguirono dopo l’8 settembre 1943, senza limitarsi alle sole vittime cadute durante la Resistenza, ma ricordando anche quegli 87mila appartenenti alle forze armate che caddero durante la guerra di liberazione, e particolarmente «gli eroi di Cefalonia, Corfù, delle isole dell’Egeo, i marinai della “Roma” e tanti altri che non vollero cedere le armi».
Infatti, il 1° marzo dello stesso anno il Presidente Ciampi si era recato a Cefalonia, ridente isola dello Ionio, per commemorare i soldati italiani della divisione Acqui fucilati dai tedeschi nei tragici avvenimenti che seguirono all’armistizio, una delle pagine più amare e dolorose del 2° conflitto mondiale, ancor più perché dimenticata per decenni dalla storia ufficiale, tenuta viva soltanto nel ricordo dei familiari, e dei pochi sopravvissuti.
Grazie a quel gesto del Presidente parve che finalmente qualcosa si fosse mosso, seguirono infatti una puntata della trasmissione radiofonica Radio anch’io, un reportage televisivo, una puntata di Novecento di Pippo Baudo, il tutto in concomitanza all’uscita sugli schermi di due film, I giorni dell’amore e dell’odio, per la regia dell’esordiente Clever Salizzato, che sembra però essere passato inosservato nelle sale cinematografiche, e Il mandolino del capitano Corelli, di Madden, tratto dall’omonimo romanzo di Louis de Berniéres, in cui, come spesso avviene nella cinematografia straniera, gli italiani sono rappresentati con la solita immagine stereotipata di gente intenta solo a suonare il mandolino.

Kos – foto Roberto Santangelo

  Di là da tutto questo, e dei giudizi in merito, l’importante è che se ne sia cominciato a parlare, e che dopo decenni di un silenzio, non del tutto incolpevole, si sia aperto uno spiraglio su quei fatti. Purtroppo però ai fatti analoghi verificatisi sul fronte dell’Egeo non fu riservata la stessa diffusione dalla stampa e dai media.
Quando, l’8 settembre 1943, Badoglio firmò l’armistizio, pur prevedendo che avrebbe potuto conseguirne un’aggressione da parte tedesca, lo Stato Maggiore contava di avvertire i comandi periferici solo dopo qualche giorno.
Poiché gli Alleati anticiparono la proclamazione, e i tedeschi ne vennero subito a conoscenza, i più impreparati a fronteggiare gli eventi erano proprio gli italiani: nei Balcani, in Grecia e nell’Egeo le truppe italiane e tedesche erano frammischiate, e le nostre, inferiori numericamente, furono, in pratica, lasciate allo sbaraglio; gli ordini centrali furono così tardivi, confusi e contraddittori da far sì che i militari italiani cadessero nelle braccia dei tedeschi.
Essi infatti, appena avuto notizia dell’armistizio, iniziarono contro l’esercito italiano una serie di rappresaglie, occupazioni, combattimenti, deportazioni. Messi sempre più alle strette, e «traditi» dai loro alleati, dovevano punirli: nei Balcani, in Grecia, nell’Egeo, non vi furono che eccidi e deportazioni in massa. Si volle poi colpevolizzare i comandi periferici, ma, di fatto, l’esercito ricevette ordini contraddittori, quando ci furono, e si trovò abbandonato al proprio destino, in balia dell’alleato del giorno prima, ora nemico acerrimo assetato di vendetta.
Fra le cronache, fuggevoli e frammentarie, di queste vicende, spiccano, perché circostanziati, precisi, ricchi di nomi, testimonianze e densi di pathos, i memoriali di due cappellani militari, due “preti con le stellette” sopravvissuti alle stragi, quello di P. Romualdo Formato[1], cappellano presso il 33° Artiglieria della divisione Acqui, e quello di P. Edoardo Fino[2], cappellano dell’Aeronautica a Rodi.

S.Ten. Gaetano Vagliasindi con altri Ufficiali

La resistenza di Cefalonia iniziò il 13 settembre. In un primo momento fu dato l’ordine di consegnare le armi ai tedeschi, che dovevano impegnarsi a rimpatriare gli italiani… Il generale Gandin, comandante della divisione Acqui, volle interpellare i suoi uomini, sottoponendo loro uno strano referendum: «contro i tedeschi con i tedeschi – cessione delle armi»; la truppa si espresse per la resistenza, che durò fino al 22. Non giunsero i richiesti rinforzi alleati, invece dal cielo e dal mare arrivano rifornimenti ai tedeschi, il cielo si ricoprì di stukas, la lotta fu impari e feroce.
Il 24 settembre i tedeschi comunicarono al mondo che gli uomini della «ribelle» divisione Acqui avevano in parte deposto le armi, in parte erano stati «annientati in combattimento».
Era una menzogna. Lo stesso giorno gli ufficiali furono condotti presso la penisola di S. Teodoro, vicino a una villetta, la «casetta rossa», per essere interrogati; invece furono fucilati in massa.
I superstiti, disarmati, furono imbarcati per essere avviati ai campi di concentramento su due navi che affondarono appena raggiunsero il largo dopo aver urtato contro delle mine.
Le salme della «casetta rossa» furono gettate in mare. Cefalonia, l’isola della morte, era piena di cadaveri. Scrive Padre Formato nel suo racconto drammatico, terribile, eppure profondamente pervaso di spirito cristiano, proprio lui che assolse tutti, e raccolse l’ultimo saluto degli ufficiali: «Ho scritto trepidando… molte volte piangendo». E ancora: «Le vittime di Cefalonia… chiedono qualche cosa alla Patria, per il cui onore esse si immolarono. Chiedono che il loro sacrificio non venga dimenticato. Le gloriose gesta della divisione Acqui dovranno essere tramandate alle future generazioni come uno dei più puri esempi di sacrificio collettivo affrontato per un alto sentimento di obbedienza e di dovere».
Nella vicina Corfù l’ordine di resa fu respinto, i soldati si rifiutarono di consegnare le armi senza dignità e senza garanzie, si resisté con l’appoggio della popolazione, ma il 25 l’isola era in mano ai tedeschi, gli ufficiali uccisi.

Kos – foto R.Santangelo

Maristella Dilettoso al sacrario dei Caduti d’Oltremare – Bari

Questo sul versante ionico. Dall’altro lato, sull’Egeo, la tragedia si replicò, una due, tre, tante volte quante erano Rodi e le isole del Dodecaneso, tragedia quasi ignorata, presto dimenticata, questa, rievocata dal libro parallelo di Padre Edoardo Fino.
Rodi, l’isola delle rose, fulcro di tutto il Dodecaneso, sede dell’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni, caduta in mano turca, fu riconquistata dall’Italia nel 1912, durante la Guerra di Libia. Dal 1923, col il Trattato di Losanna, l’Italia vantava il Possedimento delle Isole Italiane nell’Egeo, 14 in tutto: Rodi, Castelrosso, Calchi, Piscopi, Scarpanto, Caso, Simi, Nisiro, Coo (patria di Ippocrate, la più importante dopo Rodi), Calino, Lero, Lisso, Patmo, Stampalia. Non colonie, ma Possedimenti, alle dirette dipendenze del Ministero Affari Esteri, con uno speciale ordinamento giuridico, rette da un Governatore e dai Podestà. Vi erano state realizzate scuole, edifici, strade, ospedali, eseguiti restauri.
A Rodi c’era una missione, e un Cappellano militare per ogni campo. Gli uomini di truppa presenti nell’Egeo prima dell’8 settembre erano oltre 30.000, della divisione Cuneo e Regina, la base navale era a Lero, per l’inadeguatezza del porto di Rodi.
II comando di Roma si preoccupava poco di Rodi e dell’Egeo; sapendo che gli italiani vi erano in maggioranza, l’ammiraglio Campioni fu autorizzato a regolarsi discrezionalmente, ma gli alleati suggerivano di contrastare i tedeschi. Questi occuparono subito gli aeroporti, fecero prigionieri all’improvviso ufficiali italiani, cominciarono a bombardare le caserme, mentre le comunicazioni venivano interrotte, e dall’Italia non arrivavano né notizie, né disposizioni, né rinforzi. Si combatté con sorti alterne, con molte perdite di uomini, fino all’11 settembre.
I soldati che resistettero furono uccisi, mentre, dopo la resa di Rodi, i tedeschi si spostavano verso le isole minori per continuarvi la guerra.
A Coo vi era un ospedale, una Missione cattolica, circa 4000 uomini e pochi tedeschi, fino all’8 settembre l’isola era stata tranquilla.
Dall’11 al 2 ottobre ci furono 30 attacchi aerei, il 3 ottobre arrivarono anche i mezzi navali tedeschi, dapprima scambiati per inglesi.
. Gli inglesi che erano sbarcati precedentemente si defilarono, gli italiani rimasero a combattere da soli, e, sopraffatti dovettero rassegnarsi alla resa.
Gli ufficiali italiani, concentrati nelle saline di Linopoti il 5 ottobre, interrogati sommariamente e avviati verso il porto – per imbarcarli, si disse – lungo il percorso furono mitragliati alle spalle.
Erano un centinaio, 103 probabilmente, ma solo 66 di loro furono riconosciuti nel marzo 1945 quando, grazie al cappellano militare padre Michelangelo Bacheca ed alla pietas e collaborazione degli abitanti dell’isola, greci e civili italiani, rinvenute in fosse comuni, le loro spoglie non furono raccolte e traslate nel cimitero cattolico di Kos, dove una lapide ricorda tuttora il loro sacrificio e i loro nomi. Solo a guerra finita, nel 1954, furono trasportate in Italia e tumulate nel Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari.

Dopo Kos, i tedeschi si spostarono a Lero, che resistette eroicamente, ma inutilmente, fino a novembre.

Kos – foto R.Santangelo

Sacrario dei Caduti d’Oltremare – Bari

Col trattato di Cassibile Rodi e le isole dell’Egeo vennero assegnate alla Grecia.
Pagina amarissima, questa, e tuttavia trascurata dalla storiografia ufficiale, dimentica che i martiri ci furono dappertutto, non soltanto alle Fosse Ardeatine e a Marzabotto, partigiani ma anche militari, italiani essi pure, che avevano lasciato la loro terra ed i loro affetti più cari, avevano indossato la divisa, avevano imbracciato le armi, ragazzi di appena vent’anni che con i loro sogni finirono in fosse comuni, o in fondo al mare, senza nome né gloria.
L’oleografia ufficiale della Resistenza, assieme del resto ai tanti governi che si sono avvicendati in quasi sessant’anni, si è resa autrice di un ingeneroso “distinguo”, quasi che, rispetto a quegli italiani che lottarono sulle montagne, questi altri fossero cittadini di serie B.
Ricordiamo anche un’intervista, alquanto sconvolgente, rilasciata dal senatore a vita P. Emilio Taviani[3] dove si dichiarava che nel 1956 non si vollero perseguire i tedeschi responsabili di quegli eccidi perché allora, in tempi di guerra fredda, mentre l’URSS stava invadendo l’Ungheria, e la Germania tentava a fatica di risollevarsi, e di riarmarsi per assumere un ruolo importante in seno alla NATO, prevalse la ragion di stato, per il timore delle eventuali ripercussioni che questi fatti avrebbero potuto avere nell’opinione pubblica. Basti pensare al gravissimo e sconcertante episodio del cosiddetto “armadio della vergogna”.
Quando nel 2001, durante la commemorazione dei morti delle Fosse Ardeatine, e per la prima volta, ad essi furono accostati, e nobilitati nel ricordo, i martiri di Cefalonia, sul fronte ionico, in molti restò ancora una punta di rammarico, un po’ d’amaro in bocca, per la dimenticanza dei caduti dell’Egeo, a Rodi, Kos, Lero, italiani e martiri anch’essi, in quell’estremo guizzo d’orgoglio che fece loro alzare la testa per difendere il nome d’una patria, seppure ridotta in ginocchio e a brandelli.
Era ora che se ne parlasse, di questi morti, ritenuti forse per troppo tempo imbarazzanti, dacché un certo modo di fare storia, manicheo e farisaico, ne aveva relegato in soffitta la memoria, ignorando come «la storia può essere maestra solo a coloro che non hanno troppa fretta di dimenticare».
Sicuramente non hanno dimenticato tanti congiunti, madri, spose, figli, discendenti, molti dei quali hanno visto questi uomini solo in fotografia, ma anche gente tenace, che si è battuta e continua a battersi, contro tante difficoltà, prima tra tutte l’oblio, e poi il disinteresse, l’imbarazzo forse, affinché queste vittime avessero il giusto riconoscimento, anche da parte delle istituzioni. 
Poco alla volta, sono nate iniziative, comitati, associazioni, e, dato il forte impatto delle nuove tecnologie, sono apparsi anche dei blog e dei gruppi sui social network, gruppi dove gli interessati hanno potuto conoscersi, comunicare a distanza e prendere e condividere iniziative attraverso il web.
Sull’argomento sono stati pubblicati libri, che hanno squarciato, purtroppo ancora solo in parte, il velo della generale indifferenza, com’è stato nel 2002 per quello del giornalista Ettore Vittorini [5], sulla tragedia delle isole egee in generale, ma, in maniera più circoscritta e dettagliata riguardo ai fatti di Kos, nel 2008 è stata la volta della pubblicazione del colonnello Liuzzi[6], personaggio cardine in questa vicenda, e nel 2010 di quella della professoressa Isabella Insolvibile [7].

Kos – foto Roberto Santagelo

Pietro Giovanni Liuzzi, ex colonnello dell’Esercito Italiano, si batte da anni tenacemente, con gli scritti ma anche con le azioni concrete, perché sia riconosciuta dignità a quanti versarono il proprio sangue innocente per mantenere fede a una promessa e a un ideale di patria.
L’aveva già fatto anni prima occupandosi del massacro dei militari italiani perpetrato dai nazisti sull’isola di Cefalonia all’indomani dell’Armistizio dell’8 settembre 1943[8] e adesso, dedicandosi a Kos, da qualcuno definita “la piccola Cefalonia”, per la gravità e l’efferatezza dei crimini consumati, in qualità di Presidente del Comitato per i Caduti di Kos, ha promosso numerose iniziative, volte ad ottenere risultati tangibili, scrivendo ai comuni di provenienza dei caduti, al fine di individuare e contattare i familiari, collaborando e creando gruppi sul web, promuovendo petizioni alle massime autorità istituzionali, organizzando o presenziando a mostre e conferenze che potessero tenere desta la memoria, intervenendo, il 6 ottobre 2013, a Kos, con numerosi congiunti delle vittime, alla cerimonia per il 70° anniversario dell’eccidio degli Ufficiali del 10° Reggimento “Regina”.
Scrive Ugo Sbisà: “A quella pagina oscura della storia italiana si è appassionato in Italia Pietro Giovanni Liuzzi, un colonnello in congedo di origini tarantine, promotore di una petizione al presidente Napolitano per il riconoscimento storico e la commemorazione dell’eccidio di Kos[9] e autore di Kos. Una tragedia dimenticata (…), un volume … nel quale la vicenda viene ricostruita anche attraverso documenti ufficiali rimasti fin troppo a lungo negletti. Nelle intenzioni di Liuzzi, che ha promosso varie conferenze e iniziative e ha ottenuto che nel 2010 e nel 2011 venissero celebrate a Kos commemorazioni ufficiali in onore dei 103 caduti, c’è l’inserimento di Kos negli itinerari della memoria insieme a Cefalonia, El Alamein, Sant’Anna di Stazzena… “ .[10]

Ultimamente lo stesso Liuzzi, si è indirizzato alla ricerca delle fosse comuni mancanti, e di quelle 37, su 103 salme, non ancora recuperate:  nonostante le oggettive difficoltà dovute al tempo trascorso, alla natura acquitrinosa del suolo di Linopoti, agli eventi atmosferici (alluvioni, ecc.), alle trasformazioni avvenute nel terreno, ottenuto l’interessamento del ministro Gentiloni, e delle autorità locali di Kos, grazie al contributo materiale ed economico di sostenitori, di operatori italiani e greci, è partita, nella prima settimana del luglio scorso, la cosiddetta “operazione Lisia”[11] . Gli scavi, effettuati nei luoghi dell’eccidio, hanno dato i loro frutti: sono infatti stati rinvenuti oggetti e ossa umane (ancora da identificare attraverso esami istologici e definizione del DNA) di quella che doveva essere una delle fosse comuni.

S.Ten. Gaetano Vagliasindi

Pare che le autorità di Kos siano intenzionate a proseguire le ricerche nel tempo, e che gli oggetti ritrovati saranno esposti nel Museo di Storia della II guerra mondiale in allestimento a Kos.

Gaetano Vagliasindi era nato nel 1921, era un ragazzo che amava la famiglia, gli amici, gli scherzi, quando vestì la divisa frequentava il 3° anno di Ingegneria all’Università di Messina, la sua breve vita finì in un giorno di ottobre (il 6, forse) … fu ritrovato nel 1945, assieme a tre dei suoi infelici compagni, in una fossa comune a Linopoti (Kos), grazie alla pietà di un cappellano coraggioso e dei generosi abitanti di quell’isola ridente. Dal 1954 i suoi resti riposano nel Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari.

 Era mio zio, sì, ma non l’ho mai conosciuto se non in fotografia, e non voglio certo dire che fosse speciale o diverso dagli altri, tutti i morti sono un po’ speciali per i loro congiunti. Allora voglio dedicare questo scritto alla memoria di Gaetano e degli altri 102 ufficiali suoi compagni d’arme e di sventura, che videro prematuramente la fine troppo presto e in un luogo troppo bello.

 A cura di Maristella Dilettoso

(Articolo pubblicato su Cultura e Prospettive n. 28, Supplemento a Il Convivio n. 62, Luglio – Settembre 2015)

 

[1]  P. Romualdo Formato, L’eccidio di Cefalonia (Mursia, 1968)

[2]  P. Edoardo Fino, La tragedia di Rodi e dell’Egeo (EICA, 1957)

[3]  L’Espresso (n. 45 del 9 novembre 2000)

[4]  Dal libro di Franco Giustolisi,, L’Armadio della vergogna (Nutrimenti, 2004): un armadio, rinvenuto nel 1994 in un locale di palazzo Cesi-Gaddi (sede di vari organi giudiziari militari) in via dell’Acquasparta a  Roma. Vi erano contenuti centinaia di fascicoli e registri, relativi a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazifascista. Tra i fascicoli, atti riguardanti le più importanti stragi naziste, fra le quali l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, l’eccidio delle Fosse Ardeatine, l’eccidio di Monte Sole (più noto come strage di Marzabotto), di Monchio e Cervarolo, di Coriza, di Lero, di Kos, di Scarpanto, la strage del Duomo di San Miniato e altri ancora…

[5]) Ettore Vittorini, Isole dimenticate: Il Dodecaneso da Giolitti al massacro del 1943  (Le Lettere, 2002)

[6] ) Pietro Giovanni Liuzzi, KOS una tragedia dimenticata, settembre 1943 – maggio 1945 (Taranto, 2008)

[7] ) Isabella Insolvibile, Kos 1943-1948. La strage, la storia (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2010).

Isabella Insolvibile, di Napoli, già borsista della Scuola Superiore di Storia Contemporanea dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, ricercatrice presso l’Università “Federico II” e consulente tecnico della Procura Militare di Roma per l’indagine relativa ad alcune stragi naziste, collabora alle attività didattiche e di ricerca della cattedra di Storia Contemporanea della Seconda Università di Napoli; è membro del Consiglio Direttivo dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, componente del gruppo di ricerca che sta lavorando all’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia, e molto altro ancora, si occupa da tempo in maniera specialistica di storia militare, con ricerche relative alle stragi naziste contro soldati italiani e alla prigionia di guerra.

[8]) Pietro Giovanni Liuzzi , Leali ragazzi del Mediterraneo. Cefalonia Settembre 1943: viaggio nella memoria (Taranto, 2006)

[9]) Alla petizione avrebbero  aderito ben 4.162 firmatari

[10]) Ugo Sbisà su La Gazzetta del Mezzogiorno, Bari, 13 giugno 2015

[11] ) Ugo Sbisà, ibid. : “Un ultimo dettaglio di natura storico – letteraria: il nome dell’operazione, “Lisia” .. è stato mutuato dall’epitaffio scritto dal celebre giurista ateniese per i caduti in difesa dei Corinzi

          Vi segnaliamo alcuni libri che parlano di questa tragedia.

 

 

   A cura di Lucio Rubbino

FABIO BASILE – ARCHITETTO

 Architetto, Fabio Basile consegue la laurea presso l’Università di Roma nell’anno accademico 1963-’64.         

Proseguendo nell’attività di studio, inizia poco dopo esperienze didattiche nello stesso Ateneo romano, nella disciplina Disegno dal vero. Continua a collaborare nell’insegnamento di materie disegnative – con varie qualifiche di assistente – presso gli Istituti universitari di Catania e Reggio Calabria e, successivamente, presso l’Ateneo di Messina, dove viene nominato assistente ordinario, a seguito di concorso, e poi professore incaricato di Disegno, a partire dal 1973-74. Dal 17.2.1983 professore associato di Disegno, è professore ordinario del settore H11X dal 1986. Dal 1983 al 1992 Direttore dell’Istituto di Disegno, è stato dal 1993 al 1995 Direttore del Dipartimento di Rappresentazione e Progetto dell’Università di Messina.

Dall’1.11.1995 al 31.10.2004 è stato Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Messina.

Dall’1.11.2004 è Direttore del Dipartimento di Scienze per l’Ingegneria e per l’Architettura.

Dal primo anno di attivazione (XV ciclo) sino al XXI ciclo è Coordinatore del Dottorato di Ricerca in “Ingegneria Edile: Progetto del Recupero”

In prevalenza, l’attività didattica è diretta verso l’insegnamento agli studenti d’ingegneria edile, col proposito di dare ai corsi un’impostazione rispondente al collocamento della disciplina nel contesto delle materie contermini, alla formazione culturale dei giovani allievi e alle esigenze di una loro idonea preparazione.
I programmi svolti costituiscono, fra le altre materie del primo biennio d’ingegneria, tutte di natura matematica e teorica, un’opportuna prima presa di contatto dei giovani con gli studi a carattere prevalentemente applicativo. La pubblicazione su “L’insegnamento del Disegno nelle Facoltà d’Ingegneria e di Architettura” ha, appunto, per oggetto la metodologia e i contenuti dell’insegnamento impartito.
Gli interessi professionali di Fabio Basile investono molteplici temi di architettura e di urbanistica. Per elezione del Consiglio Comunale, dal 1974 al 1988 è stato componente della Commissione Edilizia di Messina. Su nomina dell’Assessore Regionale per i Beni Culturali, è stato componente della Commissione per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche della provincia di Messina. E’ stato componente del Consiglio Regionale dell’Urbanistica (1994/98), rieletto per il quadriennio 2002/06. Su nomina dell’Assessore Regionale Territorio e Ambiente, è stato componente del Comitato tecnico-scientifico del Parco dei Nebrodi.

 

 

Fabio Basile nasce a Messina nel 1941 e studia presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma dove consegue la laurea nell’AA.1963-64.
La sua carriera didattica ha inizio nella stessa Università dove collabora come assistente all’insegnamento del Disegno dal vero. Trasferitosi in Sicilia continua le collaborazioni con gli istituti universitari di Catania e di Reggio Calabria.
A seguito di concorso è Assistente ordinario presso l’Università di Messina ed, a partire da 1973-74 Professore incaricato di Disegno.
Nel 1983 è Professore Associato di Disegno e nel 1986 è professore Ordinario di Disegno. Dal 1983 al 1992 è il Direttore dell’Istituto di Disegno dell’Università di Messina ed, a partire dal 1993 svolge le funzioni di Direttore del Dipartimento di Rappresentazione e Progetto dell’Università di Messina.
Dal 1995 al 2004 è Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Messina. Svolge funzioni di Coordinatore del Dottorato di Ricerca in “Ingegneria Edile: Progetto del Recupero” dal XV sino al XXI ciclo. Dal 1974 al 1988 è componente della Commissione Edilizia di Messina.
Su nomina dell’Assessore Regionale per i Beni Culturali, è componente della Commissione per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche della provincia di Messina. E’ componente del Consiglio Regionale dell’Urbanistica nel quadriennio 1994/98, e rieletto per il quadriennio 2002/06.
Su nomina dell’Assessore Regionale Territorio e Ambiente, è componente del Comitato tecnico-scientifico del Parco dei Nebrodi.
La sua attività di docente è costantemente tesa alla formazione culturale dei discenti e alle esigenze di una loro idonea preparazione articolata tra discipline di natura matematica e studi a carattere prevalentemente applicativo la cui filosofia è ben esemplificata in una pubblicazione dal titolo “L’insegnamento del Disegno nelle Facoltà d’Ingegneria e di Architettura” che ha per oggetto la metodologia e i contenuti dell’insegnamento impartito. Da un punto di vista professionale gli interessi del Basile investono molteplici temi di architettura e di urbanistica.

Partecipazione a concorsi (in collaborazione)

– Primo premio al Concorso nazionale bandito dal Comune di Catania per il progetto di ristrutturazione urbanistica ed edilizia del quartiere “Cappuccini Nuovi” (1966).

– Terzo premio al Concorso nazionale bandito dall’Amministrazione Provinciale di Enna per il progetto del nuovo “Ospedale Psichiatrico” (1968).

– Primo premio al Concorso nazionale bandito dall’Università di Catania per il progetto della nuova sede della Facoltà di Matematica (1973).

– Primo premio al Concorso nazionale bandito dall’Università di Catania per il progetto della nuova sede della Facoltà di Lettere e Filosofia (1974).

– Primo premio al Concorso nazionale bandito dal Comune di Messina per il progetto di un complesso immobiliare per un “Centro di cultura polifunzionale” a Messina (1976).

– Primo premio al Concorso-appalto nazionale bandito dal Comune di Messina per il progetto della nuova sede del “Museo Nazionale” a Messina (1983).

– Primo premio al Concorso-appalto nazionale bandito dalla Regione Sicilia – U.S.L. n.45 – Barcellona P.G. (ME) per il completamento dell'”Ospedale Cutroni-Zodda” (1991).

L’attività scientifica si esplica:

1. in ricerche, seguite da pubblicazioni a stampa, che riguardano temi e aspetti diversi nel campo dell’architettura;

2. nella partecipazione a Commissioni e Convegni di studio in materia di Ingegneria, di Architettura, di Storia dell’architettura e di Urbanistica;

3. in rilievi e restauri di monumenti.

Svolge attività di ricerca nel campo del rilievo e del recupero dei beni architettonici e della storia dell’architettura meridionale.

  A cura di Francesco Rubbino

 

Giovan Battista Vaccarini

Il prelato che ricostruì il volto di Catania dopo il terremoto del 1693

Giovan Battista Vaccarini

Ore venti e tre quarti dell’11 gennaio 1693: un sisma catastrofico colpisce la Sicilia orientale, causando decine di migliaia di morti, e radendo quasi al suolo 77 città. A Catania, dove stando alle fonti perì oltre il 60 % degli abitanti, si salvarono solo le absidi del Duomo, il teatro greco e il castello Ursino.
Il Viceré di Sicilia don Francesco Paceco, duca di Uzeda, all’indomani del devastante evento inviò sui luoghi del disastro Giuseppe Lanza, duca di Camastra, con l’incarico di presiedere all’opera di ricostruzione, conferendogli pieni poteri. Questi concepì un asse principale rettilineo, “dal mare fino alla montagna”, la via Uzeda, oggi via Etnea, attraversato da assi perpendicolari, destinati in breve tempo a ripopolarsi di edifici.
Così Catania, all’alba del XVIII secolo, si era trasformata in un cantiere in fermento per la ricostruzione, voluta fortemente anche dal suo vescovo, mons. Andrea Riggio, che si era avvalso dell’opera di tutti gli architetti e delle maestranze del momento, come Girolamo Palazzotto (cui affidò il rifacimento della Cattedrale), Alonzo di Benedetto, gli Amato, i Battaglia, i Longobardo…

Proprio all’alba di quel secolo, il 3 febbraio 1702, da Gerlando, intagliatore, e da Francesca Mancialardo, vedeva i natali, nella lontana Palermo, l’artista che, più di tutti, avrebbe legato il suo nome alla rinascita di Catania: Giovan Battista Vaccarini.
Egli studiò teologia e scienze, acquistando una notevole competenza in campo idraulico, sì da essere nominato “architetto primario” dal Senato di Palermo.
Dopo un breve tirocinio in patria, chiamato a Roma dal cardinale Ottoboni, noto mecenate, vi frequentò l’Accademia di San Luca, studiò con Carlo Fontana, ed ebbe modo di conoscere l’opera del Bernini e del Borromini e, determinante per la sua produzione più tarda, del Vanvitelli, se, rifuggendo dagli eccessi e dalla “bizzarria” del barocco, si avviò a soluzioni più sobrie e prossime alla visione neoclassica. 

Nel 1729, a soli 27 anni, fu invitato dal suo concittadino, il vescovo palermitano Pietro Galletti, che si era appena insediato nella Diocesi di Catania, “… nominato dal Galletti canonico secondario della nostra cattedrale, gli veniva contemporaneamente conferita la docenza e la nomina di Sovraintendente delle fabbriche dell’Almo Studio, per cui aveva disegnato le piante della corte. Intanto, avendo egli elaborato già il superbissimo progetto di massima del prospetto della chiesa cattedrale, il vescovo Galletti volle gettare la prima pietra delle fondamenta (27 marzo 1731)”, riporta il Policastro.
Molti erano gli architetti presenti e operanti al momento nella città etnea, che tentava di risorgere dal disastro del sisma (Alonzo di Benedetto, Antonino Amato, ed altri ancora), e numerose le maestranze di intagliatori, ma nella loro visione perduravano ancora le suggestioni dell’ornato barocco, ed una concezione piuttosto provinciale, mentre l’avvento del Vaccarini, che portava con sé l’esperienza e la scuola romana, era destinato a dare una spinta di rinnovamento. 

Il suo nome è legato a molti tra gli edifici sacri e civili più rappresentativi della Catania settecentesca. Nella città etnea, divenuta sua patria d’adozione, trascorse ben trent’anni.
Scrive Lucio Sciacca: “Di animo nobile, mite di temperamento, pio e generoso, il Vaccarini conquistò la stima dei catanesi” (mentre la città natale lo aveva trattato con una certa indifferenza), tanto che il Senato cittadino, con delibera del 28 novembre 1735, gli conferì la cittadinanza onoraria, considerati “le virtù, l’ingegno, le facoltà artistiche delle quali il Rev.mo e ill.mo Don Giovanni Battista Vaccarini, palermitano canonico secondario di questa Cattedrale, è ornato…”.

I lavori per la Cattedrale furono lunghi e lenti, non privi di critiche, gelosie e contestazioni, da parte di chi ambiva all’incarico, tanto che a un certo momento l’architetto volle sottoporre il suo progetto all’Accademia di San Luca, ottenendone l’approvazione. Vaccarini lavorava contemporaneamente, con dinamismo, al Palazzo Senatorio.
Nel 1736 erigeva la Fontana dell’Elefante, creando così, una dopo l’altra, le quinte di quel magnifico scenario che è la Piazza del Duomo di Catania, e della quale il Duomo stesso costituisce il fondale, “… vera e propria opera di sistemazione urbanistica dell’edificio religioso nello schema viario circostante…” (Boscarino).

Proprio nel 1736 l’architetto decise di mettere radici nella città che l’ospitava, realizzando la sua casa alla marina, la Domus Vaccarini, dal 1941 dichiarata monumento nazionale.
L’aveva voluta nel suo quartiere prediletto, la Civita, vicino a quella chiesetta del SS. Salvatore, a picco sul mare, dove celebrava la Messa e sostava in preghiera con i suoi collaboratori, e all’ingresso vi aveva collocato un busto di S. Agata. Edificio singolare, dove il progettista poté esprimere più liberamente la propria genialità.
               “In contrada S. Francesco di Paola, piccola costruzione a due elevazioni attestata su tre fronti stradali, che riveste un particolare significato umano e civile, perché il Vaccarini … può dare un saggio delle sue preferenze. …Si apre sul mare in un elegante portichetto, che si trasforma in terrazza al primo piano, con la caratteristica transenna traforata al posto dei balaustrini” (Boscarino).

Nell’anno 1745 è nominato lettore alla cattedra di Matematica dell’Almo Studio, cattedra poi soppressa per lo scarso afflusso di studenti. Nel 1747 torna nel capoluogo, facendo solo saltuarie apparizioni a Catania, per attendere ad altre opere.
 Nel 1756 Vaccarini soggiornò per breve tempo a Napoli, dove frequentò Luigi Vanvitelli, collaborò con lui nella scelta dei marmi per la Reggia di Caserta, e poté aggiornarsi studiando le opere dello stesso Vanvitelli e di Ferdinando Fuga: gli effetti sono visibili nelle sue ultime architetture catanesi, di gusto più misurato e prossimo a quello neoclassico.
Poche e incerte le notizie circa il periodo trascorso a Palermo, sembra che curò un progetto di restauro del Duomo (1752) e prese parte ai lavori di restauro della Casa Grande del principe Alliata di Villafranca in piazza Bologni (1751-58), se si eccettua la partecipazione, con esito peraltro negativo, al concorso per l’Albergo dei Poveri di Napoli. Controverso è anche il giorno e la località della sua morte, avvenuta secondo alcune fonti a Milazzo il 12 febbraio, secondo altre nella stessa Palermo, l’11 di marzo dell’anno 1768.
Ma tornando alla produzione catanese, non è facile redigere un catalogo completo della sua intensa produzione artistica, perché alcuni progetti non furono completati da lui, mentre in altre opere intervenne parzialmente, rendendo opinabile l’individuazione dei vari contributi.

Per la Cattedrale, l’abate Vaccarini concepì un prospetto a tre ordini sovrapposti a piramide, inserendo specchi di pietra lavica e marmo, e movimentando le colonne in una rotazione verso l’interno: attento com’era a sfruttare e valorizzare i materiali esistenti nel territorio circostante, volle accoppiare calcare e pietra lavica. Suo è anche il prospetto della chiesa sul lato della via Vittorio Emanuele.

Palazzo Senatorio, poi degli Elefanti, sede istituzionale del Comune, all’arrivo del Vaccarini era già iniziato fino allo zoccolo: egli prolunga fino all’architrave le paraste bugnate, ma rendendole piatte, inserisce nel prospetto una notevole tribuna d’onore con balconata, pensata sopra l’ingresso centrale, e nelle cornici delle finestre al primo piano, alterna le “A” di Agata agli elefanti in bassorilievo, con evidente richiamo ai simboli della città. Il lato di tramontana, assai più fiacco, sarà completato da Carmelo Battaglia.

La Fontana dell’Elefante, simbolo della città, è posta al baricentro della piazza. Il liotru, sorta di nume tutelare per i catanesi, recuperato dalle macerie della Loggia (così si chiamava il Palazzo di città prima del terremoto), fu rimesso in sesto da Vaccarini, che vi inserì l’obelisco, il globo, le palme e la tavoletta di S. Agata. Pur con gli evidenti richiami che vi si sono voluti vedere con il “Pulcin de la Minerva” di Roma, in essa volle riassumere i simboli della città, della sua storia e della sua cultura, rappresentando tre civiltà: la cristiana (l’iscrizione agatina, il globo sormontato dalla croce), l’antica (l’obelisco con i geroglifici), la sicula (l’elefante).

Piazza Duomo, la platea magna, così riqualificata dall’architetto, è una felice soluzione di spazio urbano, sede di manifestazioni religiose e laiche, di eterno e di effimero, “polo di attrazione preferenziale sia nel tempo ordinario che in quello straordinario” (Nicolosi).
È il luogo deputato all’intersecarsi della Catania civile con la Catania della fede, per la compresenza degli edifici più rappresentativi del potere ecclesiale e di quello istituzionale, dove la comunità trovava la sua sede di rappresentanza e di aggregazione al tempo stesso.
Nell’impostazione della piazza l’architetto dovette certamente tenere a mente quanto aveva assimilato nella sua formazione romana, tant’è che in essa convergono tre grandi arterie come a Piazza del Popolo (il “Tridente”).
Spazio libero, ma elemento della struttura urbana, nucleo attorno a cui si è organizzata la ricostruzione della città, secondo l’illuminato “piano camastriano”, la piazza ha come fulcro il rapporto tra la cattedrale e il Palazzo senatorio, tra questi e lo “stradone di Uzeda”, la fontana materializza un centro e un punto di vista, mentre la continuità è data dai pieni dei palazzi e dai vuoti delle strade, e dall’uniformità decorativa (bugnato, modanature, elementi plastici).

Tra le tante realizzate a Catania, un’altra opera è il Palazzo S. Giuliano in piazza Università (1747), semplice nelle linee, ma con un notevole partito centrale, amplificato dal portale d’ingresso che reca il nome e la data 1745, ed ancora le corti del Palazzo dell’Università, il Siculorun Gymnasium (1730), di quello analogo del Convento dei Gesuiti (1747) e di quello più tardo, a pianta circolare, del convitto Cutelli, realizzato questo con Francesco Battaglia, con i loro portici a colonne e i cortili lastricati a ciottoli lavici con volute di marmo.

La chiesa di Sant’Agata alla Badia – CT

Per il Monastero dei Benedettini (1743) realizzò l’ala con il refettorio, il museo, la biblioteca. Progettò poi il Laberinto, per conto del principe Ignazio Biscari, nel giardino dei principi Paternò, che sul finire dell’800 sarà inglobato nella Villa Bellini, e la Chiesa Madre di Nicolosi.
Ma i suoi capolavori sono considerati il Palazzo Valle in via Vittorio Emanuele, dalla tribuna aggettante, con il bellissimo balcone centrale dall’elegante ringhiera, collegato al portone sottostante con cui fa tutt’uno mediante mensole articolate e colonne che partono da pilastri ruotanti, e la chiesa di S. Agata alla Badia.
La piccola chiesa, dove probabilmente sviluppò spunti borrominiani di S. Agnese a Piazza Navona, è un autentico gioiello, universalmente considerata la sua opera più riuscita e originale, per il gioco prospettico e la finezza stilistica, gli costò 32 anni di attività, dal 1735 al 1767.
Edificio destinato alle suore di clausura del contiguo monastero, in essa convergono e si fondono felicemente i divergenti echi berniniani e borrominiani.
La gelosia panciuta di ferro taglia il prospetto all’altezza dei capitelli, celando due vani da cui le suore assistevano alle processioni, le grate bronzee poggiano su frange berniniane, la decorazione della cantoria dall’interno irrompe all’esterno.
Vaccarini dà il meglio di sé, specie nei capitelli, dove adotta le palme e i simboli della martire Agata.
Il prospetto è giocato su un effetto di concavità e convessità che si alternano, all’ingresso e nei laterali, mentre nel parapetto il rapporto convesso-concavo si inverte; la pianta è centralizzata, la cupola si collega al tamburo poligonale mediante costoloni.
La Badia si raccorda al complesso di piazza Duomo di scorcio, come una quinta, in una soluzione tipicamente barocca.

Molte poi le opere attribuite:
Palazzo Asmundo, la Chiesa S. Giuliano, Palazzo Reburdone, Palazzo Serravalle, i portali delle chiese della SS. Trinità e dell’Indirizzo, Palazzo Villarmosa, oggi del Toscano; lo storico dell’arte Vito Librando gli attribuiva la Chiesa dell’Ogninella, e ravvisava suoi interventi nell’ingresso della Badia di S.Benedetto. Secondo altri studiosi, nella storica via dei Crociferi dev’esserci necessariamente la sua impronta.

Ma Vaccarini lasciò una traccia importante nell’assetto urbano della rinascente città, improntata ad una concezione degli spazi armonica, decorosa, stilisticamente coerente, senza prescindere dal contesto architettonico barocco, ma superandolo in una visione più sobria e composta.
Imprimendo alla città l’impronta del suo genio, l’opera sua segnò una svolta nell’architettura catanese, sprovincializzandola, e anche nel barocco locale, che diventò da allora “meno ampolloso e più contenuto”.

Lucio Sciacca, tracciandone il profilo nella pubblicazione “Il Palazzo degli Elefanti” (Palermo, 1983), così definisce il Vaccarini:
          “Un architetto di talento… al di sopra di questo, l’abate Giovan Battista Vaccarini … fu un puro di cuore.
Onesto fino allo scrupolo, generoso, dignitoso, aperto a tutte le sollecitazioni del sentimento, visse la sua vita amando Dio e il prossimo, ma non certo in contemplazione. Ecclesiastico, architetto, galantuomo per vocazione e temperamento…
I comportamenti, i fatti, gli episodi, le opere che caratterizzano il quasi trentennale servizio di quest’uomo in città, al di là d’ogni considerazione sulla validità artistica dell’arte sua, dimostrano innanzitutto una luminosa verità: prima del suo lavoro, prima di sé stesso, prima d’ogni altra cosa, egli amò Catania
” E ancora: “La mole del lavoro che portò avanti… fu tanto grandiosa da destare, ancora oggi, ammirazione e stupore insieme” Eppure si accontentò di in modesto salario, anche per quei tempi (2 onze al mese). “Quest’uomo chiude un capitolo e ne apre un altro, nel gran libro del barocco catanese”. Nella realizzazione del Palazzo “traspare non solamente il talento dell’architetto ma anche il calore dell’uomo” (ibid.), perché quello che legò Vaccarini con la città della martire Agata, con questa giovane città totalmente ricostruita dopo il terremoto, fu un rapporto preferenziale. Il Senato cittadino in vista di ciò gli conferì la cittadinanza onoraria.
Il suo nome va ad incastonarsi in quel processo coerente, armonioso, che fu la ricostruzione di Catania, e che diede alla città quell’impronta squisitamente e sobriamente barocca che la rende pregevole e che tuttora si può ammirare. Oltre che architetto egli fu anche, squisitamente, urbanista:
          Con animo puro, si calò nell’ambiente (veniva da Roma e di visioni romane aveva pieni gli occhi e l’anima), e in breve divenne, per spirito e mentalità, il più catanese degli architetti, il più geniale e fedele interprete delle esigenze, delle aspirazioni, delle ambizioni della rinascente città” (ibid.).

Maristella Dilettoso

(Articolo pubblicato su Cultura e Prospettive n. 25, Supplemento a Il Convivio n. 59, Ottobre – Dicembre 2014)

 

No announcement available or all announcement expired.