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Ebrei a Randazzo

 

Il 18 giugno 1492, Ferdinando il cattolico e Isabella di Castiglia presero una decisione grave che in seguito ebbe sviluppi tragici nell’economia del regno spagnolo e in Sicilia allora già vicereame: un gesto di fondamentalismo cattolico fu l’editto che impose senza condizioni che gli ebrei dovessero abbandonare per sempre la Sicilia entro tre mesi, pena la morte.
Gli ebrei erano vissuti in Sicilia dai tempi biblici e la Trinacria era stata una delle terre più importanti in cui si erano fermati, una volta partiti dalla Palestina all’inizio della diaspora nel 70 d.e.v.

Ferdinando il Cattolico ed Isabella di Castiglia

La Sicilia era abitata, fino all’anno 1492, da un numero d’ebrei, in percentuale alla popolazione residente, superiore a quelli presenti in qualsiasi altra regione o stato europeo o del bacino del mediterraneo (percentuali di presenza purtroppo incerte nel territorio siciliano, ma oscillanti secondo cifre controverse di stima da un minimo del 5% per città ad un massimo del 50%, che si raggiunse a Marsala).
Nel 1492 Ferdinando il cattolico era entrato vincitore nella città di Granada, vincitore della guerra di riconquista contro i musulmani, liberando così la Spagna definitivamente dal popolo arabo: i piccoli e grandi banchieri ebrei, in quanto da sempre popolo sottomesso, avevano finanziato la guerra di Ferdinando il cattolico contro i mussulmani di Spagna e segretamente aiutato economicamente il governo islamico in Spagna contro lo stesso Ferdinando (perché non a torto riconoscevano ai musulmani una disponibilità ed una tolleranza nei loro confronti certamente più favorevole dei governanti cattolici).
Gli ebrei erano sempre considerati come gli eredi di quel sinedrio che aveva condannato Gesù alla morte (un pregiudizio che costò loro una persecuzione ingiusta e fino ad oggi viva nell’immaginario collettivo), ed in più erano particolarmente mal tollerati in quanto praticavano il prestito di denaro su pegno.
Di fronte all’editto di espulsione, se si decideva di rimanere, bisognava chiedere il battesimo e convertirsi definitivamente al cristianesimo: si doveva accettare il cristianesimo o abbandonare la Sicilia e la Spagna, vendere i beni mobili ed immobili entro tre mesi, oppure rimanere e rinnegare l’antica fede.
In realtà sembrerebbe che per Ferdinando sia stata più una rivalsa post bellica che non una manifestazione di fede cattolica.

Già prima del 1492, operò anche in Sicilia, il tribunale dell’inquisizione, definito “Della Santa Inquisizione”, perché fregiandosi di tale aggettivo, potesse andare assolto da ogni nefandezza e persecuzione illegale, che spesso portava alla condanna a morte delle sue vittime, troppo spesso di religione ebraica.
Così la chiesa di Roma continuava a cavalcare il mito dell’unica confessione religiosa presente nel mondo civile conosciuto a quel tempo.
Tale atteggiamento prevaricatore ed assolutista, continuò nei secoli, anche dopo l’unità d’Italia ove con la costituzione della Repubblica Sabauda si consolidò in Italia l’antico dominio ideologico religioso.

Tale atteggiamento invasivo politico-assolutista, si concretizzava nel disporre costanti e silenziose iniziative quando di distruzione, quando di acquisizione di tutte le testimonianze ebraiche che soprattutto in Sicilia potessero fare ritornare alla memoria la storia di un popolo siciliano, che per molti secoli rese lustro all’arte medica, ai mestieri, alla cultura ed all’economia isolana.
Dopo le ricerche di Giovanni  Di Giovanni e dei Lagumina, per circa un secolo interesse storico per la fede ebraica siciliana fu quasi del tutto sopito.

Solo dopo il 15 giugno 1992, a seguito del noto convegno “Italia Giudaica – gli ebrei di Sicilia sino all’espulsione del 1492”, si innescò il grande interesse degli storici verso la storia degli ebrei di Sicilia.
La quantità d’ebrei in uscita dalla Sicilia non è stata mai accertata neanche con una credibile approssimazione, ma probabilmente i poveri preferirono cercare nuove terre, mentre molti ricchi ebrei si convertirono apparentemente al cristianesimo (la vendita con premura non sarebbe mai stata un buon affare, specialmente con compratori consapevoli della grave situazione dei legittimi proprietari diffidati ad andarsene): molti andarono a Napoli, altri certamente in Nord-Africa, nella città di Salonicco, nelle isole del Dodecanneso, altri sparsi per il mondo come vuole una tradizione antica e modernissima che vede questo popolo perseguitato ed errante in tutte le direzioni.
Il sultano ottomano inviò in Spagna e Sicilia, a più riprese, un’intera

Monastero San Giorgio – Randazzo

 flotta per accogliere come profughi in Turchia i giudei cacciati, e questa terra (in particolare Istanbul) è ancora abitata dagli eredi di Spagnoli e Siciliani emigrati: non fu solo un atto d’umanità, poiché le autorità turche si resero conto della grande utilità economica degli ebrei.
Chi rimase in Sicilia e finse d’essere cristiano cercò segretamente di mantenere usi e tradizioni, ma soprattutto di rispettare la religione ebraica e le cerimonie ad essa connesse: essendo questo considerato destabilizzante per il potere spagnolo, non fu tollerato che la finta conversione passasse inosservata e impunita e, temendo il potere economico degli ebrei e la loro capacità di far adepti per la loro religione, essi furono sottoposti sempre ad imposizioni fiscali a volte addirittura umilianti (le richieste di pagamento dei “balzelli” mettevano a dura prova le loro capacità finanziarie).
Per quanto tempo segretamente fu professata la religione ebraica in Sicilia dopo il 1492 non è facile a determinarsi, ma si può tutt’ora certificare l’antica presenza ebraica da molti cognomi rimasti in uso fra i siciliani e nomi di strade e toponimi ancora esistenti che denotano la diffusa presenza di questo popolo.

(Calò, Consolo, Consiglio, Castro, Bonaventura, Levi, Marino, Massa, Manara, Meli, Milano, Pavia, Catania, Palermo, Perugia, Piazza, Porto, Prato, Recanati, Romano, Russo Veneziano, nonché tutti i cognomi provvisti di suffisso – Di Carlo, Di Grazia, D’Agata, Del Vecchio, Greco, Ferro, Fiorentino, Franco, Franchetti, Vita, Vitale, etc).

Molti storici si sono interessati alla storia della cacciata degli ebrei di Sicilia cercando di scoprire perché questa tragedia accadde e quanti furono gli ebrei che abbandonarono realmente l’isola, le loro case, le attività ben avviate e soprattutto i luoghi dove nacquero e avevano vissuto.
Il monaco inquisitore Giovanni di Giovanni nel 1748 e i monaci fratelli Lagumina nel 1885, scriveranno sui giudei di Sicilia con documentata penetrazione.
I loro libri diventeranno gli studi da cui partire per le successive ricerche e in ogni modo due libri che sono fondamentali per affrontare quest’argomento.
Com’è facile considerare, Giovanni Di Giovanni e Giuseppe e Bartolomeo Lagumina appartenevano al clero cattolico; non misero in buona luce la civiltà ebraica di Sicilia.
Le ricerche storiche fino ad oggi continuano ad appassionare e l’argomento non è chiuso, sebbene molti storici, sulle cose e vicende di Sicilia, abbiano approfondito quest’avvenimento.

 


Tutti riconoscono che la perdita dei giudei di Sicilia fu un fatto grave per l’economia dell’isola. (Denis Mack Smith, Lodovico Bianchini), perché gestivano attività importanti in alcuni casi faticose, ma sempre a buon reddito.
Avevano in loro mano buona parte dell’economia commerciale e soprattutto quella bancaria e finanziaria del regno e del vice regno di Sicilia, anche se questo privilegio non era esteso a tutta la comunità giudaica di Sicilia.
Oltre all’attività di prestito di denaro e alle attività commerciali, avevano aziende nell’attività della concia delle pelli (cunziria di Vizzini), lavorazione del ferro, lavorazione della seta, coltivazione della canna da zucchero (Savoca), produzione di maioliche (Naso).
Numerosi gli ebrei di Sicilia nella professione medica con una presenza sorprendente anche di donne (non solo specializzate in ginecologia). 52 erano le giudecche esistenti con 60 sinagoghe ben localizzate: si possono ancora vedere i luoghi che testimoniano la loro presenza per scoprire ciò che è rimasto di questa civiltà attraverso la presenza di numerose testimonianze ancora visibili per considerazioni intuitive o tracce d’attività e di luoghi depositari di memoria.

Nel libro di Nicolò Bucaria “Sicilia judaica, sono indicati reperti e oggetti di tradizione ebraica in parte ancora rintracciabili e che si riferiscono ai seguenti comuni siciliani:
Acireale, Agira, Agrigento, Akrai, Alcamo, Bivona, Caccamo, Calascibetta, Caltabellotta, Caltanissetta, Cammarata, Castelbuono, Castiglione, Castronovo, Castroreale, Catania, Caucana(Rg), Cittadella Maccari(Sr), Comiso, Enna, Erice, Gela, Lentini, Lipari, Marsala, Mazara del vallo, Messina, Monreale, Mozia, Noto, Palermo, Polizzi Generosa, Ragusa Randazzo, Rosolini, Salemi, San Fratello, San Marco d’Alunzio, Santa Croce Camerina, Sciacca, Scicli, Siculiana, Siracusa, Sofiana(Cl), Taormina; Termini Imerese, Trapani.

Ma per quel che più ci interessa nel contesto di queste pagine è sottolineare come le prime grandi comunità ebraiche dell’isola, coincidono con le conquiste arabe di Mazara, Agrigento, Mineo, Caltabellotta, Sciacca e Siracusa, comprovando, così, che il grosso insediamento ebraico siciliano, si cominciò a delineare proprio con tale conquista dei nostri territori, laddove i conquistatori disponevano di una grossa componente ebraica cui affidare poi, l’amministrazione dei territori conquistati e la gestione dei tributi.
Tale componente, mantenne nel tempo i contatti sia economici che culturali con i paesi di provenienza, sviluppando, così in favore delle loro comunità e della Sicilia tutta una notevole economia. Agli inizi di tale conquista, in Sicilia si parlava il greco, mentre si faceva strada il volgare siciliano che in seguito divenne la lingua ufficiale del Regno di Sicilia e che gli ebrei presto impararono a parlare meglio degli altri.
Forme più o meno virulente di antisemitismo sono ancora presenti in tutto il mondo, eppure bisogna prendere atto che vi è un’ondata di rinnovato interesse per la cultura ebraica.

 

       

Questo nuovo e diffuso interesse per gli ebrei, fa leva sulla circostanza egoistica che li vede come lievito per lo sviluppo economico di un territorio. Tale interesse, misto al desiderio di conoscenza di un popolo diverso e molto attivo, fanno sentire oggi, in moltissimi siciliani il desiderio di riallacciare gli antichi legami con la cultura ebraica che tanta parte ha avuto nella formazione e nella storia siciliana.
Tale interesse per una storia poco nota o del tutto dimenticata di un grande popolo siciliano; per la sua religione, per il suo moderno stato, fornisce un impulso fondamentale sia all’Istituto Internazionale di Cultura Ebraica, che alla Charta delle Judeche di Sicilia, dallo stesso promossa, che li spinge a trasformare questo affascinante aspetto culturale in un vero e proprio motore di sviluppo economico sociale e culturale per la Sicilia ebraica dei giorni nostri.

 

 

Padre Luigi Magro  così scrive degli ebrei che si trovavano nella nostra Città nel suo famoso libro:

CENNI STORICI DELLA CITTA’ DI RANDAZZO” 

EBREI IN RANDAZZO (PAG. 219)

Nella nostra Città vi fu anche una numerosa Comunità ebraica. Nulla sappiamo delle sue origini, ma da quanto ci è dato conoscere si può arguire essere stata una delle più importanti dell’Isola. Ciò dicono i vari Diplomi Reali emanati a loro riguardo.

Narra  Mons. Giovanni Di Giovanni, nel suo Ebraismo in Sicilia:

                      “Perchè gli Ebrei di Randazzo, in tempo del Re Ferdinando I° mostrarono risiedere in loro uguale attenzione ed ubbidienza verso i cenni del Monarca che in alcuni altri fratelli loro della Sicilia, per mezzo di un prestito della somma di Onze venticinque che fecero alla Regia Corte allora bisognevole di denaro: perciò l’Infante D. Giovanni, figliuolo secondogenito del medesimo Sovrano e suo Vicegerente nella Sicilia ordinò che la stessa Regia Corte, già sollevata dalle strettezze passate, restituisse secondo il dovere agli accennati Ebrei la somma suddetta”. (vedi Regio Cancellario libro anno 1415 pag. 237).

Questo prestito, ci dice lo stesso autore Mons. Giovanni Di Giovanni, fu fatto alla Regia Corte da tutti gli Ebrei di Sicilia, ma nessuna comunità ha concorso tanto quanto quella di Randazzo tranne che tre, segno questo che essa era più numerosa delle altre.
Troviamo difatti che Caltagirone ha dato la somma di Onze dodici; Noto  Onze 22; Licata  Onze 10; S.Lucia di Milazzo Onze 15; ecc.
Ancora della maggior popolazione ebrea della nostra città, abbiamo che la cosi detta  Gabella della Gisìa si pagava da tutti gli ebrei della Sicilia nella seguente somma: Randazzo pagava Onze cinque all’anno; Castrogiovanni che aveva ottanta famiglie ne pagava 4; Noto Onze 3; Castroreale Onze una; Piazza Onze tre; Calascibetta unza una tarì sei e grana dieci ogni anno, ecc.
Nel 1477, questa comunità ebraica era talmente importante da essere retta da un Giudice particolare, come si può vedere da un Diploma del 3 giugno 1477 in cui il Conte Sigismondo de Luna, Maestro Segreto di Sicilia, indirizzando una lettera al Governatore ed al Giudice di Randazzo dava loro disposizioni tassative in una controversia tra gli ebrei e le Monache di S. Giorgio per la chiusura di una finestra di una casa prospiciente sul Monastero.
Riportiamo il documento che trovasi in copia nell’Archivio di S. Giorgio in Randazzo, col seguente indirizzo:

Dirigitur Spectabilibus Gubernatori et Judici Judeorum in Terra Randatii.
Nos D. Sigismundus De Luna Comes, Siciliae Magister Secretus et Magister Portulanus.
Spectabilibus Gubernatori et Judici Judeorum Terrae Randatii Amicis nostris Salutem.
Perocché, ut informamur in frontem hospitiu di la Ecclesia di S. Giorgi monasteriu di donni, vi è una casa di la Muschita et quilla li judei locanu a multi et diversi persuni cristiani la quali teni li finestri che scoprinu intra lu Bagliu di dictu monasteriu ac ortu adeo chi nixuna monaca po’ andari intra li Bagliu di dictu monasteriu né ortu che non sia vista da li finestri di la dicta casa, essendumi propterea supplicatu chi li vulissimu supra zò provvidiri havimu provistu, et cusì, per la presenti, vi dicimu, commettimu et comandamu che a petizioni di lu dicto monasteriu, pro ejus honestate, faczati riqueriri li Prothi di la dicta judea oy a cui specta chi digianu oy vindiri la dicta casa a lo dicto Monasteriu oy murinu li finestri per modu chi di quilla non si pocza scopriri intra lu dictu manasteriu, oy quilla alloghinu a persuni cum voluntate Abbatissae oy si paghino dallu dictu Monasteriu lu lueri chi è statu solitu allugarisi.
Et si la vurrannu vindiri, ci fariti pagari lu pretiu chi fu per loru cumprata, costringanduli chi omnino hagianu a fari una di li dicti electioni, cohertionibus vobis benevisis, et quillu chi elegirannu, faczati pro honestate et beneficio dicti Monasterii exequiri cum effectu.
Sic vos in praemissis gerentes per modum, chi non sia bisognu recurriri a Noi, sub poena unciarum quinquaginta.
Datum Panhormi die III junii Xª indictionis MCCCCLXXVII. Sigismundus De Luna etc.

Essendo la dicitura di tale documento abbastanza chiara, ci asteniamo dal tradurlo.
Nel 1492 gli ebrei furono espulsi da tutti i vasti domini dei Re Ferdinando II° e quindi anche dalla Sicilia.
Costretti gli ebrei di Randazzo a lasciare la Città, hanno venduto alle Monache di S. Giorgio la sopraddetta casa con l’attigua Moschea e due altri casaleni con degli annessi e Cimitero confinanti con il Monastero, con il patto di ritorno nel caso che fossero richiamati dall’esilio.
L’atto fu redatto presso il Notaro Staiti il 26 novembre IIª Indiz. 1492, nei termini seguenti:

Manueli Servidei Medico e Benedetto suo figlio, Mastro José Paneri e Rasè Rabi Medico, Mardacchi De Panormo, Abraam Russo, Gidilu Calabrisi, Gidilu Rabi, Jacob Guadagnu e Xibiti Miseria, come Majorenti Actori e Factori di tutta la Giudaica di questa Terra di Randazzo, congregati entro il loro tempio, vendono alla Reverenda Soro Maria De Pidono, Abbadessa del Venerabile Monastero di S. Giorgio il riferito loro tempio o mischitta, o moschea, nec non la casa collaterale solerata et altri due casaleni confinanti con detto tempio o mischitta e con la casa di detto Monisterio, esistenti nel Quartiere di S. Maria confinanti dalla parte di settentrione con le mura di detta Terra e Via pubblica; et ancora numero sei giarre ad uso di oglio, venti lampe, una scala, et un banco esistente nell’Oratorio, dove commoravano le donne di essi giudei.
Ac etiam il riposto delle predette cose; il secchio di rame ad uso di tirare acqua dalla cisterna e la stessa cisterna; e questo per mezzo di Onze ventiquattro, con patto e condizione, che ritornando detti giudei dall’esilio di questo Regno per stare ad abitare in questa Terra, sia obbligato il monastero revendere le sopradette cose vendute, e ciò per lo stesso prezzo, pagate le spese ecc.
Promise la stessa reverenda Abbadessa detto tempio tenerlo ed averlo solamente per dormitorio di detto suo monasterio.
Similmente venderono il luogo sacro e religioso per riposo dei cadaveri dei giudei, dummodo non inferant injuriam ossibus judeorum.”

Questa copia di contratto ce l’ha tramandato il Plumari che l’ha copiata dall’originale che si conservava nel monastero di S. Giorgio ed ha aggiunto come nota bene: il luogo del sepolcro dei giudei venne poi incluso dentro la clausura di detto monastero, nel punto del giardino che guarda l’occidente.
Le Monache del Monastero non si sono mai serviti della cisterna loro venduta dagli ebrei, avendone altre due.
Dopo la partenza degli ebrei da Randazzo fu abbatuta una lapide di pietra lavica portante una iscrizione in ebraico di cui il Colonna, nel suo manoscritto Idea dell’Antichità della Città di Randazzo, ne riporta un frammento rilevato da un pezzo trovato da lui sulla riva del fiume Alcantara il 18 settembre 1723 e che non potè decifrare perchè ignaro della lingua; l’abbiamo riportato nel capitolo VI° della prima parte, quando si parlò della Porta Orientale della Città di Randazzo.
Delle altre numerose case che formavano il ghetto non si ha notizia, probabilmente saranno state distrutte al tempo della peste che infierì a Randazzo dal 1775 al 1780, quando i sanitari venuti da Messina per incarico del Governo, con il Capitano d’Arme per la peste, ordinarono che fossero incendiate tutte le case, a partire dal punto del cordone sanitario che era nel piano di S. Maria fino a S. Giorgio e di là anche tutte le case fuori le mura, senza eccettuarne una sola; questo incendio durò per sei giorni continui.
Rimase solo salvo il Monastero di S.Giorgio perché non poteva essere infetto, essendo le Monache andate, sin dal principio del pestifero morbo, nel Monastero di S. Bartolomeo. (vedi il capitolo della peste).

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Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero
 

Ashkenaziti, Sefarditi, Mizrahim, ma anche Bukhari, Falashà e Romanioti. Sono numerosissimi i gruppi che compongono la Diaspora ebraica. Tuttavia gli Ebrei italiani, gli Italkim, rappresentano un’eccezione unica e con una grande storia.
Spesso si sente parlare di due categorie di Ebrei: Ashkenaziti e Sefarditi. Alcuni alludono anche a un terzo gruppo, i Mizrahim, per indicare gli Ebrei che vivevano in quei territori che oggi sono Iraq, Siria, Yemen, Iran, Georgia e Uzbekistan. Ma questa divisione in gruppi può risultare molto più complessa di quello che può sembrare a un primo sguardo.
Ci sono tre modi di intendere la classificazione degli Ebrei; uno di questi si basa sulla geografia.
Questo approccio applica l’etichetta “
Ashkenazita” agli Ebrei che hanno gli antenati che provengono dal territorio che nella letteratura rabbinica medievale era chiamato Ashkenaz.

Alexander Beider

 Questa zona corrisponde alle regioni dove la maggioranza cristiana parlava dialetti germanici.
Gli Ebrei Sefarditi invece, sono quelli i cui antenati vivevano nella 
Sfarad medievale: la Spagna o, più in generale, tutta la penisola iberica.
Un secondo approccio si basa  sulla lingua più che sul territorio. Secondo questa strategia, gli Ashkenaziti moderni discendono dagli Ebrei che parlavano lo Yiddish, mentre i Sefarditi da coloro che parlavano lo spagnolo o il judezmo (in spagnolo ladino, da non confondersi però con il ladino dolomitico).
Seguendo questo metodo di giudizio, viene usato il termine “Mizrahi” per riferirsi agli Ebrei che durante la prima metà del 1900 parlavano (Giudeo-)Arabo. Quindi tutti gli Ebrei nordafricani, a prescindere dai loro antenati, sarebbero considerati 
Mizrahim.
Un terzo modello classifica gli Ebrei in base ai riti religiosi usati nelle proprie comunità. Questo criterio fa risultare i Sefarditi il più grande gruppo, considerato che sin dall’inizio del XX° secolo erano tante le comunità nel mondo senza membri di origine spagnola che seguivano i rituali ebraici secondo la tradizione sefardita.
Nessuno di questi approcci diversi riesce a rispondere alla domanda: a quale categoria appartengono gli Ebrei italiani?

Ebrei italiani, questi sconosciuti
L’opinione più diffusa è che gli Ebrei italiani siano legati ai Sefarditi. Implicitamente, questo pensiero segue l’ultima delle tre definizioni elencate sopra. È senz’altro vero che negli ultimi secoli, sia stato il rito sefardita quello più usato nei territori appartenenti ai vari Stati, che nella seconda metà del XIX° secolo si sono uniti per formare l’Italia.
Tuttavia, secondo il criterio linguistico, l’Ebraismo italiano dovrebbe essere visto come un gruppo culturale separato dagli altri Ebrei, dato che gli Ebrei che vivono in Italia parlano da secoli l’italiano.
In questo articolo applicherò il primo metodo di classificazione per rivelare le radici geografiche di diversi gruppi di Ebrei italiani, usando i cognomi delle famiglie ebraiche italiane per fornire buoni esempi. Questo approccio rivela come il nocciolo degli Ebrei italiani non sia né sefardita, né ashkenazita, ma un gruppo completamente a parte.

Lo Stivale e la Stella di Davide
Gli antenati degli Ebrei italiani erano presenti nello Stivale già molti secoli fa, alcuni sin dai tempi dei Romani. Nella letteratura ebraica non esiste un termine largamente accettato per indicare questi Ebrei “indigeni”, e sono spesso chiamati semplicemente Italiani. Roma, che già nell’antichità aveva una grande popolazione ebraica, ha ospitato per secoli la comunità con più Italiani.
La leggenda vuole che gli antenati di quattro famiglie ebraiche furono portati a Roma dall’imperatore Tito come prigionieri dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 e.v. Tra le fonti ebraiche, queste famiglie appaiono come i min ha-tappucḥim (delle mele), min ha-adumim (dei [capelli] rossi]), min ha-anavim (dell’umile) and min ha-ne‘arim (dei giovani).
La più vecchia fonte scritta di questa leggenda è relativamente recente.
Appare in un libro pubblicato alla fine del XVI° secolo da un membro della prima famiglia, Rabbi David de Pomis (delle mele, in latino) di Venezia.

 


Dello stesso secolo troviamo anche la più antica menzione della seconda famiglia in un documento cristiano, che fa riferimento al nome italiano della famiglia, de Rossi.
I membri della terza famiglia appaiono in documenti italiani del 1600, con la strana forma ebraica di anaw (Anau).
Tra le fonti ebraiche, i riferimenti più antichi sono i seguenti: XI° per Anau, XIII° per i de Rossi e i de Pomis e XIV° per il nome che significa “dei giovani”.
Ma la maggioranza degli Italiani ha ricevuti cognomi ereditari solo nel corso del 1500.
La più grande categoria di cognomi è basata sui nomi di località, solitamente i nomi di città vicino a Roma da cui provenivano le famiglie che andavano a vivere nella capitale dello Stato Pontificio. Tra di essi vi sono Di Segni, Piperno, Pontecorvo, Rieti e Tivoli.
Quando, nel 1571, vi fu un censimento della popolazione ebraica di Roma, 278 famiglie erano catalogate come Italiani (indigeni) e 110 come Tramontani (stranieri).

Migrazioni ebraiche
Migranti ebrei arrivarono in Italia anche dai territori dell’odierna Francia. Giunsero in due ondate.

La prima si produsse con l’espulsione degli Ebrei dalla Francia nel 1394 e molti di essi si stabilirono in Piemonte. A partire dal medioevo il Piemonte fu parte della Contea dei Savoia, uno Stato che copriva i territori che oggi appartengono alla Francia. Le famiglie Foa, Segre e Treves, che arrivarono durante questa ondata migratoria, hanno giocato un ruolo importante nella vita culturale dell’ebraismo italiano nei secoli seguenti.

Il secondo grande gruppo di migranti ebrei arrivò in Italia da Marsiglia e altre città della Provenza, una regione annessa al regno di Francia alla fine del 1400. L’espulsione degli Ebrei dalla Provenza avvenne nel 1501. È da questo periodo che viene il cognome Provenzale, come anche Passapaire e Sestieri.

Gli ashkenaziti rappresentano il terzo maggior gruppo di Ebrei italiani. Giunsero tra il 1200 e il 1600 principalmente da province germanofone che oggi corrispondono alla Bavaria e all’Austria, in fuga da pogrom  (violenta azione persecutoria) e legislazioni anti-ebraiche. I migranti ashkenaziti si stanziarono principalmente nelle regioni settentrionali e nord-orientali della penisola: nella Repubblica di Venezia (principalmente Venezia, Padova e Verona), nei Ducati di Milano e Mantova e nell’area di Trieste. Ma ashkenaziti si stabilirono anche in Piemonte, e in Italia centrale e meridionale. Per esempio, fonti romane della metà del 1500 menzionano una congregazione ashkenazita a parte, dotata anche di una sua sinagoga, chiamata Scola Tedesca. Alcuni avevano già dei cognomi, come i Rappa di Norimberga (questo nome diede origine alla famiglia Rappaport, diffusa in Europa dell’Est), gli Heilpron (in Italia più conosciuti con la dicitura Alpron) e i Mintz (o Minci).
Durante questo periodo però, i cognomi erano rari tra gli ashkenaziti. Per questo motivo, molte famiglie comprarono i loro cognomi ereditari una volta arrivati in Italia. Il cognome Katzenellenbogen ha origine dalla città tedesca da cui veniva il fondatore di questa dinastia di rabbini quando giunse a Padova.
Tante famiglie ashkenazite finirono per farsi chiamare coi nomi delle città italiane dove risiedevano. Tra queste vi sono i Bassano, i Colorno, i Conegliano, i Pescarolo e i Soncino (poi modificato in Sonsino). Gradualmente il cognome Tedesco (e le sue varianti Tedeschi e Todesco) divenne uno dei cognomi più diffusi tra gli Ebrei italiani. Altri cognomi famosi di famiglie italiane di origine ashkenazita sono Luzzatto e Morpurgo.
Gli Ebrei sefarditi apparvero in Italia in momenti diversi. Individui e famiglie erano già presenti tra i XIII° e il XV° secolo. Dopo la cacciata dalla Spagna del 1492, molti Ebrei spagnoli si stabilirono a Roma. Tra di essi, alcuni portavano i cognomi Almosnino, Corcos, Gategno e Sarfati. Un gruppo più piccolo (che comprendeva anche gli Abarbanel) si rifugiò a Napoli e dintorni, e lì rimase fino all’espulsione degli Ebrei dal Regno di Napoli, nel 1541.

L’arrivo degli Ebrei “portoghesi”
È nella seconda metà del XVI° secolo che si registra l’arrivo di nuovi migranti ebrei sul territorio italiano: i cosiddetti Ebrei “portoghesi”. Venivano non solo dal Portogallo, ma anche dalla Spagna e dai territori sottomessi alla Corona spagnola, tra cui la città, oggi belga, di Anversa. Tutte queste persone erano formalmente cattoliche: ogni forma di culto ebraico era vietata e perseguita nei loro luoghi d’origine, e il loro attaccamento all’Ebraismo era tenuto nascosto.
Queste persone, i cui antenati erano principalmente Ebrei convertiti a forza al Cristianesimo alla fine del 1400, sono solitamente chiamati Marranos”. Con lo spostamento a paesi dove l’Ebraismo era tollerato, molte di queste famiglie iniziarono a professare la loro fede più liberamente.
Inizialmente questo flusso si concentrò a Ferrara ed Ancona; ma alla fine del XVI° secolo, Venezia e Livorno diventarono le principali destinazioni. Numerosi gruppi di Ebrei portoghesi (ex-marrani) si stabilirono a Genova e in Piemonte tra il 1500 e il 1700. Tutti questi migranti fondarono grandi comunità che seguivano il rito sefardita.
Alcune famiglie recuperarono i cognomi dei loro antenati ebrei che erano vissuti nella Spagna medievale: Aboab, Attias, Mazaod and Namias. Altri presero i cognomi che indicavano a quale delle tre caste sacerdotali appartenevano i loro antenati: Cohen, Levi e Israel. La maggior parte però scelse di mantenere i cognomi che usavano da Cattolici, tra cui Fonseca, Lopes, Mendes, Pinto e Rodrigues.
Col tempo, Livorno – unica città italiana con un’importante presenza ebraica che non istituì mai un ghetto – divenne il fulcro della vita ebraica italiana, attraendo tanti Ebrei di ogni origine da tutte le parti d’Italia.
La propagazione graduale del rito sefardita in Italia fu principalmente dovuta all’influenza degli Ebrei “portoghesi”.

Tra i secoli XVII° e XX° arrivarono in Italia (soprattutto a Livorno) tanti Ebrei provenienti dal Nord Africa, che portavano con sé cognomi come Busnach, Elhaik, Racah e Sasportas.
Tutto questo mostra il grado di complessità cui può arrivare la storia delle comunità ebraiche in ogni area geografica. In situazioni tali – che sono più che comuni nella storia ebraica – uno può facilmente essere ingannato da opinioni troppo semplificatorie o da affermazioni che usano termini ambigui.

Randazzo, segreti e misteri alle falde dell’Etna di ANGELA MILITI

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Leggi, usi, consuetudini, aneddoti sugli Ebrei  

  • L’alfabeto ebraico non ha maiuscole. Neanche Dio è scritto con caratteri speciali.
  • Messìa/mashìah  viene dal verbo “mashah” che significa ungere.
  • Il Messia per noi cristiani è venuto, ma deve ritornare. Per gli ebrei deve ancora venire.
  • Per i cristiani Messia si scrive con l’articolo, per gli ebrei senza articolo in quanto per loro  è un nome familiare,  un parente dell’albero genealogico del ramo di Davide, quindi un nipote.
  • “Mashìah vet kumen”  ( Messia verrà).
  • Il Messia annuncerà la sua venuta con tre squilli del corno di ariete.
  • Per alcuni studiosi ebrei la Morte è Messìa. La fine di ogni essere umano coincide col messìa, non ce n’è un altro e non c’è altro.  (La Famiglia Mushkat di Isaac Bashevis Singer).
  • ROSH HASHANAH   capodanno ebraico che si celebra con la luna nuova di settembre (Tisrì) per due giorni.
  • PURIM  festa delle sorti dal 13 al 15 di Adar (febbraio-marzo) si celebra la liberazione degli ebrei in Persia ad opera della regine Ester.
  • SHAVUOT   la Pentecoste. Commemora il giorno in cui venne data la TORAH (la Bibbia) al popolo ebraico.
  • SUKKOTH  festa autunnale delle Capanne. Commemora il soggiorno degli ebrei nel deserto.
  • YOM Kippur  Giorno dell’Espiazione. Il giorno del grande digiuno celebrato il 10 di Tisrì (settembre-ottobre). 
  • PESACH:  “Pasqua” commemora la liberazione o esodo degli ebrei dall’Egitto.
  • SHABBATH  sabato.
  • Kasher il cibo puro secondo la tradizione.
  • MAZAL TOV  “Buona fortuna” “Siate felici”.
  • SHALOM ALEICHEM  La pace sia con voi.
  • CABALLA  le dottrine mistiche ed esoteriche circa Dio e l’universo che si asserivano rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate di generazione in generazione.
  • DYBBUK:  spirito di un defunto che non trova pace nella tomba ed entra nel corpo di un vivente.
  • TORAH  Bibbia. La legge data da Dio a Mosè sul monte Sinai.
  • TALMUD  il complesso delle discussione giuridiche ed esegetiche sulla Bibbia e sulle Leggi Tradizionali. Il Talmùd si compone della MISHNAH (il codice delle leggi) e della GHEMARA’ (lo studio o discussione della MISHNAH), ed è diviso in trattati.
  • Tanakh  scrittura sacra.
  • Geenna: l’Inferno ebraico.
  • Gentili (o goi):  sono i non ebrei.
  • Gli ebrei, come abbiamo visto, sono o Sefarditi (di origine spagnola) o Ashkenaziti (di origine est europea).
  • Gli Ashkenaziti che significa “tedeschi” parlavano la lingua  Yiddish, una specie di dialetto ebraico innestato nella lingua tedesca e manifestano una abilità intellettuale molto al di sopra della media.
  • Gli Ebrei nel mondo sono solo lo 0,2% della popolazione tra i vincitori del premio Nobel gli Ashkenaziti sono il 20%, tra i vincitori della Medaglia Fields il 25%, e tra i campioni del mondo di scacchi circa il 50%.
  • SHOAH: olocausto, distruzione, sterminio del popolo ebreo.
  • PROGROM:  persecuzione violenta.
  • SIONISMO: movimento politico-religioso per costituire uno stato in Palestina
  • Gli ebrei appena si alzano si lavano le mani e prima di ogni pasto.
  • PE’ OT :  riccioli rituali lasciati crescere sulle tempie degli ebrei ortodossi (leviatico 19,27).
  • Non mangiano la carne di maiale nè con la carne qualsiasi cibo derivato dal latte, ma debbono trascorrere sei ore tra un alimento e l’altro. 
    Francesco Rubbino

                                                                                  
 

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                                                            —————————————————————————————-

      Ebrei  Italiani famosi   

 

 

Roberto Saviano 

 

Enrico Mentana

 

Paolo Mieli

 

Sen. Liliana Segre 

 

Elsa Morante

 

Lapo Elkann

 

Amedeo Modigliani

 

Alessandro Haber

 

Rita Levi Montalcini

 

Vittorio Gassman

 

Gad Eitan Lerner

 

Franca Valeri

 

Don Lorenzo Milani

 

Carlo De Benedetti

 

Susanna Tamaro

 

Raul Cremona

 

Luca Barbereschi

 

Corrado Augias

Clemente J.Mimum

Arnoldo Foà

 

Stefano Di Mauro – Rabbino di Siracusa

 

     Ebrei Italiano deportati ad            Auschwitz

 

       Ebrei Italiano deportati ad Auschwitz

 

    Ebrei Italiano deportati ad Auschwitz

     
     
 EBREI FAMOSI NEL MONDO    

Albert Einstein

Isaac B. Singer

Karl Marx

Mordecai Richler

The Beshavis Singers

Mark Zuckerberg (FB)

Larry Page – Google

Sergey Brin – Google

Israel Josha Singer

Quentin Tarantino and Daniela Pick

Woody Allen

Philip Roth

Isaac Newton

Isaac Asimov

George Soros

Sigmund Freud

Franz Kafka

Harvey Weinstein

 

Steven Spielberg

 

Dustin Hoffman

   

                  Lev Trockij

 
     
     

 

                                                                                                                                                                                                                          

  • “STORIA E RELIGIONE: LA PRESENZA EBRAICA E LA CACCIATA DA RANDAZZO “. Un tour alla ricerca delle radici ebraiche. 
  • Annamaria Distefano

  • Presso il museo dei Pupi di Randazzo si è svolta una conferenza sul tema “La presenza ebraica e la cacciata da Randazzo”. Questo evento è stato fortemente voluto dal rabbino di Siracusa, Stefano Di Mauro, capo della “Comunità ebraica di Sicilia”, e fa parte di una serie di incontri che si svolgeranno in tutta la Sicilia, alla ricerca delle tracce della presenza ebraica.
    Lo storico randazzese Salvatore Rizzeri, ha spiegato che per dare il via a questa serie di conferenze,  è stata scelta Randazzo perchè fu sede di una delle più importanti e ricche comunità ebraiche della Sicilia.
  • Purtroppo però non è pervenuto nessun documento che risalga alle origini, ma al primo  secolo dopo Cristo.
    Il primo atto documentato della presenza ebraica nella nostra cittadina è datato 1347, quando l’Infante Giovanni proibì a Raimondo de Pizzolis, arcivescovo di Messina, di intromettersi negli affari della comunità ebraica. Quello che sappiamo di sicuro è che nell’anno 1492 (al momento dell’ editto di espulsione) tale comunità si componeva di ben 170 famiglie per un totale di 1100 persone, l’11,3% della popolazione di Randazzo.
    Vi erano due rabbini, due medici e un banchiere. Un certo Joseph Salom, di professione ciabattino, possedeva 12 volumi, mentre il rabbino capo della città di libri ne possedeva quaranta. Questo si evince dai vari Diplomi reali  aventi per oggetto questa comunità.
    Un importante abbraccio tra due degli esponenti del clero locale, padre Domenico Massimino, arciprete della Basilica di Santa Maria e don Santo Leonardi parroco del Sacro Cuore di Gesù e il sefardita ortodosso Di Mauro, ha dato l’avvio alla conferenza.
    Erano presenti il sindaco, prof. Michele Mangione , il presidente del consiglio comunale, Antonino Grillo e il vice sindaco, dott. Gianluca Lanza. Presenti anche Yitzhak Ben Ayraham, del “Centro sefardico siciliano”, affiliato alla “Federazione delle Comunità ebraiche del Mediterraneo” e il dott. Gabriele Spagna, segretario della Comunità ebraica di Siracusa.
    Relatori della conferenza sono stati: il prof. Ignazio Vecchio, neurologo catanese, docente di Storia della medicina e bioetica presso l’Università degli Studi di Catania e segretario della “Federazione delle Comunità ebraiche del Mediterraneo”, l’arch. Piero Arrigo, ricercatore di Storia e Cultura ebraica siciliana, lo storico randazzese Salvatore Rizzeri e il presidente dell’associazione “Pro Randakes”, Nicolò Sangrigoli .
    Il rabbino cardiologo dott. Stefano Di Mauro ha ripercorso la storia delle persecuzioni e dei martirii perpetrati nei secoli nei confronti dell’ebraismo. Ha parlato delle radici in comune tra le tre religioni monoteiste ma anche della loro inconciliabilità teologica. Proprio a tutela delle loro diversità – egli ha detto – dobbiamo adoperarci per fare in modo che nelle varie religioni non ci sia spazio per soggetti che fomentino odio, e adoperarci per costruire una pacifica convivenza. Per arrivare a ciò è necessario stimolare il dialogo interreligioso.
    A questo punto il professor Ignazio Vecchio ha ricordato come da sempre gli ebrei e l’ebraismo abbiano trovato posto nella vita sociale ed economica siciliana fino alla data della loro espulsione.
    La presenza degli ebrei   in Sicilia, dall’epoca romana al 1492,  e’  documenta   sicuramente   da  Gregorio  Magno all’inizio del Medioevo nelle  sue  “Epistole”. Alcune di queste descrivono gli  ebrei della Sicilia, le  loro attività economiche  e  sociali  e  la   loro religiosita’.
    Sotto il   regno di  Federico II  agli ebrei, furono  concessi   privilegi  che  aumentarono nel periodo aragonese.
    I documenti che testimoniano la presenza ebraica in Sicilia, nel solo periodo aragonese, sono più  numerosi  di  quelli dei periodi  precedenti. Gli ebrei di Sicilia   furono assorbiti, dopo la loro  cacciata  dall’isola nel 1942, dalle altre comunità   ebraiche   del  Mediterraneo (Istanbul e Salonicco principalmente).
    Al momento dell ‘espulsione del  1492,  la   comunità ebraica   di  Sicilia  era  composta   da  circa   40  mila  abitanti, il 5% della popolazione, ed erano   presenti  circa  cinquanta   giudecche,  quartieri ebraici all’interno delle varie comunità cristiane, veri e propri enti  amministrativi  autonomi.
    L’ arch. Piero Arrigo, ha parlato delle poche tracce rimaste degli ebrei in Sicilia dopo 5 secoli dalla loro cacciata. Ha denunciato le difficoltà che a volte riscontra nel restauro e nella valorizzazione dei reperti in cui si imbatte. Un esempio è fornito dal reperto raffigurante la stella di David ritrovato all’interno di un rudere, situato nel centro storico di Savoca, luogo che si ritiene sia stato adibito a sinagoga. La scoperta di questo referto ha fatto riaccendere i riflettori sulla storia delle comunità giudaiche esistenti fino alla fine del 1492 a Savoca e nel territorio dell’intera Valle d’Agrò.

    Però, ancora oggi, a diversi anni della scoperta, l’edificio resta di proprietà privata e il comune di Savoca non sembra intenzionato all’ acquisto e al restauro.
    Ha concluso il presidente dell’associazione organizzatrice ProRandakes, ringraziando la delegazione per aver scelto Randazzo come primo comune di questa sorta di “ tour alla ricerca delle radici ebraiche “ .
    Annamaria Distefano 18 marzo 2016 
     
      
  •  Presentato “Gli ebrei a Randazzo”, saggio di don Santino Spartà edito da “La Voce dell’.Jonio”

Si è svolta ieri, 12 agosto, nel salone della chiesa di San Nicola a Randazzo, la presentazione dell’ultimo libro di don Santino Spartà.

 

 

Annamaria Distefano

Il libro “Gli ebrei a Randazzo”, il cui titolo non potrebbe essere maggiormente esplicativo,  parla della presenza di una comunità ebraica di circa 500 persone in un lasso di tempo di 150 anni, nel paese etneo di cui è nativo lo stesso autore.
Lo ha presentato la prof.ssa Giuseppina Palermo che conosce talmente bene la storia personale e il curriculum vitae di don Santino, da averne tratto un libro.
Era presente al tavolo dei relatori anche la dott.ssa Rita Messina, che, per conto della nostra casa editrice La Voce dell’Jonio, ne ha curato la pubblicazione.
Subito dopo un breve saluto della prof.ssa Pina Palermo, è proprio la dott.ssa Messina a prendere parola e a illustrare magistralmente il breve saggio. Se è fondamentale conoscere la nostra storia nazionale- ha detto – lo è altrettanto conoscere la storia locale, quella della nostra isola, dei nostri luoghi, del nostro paese.
La metodologia di don Santino – ha affermato la Messina – è  degna di risalto perchè segue due strade che sono una complemento dell’altra.
Se il primo approccio è scientifico e si basa sulla raccolta di dati provenienti da documenti storici, degli archivi di Palermo e Catania principalmente, laddove le fonti scarseggiano, don Santino afferma chiaramente di aver elaborato proprie teorie sullo stile di vita e sugli avvenimenti del tempo, basandosi su ragionevoli deduzioni logiche.

Il libro si apre con una data importante, il 1492, anno in cui Ferdinando d’Aragona promulgò l’editto antisemita che prevedeva la cacciata degli ebrei da tutti i territori siciliani, ivi compresa la cittadina di Randazzo.

 

Rita Messina, Don Santino, Pina Palermo


Attraverso un racconto a ritroso, viene quindi ripercorsa la storia dei precedenti secoli, per poi ritornare alla conclusione del libro, come seguendo un andamento ciclico, alla stessa data.
A suscitare l’interesse dello storico, don Santino, sul tema degli ebrei – precisa la dott.ssa Messina – un riferimento di Onorato Colonna, circa una lapide ritrovata nel territorio di Randazzo, che conteneva un’iscrizione ebraica.
A conclusione dell’incontro,  don Santino  ha ringraziato la dott.ssa Messina per l’appoggio ricevuto,  la prof.ssa Palermo e i partecipanti uno per uno. Tutti i presenti hanno infatti ricevuto una copia gratuita del  libro, consegnata direttamente dalle mani del prete, che, girando tra i banchi, ha calorosamente salutato tutti i suoi ospiti.
  • 

                                                                    ———————————————————————————————————–

 

L’Ebraismo della Sicilia ricercato ed esposto da Giovanni Di Giovanni Canonico della Santa Metropolitana Chiesa di Palermo ed Inquisitor Fiscale della Suprema Inquisizione della Sicilia.
IN PALERMO MDCCXLVIII (1748).
Nella Stamperia di Giuſeppe Gramignani.-
Con licenza de’ Superiori.

Nel Capo XXI a pagina 361 scrive: “Degli Ebrei di Piazza, di Calatascibetta e di Randazzo”.

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     In un momento particolare per gli ebrei ho voluto dedicare questa ampia pagina per riconoscenza e solidarietà.
Riconoscenza perchè alcuni  di loro hanno letteralmente trasformato il nostro modo di essere cittadini del mondo.
Altri ci hanno insegnato come è fatto l’Universo e quali leggi lo governano. Hanno saputo scrivere romanzi e poesie indimenticabili, e ci hanno fatto sognare con i loro film.
Il popolo ebraico (l’unico sopravvissuto in questi ultimi duemila anni) è stato da sempre perseguitato. Con loro condividiamo molte cose, non ultimo il Vecchio Testamento.
 

Padre Luigi Magro Cappuccino

 

Padre Luigi da Randazzo  dei Frati Minori Cappuccini– Cenni storici della Città di Randazzo. 
 

Tra gli storici municipali, una delle figure di maggior spessore rimane sicuramente quella di Padre Luigi da Randazzo, per la vastità e profondità delle sue ricerche, per la preziosità delle notizie riportate, per l’impegno e la passione profusi nel raccogliere, trasmettere e valorizzare i fasti della propria città natale. 

Padre Luigi da Randazzo, al secolo Santo Magro (1881-1951), dei Frati Minori Cappuccini, si era ordinato sacerdote nel 1904 a Nicosia, fu Predicatore, Confessore, Cappellano Ospedaliero, personalità tenuta in grande considerazione sia nel Convento di Randazzo che nella città.

Invitiamo i visitatori del blog a sfogliare e a leggere il suo scritto, che è rimasto purtroppo inedito, e sconosciuto ai più, quasi fino a oggi, benché ne esistessero alcune copie dattiloscritte, mentre il manoscritto originale è custodito presso il Museo della Memoria Salesiana.

Grazie alla pazienza e all’impegno del salesiano don Sergio Aidala, il testo è stato integralmente trascritto in formato digitale, e una copia è stata fruibile al pubblico, fino a qualche anno fa, presso la Biblioteca Comunale “Don Virzì”.

L’opera è strutturata in due parti, Randazzo civile e Randazzo sacra, una vera miniera di informazioni sui tanti Conventi, Monasteri e Ordini religiosi presenti un tempo nella nostra città, uno studio fino a oggi insuperato sotto questo aspetto.

Senza dilungarci sui tanti pregi di questo storico, ci limitiamo a sottolinearne almeno due, e cioè il garbo e la pacatezza di toni che padre Luigi adopera anche nel contestare le tesi altrui, come dimostra, ad esempio, allorché, dati alla mano, contraddice le asserzioni dello storico brontese suo contemporaneo Benedetto Radice (1854-1931) che, nelle Memorie storiche di Bronte aveva messo in dubbio la legittimità del  “mero e misto imperio”  di Randazzo, e la modestia con cui, sia nel Proemio che nella Conclusione, sottoponendo quello che definisce il suo “lavoretto” al giudizio del pubblico, si augura che esso possa essere d’esempio e di sprone a qualche altro cittadino di buona volontà che possa fare meglio di lui.
Maristella Dilettoso

 

                      Padre Luigi Magro. Foto presente presso il Museo della Memoria Salesiana.

 

 

Articolo di Guido Di Stefano del 23 giugno 2016 su quotidiano “LA VOCE”.

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Chiesa di San Nicola

                   
Così Giuseppe Plumari ed Emmanuele descrive nella:
” STORIA DI RANDAZZO trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia (1847) “, la chiesa di San Nicola.

 

CHIESA DI SAN NICOLO           

            Nel Rione centrale della nostra Città, abitato già dal Popolo TRIOCALINO, e da loro nomato TRIOCLA, vi fù sin dal Primo Secolo eretta la primitiva Cattedrale della Chiesa TRIOCALITANA di Sicilia, dedicata al SS.mo SALVATORE. Correndo poi l’Anno di Nostra Salute 448, nuovo edificio fu eretto, e più rispettabile, di questa Chiesa istessa; quale secondo Tempio fu nuovamente dedicato al Magno S. NICOLO’ Vescovo di Mira. Laterale a detta Chiesa, e contiguo alla vetusta Tribuna, vi fu eretto un grandioso Campanile costruito a tre ordini, oltre del Primo Piano, sotto il disegno della Gotica Architettura; E nella sua Zoccolatura portava la seguente Iscrizione:

  1. O. M.
    TENPLUM.  HOC.   PRIMITUS.

    SANCTISSIMO.  SERVATORI.
    HODIE
    DIVO.  NICOLAO.  MAGNO.
    DICATUM
    E. V.  P.  CCCCXLVIII.           

Ma poiché questa Chiesa era stata decorata dalla Cattedra Vescovile per il Vescovo della Chiesa di TRIOCLA come ciò sarà meglio dimostrato a suo luogo, è stato questo il motivo, per cui per ogni tempo ha ritenuto, come ritiene sin oggi, il Caratteristico Segno della Vescovale Cattedralis qual’è l’Agnello Pasquale di Rilievo, scolpito in Pietra Marmorea, sulla di Lei Porta Maggiore nel suo esteriore Prospetto, oltre di tenerne un altro più antico al di dentro su la Porta Maggiore istessa.


            L’antico e mentovato suo campanile, nell’Anno 153? attesta la sua Vetustà, minacciava rovina; e l’ Imperator CARLO V., che si trovò di passaggio in RANDAZZO non approvando che si demolisse, per non perdervi il pregio dell’antica sua Architettura, stimò piuttosto di farlo fortificare con grosse Catene di Ferro a spese del Regio Imperiale suo Erario; Ma con ???  universale restò poi demolito nel Secolo XVIII, motivo, che il Terremoto del Dì II Gennaio 1693 lo aveva ridotto quasi esquilibrato.

            Fu questa Chiesa, per fine, fabbricata la terza volta, ed ingrandita a tre Navi, come fin oggi esiste,  perfezionata, però, nell’Anno 1582:. Ciò dimostra una Lapidaria Iscrizione posta al Sud nell’esterno di detta chiesa, nel quale si legge quanto segue:

  1. O. M.
    VETUSTAS.  CONFECIT.

    TEMPUS.  DISFECIT.
           POSTERITAS.  SUMPTIBUS.
                 PUBLICIS.  ET.  PRIVATIS. 
                PULCRIUS.  REFECIT. 
            D. LXXXII.           

Fan memoria, il Ragusa in Suis Elogiis, ed il Magnos in suo Novo Laertio, di FIRMIONE Triocolitano celebre tra i Scrittori Ecclesiastici della Chiesa di Sicilia; sebbene il Mongitore nel II Tomo della di lui Biblioteca, atteso che non ebbe Ei sotto l’occhio suo la di costui produzione, non ebbe difficoltà di noverarlo fra gli Apocrifi Scrittori: Eppure FIRMIONE della nostra TRIOCLA, onor della Patria, e decoro della Nazione, fu uno Verace, ed unquemai Apocrifo Scrittore, comparato coll’Illustre Monsignor GIOVANNI DI GIOVANNI, che la Storia Ecclesiastica seppe tessere della propria Patria. Nacque Egli nella nostra novella Città di TRIOCLA, e visse nel Quinto Secolo Cristiano. Il di Lui originale Manoscritto, che della Storia di nostra Chiesa trattava fino al quinto Secolo, fu gelosamente custodito nella Cassa del Tesoro della mentovata Ex-Cattedrale Chiesa di S. Nicolò, ove solito era di custodirsi i Privilegi, e le Carte più preziose della Città.
            Entrato l’Anno 1718, in cui ebbe luogo la sanguinosa Guerra di Francavilla fra Tedeschi e Spagnuoli, vi fu in RANDAZZO un passaggio Straordinario di tanta Truppa Spagnuola, quanta, non bastando a riceverla i Conventi, si bisognò alla rimanente dare alloggio nelle Chiese, la prima delle quali, che venne occupata, come la più grande fra tutte le chiese del Comune, fu la mentovata Ex-Cattedrale di S. NICOLO’.

            Il Capitan d’Arme D. GIORGIO LICARI, allora, Patrizio di questa Città, nella quale occupò Cinque volte la Carica di Capitano Giustiziere, temendo che le Truppe alloggiate in questa Chiesa non avessero dato fuoco a tutti i Privilegi, e Carte preziose, che quivi tenevansi conservate, opinò di allontanarle da quel luogo, e trasportar le medesime nel proprio di lui Palazzo, fra le quali vi fu trasportato il Manoscritto Originale suddetto del nostro FIRMIONE.

            Dalla Famiglia Licari passarono queste Carte in potere dell’Arciprete di questa Città Canonico D. ANTONIO VENTURA, il quale morendo, nel Maggio 1772, le lasciò nelle mani del di Lui Padre Spirituale Canonico D. GIUSEPPE NAPOLITANO, e BRUNO all’oggetto di tenerle ben custodite, come puntualmente praticò per tutta la di Lui Vita.

            Questi a più d’uno disse, ch’era Egli Custode di un Manoscritto antico in Carta Pergamena, che valeva più di tutto RANDAZZO.

            Morte poi di quasi morte repentina esso Canonico NAPOLITANO, il di costui Fratello nomato Mro NICOLO’, di professione falegname, che vive ancora quasi nonagenario, avendo venduto nel 1815 tutti i Libri dell’estinto suo fratello ad un Libraio Viaggiante, per nome D. Gaetano Scordino di Castrogiovanni, ha venduto assieme cogli altri Libri, questo pregevole Manoscritto Originale, che portava per titolo PHIRMION TRIOCOLITANUS , nelle cui mani lo vide il fu altro Canonico D. Antonio Cimino , il quale lo trovò tutto vergato nelle due Lingue Greca e Latina; Ed avendolo premurato di volerlo comprare, il Libraio non volle venderlo, dicendo, che dal medesimo poteva cavar più profitto di quanti Libri tenea; E nel giorno seguente di buon mattino partì, e prese la direzione per Catania, senza che mai più si fosse indi veduto in questa nostra Città. Tale è stata la disgrazia avvenuta alla nostra Patria, colla perdita del più luminoso Monumento, che riguardava il Rione Centrale della Nostra Città di TRIOCLA, e le Memorie della Chiesa nostra TRIOCALITANA, in quelle stagioni dedicata al Taumaturgo S. NICOLO’ Vescovo di Mira.

 

                                                                                                                                             ***

Così Padre Luigi Magro Cappuccino (al secolo Santo Magro (1881-1951)  descrive nel libro: “CENNI STORICI DELLA CITTA’ DI RANDAZZO (1946) “ la Chiesa di San Nicola.

 

CHIESE  CATTOLICHE  –  SAN  NICOLO’

            Nel Rione centrale della nostra Città, abitata dal popolo Triocalino e da questi no­mata Triocla fin dalla metà del primo secolo, venne eretta la prima Cattedrale della Chiesa Triocalitana di Sicilia, col Vescovo Pellegrino mandatovi da S. Pietro, come sarà detto nel capitolo VIII°:
Questa primitiva Chiesa dedicata al SS. Salvatore, venne ingrandita nel 448 e consacrata al grande S. Nicolò di Bari, Vescovo di Mira.
Laterale a questa Chiesa e contiguo all’antica Tribonia vi fu eretto un grandioso campanile a tre ordini, oltre alla base, di gotica architettura con fastigio aguzzo; nello zoccolo portava la seguente iscrizione:

D.O.M.TEMPLUM. HOC. PRIMITUS.

SANCTISSIMO. SERVATORI.HODIE.

DIVO. NICOLAO. MAGNO.DICATUM. A.E.V.P.  
                  CCCCXLVIII.
 

traduzione italiana: A Dio Ottimo Massimo – questo Tempio che in origine – era dedicato – al Santissimo Salvatore – oggi invece – viene dedicato – al grande S. Nicolò – Anno Dal Parto della Vergine  448.
            Il campanile già cadente per la sua antichità, formò oggetto di interesse, nel 1535, da parte dell’Imperatore Carlo V° che si trovava di passaggio in Randazzo.
Conoscendo che le autorità cittadine volevano abbatterlo perché pericolante, non approvò il loro disegno e non permise che si demolisse perché non andasse perduto un monumento così importante dell’antica architettura e ordinò invece che venisse fortificato con grosse catene di ferro, a spese del Regio Imperiale Erario.
Ma questo provvedimento non ebbe effetto duraturo, perché il terremoto dell’11 gen­naio 1693 ridusse il campanile a tale pietoso stato da far prendere la decisione di demolirlo, come poi fu eseguito sul principio del secolo XVIII°.
La Chiesa venne rifatta, per la terza volta ed ingrandita nel 1582, come dimostra una lapi­daria iscrizione che tuttora si legge nell’esterno dell’abside dal lato di mezzogiorno:

D.O.M.VETUSTAS. CONFECIT. TEMPUS. DISFECIT. POSTERITAS.  SUMPTIBUS.

PUBLICIS. ET. PRIVATIS. PULCHRIUS. REFECIT.

 M.D.LXXXII.

tradotta in italiano:
L’antichità fece – il tempo disfece – la posterità con mezzi – pubblici e pri­vati – più bellamente rifece – 1582.

            Sul posto dove è il nuovo campanile rimasto incompleto, era la Chiesa di Santa  Lu­cia Vergine e Martire.

San Nicola opera di Antonio Gagini – Chiesa di San Nicola Randazzo

Nel 1522 indizione XIª la Chiesa fece l’acquisto di un’Opera monumentale che si può chia­mare il capolavoro dello scultore valentissimo nel secolo XVI, Antonio Gagini  palermi­tano: la Statua di S. Nicola di Bari.
            Il contratto stipulato il 1° ottobre 1522 indizionr XIª, presso il Notar Antonio Giacomo, con l’intervento del Procuratore della Chiesa Sac. Giovan Pietro Santangelo, del Can. Fi­lippo Cammarata e del Presbitero Miano Rizzo, coadiuvati dal Nob. D. Giovan Michele Spadafora Barone della Roccella, stabiliva che la Statua doveva essere di marmo:
     “di tuttu rilevu, as­sectatu chi non tocca li spalli ex parte retro, di quillo lavuri et rilevu prout sunt fi­gure Aposto­lorum Majoris Panormitanae ecclesiae”
tale quale com’erano lavorate le statue degli Apostoli della Cattedrale di Palermo, con la clausola che se il lavoro non fosse pia­ciuto al sopradetto Barone Spatafora che, per l’occasione sarebbe andato a Palermo, questi avrebbe potuto farlo eseguire da altri artisti, a spese del Maestro Gagini.

La somma pattuita fu di Onze sessanta pari a Lire 765, compresa anche la doratura e colo­razione d’oro e d’azzuolo della Statua che il Gagini, il 18 novembre 1523, consegnò in bianco nel suo studio di Palermo e, dopo qualche settimana, egli venne a Randazzo ac­compagnato da un pittore per eseguire, sotto la sua direzione, la doratura.
La statua misura, oltre la base, m.2,05 d’altezza con S. Nicola maestosamente se­duto in abiti pontificali, sopra un seggio artisticamente lavorato, largo m. 1,29 ed alto m. 3; con la sinistra tiene il bacolo episcopale ed ha la destra alzata in atto di benedire.
Si può reputare l’opera più bella che sia uscita dallo scalpello di Antonio Gagini.
            Nella base sono scolpiti due quadri in rilievo che rappresentano due episodi della vita del Santo, suggeriti al Maestro dal Procuratore della Chiesa: uno quello dei tribuni liberati dalla morte alla quale li aveva condannati l’Imperatore Costan­tino e l’altro quello del Van­dalo che aveva lasciato incustodita la casa che aveva affidato alla vigi­lanza del Santo ch’egli venerava molto in un quadro e che poi, avendola trovata saccheg­giata dai ladri, se la prese con lui percotendone l’immagine con un flagello, con il risultato che San Nicola, appa­rendo ai ladri, ottenne che essi restituissero la refurtiva al padrone.
            Nella cappella del SS. Sacramento della stessa Chiesa di S.Nicolò si ammirano, an­che del Gagini, un tabernacolo posto dietro l’altare ed altri bassorilievi eucaristici e qualche scena della Passione, lavori commissionati il 7 dicembre 1523 per Onze 37 pari a Lire 471,75, ma incominciati nel 1535 e rimasti incompleti per la morte dello artista avvenuta nell’aprile dello stesso anno e poi rifiniti dal figlio di lui Giacomo.
            Il 21 dicembre 1746 Mons. Francesco Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina. essendo in Randazzo in occasione della Sacra Visita, consacrò la Chiesa e nel 1751, in qualità di Delegato Apostolico, la eresse, insieme alle altre due S. Martino e S. Maria, alla dignità di Collegiata, con le relative Dignità ed Insegne Canonicali di cui la Cappa corale e l’Ermellino vennero confermati dalla S. Sede nel 1785.
            Nel 1763 fu scolpito il Coro in legno, sotto la procura del Sac. D. Paulino Tettu e, come si trova scolpito nel coro fu “opera fatta di Tommaso Spitaleri di Traina”.
            Nel 1904 venne innalzata sulla Chiesa una grandiosa Cupola dall’Arciprete Mons. D. Francesco Fisauli Piccione dei Baroni di Flascio e Brieni, con personali contribuzioni e con l’obolo di tutti i Cittadini di Randazzo, sotto la direzione dell’Ingegnere Salvatore Priolo il quale, generosamente rinunziando alle sue competenze vi aggiunse anzi il suo obolo per­sonale.
L’opera fu inaugurata al canto di un solennissimo Te Deum con l’intervento dei Capi­toli delle tre Collegiate, degli Ordini religiosi, delle autorità civili e militari e col concorso di una folla immensa che stipava tutta intera la Chiesa.
Ai 5 dicembre 1906 Mons. Emilio Ferrais allora Vescovo Coadiutore e Vicario Gene­rale di S. Eminenza il Cardinale Nava Arcivescovo di Catania, consacrò l’Altare Maggiore al Titolo di S. Nicolò e consacrò anche l’altare del Sacramento.
            Nel 1936, essendo Arciprete il Can. D. Giovanni Birelli, dopo la rinunzia dell’Arc. Mons. D. Francesco Paolo Germanà, col contributo di tutti i Cittadini, venne rifatto, in lastre di marmo, tutto il pavimento antico della Chiesa che era in mattonelle di terracotta e già malandato ed avvallato in molti punti per le sepolture sottostanti.
La spesa complessiva fu di circa sessant’otto mila lire delle quali i maggiori offerenti furono:
Il Governo Fascista con lire 18.000 e la Signora Baronessa Giuseppina Fisauli Va­gliasindi che contribuì con lire ventimila di cartelle di valore nominale che realizzarono lire quindici­mila quattrocento dieci.
Il comitato era formato dall’Arciprete, dal Can. D. Giuseppe Finocchiaro, dal Comm. Avv. Gualtiero Fisauli e dal Cav. Giovanni Vagliasindi.
Nello stesso anno fu rifatto il Battistero in pietra lavica in sostituzione dell’antico mo­numen­tale, un pò sciupato perché di pietra arenaria, con colonnine, capitelli ed archetti di stile te­desco, con figure, simboli ed emblemi di stile bizantino, portante la data 1506, opera di Cri­stofiro Familiti e che ora si conserva all’ammirazione, nella navata laterale.
            Nel Tesoro si conserva un Ostensorio di argento dorato, in stile gotico del secolo XV°, una Pisside d’argento del 1461 con le armi aragonesi, due calici d’argento con smalti del secolo XV°, la Croce processionale d’Argento con simboli e figure dei quattro evangeli­sti, lavoro cesellato da Michele Gambino nel 1498, una Mazza Capitolare d’argento, copia delle altre possedute da S.Martino e S.Maria.
All’Altare del Purgatorio si conserva un’antico Crocifisso dipinto su tavola, d’ignoto autore; questo prezioso trittico aveva ai quattro lati quattro quadri su tela di altre mani e di date più recenti.
Nell’Oratorio dell’Arciconfraternita del Purgatorio, si conserva un S. Lorenzo con la Reden­zione delle Anime del Purgatorio di Gabriele Onofrio nostro Concittadino.

 

Scuola antonelliana, Madonna col Bambino tra Sant’Agata e Santa Lucia, polittico, sec. XV. Randazzo, basilica di San Nicolò da Bari.

 

Nella Cappella del SS.Sacramento si conservava una stupenda tavola rovinata, della scuola di Antonello, raffigurante nel centro la Madonna col Bambino in braccio ed ai lati S. Lucia e S. Agata, con un bel paesaggio in fondo e la seguente iscrizione:
                                                           Hoc opus fieri fecit M° Joanni de Traina e M° Antonino P….O. 
É stato qui trasportato dalla Chiesa di S. Francesco di Paola per meglio conservarsi.
Per la stessa migliore conservazione delle opere d’arte esistenti nella Chiesa di S. Dome­nico che mancava della necessaria manutenzione, furono dal Parroco Can. D. Giuseppe Finocchiaro, trasportati diversi pregevoli quadri nella Chiesa Madre di S.Nicolò.
            Della storia della Chiesa di S. Nicolò, sede della Cattedrale Triocalitana nei primi se­coli dell’Era Cristiana, trattava un manoscritto che, vergato nel V° secolo, si conservò gelo­samente fino al principio del secolo XIX°.
L’autore era un certo Firmione Triocolitano, celebre tra gli scrittori ecclesiastici della chiesa di Sicilia.
Di lui ne parla il Ragusa nei suoi Elogi e il Mugnos nel suo Novo Laertio.
Anche il Mongitore ne tratta nel 2° volume della sua Biblioteca, sebbene attesti che mai ebbe sott’occhio la produzione di Firmione e, senza alcuna difficoltà lo annovera tra gli apo­crifi, mentre questo scrittore della nostra Triocla, onore della Patria e decoro della Na­zione, venne comparato con l’illustre Mons. Giovanni Di Giovanni da Taormina che seppe così bene tessere la storia della propria Città natale.
            Nacque Firmino e visse nel V° secolo cristiano  ed il suo manoscritto originale era conservato religiosamente nella Cassa del Tesoro della Chiesa di S. Nicolò ove si sollevano custodire i Privilegi e le carte più preziose della Città.
Nell’anno 1718 quando ebbe luogo la sanguinosa battaglia di Francavilla fra tedeschi e spagnuoli, passarono da Randazzo tante truppe spagnuole da non poter essere ospitate nei vari conventi locali, per cui si dovette ricorrere alle Chiese per alloggiare i soldati.
La prima che fu adibita a Caserma, come la più grande, fu quella di S. Nicolò.
            Il Capitano d’Armi D. Giorgio Licari, allora Patrizio di questa Città nella quale, per ben cinque volte occupò la carica di Capitano Giustiziere, temendo che le truppe alloggiate nella chiesa non avessero a manomettere o dar fuoco a tutti i Documenti preziosi ivi conservati, pensò porli al sicuro trasportandoli nel proprio Palazzo: fra questi documenti era il mano­scritto di Firmione.
Dalla famiglia Licari queste carte passarono in potere dell’Arciprete di Randazzo Can. D. Antonino Ventura il quale morendo, nel 1772, lasciò nelle mani del suo padre spiri­tuale Can. D. Giuseppe Napolitano Bruno questo gran tesoro per custodirlo, ciò che co­scienzio­samente eseguì durante la sua vita.
Egli soleva dire ch’era custode di un manoscritto antico su carta pergamena e che valeva, per il suo contenuto, più di tutto Randazzo.
            Questo pregevole manoscritto portava per titolo: PHIRAMION TRIOCALITANUS  ed era scritto nelle due lingue greca e latina.
Morto quasi improvvisamente il Can. Napolitano, il fratello di lui Mastro Nicolò falle­gname, quasi nonagenario, vendette, nel 1815, i libri del defunto, tra cui anche il mano­scritto in pa­rola, ad un forestiero, certo Gaetano Scardino di Castrogiovanni (Enna), 

Saputo ciò il Can. D. Antonio Cimino corse per riscattarlo, ma quel forestiere tenne duro di­cendo che da quel manoscritto poteva ricavar più di quello che avrebbe preso da tutti i libri da lui posseduti.
L’indomani mattina di buon ora, ad insaputa di tutti se ne partì alla volta di Catania senza che nessuno abbia potuto aver mai più notizie di lui.
Questa perdita è stata più che una disgrazia per la nostra Cittadina, perché venne meno uno dei più luminosi monumenti della nostra Triocla e della Chiesa Triocolitana che avrebbe potuto chiudere la bocca a tutti i negatori di questa patria gloria.

            Dei Vescovi della Chiesa Triocolitana, oltre  al primo di nome Pellegrino mandato da S. Pietro, nel 600 si ha notizia del Vescovo Pietro, del Ve­scovo Massimo nel 649 che fu presente al Concilio Lateranense, di Giorgio nel 680 pre­sente al Concilio Costantinopolitano, di Giovanni presente al Concilio Niceno e di Costan­tino presente allo stesso Concilio, però può darsi che uno dei due fosse Vescovo di Alesa pur essendo ambidue nominati Triocolitani.           

            Nei terribili bombardamenti angloamericani del luglio 1943 la Chiesa di S.Nicolò subì danni gravissimi: fu colpita più volte la cupola cadendone in rovina la maggior parte; furono completamente rase al suolo la sacrestia, la casa canonica e tutta la navata corri­spondente; venne distrutto in parte il bel Trittico del SS. Crocifisso delle Anime del Purgatorio con tutto l’Altare; rovinò più della metà della tettoia e della volta della navata centrale e fu colpita e in parec­chi punti frantumata la costruzione in pietra lavica della porta maggiore, restando in­tatto l’antico Agnello Pasquale scolpito, segno della Sede Vescovile della Chiesa Triocoli­tana nei primi secoli.
Per miracolo rimase incolume la pregevole statua di S. Nicolò con tutto l’Altare e l’altro del SS. Sacramento, benché manchi qualche bassorilievo. Anche il Coro bisognevole di tanti rifacimenti, si è salvato. 
            Il Tesoro della Chiesa è anche salvo, ma andarono distrutti parecchi libri Parrocchiali antichi.
Anche i quadri di S. Domenico qui trasportati per maggior manutenzione andarono perduti.
L’Organo non esiste più: era veramente pregevole per le cornici di legno scolpite e per la magnifica balaustrata che lo attorniava.
            Non essendovi altre Chiese le opere e le funzioni parrocchiali di S. Nicolò si sono trasferite temporaneamente nella chiesa di S. Domenico, rimasta in mediocre condizione.
            Nella Parrocchiale chiesa di S. Nicolò esiste l’Arciconfraternita dell’Opera della Mise­ricordia fondata sotto il Titolo del “SS. Crocifisso in suffragio delle Anime del Purgatorio” il 1° luglio 1632 dall’Arciprete di Randazzo Dott. D. Ettore Prescimone approvata dalla Curia Arcivescovile di Messina per mezzo del Vicario Generale D. Mario Guzzaniti ed esecutoriata nella Curia di Randazzo il 10 luglio 1632.
Essa è stata aggregata all’Arciconfraternita del Suffragio delle Anime del Purgatorio della Città di Roma nella Chiesa di S. Biagio con privilegio del 5 dicembre 1632 esecuto­riato nel Regno a 5 novembre 1632, godendo tutti i privilegi ed indulgenze che si hanno tutti i fratelli e sorelle di quella Arciconfraternita.
I confrati si riunivano ogni mercoledì di dopopranzo per gli esercizi di pietà e seppellivano per carità i cadaveri dei poveri di tutta la Città.
Con i bombardamenti la Cappella propria dell’Arciconfraternita fu molto danneggiata, ma non distrutta e si potè salvare l’opera del nostro Gabriele Onofrio: la Redenzione del Cristo per le Anime del Purgatorio per le preghiere di S. Lorenzo.
            Esiste anche nella stessa parrocchia una Confraternita del SS. Sacramento che, sorta modestamente fra alcuni parrocchiani, per opera del valente oratore Can. D. Vincenzo Panissidi, andò vie più accrescendosi col titolo di Pia Società del SS. Sacramento che venne canonicamente fondata dopo un decennio di esistenza, nel 1896.
Venne poi elevata al rango di Confraternita l’anno 1925 ed aggregata alla Primaria Arciconfraternita di Roma.
            Non mancano altre piccole associazioni di cristiana pietà. Fiorenti i vari rami maschili e femminili dell’Azione Cattolica, secondo gli intendimenti dei Sommi Pontefici.
Si è affermata la sezione delle Conferenze di S. Vincenzo dei Paoli.
            Con la creazione dei Parroci indipendenti nelle tre Parrocchie che prima erano tutte e tre sotto un solo Parroco, il primo titolare della Parrocchia di San Nicolò è il Can. D. Giu­seppe Finocchiaro.

            La Parrocchia di S. Nicolò è la sola che non ha chiese filiali secolari.

 

                                                                           SAN GIACOMO E LA MADONNA CHIESA SAN NICOLO’ – RANDAZZO

 

San Giacomo

San Giacomo e la Madonna. Chiesa di San Nicolò – Randazzo

Di Gaetano Consalvo

La Sicilia è sempre stata  una fonte inesauribile di ricchezze naturali e, soprattutto, di opere d’arte che durante il corso dei secoli, sistematicamente sono state depredate e trafugate dagli invasori barbari di turno. Saccheggi sin dall’epoca greca, con la caduta di Siracusa che lo stesso Cicerone definiva “La più grande e la più bella delle città greche“ (maxima et pulcherrima). Il generale Marco Claudio Marcello nel 212 A. C. impressionava tutti facendo un trionfale rientro a Roma , preceduto da un corteo cerimoniale di 250 carri colmi di preziose statue, vasi traboccanti oro ed argento, armi pregiatissime di magistrale fattura, oltre ad un seguito interminabile di animali, schiavi e dignitari in catene. Ma Siracusa, da città sconfitta, alla fine conquistò il barbaro ed agreste popolo laziale, introducendo la sua impareggiabile arte a Roma.
Recentemente, durante una visita di alcuni giorni nella cittadina medievale di Randazzo, siamo rimasti sbalorditi dall’innumerevole quantità di opere d’arte di altissimo valore, custodite in diverse straordinarie chiese. In particolar modo siamo rimasti affascinati da un’opera  interessantissima, collocata di recente in una parete della navata centrale della chiesa di San Nicola: il polittico di San  Giacomo dipinto  su tavola risalente al15° secolo di autore ignoto ma, a nostro modesto avviso, di scuola Antonelliana.
L’opera si presenta in condizioni piuttosto critiche, ma nonostante ciò rimane forte la bellezza e la liricità dei volti e delle scene dipinte. Il polittico rappresenta la figura di San  Giacomo apostolo, riconoscibile dalla conchiglia e dal bordone del pellegrino e accanto troneggia l’immagine, dall’estrema dolcezza dei tratti, della Vergine col bambino, attorniata  da sei cherubini. Ai due lati si affiancano dieci pannelli raffiguranti le scene dei miracoli del Santo, ricomposti in una maldestra sequenza dopo un vandaloso smembramento effettuato segando la tavola per ricavarne altrettante singole opere  più facilmente camuffabili qualora immesse nel mercato antiquario illegale.
Il polittico, unica opera pittorica in Sicilia con le scene della vita di San Giacomo,  ha fatto rientro a Randazzo  grazie all’intelligenza ed alla tenacia dell’allora parroco di San Nicola, Don Egidio Galati. Scampò miracolosamente, nell’ultimo conflitto, alle razzie naziste che durante la ritirata avevano installato a Randazzo il loro quartiere generale, ed alle devastazioni provocate dalle incursioni aeree alleate.
La presenza di questa straordinaria opera a Randazzo è la diretta testimonianza dello stretto rapporto tra la Spagna e la Sicilia, sin dal 1282 quando con i Vespri Siciliani e la cacciata degli Angioini, i Siciliani offrirono la corona del regno a Pietro 3° d’Aragona. Da quel momento la Sicilia entrò nella sfera ispanica rimanendovi quasi ininterrottamente per ben  sei secoli, assorbendone  usanze ed espressioni culturali.
Da ciò ne deriva la presenza e la diffusione del culto di San  Giacomo in Sicilia, Patrono di Spagna, apostolo ed evangelizzatore della fede e della spada, pellegrino accanto ai bisognosi, “Matamoros” contro i nemici della cristianità.
Notevole anche la diffusione nell’isola di confraternite e di ordini cavallereschi come l’Ordine di Malta, di San Giacomo della spada ecc. che fanno ancora bella mostra nelle sfilate e nelle parate religiose.
Purtroppo ormai da tempo i Siciliani hanno perduto consapevolezza del patrimonio che posseggono, grazie anche a una classe politica che ben poco ha fatto e fa per mantenere viva la memoria.
A Randazzo qualcosa si muove, due sodalizi – l’Istituto per la Cultura Siciliana in stretta sinergia con l’Associazione Artemide – hanno in programma con iniziative ad hoc di valorizzare ciò che questa cittadina pedemontana custodisce. Storia, cultura e arte sono andati di pari passo nel corso dei millenni, ed ciò che caratterizzano una collettività. 
Gaetano Consalvo

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Cosi descrive alcuni aspetti della Chiesa di San Nicola Angela Militi
 

                  Madonna con il Bambino e san Giacomo Maggiore: oltre il visibile

La navata centrale della chiesa di San Nicola di Randazzo ospita un’interessante tavola che raffigura la Madonna con il Bambino e san Giacomo Apostolo detto il Maggiore.

DSC05130Figura 1: Randazzo, Chiesa di San Nicola, Autore ignoto, Madonna con il Bambino e san Giacomo Maggiore, dipinto a tempera su tavola

Si tratta di un pregevole dipinto a tempera su tavola, di autore ignoto, riferibile, sulla base dell’analisi stilistica e dell’esame di particolari dell’abbigliamento dei personaggi presenti, alla seconda metà del XV secolo. Esso si presenta in mediocre stato di conservazione, con estese perdite di colore soprattutto nella parte inferiore della zona centrale; altre perdite di colore interessano i riquadri narrativi senza tuttavia comprometterne la leggibilità.
La tavola proviene dalla scomparsa chiesa di San Giuseppe.

IMG_0567 foto di Giuseppe manitta Figura 2: La chiesa di San Giuseppe, in una foto, degli inizi del Novecento, del De Roberto
Figura 3: La chiesa di San Giuseppe in una foto degli anni 30

La chiesa sorgeva fuori le mura cittadine nei pressi dell’omonima porta. Fu edificata intorno al XIV secolo e inizialmente era dedicata a sant’Anna, cambiò titolazione nel XVII secolo, quando venne unita alla chiesa di San Giuseppe[1].
Secondo quando scrive il don Virzì, fu in questa occasione che la chiesa, nel 1631, venne abbattuta e ricostruita ex novo, cosa, a nostro avviso, poco probabile in quanto più avanti lo stesso storico riporta che «durante lo sgombero delle rovine inaspettatamente vennero fuori sotto l’intonaco, pezzi di affreschi appartenuti alla vecchia chiesa trecentesca di S. Anna»[2].
Pertanto si è propensi a credere che la chiesa, in quell’anno, non venne ricostruita ex novo, bensì subì importanti interventi di restauri voluti dal rettore Antonio Cariola, come attestava l’iscrizione incisa sull’architrave del portale riportata dal don Virzì[3].
A causa dei danni riportati durante i bombardamenti del 1943, la chiesa fu chiusa al culto e lasciata per anni in stato di abbandono finché venne demolita per far posto ai locali dell’oratorio salesiano.

Della tavola, allo stato attuale della ricerca, non possediamo nessuna documentazione, pertanto non è stato possibile reperire notizie circa il pittore, il committente o altre informazioni relative alla collocazione della tavola all’interno della chiesa.
Il tema della tavola lascia facilmente ipotizzare la presenza, nell’edificio sacro, d’un altare dedicato a san Giacomo, legato non soltanto al culto del santo[4] ma anche allo speciale legame che esiste tra san Giacomo e la madre della Madonna, determinato dalla vicinanza della loro festa liturgica, 25 e 26 luglio e da un episodio miracoloso accaduto al tempo di santo Stefano (ca 969/975-1038), primo re d’Ungheria.
Racconta, infatti, la leggenda che un giovane di nome Emerico, figlio di un console d’Ungheria, caduto in miseria, dopo aver sperperato la cospicua eredità lasciata dal padre, decise di partire in pellegrinaggio a San Giacomo di Galizia per raccomandarsi al santo.
Durante il viaggio affranto scoppiò in lacrime e prostrato a terra chiese perdono a Dio per i suoi gravi peccati e lo pregò di dirgli a quale santo doveva rivolgersi per essere soccorso; allora gli apparve san Giacomo che lo esortò a chiedere aiuto a sant’Anna[5].

La prima menzione della tavola risale al 1906, quando viene ricordata ne Cenni storici. Chiese Monumenti antichità della Città di Randazzo tra le opere presenti nella chiesa di San Giuseppe, come un «trittico con la Madonna sedente col Bambino, e S. Giacomo Apostolo, con quadretti di storia ai lati, dipinti su tavola verso la prima metà del secolo XV»[6].
Successivamente essa descritta come «un trittico della prima metà del secolo XV, rappresenta la Madonna col Bambino e San Giacomo Apostolo, con quadretti di storia ai lati, è nella chiesetta di San Giuseppe»[7] viene menzionata dal De Roberto nella sua monografia Randazzo e la Valle dell’Alcantara, pubblicata nel 1909.
Ed ancora citata dal canonico Vincenzo Raciti Romeo in Randazzo. Origine e monumenti «in S. Giuseppe si ammira un altro trittico della prima metà del quattrocento con la Madonna seduta in trono, S. Giacomo apostolo nel centro, e quadretti storici ai due lati»[8].
Nel 1942 la tavola fu trasferita ad Acireale e collocata nel salone vescovile, in attesa che fosse realizzato il museo diocesano cui era destinata; in questa occasione fu consolidato il supporto ligneo e, molto probabilmente, venne aggiunta anche la cornice a listello inchiodata e incollata sulla superficie pittorica, che andò a nascondere i bordi dei riquadri, dividendo altresì il campo centrale in due zone, separando pertanto la Madonna e san Giacomo.
La tavola rimase in tale ubicazione per vari decenni, finché nel 1990 ritornò a Randazzo e venne collocata nella chiesa di San Nicola.

Essa è apparsa per la prima volta nella rivista del Centro Italiano di Studi Compostelliani “Compostella” nel 2009, dove figurava in copertina e corredata da due brevi articoli: uno a cura di Paolo Giansiracusa “San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi”[9], l’altro a cura di Giuseppe Arlotta “San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini”[10].
Il dipinto è eseguito su un supporto ligneo realizzato con tre assi di legno disposte verticalmente, misura all’incirca 257 centimetri in altezza e 227 centimetri di larghezza. Le due tavole laterali, rispettivamente larghe centimetri 90, sono unite alla tavola centrale, larga centimetri 47, da 18 inserti a doppia coda di rondine.

supporto dipinto San GiacomoFigura 4: Il supporto pittorico

Esso, a guisa di trittico, presenta al centro, su fondo oro, la Madonna con il Bambino, angeli e san Giacomo Maggiore (attualmente separati da un listello) mentre ai due lati si dispongono rispettivamente cinque riquadri narrativi.
L’esistenza in origine di un terzo sportello andato perduto, simmetrico a quello di san Giacomo ove vi fosse raffigurato santo Stefano, suggerita da Paolo Giansiracusa[11] è improbabile in quanto la struttura del supporto pittorico suffraga l’unitarietà dell’opera.
Alla luce di quanto appena detto, risulta improbabile anche l’ipotesi avanzata da Giuseppe Arlotta, secondo il quale «i dieci quadretti con le scene della Vita del Santo sono stati montati nella nuova cornice alla rinfusa, senza cioè rispettare la sequenza narrativa»[12]; le storie sono state semplicemente raffigurate, dall’ignoto pittore, senza seguire alcun ordine nella disposizione degli episodi. Bisogna tenere presente che non sempre la successione degli episodi segue la sequenza narrativa.
I personaggi del riquadro centrale, sono ritratti esili, delicati e indossano vesti raffinate, rese con enorme cura del dettaglio.
La Madonna, seduta su un trono di forme gotiche, è presentata secondo lo schema tipico della Madre di Dio della Consolazione, ma non rappresentata come al solito a mezzo busto, bensì a figura intera.

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Figura 5: Particolare della Madonna con il Bambino
Figura 6: Madre di Dio della consolatrice

È raffigurata, con il capo lievemente reclinato verso il Bambino che sorregge dolcemente e regale compostezza, con il braccio sinistro, mentre con la punta delle dita della mano destra gli tocca teneramente i piedini. Indossa un sontuoso maphorion blu scuro di velluto auroserico orlato da un bordo rifinito con filettature e girari dorati, e una veste rossa[13], con un raffinato colletto bianco, trattenuta sotto il seno da un cordoncino dorato. Il maphorion, che è chiuso sul petto da un prezioso fermaglio rotondo, le copre anche il capo.

DSC05083 particolareFigura 7: Particolare degli abiti indossati dalla Vergine

Il Bambino, raffigurato nudo, è colto nell’attimo di mettere le dita della mano destra in bocca mentre con l’altra manina regge un oggetto ludico d’oro. É ornato da una collanina, che ha come pendaglio un rametto biforcuto di corallo e da braccialetti di corallo su entrambi i polsi[14].

DSC05083 bambinoFigura 8: Particolare del Bambino

La Vergine è affiancata da tre coppie di angeli: la prima offre una coppa d’oro, la seconda è colta in adorazione con le mani giunte e la terza offre un vaso degli unguenti.

DSC05084 angeliFigura 9: Le tre coppie di angeli che affiancano la Vergine

Gli angeli, che indossano raffinate vesti diaconali – di foggia simile – cinte in vita e fregiate d’oro allo scollo, differiscono nei diversi colori delle tuniche (terra cotta scuro, rosso-arancio, blu, rosso), dei nastri (rosso, nero, oro) e delle maniche delle sottovesti (rosso, blu scuro).
Alla sinistra della Vergine è raffigurato san Giacomo, in piedi.

DSC05088Figura 10: San Giacomo

L’Apostolo è rappresentato come un uomo di media età. I capelli lunghi castani, divisi da una riga centrale e intrecciati alla fine e la barba biforcuta non molto lunga anch’essa castana, lo rendono intenzionalmente simile a Cristo. Indossa una tunica blu scuro guarnita con un bordo dorato sul collo decorato con motivi geometrici, mentre il bordo inferiore è rifinito con filettature e girari dorati[15], così come il bordo dell’ampio manto morbido e ondeggiante color rosso che lo avvolge[16].

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Figura 11: Particolare del bordo del collo della tunica di san Giacomo
Figura 12: Particolare del bordo del mantello

Ai piedi porta un tipo di calzare simile ad un sandalo, con copertura del calcagno e strisce di cuoio laterali raccolte da un nastro di pelle posto lungo il dorso in modo da lasciar libere le dita.

DSC05086Figura 13: Particolare dei calzari indossati dal santo

Il santo regge con la mano sinistra il bordone del pellegrino e con la destra un libro, aperto – verso chi guarda –, in cui si legge l’iscrizione, in lettere gotiche[17]:

San/cte / Ia[c]o/be i/nte//rce/de p/ro n/obis / om(n)ib(us)

DSC05074Figura 14: Particolare del libro

Pertanto san Giacomo appare qui come intercessore presso la Vergine e il Bambino. Il forte legame che unisce la Vergine Maria e san Giacomo è remoto. Stando alla tradizione, attestata a partire dal XIII secolo, la Vergine del Pilar appare all’Apostolo, a Saragozza, e lo conforta durante la sua difficile opera di evangelizzazione della Spagna; altre apparizioni avvengono a Iria Flavia e Muxia[18]. Una testimonianza rilevante del ruolo della Vergine si trova nel II libro del Liber Sancti Jacobi[19], che racconta, con dovizia di dettagli, ventidue miracoli operati da san Giacomo: il capitolo XVII narra del pellegrino che, istigato dal diavolo, si evirò e si uccise e fu poi riportato in vita dal santo con l’aiuto della Vergine Maria[20]. Questo miracolo fu in seguito ripreso e ampliato da Iacopo da Varazze, frate domenicano e vescovo di Genova, nella Legenda aurea[21].
I capi della Vergine, del Bambino, degli angeli e di san Giacomo sono circondati da aureole. L’aureola della Madre di Dio e quella dell’Apostolo sono decorate con foglie di quercia e fiori, incorniciate da doppie linee circolari, quella del Bambino porta inscritta nel cerchio dorato una croce rossa, invece quelle degli angeli sono decorati a motivi floreali tranne quella del secondo angelo a destra che è decorata con raggi.

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  Figure 15-18: L’aureola della Madonna, quella di san Giacomo, del Bambino e degli angeli

DSC05084 aureolaFigura 19: L’aureola raggiata del secondo angelo a destra

L’aureola del primo angelo a destra, invece, presenta in alto dei raggi, è possibile che si tratti di una correzione operata dal pittore in corso d’opera per coprire la precedente aureola decorata con raggi.
Un’altra correzione, apportata dal pittore in corso d’opera, riguarda la posizione di una delle due mani dello stesso angelo, testimoniata dalle quattro dita in più, presenti sulla coppa che, molto probabilmente, l’artista dimenticò di coprire.

DSC05083Figura 20: Particolare del primo angelo a destra

I dieci riquadri che affiancano, l’immagine centrale[22], cinque per parte, rappresentano gli episodi più importanti della vita di san Giacomo e alcuni miracoli post-mortem operati dal santo.
Le scene, come abbiamo già accennato, non seguono un ordine preciso.
Il primo riquadro, in alto a sinistra, seppur molto rovinato, conserva la raffigurazione di san Giacomo in piedi su di una barca, che con la mano sinistra regge il bordone e con la destra, dispensa la sua benedizione, ad un uomo caduto in mare con il suo cavallo. Sulla riva s’intravedono due uomini, in piedi, oranti, di cui quello a destra più alto rispetto all’altro. A destra altri uomini con i loro cavalli sorpresi dal crollo del ponte che stanno attraversando. Sulla sfondo, a destra, una rupe sulla quale si erge una città cinta da mura.

DSC05076Figura 21: La prima scena narrativa

Gli elementi a disposizione non consentono un’identificazione sicura dell’episodio raffigurato.
Secondo Giuseppe Arlotta la scena è identificabile con l’episodio narrato da Iacopo da Varazze, che cita quale fonte Giovanni Beleth[23], in cui i discepoli di san Giacomo, alla ricerca di un terreno dove seppellire il loro maestro, dopo averne trafugato il corpo e averlo traslato nella penisola iberica, vengono inviati da Lupa da un uomo noto per la sua crudeltà, per alcuni il re di Spagna, questi, però, li fece incarcerare[24]; liberati da un angelo del Signore, mentre l’uomo dormiva, i discepoli si diedero alla fuga inseguiti da alcuni uomini del re a cavallo, che però annegarono in un fiume della Galizia a seguito del crollo del ponte che stavano attraversando[25].
Questa interpretazione tuttavia non è del tutto convincente, poiché la scena raffigurata non trova un preciso riscontro nelle fonti; infatti sia nella Legenda aurea che nel Liber Sancti Jacobi si fa riferimento ad un intervento di Dio e non del santo come raffigurato. La versione dei fatti, fornita dal Liber Sancti Jacobi, molto più particolareggiata rispetto al testo di Iacopo da Varazze, è la seguente:

«I discepoli seguirono il suo consiglio [di Lupa]: alcuni rimasero lì a vegliare il corpo dell’apostolo con il rito funebre, mentre altri si avviarono il più velocemente possibile verso il palazzo reale indicatogli.
Appena si trovarono alla presenza del re, lo salutarono rispettando il prescritto cerimoniale e diedero inizio all’incontro spiegandogli chi fossero e perché si fossero presentati al suo cospetto.
Il re sembrò inizialmente disposto ad ascoltarli attentamente, con atteggiamento benevolo; poco dopo, però, colto da una singolare inquietudine, iniziò a dubitare sul da farsi e poi, ispirato da diabolica suggestione, si inferocì; ordinò dunque in segreto ai suoi uomini di tendere una trappola ai Cristiani e di ucciderli.
I discepoli, però, scoperte le sue intenzioni per volere di Dio, si diedero prontamente alla fuga, il re, informato dell’accaduto, fu colto da un violentissimo accesso d’ira e, furente come un leone rabbioso, iniziò a seguire caparbiamente le tracce dei discepoli di Dio, accompagnato da tutti gli uomini della sua corte.
Ma proprio nel momento in cui gli smaniosi persecutori ebbero raggiunto i discepoli, tanto da averli ormai quasi nelle loro mani, questi, confidando in Dio, attraversarono tutti in gruppo un ponte posto su un fiume. In quel preciso momento, per volere di Dio onnipotente, i pilastri del ponte che stavano percorrendo si sgretolarono e la struttura precipitò dall’alto fin nel letto del fiume. E così il verdetto deciso dal giudice, l’Eterno Re, decretò che neppure uno degli uomini che erano nel gruppo degli inseguitori sopravvivesse per poter riferire l’accaduto alla corte reale. I santi discepoli, invece, sentendo il fragore delle armi e delle pietre che precipitavano, girarono indietro la testa, così da poter vedere i grandi progetti compiuti da Dio e poterli in seguito proclamare»[26].

Dunque o la scena raffigurata è frutto di una reinterpretazione più libera del racconto da parte del pittore o del committente oppure è più probabile che essa in realtà rappresenti un intervento miracoloso di san Giacomo non riportato dalle fonti ufficiali, ma sia una leggenda alternativa diffusa oralmente.
Nel secondo riquadro si trova il noto Miracolo dell’impiccato con san Giacomo in piedi, con il bordone e in testa un cappello a falde larghe, che con le mani sostiene i piedi del giovane impiccato, accusato ingiustamente, che pende dalla forca; accanto vi sono i due genitori pellegrini increduli. La scena raffigurata mostra il momento in cui i genitori di ritorno, dopo trentasei giorni, dalla tomba di san Giacomo, sul luogo dell’impiccagione del figlio, trovano questi ancora in vita, perché sostenuto da san Giacomo.

DSC05077Figura 22: Il Miracolo dell’impiccato

Essa, però, è una versione più tarda del miracolo iacopeo raccontata nel II libro del Liber Sancti Jacopi[27]: infatti, in esso il miracolo, narrato nel V capitolo da papa Callisto è così esposto:

«È opportuno affidare ai posteri il ricordo di alcuni Alemanni che, nell’anno 1090 dall’incarnazione di nostro Signore, si recarono in pellegrinaggio al sepolcro di san Giacomo portando con sé considerevoli ricchezze e, giunti nella città di Tolosa, trovarono ospitalità in casa di un facoltoso albergatore.
Tale malvagio individuo, celandosi sotto l’esteriore mansuetudine di un agnello, li accolse con sollecitudine e, offrendogli varie bevande in segno di ospitalità, con l’inganno li indusse ad ubriacarsi. Oh, cieca avarizia! Oh, perverso spirito umano, così incline al male! Poco dopo, quando i pellegrini furono sprofondati in un sonno molto più profondo del solito a causa dell’ubriachezza, l’oste disonesto, spinto dalla cupidigia, nascose furtivamente una coppa d’argento nei bagagli di uno di loro per poterli successivamente accusare di furto e appropriarsi in tal modo del loro denaro. L’indomani, dopo che i pellegrini si furono rimessi in cammino al canto del gallo, quest’oste malvagio li raggiunse con un gruppo di uomini armati, gridando: “Restituitemi, restituitemi l’argento che mi avete sottratto!”. Quelli risposero: “Se troverai qualcosa di tuo in possesso di uno di noi, non avrai che da farlo condannare!”.

Dopo averli perquisiti, l’oste trovò la coppa nei bagagli di due pellegrini, padre e figlio; confiscati ingiustamente i loro beni, li portò dunque in giudizio. Il giudice, mosso da pietà, ordinò però di liberarne uno e condannò l’altro alla pena di morte. Oh, profondità della misericordia! Il padre, volendo liberare suo figlio, si offrì per il supplizio. Il figlio, però, disse: “Non è giusto che un padre perda in malo modo la vita per suo figlio; subisca piuttosto il figlio, al posto del padre, la pena stabilita!”. Oh, santa lotta d’amore! Il figlio fu infine impiccato in cambio della libertà del suo amato padre, così come egli stesso aveva preteso. Questi, invece, riprese il suo cammino verso San Giacomo tra singhiozzi e lacrime. Visitato dunque il venerabile altare dell’apostolo, riprese la via del ritorno e, trascorsi trentasei giorni, si ritrovò ad un crocevia dove ancora era appeso il corpo del figlio. Piangendo e gemendo, gridò con voce degna di compassione: “Sventurato me, figlio mio, per averti generato! Come posso ancora continuare a vivere vedendoti così sospeso?”.
Come sono magnifiche le tue opere, Signore! Il figlio impiccato consolò il padre dicendo: “Non ti affliggere più, amatissimo padre, non c’è motivo. Rallegrati per me, piuttosto, perché adesso sono felice, più di quanto non lo sia mai stato nell’esistenza passata! Mi sostiene san Giacomo tra le sue braccia, infatti, e mi conforta con la pienezza della dolcezza”. Il padre, udito ciò, corse in città e chiamò il popolo perché fosse testimone di un tale miracolo di Dio. Coloro che accorsero, vedendo ora che era ancora vivo colui che da tanto tempo era stato impiccato, compresero che la misericordia di Dio aveva salvato l’uomo ingiustamente condannato a causa dell’insaziabile avidità dell’oste.
Lo deposero dunque con grandi onori dal patibolo. Quanto all’albergatore, invece, egli fu condannato a morte con giudizio unanime, come aveva meritato che accadesse, e fu successivamente impiccato.»[28].

Questo nucleo narrativo si arricchì, a partire dagli inizi del XV secolo, di nuovi particolari: il luogo del miracolo non è più la città di Tolosa ma quella di Santo Domingo de la Calzada, lungo il cammino; il giovane viaggia con il padre e la madre; viene accusato di furto dalla serva della locanda, da lui rifiutata[29].
Nompar Signore di Caumont, durante un viaggio a Compostela nel 1417, riporta, con molti dettagli, la leggenda dell’impiccato, che ha sentito raccontare a Santo Domingo de la Calzada, nel suo diario di viaggio. Il miracolo, raccontato in una forma più drammatica e popolare, e completato con un nuovo prodigio che mostra l’innocenza del colpevole: infatti, il Signore di Caumont racconta che i due genitori, dopo che ritrovarono vivo il figlio impiccato, si recarono dal giudice per raccontargli il fatto e chiedergli di tirare giù dalla forca il figlio perché era ancora vivo; ma il giudice, intento a consumare un banchetto, incredulo, li derise affermando che avrebbe creduto che il loro figlio era vivo solo se il gallo e la gallina, ben arrostiti, che stava per mangiare si fossero messi a cantare. In quel preciso istante, i due volatili arrostiti, resuscitarono e cominciarono a cantare, dimostrando così che i due pellegrini avevano detto la verità[30].
L’episodio del Miracolo del gallo e della gallina risorti[31], è illustrato nel terzo riquadro.

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Figura 23: Il Miracolo del gallo e della gallina risorti

La raffigurazione della versione aggiornata del miracolo dell’impiccato contribuisce a confermare la datazione dell’opera alla metà del XV secolo.
Il quarto riquadro mostra il Martirio di san Giacomo per decapitazione. La scena è ambientata fuori le mura della città di Gerusalemme, e mostra a sinistra il corpo del santo decapitato che giace prono sulle ginocchia con le mani giunte, con la testa recisa a terra; sopra di esso il boia con la sciabola levata sporca del sangue di san Giacomo, accanto ad esso il sommo sacerdote Abiathar e Erode Agrippa, assiso su di un trono dall’alto schienale decorato con motivi a scacchiera, che assistono alla scena.

DSC05079Figura 24: Il Martirio di san Giacomo

Alquanto singolare e curioso è la presenza di una misteriosa regina affacciata alla finestra della torre, che guarda l’osservatore, la quale non trova riscontro nelle fonti agiografiche e non consente quindi la sua identificazione.
Nella parte inferiore, al di sotto della pittura nera, s’intravedono tracce di lettere, questo lascia supporre la presenza di un’iscrizione.

DSC05079 tracce iscrizioneFigura 25: Tracce di un’iscrizione

Le scene narrative spesso erano corredate da iscrizioni esplicative, in latino o in lingua volgare, dell’episodio raffigurato. Ma se si trattava di un’iscrizione esplicativa per quali oscure ragioni venne nascosta? Il suo occultamento è da ascrivere all’identità della misteriosa regina ritratta? Tuttavia, come vedremo, questa non è la sola iscrizione esplicativa che accompagnava le scene narrative ad essere stata occultata.
La scena successiva mostra in primo piano san Giacomo che impone le mani su un uomo orante, genuflesso con le mani giunti e il viso rivolto verso il santo, con accanto altri due uomini, uno seduto e l’altro carponi; dietro, in secondo piano, campeggia, sullo sfondo di un paesaggio caratterizzato da promontori rocciosi e una città fortificata – in alto a destra–, una torre sorvegliata da quattro soldati, uno da un lato e tre d’altro, che giacciono addormentati.

DSC05133Figura 26: La quinta scena narrativa

A destra, accanto a san Giacomo si intravedono debolissime tracce di un’iscrizione di cui attualmente è possibile individuare solo alcuni caratteri:

– – – – – – IA[- – -] – – – – – –[32]

scena 5 iscrizioneFigura 27: Tracce di un’iscrizione(per mettere in evidenza i caratteri, l’immagine è stata elaborata utilizzando tecniche di’image processing)

La scena, per chi scrive, è di difficile interpretazione: si tratta di un episodio che non ha riscontro né nel racconto del Liber Sancti Jacobi né nella Legenda Aurea, probabilmente fu realizzata ispirandosi a un miracolo compiuto da san Giacomo narrato da qualche altra fonte testuale.
Secondo Giuseppe Arlotta la scena rimanda al momento in cui i discepoli di san Giacomo vengono incarcerati da uomo noto per la sua crudeltà[33] e miracolosamente liberati da un angelo mentre l’uomo dormiva[34]. La proposta dello studioso, tuttavia, non sembra in ogni caso plausibile perché di fatto l’episodio da lui suggerito non trova riscontro nella narrazione figurata.

Nel primo riquadro in alto a destra, viene mostrato l’arrivo del corpo di san Giacomo al palazzo di Lupa. La scena mostra in basso a sinistra un carro, trainato dai due buoi sul quale è adagiato il corpo di san Giacomo, che con la mano destra, dispensa la sua benedizione a Lupa, incredula, sul terrazzo del suo palazzo, mentre, all’estrema sinistra, in cima ad una torre vi è una fanciulla dai capelli biondi in veste rossa, che sembra slanciarsi verso il corpo del santo.
Sullo sfondo, al centro, si trova una città fortificata su di una rupe.

DSC05073Figura 28: L’arrivo del corpo di san Giacomo al palazzo di Lupa

Iacopo da Varazze racconta, in modo succinto rispetto al Liber Sancti Jacobi[35], che i discepoli tornati da Lupa le riferirono quanto accaduto agli uomini del re di Dugio e che la stessa disse loro:

«“Prendete i buoi che tengo in quel luogo, – o in quel monte, – appaiateli e legateli a un carro, e poi portate il corpo del vostro maestro, e costruite il sepolcro come vi parrà”.
Diceva questo, ma il suo pensiero era quello di una vera lupa: sapeva benissimo che i suoi buoi erano in realtà tori selvaggi mai domati, e riteneva perciò che non avrebbero mai potuto essere aggiogati né legati al carro, e quand’anche fossero stati legati al carro, si sarebbero messi a scorrazzare in tutte le direzioni, sfasciando il carro, facendo cadere il corpo e uccidendo i discepoli. Ma nessuna astuzia può andar contro la volontà di Dio: i discepoli infatti, neppur sospettando la malizia di Lupa, si incamminarono su per il monte, ove incontrarono un drago che vomitava fuoco contro di loro: ma gli opposero il segno della croce, e il ventre del drago si squarciò. Fatto il segno di croce sui tori, questi divennero mansueti come agnelli; li aggiogarono, caricarono sul carro il corpo di san Giacomo con la pietra sulla quale era stato adagiato. Senza che nessuno li guidasse i buoi portarono il corpo fin in mezzo al palazzo di Lupa: quando vide questo prodigio, piena di meraviglia, credette e divenne cristiana concedendo poi ai discepoli tutto ciò che chiedevano»[36].

Alquanto singolare è la presenza di uno scudo crociato accanto alla porta d’ingresso del palazzo e una croce potenziata sulla torre a destra. Simboli questi che rimandano all’ordine dei Templari.

DSC05073 scudo e croceFigura 29: Lo scudo crociato e la croce potenziata

Iacopo da Varazze riferisce che Lupa trasformò il suo palazzo in una chiesa che dedicò a san Giacomo. È possibile che il pittore o il committente fosse a conoscenza del fatto che la chiesa, in seguito, fosse appartenuta ai Templari e volle celarlo all’interno della scena in modo da trasmetterlo ai posteri?
A differenza degli altri riquadri, le quattro scene successive seguono un ordine narrativo.
La scena raffigurata nel secondo riquadro, ambientata in un paesaggio roccioso presso la città di Gerusalemme, in alto a destra, rappresenta la disputa tra san Giacomo e Fileto: sulla destra vediamo Fileto, discepolo del mago Ermogene, colto nella discussione con san Giacomo, a sinistra, in piedi su di una roccia, che benedice alcuni uomini imploranti, tra cui un cieco e uno storpio con le stampelle.

DSC05068Figura 30: La disputa tra san Giacomo e Fileto

Il Liber Sancti Jacopi racconta che:

«[…] Accadde poi che un certo mago, chiamato Ermogene, gli inviasse un suo discepolo, Fileto. Recatosi da Giacomo con alcuni farisei, Fileto tentò di sostenere che Gesù Cristo di Nazareth, di cui Giacomo si dichiarava apostolo, non era il vero figlio di Dio. Ma Giacomo, parlando senza timore grazie allo Spirito Santo, distrusse ogni suo argomento mostrandogli, con la testimonianza delle Sacre Scritture, che Gesù era il vero figlio di Dio. Ritornato da Ermogene, Fileto gli disse: “So che Giacomo, il quale si dichiara servitore ed apostolo di Gesù Cristo di Nazareth, non può essere vinto. Infatti nel suo nome l’ho visto scacciare i demoni dai corpi degli ossessi, restituire la vista ai ciechi, guarire i lebbrosi. Accetta il mio consiglio, dunque, andiamo da lui e chiediamogli perdono. E se non vuoi farlo, sappi che la tua arte magica non ti servirà a nulla e che io tornerò da lui e lo pregherò di accettarmi come suo discepolo.”»[37].

L’Arlotta non riconosce l’episodio è suggerisce erroneamente che la scena «raffigura un gruppo di pellegrini oranti ai piedi di san Giacomo»[38].
La scena nella parte inferiore, a sinistra, ospitava un’iscrizione, che fu quasi del tutto occultata, di cui è possibile individuare solo alcuni caratteri e parole:

C[- – -] – – – – – – [civ]itati liberava

scena 7 iscrizioneFigura 31: Particolare

La scritta civitati liberava è da ritenersi, quasi senza dubbio, un’aggiunta posteriore, probabilmente, un ex-voto per una grazia ricevuta in occasione di un’epidemia[39], o una prolungata carestia[40], o una grave calamità naturale[41], di cui san Giacomo era stato intercessore.
Il racconto del Liber Sancti Jacopi prosegue:

«Sentendo parlare così, Ermogene, pervaso dalla collera, legò Fileto con le catene in modo che non potesse più muoversi, e gli disse: “Vedremo se il tuo Giacomo ti libererà da queste catene!”. Allora Fileto inviò immediatamente un suo servo da Giacomo. Quando questi fu giunto e gli ebbe raccontato l’accaduto, l’apostolo gli consegnò immediatamente un sudario per Fileto dicendo: “Riceva questo sudario e dica: il Signore solleva gli oppressi e libera coloro che sono incatenati”»[42].

Il terzo riquadro raffigura, il momento in cui a Fileto imprigionato viene mostrato il sudario mandatogli da Giacomo: la scena mostra il mago Ermogene, seduto su di un trono decorato con lo stemma dello scorpione[43], Fileto, paralizzato dal sortilegio del mago, con le mani legate che guarda verso il suo servo che gli mostra il sudario con il volto di Cristo mandatogli da Giacomo per liberarlo.

DSC05069Figura 32A Fileto imprigionato viene mostrato il sudario mandatogli da Giacomo

La narrazione continua raccontando che Fileto, liberato dal sortilegio, si recò correndo da Giacomo burlandosi delle arti magiche di Ermogene. Il mago arrabbiato per essere stato deriso, evocò dei demoni ordinando loro di portargli in catene Giacomo e Fileto per potersi prendere la sua vendetta contro di loro: tutto inutile perché i demoni mentre si avvicinarono al luogo in cui si trovava san Giacomo furono legati con catene infuocate da un angelo di Dio e vennero liberati solo dopo l’intervento dell’apostolo, che ordinò loro di condurre a lui lo stesso Ermogene[44].
Il riquadro successivo illustra il mago Ermogene che viene portato dai demoni dinnanzi san Giacomo: la scena mostra san Giacomo con il bordone, Fileto con le mani giunti che guarda in basso e il mago Ermogene inginocchiato tenuto legato per le mani da un demone mentre altri tre demoni stanno dietro di lui.

DSC05070Figura 33Il mago Ermogene che viene portato dai demoni dinnanzi san Giacomo

L’ultima scena, mostra, infine, la conversione e il battesimo di Ermogene: san Giacomo, tende nella mano sinistra l’ampolla con l’acqua lustrale sul capo di Ermogene che, inginocchiato con le mani giunti riceve il battesimo, accanto a questi Fileto, anch’esso inginocchiato con le mani giunte.

DSC05072Figura 34La conversione e il battesimo di Ermogene

Anche nella parte inferiore di questi ultimi tre riquadri, seppur molto rovinati, sotto lo strato di pittura nera, s’intravedono tracce di caratteri, che indicano la presenza di un’iscrizione occultata.

DSC05069 tracce iscrizione riquadro DSC05070 tracce iscrizioni DSC05072 tracce iscrizioni

Figura 35: Tracce iscrizione terzo riquadro narrativo
Figura 36: Tracce iscrizione quarto riquadro narrativo
Figura 37: Tracce iscrizione quinto riquadro narrativo

Per mettere in evidenza le iscrizioni che si celano sotto lo stato di pittura nera, i riquadri narrativi sono stati, da chi scrive, ispezionati in via preliminare con una lampada portatile UV corredata di un tubo fluorescente in luce UV (lampada di Wood) e esaminati a luce radente, quest’ultima ha messo in evidenza solo alcune lettere delle iscrizioni occultate.

20160820_235848 scena 4     20160821_000946 luce radente scena 8

Figura 38: Particolare a luce radente della parte inferiore del quarto riquadro narrativo, a sinistra
Figura 39: Particolare a luce radente della parte inferiore del terzo riquadro narrativo, a destra

Pertanto è chiara la necessità di affiancare a questi limitati e parziali esami anche altre indagini diagnostiche non invasive, quali ad esempio la radiografica ai raggi X e la riflettografica infrarossi (IR), che consentono di visualizzare elementi in genere celati alla vista. A tal fine chi scrive sta cercando di avviare un progetto di indagini diagnostiche.

NOTE

[1] Plumari G., Ricerche storiche della città di Randazzo, ms. del 1819 (alcuni fogli del manoscritto presentano una doppia numerazione), Archivio Privato, f. 173, n. 16; Idem, Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, voll. I-II, ms. del 1847-9, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77, vol. I, Libro III, p. 324, n. 40; IdemCodice diplomatico della fedelissima e piena città di Randazzo, ms. del XIX secolo, in ff., Biblioteca Comunale di Palermo, Qq H 116, nota C, f. 7r.
[2] Virzì S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, vol. 2, p. 123.
[3] Ibidem.
[4] In Sicilia il culto di san Giacomo iniziò a diffondersi a partire dal XII secolo, dopo la conquista normanna, tuttavia, ebbe una maggiore espansione dopo l’arrivo degli Aragonesi nel 1282. A Randazzo la chiesa di San Giacomo fu, per molti secoli, la sede dell’omonima confraternita, una tra le più antiche domus disciplinae jacopee di Sicilia, già esistente prima del 1459, anno in cui risulta pagasse le decime alla Santa Sede. (Arlotta G., Confraternite di San Giacomo in Sicilia, in «Santiago e la Sicilia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Messina, 2-4 Maggio 2003», a cura di Giuseppe Arlotta, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008, p. 343).
[5] Gambarini R., Riverente tributo d’ossequj alla gloriosa sant’Anna madre della Gran Madre di Dio, Venezia, 1708, pp. 10-12.
[6] Cenni storici. Chiese Monumenti antichità della Città di Randazzo, Adernò, 1906, Biblioteca Comunale di Randazzo riproduzione in fotocopia, 7.H.146, p. 56.
[7] De Roberto F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909, p. 59.
[8] Raciti Romeo V., Randazzo. Origine e monumenti, s.d., p. 25.
[9] Giansiracusa P., San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi, in «Compostella. Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani», n. 30, 2009, pp. 4-5.
[10] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudiniIdem, p. 6. Una copia dell’articolo si trova affissa, in calce, alla tavola.
[11] Giansiracusa P., San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi, op. cit., p. 4.
[12] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, op. cit., p. 6.
[13] Simbolo della regalità acquisita attraverso l’incarnazione di Cristo.
[14] La collana e i braccialetti di corallo indossati dal Bambino hanno un doppio valore: ornamentale e protettivo. Sono degli amuleti, ovvero oggetti ai quali veniva riconosciuta una potenza magica di tipo protettivo. Per gli arabi il corallo era un lasciapassare per l’aldilà, sacro alla dea Iside.
[15] Simili a quelli del maphorion della Madonna.
[16] San Giacomo è vestito a colori invertiti rispetto la Madonna.
[17] La trascrizione è data in minuscolo, utilizzando le maiuscole secondo gli usi comuni. L’integrazione di lacuna è stata posta tra parentesi quadre [ ]; con le parentesi tonde ( ) sono state sciolte le abbreviazioni. Si è inserita una barra obliqua / per segnalare la fine di ogni riga e una doppia barra obliqua // per segnalare la fine della sezione.
[18] Bianco R., Culto iacobeo in Puglia tra Medioevo ed Età Moderna. La Madonna, l’intercessione, la morte, in «Santiago e l’Italia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Perugia, 23-26 Maggio 2002», a cura di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2005, p. 136.
[19] Conosciuto come Codex calixtinus, è un’opera elaborata in un periodo compreso tra il 1139 e il 1173. Per l’autore-compilatore del Codex calixtinus si veda: Il Codice callistino. Prima edizione italiana integrale del Liber Sancti Jacobi – Codex calixtinus (sec. XII), traduzione e introduzione di Vincenza Maria Berardi, presentazione di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008, pp. 21-24.
[20] Ivi, Libro II, Cap. XVII, pp. 365-370.
[21] Trattasi di un’ampia raccolta di vite sante e leggende agiografiche, redatta a partire circa dall’anno 1260 fino alla morte dell’autore, avvenuta nel 1298.
[22] È probabile che sia l’immagine centrale che i riquadri siano profilati da un bordino marrone nascosto attualmente dalla cornice lignea, la cui presenza è intuibile nel terzo riquadro narrativo a destra.
[23] Teologo del XII secolo, profondo conoscitore di tradizioni ecclesiastiche e agiografiche.
[24] L’Arlotta riporta erroneamente che i discepoli furono incarcerati da Lupa.
[25] Iacopo da Varazze, Legenda aurea, edizione critica a cura di Giovanni Paolo Maggioni, Tavarnuzze-Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 1998, p. 654.
[26] Il Codice callistino, op. cit., Libro III, Cap. I, p. 385.
[27] La versione del miracolo dell’impiccato riportata nella Legenda aurea è un fedele riassunto del miracolo V, contenuto nel II libro del Liber Sancti Jacobi; Iacopo da Varazze, Legenda aurea, edizione critica, op. cit., pp. 656-657.
[28] Il Codice callistino, op. cit., Libro II, Cap. V, pp. 351-352.
[29] Vázquez De Parga L., Lacarra J. M., Uría Ríu J, Las Peregrinaciones a Santiago de Compostela, Madrid, 1948, Tomo I, Parte Tercera: Las consecuencias sociales y culturales de la peregrinacion, pp. 578-579.
[30] Ibidem.
[31] Un primo accenno al miracolo dell’impiccato e al gallo e la gallina si trova nell’Itinerario Marciano (Da Veniexia per andar a mese San Zacomo de Galizia), datato dalla dottoressa Angela Mariutti alla prima metà del XIV secolo. Paolo G. Caucci von Saucken, Relazioni italiane di pellegrinaggio a Compostella del Quattrocento, in «Actas del I Congreso de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval, Santiago de Compostela, 2-6 Diciembre 1985», Edición a cargo de Vicente Beltrán, Barcelona, PPU, 1988, p. 240.
[32] I sei trattini indicano una lacuna la cui entità non è precisabile (corrispondente ad un numero indefinito di righe). I tre trattini tra parentesi quadre indicano la presenza di lettere o parole incomprensibili o illeggibili non quantificabili.
[33] Vedi nota 24.
[34] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, op. cit., p. 6.
[35] «[…] I discepoli, risoluti e illuminati dall’accaduto, ripresero il proficuo cammino verso la dimora della citata matrona [Lupa], alla quale riferirono come il re [di Dugio], furioso per la rabbia, avesse voluto dar loro una morte infelice e come Dio avesse agito contro di lui per punirlo.
Le chiesero insistentemente, inoltre, di concedere loro, consacrandolo a Dio, il tempietto in passato dedicato agli idoli e la esortarono fermamente a rinnegare quei simulacri foggiati da mani umane, che non potevano essere utili a lei né d’aiuto al altri; i lori occhi, infatti, non potevano vedere, né le orecchie ascoltare o le narici percepire odori, e dunque essi non potevano giovare in alcun modo a nessuno della sua gente.
Ma la mente della matrona, fuori di sé anche per il timore che alcuni suoi parenti o affini avessero potuto trovare la morte nell’annegamento delle truppe reali, e perciò incapace – come accade spesso nelle questioni umane –, di pervenire ad una giusta decisione, iniziò a concepire una vana e bizzarra macchinazione, continuando a reputare falso quanto le era stato riferito.
E così, mentre i discepoli ancor più fermamente la sollecitavano con le loro umili richieste affinché concedesse loro una piccola parte della sua terra per seppellirvi le spoglie del santissimo apostolo, la matrona architettò un nuovo e maligno stratagemma. Convinta di poterli assassinare con l’astuzia, dunque, si rivolse loro dicendo:
 “Poiché mi sembra che sia vostra ferma intenzione ottenere ciò, e che non intendete in alcun modo rinunciarvi, ecco: io possiedo alcuni buoi addomesticati su un monte; servitevi di loro per procedere nel vostro intento e per trasportare tutto quanto vi sembri indispensabile per l’edificazione del tempio. Se vi dovesse mancare il cibo, mi occuperò volentieri di fornirlo a voi e a loro”.
Avendo ascoltato tali parole, e non essendosi accorti della falsità della donna, i discepoli dell’apostolo la ringraziarono e si misero in cammino. Giunti sul monte, però, videro qualcosa di inaspettato: nel momento in cui ebbero oltrepassato i valichi di quel rilievo, infatti, un immenso drago, che aveva reso deserte le abitazioni vicine a causa delle sue frequenti incursioni, uscì all’improvviso dalla propria grotta e si lanciò sui santi uomini di Dio vomitando fiamme, pronto ad attaccarli e a minacciarli di morte.
Quelli, però, lo sfidarono intrepidi ripensando ai dogmi della fede; rimanendo immobili, infatti, lo allontanarono mostrandogli il baluardo della croce.
Il drago, incapace di sopportare la vista della croce del Signore, si squarciò nella parte inferiore del ventre. Terminato lo scontro, i discepoli levarono gli occhi al cielo e resero grazie al Re Supremo dal profondo del cuore. Poi, per scacciare definitivamente da quel luogo la moltitudine dei demoni, benedissero l’acqua e la aspersero ovunque, su tutto il monte.

Dopo tale evento quel luogo, un tempo chiamato monte Ilicino, che sta a significare “seducente” perché prima di quell’epoca molti uomini, adescati dal demonio, svolgevano proprio lì i loro riti diabolici, fu da loro denominato Monte Sacro, che significa monte consacrato a Dio.
Poco dopo, però, i discepoli videro correre verso di loro i buoi che gli erano stati malignamente promessi: li osservarono in lontananza mentre, selvaggi e muggenti, squassavano barriere con le corna poste sulla sommità del capo e facevano tremare la terra con gli zoccoli.
E quando ormai questi sembravano sul punto di attaccarli lungo i pendii montuosi, minacciandoli di una morte crudele con la loro carica ostile, all’improvviso una grande calma e mansuetudine si impadronì dei buoi, tanto che quegli stessi animali, poco prima in procinto di assalire i discepoli per ucciderli efferatamente, adesso, abbassando il capo, appoggiarono invece spontaneamente le loro corna sulle mani dei santi uomini.

I portatori del santo corpo, accarezzando gli animali selvaggi ora divenuti docili, misero loro immediatamente il giogo e, percorsa una scorciatoia, fecero il loro ingresso nel palazzo della donna al seguito dei buoi ridotti all’ubbidienza.
Colta da stupore, quella riconobbe i miracoli che si erano verificati e, spinta da quei tre evidenti e incontestabili segni, acconsentì alla loro richiesta.». Il Codice callistino, op. cit., Libro I, Cap. I, pp. 386-387.

[36] Iacopo da Varazze, Legenda aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1995, p. 537.
[37] Il Codice callistino, op. cit., Libro I, Cap. IX, p. 149.
[38] Arlotta G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, op. cit., p. 6.
[39] Nel corso del XVI secolo, la Sicilia fu colpita per ben tre volte da un ondata di epidemia di peste: 1500, 1522-23 e 1575.
[40] «Le pestilenze erano capaci di indurre uno stato di carestia per effetto delle misure di controllo della circolazione d’uomini e merci per prevenire il diffondersi dell’epidemia. Sarebbe il caso della carestia del 1528-29, quando un’annata penuriosa ma non eccezionalmente negativa si trasformò in una grave carestia». Alfani G., Pestilenze e ‘crisi di sistema’ in Italia tra XVI e XVII secolo. Perturbazioni di breve periodo o cause di declino economico?, in «Le interazioni fra economia e ambiente biologico nell’Europa preindustriale secc. XIII-XVIII, Atti della “Quarantunesima Settimana di Studi”, 26-30 aprile 2009», , a cura di Simonetta Cavaciocchi, Firenze, University Press, 2010, nota 7, p. 221.
[41] Nel marzo 1536 vi verificò una violenta eruzione dell’Etna. Lo storico Tommaso Fazello (1498-1570), testimone oculare della spaventosa eruzione, così descrisse l’inizio dell’evento eruttivo: «il 23 di marzo del 1536, verso il tramontare del Sole, una nube di fumo nero al di dentro rosseggiante coprì la cima dell’Etna, e poco dopo dal cratere, e da nuove aperture fattesi nel contorno, uscì un gran fiume di lava che verso oriente andò a coprire un lago, dove liquefacendosi le nevi che vi erano si formò un grosso torrente che furioso scese con corso arcuto verso Randazzo sommergendo greggi di pecore, animali e tutto ciò che incontrò». Fazelli T., De rebus Siculis decades duae, 1558, pp. 60-62.
[42] Il Codice callistino, op. cit., Libro I, Cap. IX, p. 149.
[43] In araldica immaginaria questo stemma viene attribuito ai Giudei.
[44] Ibidem.

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio padre Josè Enrique Rodriguez Sainz, parroco della chiesa di San Nicola, per avermi permesso di esaminare la tavola.
Ringrazio sentitamente Emanuele Pitinzano per la grande disponibilità, pazienza e cortesia dimostratami. Senza di lui l’esame della tavola con la lampada di Wood non sarebbe stata possibile.
Ringrazio con affetto mia sorella Monia e i miei cari amici, Beppe, Silvana, Salvatore, Maria, Tina e Vincenzo, per aver condiviso con me l’indagine notturna.
Il mio più profondo ringraziamento va a Enzo, mio marito, per la sua presenza e l’impareggiabile supporto.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

ALFANI G., Pestilenze e ‘crisi di sistema’ in Italia tra XVI e XVII secolo. Perturbazioni di breve periodo o cause di declino economico?, in «Le interazioni fra economia e ambiente biologico nell’Europa preindustriale secc. XIII-XVIII, Atti della “Quarantunesima Settimana di Studi”, 26-30 aprile 2009», a cura di Simonetta Cavaciocchi, Firenze, University Press, 2010.

ARLOTTA G., Confraternite di San Giacomo in Sicilia, in «Santiago e la Sicilia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Messina, 2-4 Maggio 2003», a cura di Giuseppe Arlotta, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008.

ARLOTTA G., San Giacomo di Randazzo: iconografia e vicissitudini, in «Compostella. Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani», n. 30, 2009.

BIANCO R., Culto iacobeo in Puglia tra Medioevo ed Età Moderna. La Madonna, l’intercessione, la morte, in «Santiago e l’Italia. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Perugia, 23-26 Maggio 2002», a cura di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2005.

Cenni storici. Chiese Monumenti antichità della Città di Randazzo, Adernò, 1906, Biblioteca Comunale di Randazzo riproduzione in fotocopia, 7.H.146.

DE ROBERTO F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909.

FAZELLI T., De rebus Siculis decades duae, 1558.

GAMBARINI R., Riverente tributo d’ossequj alla gloriosa sant’Anna madre della Gran Madre di Dio, Venezia, 1708.

GIANSIRACUSA P., San Giacomo di Randazzo: struttura e analisi, in «Compostella. Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani», n. 30, 2009.

IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, a cura di Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1995.

IACOPO DA VARAZZE, Legenda aurea, edizione critica a cura di Giovanni Paolo Maggioni, Tavarnuzze-Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 1998.

Il Codice callistino. Prima edizione italiana integrale del Liber Sancti Jacobi – Codex calixtinus (sec. XII), traduzione e introduzione di Vincenza Maria Berardi, presentazione di Paolo Caucci von Saucken, Perugia, Edizioni Compostellane, 2008.

PAOLO G. CAUCCI VON SAUCKEN, Relazioni italiane di pellegrinaggio a Compostella del Quattrocento, in «Actas del I Congreso de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval, Santiago de Compostela, 2-6 Diciembre 1985», Edición a cargo de Vicente Beltrán, Barcelona, PPU, 1988.

PLUMARI G., Codice diplomatico della fedelissima e piena città di Randazzo, ms. del XIX secolo, in ff., Biblioteca Comunale di Palermo, Qq H 116.

PLUMARI G., Ricerche storiche della città di Randazzo, ms. del 1819 (alcuni fogli del manoscritto presentano una doppia numerazione), Archivio Privato.

PLUMARI G., Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia generale di Sicilia, voll. I-II, ms. del 1847-9, Biblioteca Comunale di Palermo, Qq G76-77.

RACITI ROMEO V., Randazzo. Origine e monumenti, s.d..

VÁZQUEZ DE PARGA L., LACARRA J. M., URÍA RÍU J, Las Peregrinaciones a Santiago de Compostela, Madrid, 1948, Tomo I.

VIRZÌ S. C., Randazzo e le sue opere d’arte. Atlante foto-topografico e storico, Randazzo, 1956, vol. 2.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Le fotografie e le illustrazioni riprodotte nell’articolo, quando non specificato diversamente, sono state eseguite dall’autrice.

Figura 2: La chiesa di San Giuseppe, in una foto, degli inizi del Novecento, del De Roberto, tratta da: De Roberto F., Randazzo e la Valle dell’Alcantara, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche Editore, 1909, p.86.

Figura 3: La chiesa di San Giuseppe in una foto degli anni 30, immagine gentilmente postata dall’avvocato Salvatore Manitta, sul gruppo Facebook “Randazzo Tutti in un Gruppo”, <https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10206568113783338&set=gm.101 53975714020883&type=3&theater>, agg. 2016.

Figura 6: Madre di Dio della consolatrice tratta da: La ricostruzione dell’icona costantinopolitana, in «L’immagine sacra nella Chiesa», <http://www.iconografi.it/?p=304>, agg. 2016

 Ancora Angela Militi su un “VOLTO MISTERIOSO”

 

                                    Un volto misterioso

Spesso gli artisti, di ogni tempo, hanno celato figure, scritte, simboli e messaggi in codici, all’interno delle loro opere.

Ne è un esempio il famoso affresco di Giotto “Morte e Ascensione di San Francesco”, nella Basilica di San Francesco in Assisi, dove, nella ventesima scena della vita del Santo – raffigurante la morte di San Francesco –, Giotto, celò, nella parte alta di destra della nuvola, un volto satanico.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

Mentre, il Mantegna, nel suo “San Sebastiano” – conservato presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna – inserì, sullo sfondo del cielo, una nuvola a forma di cavaliere su di un cavallo.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

All’interno della chiesa di San Nicola di Randazzo, è custodito un bel quadro raffigurante San Michele Arcangelo, di autore ignoto.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

L’Arcangelo è ritratto come un giovane guerriero alato (Archistratega, principe delle milizie celesti), sospeso su un cumolo di nuvole, con il corpo leggermente proteso in avanti, scruta le profondità infere che eruttano lingue di fuoco e getti di fumo. Esso, indossa una veste bianca – simbolo di purezza – con maniche corte ricamate su cui è posta la raffinata lorica, con accollatura quadrata, di colore blu cobalto – simbolo di giustizia –, con pteruges – su cosce e braccia –, contornata d’oro e decorata con phalerae. Il mantello color rosso – simbolo di nobiltà e coraggio –, fermato alle spalle con due fibule, scende lungo la schiena, si avvolge intorno ai fianchi e poi ricade lungo la gamba sinistra. Ai piedi reca eleganti calzari a mezza gamba; il capo è scoperto, i capelli biondi e fluenti. Nella mano destra impugna la spada, mentre con la sinistra sorregge una bilancia, con cui pesa le anime dei defunti (psicostasia o psicostasi).

Accanto la gamba sinistra di San Michele, parzialmente coperta dalle nuvole, s’intravede la figura a mezzo busto di una monaca, con velo e soggolo – che le cinge il collo – bianchi, mentre sotto la nuvola, su cui l’Arcangelo, poggia la punta del piede, si distingue la mano sinistra della religiosa, al cui dito indice porta un anello d’oro.

San Michele, Arcangelo, Misteri, Volti Misteriosi, Arte

Ma chi è la monaca ritratta nel dipinto dall’ignoto pittore. Si tratta forse di una santa,  oppure essa allude a una committenza femminile?

Certo, una cosa non esclude l’altra, in quanto spesso alcune sante, come Santa Caterina, venivano effigiate dai pittori, per rendere omaggio a committenti donne.

Tuttavia non si sa se il pittore abbia voluto alludere a una committenza femminile o abbia voluto effigiare una santa, ma a ben guardare quel volto – parziale – tra le nuvole, sembrano due scelte da escludere,  in quanto osservando con più attenzione la scena del dipinto, appare evidente che, il pittore abbia ritratto, in realtà, l’anima di una monaca (o badessa) che, sottoposta a giudizio al momento della morte, osserva il verdetto della sua pesatura; il piatto della bilancia, pende verso destra, pertanto l’anima della monaca è stata salvata, perché meritevole del perdono divino.

Lionardo Vigo, in occasione di un suo soggiorno in città, nel luglio del 1833, visitò il carcere della stessa e, in una missiva all’amico Ferdinando Malvica, raccontò: «E’ poco che si aperse una di quelle buche; vi si rinvenne incadaverita una monaca……forse imputata di sortilegio……Ma come morì? chiedeva nel mio raccapriccio al custode – se la scordarono forse;– forse! E si scorda vivo sepolto un’essere, il quale ha diritto alla vita quanto i malvagi stessi, che ivi lo chiusero…… ed ha grandi diritti alla pubblica compassione, perché era infelice!».

Si trattava, forse, della monaca del dipinto? La nostra badessa era una strega, per questo motivo fu giudicata da San Michele Arcangelo, dopo la sua morte?

Chi è la misteriosa badessa….qual’è la Vostra ipotesi?

FONTI BIBLIOGRAFICHE

GUIDI F., Il mestiere delle armi. Le forze armate dell’antica Roma, Milano, Oscar Mondadori, 2011.

VIGO L., Lettere di Lionardo Vigo a Ferdinando Malvica sopra una gita da Catania a Randazzo, in «Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia», Tomo X, Palermo 1834, p. 209.

FONTI INTERNET

Laboratorio d’Arte Cultor, Le immagini nascoste nei dipinti di Andrea Mantegna e di Giotto, <http://www.cultor.org/Mantegna/s.html >, agg. 2013.

Opere d’arti insolite. Opere misteriose, < https://antveral.wordpress. com/2012/06/10/3143/ >, agg. 2013.

Barletta D., Michele, un antico guerriero e santo, <http://www.clinicasanmichele.com/public/San%20Michele-dora%20barletta.pdf>, agg. 2013.

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Mantegna Andrea, San Sebastiano, Kunsthistorisches Museum di Vienna, tratto da: <http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ac/MantegnaSebastian.jpg>, agg. 2013.

Giotto, Morte di San Francesco, Basilica Superiore di Assisi, tratto da: <http://it.wikipedia.org/wiki/File:Giotto_di_Bondone_-_Legend_of_St_Francis_-_20.
_Death_and_Ascension_of_St_Francis_-_WGA09146.jpg>, agg. 2013.

Ingrandimento volto satanico, tratto da: <http://www.cultor.org/Mantegna/s.html>, agg. 2013, riprodotta per gentile concessione della Cultor Comunicazione.

Randazzo Segreta di Angela Militi .

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Cosi  descrive la chiesa di San Nicola il salesiano  Don Calogero Salvatore Virzì.

 

 

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LA CHIESA DI SAN NICOLA si trova al centro della cittadina e dell’originario quartiere greco, dove verosimilmente si sarebbero insediati gli antichi cittadini di Trincala, antica e leggendaria città greca.
San Nicola è la più grande chiesa di Randazzo e della Diocesi, tanto da essere elevata anticamente a sede vescovile, caratteristica questa per la quale Re Federico II di Svevia le elargì il privilegio di fare da sede ai raduni delle Civiche Assemblee Generali.
Le parti più antiche risalgono al sec. XIII e la sua struttura originaria era in stile normanno-svevo. Come ci ricorda la lapide infissa sul lato sud della chiesa, venne ristrutturata una prima volta nel 1589 e, successivamente nel 1605.
Il Campanile ricostruito nell’anno 1783 e tuttora incompleto, sostituì l’incantevole torre campanaria 1300 distrutta dal grande terremoto del 1693.
Le robuste absidi poligonali del XIII sec. e il sistema di merlatura, fanno pensare ad un’organismo fortificato, più che a una costruzione religiosa. Gravemente danneggiata strutturalmente nel corso dei bombardamenti anglo-americani del luglio-agosto 1943, la chiesa di San Nicola fu privata di tantissimi tesori d’arte in essa custoditi, andati distrutti.
La chiesa si presenta oggi come un complesso architettonico imponente con soprastrutture di epoche e stili diversi che le danno un tono davvero variegato.

Al suo interno conserva preziosi ori quadri e argenti di arte religiosa, straordinari reperti scampati ai bombardamenti.
Oltre a questi numerosi beni artistici e religiosi, la chiesa conserva anche un mistero mai svelato vecchio di tanti secoli: la leggendaria costola del saraceno.
Davanti alla parrocchia di San Nicolò, si apre la sua armoniosa piazza dove spicca la poderosa statua in marmo del gigante Piracmone, conosciuto con il nome di “Ranazzu Vecchiu”.
Alla statua, che raffigura un nudo maschile circondato da un’aquila, un leone e due serpenti, sono stati attribuiti diversi significati più o meno verosimili; in particolare, come accennavamo sopra, il simbolo di un’improbabile unione delle tre antiche etnie presenti a Randazzo: i latini, i greci e i lombardi.
Si affaccia sulla piazza il sobrio palazzo Russo, un’antico edificio nobiliare del XIV sec., la Via degli Archi o Uffizi e la deliziosa chiesetta di Santa Maria della Volta, risalente al sec. XIV e restaurata verso la metà degli anni 80, verosimilmente apparteneva ad una famiglia nobiliare di quei tempi, e trasferita in seguito ad una comunità di suore e ancora dopo ad una Confraternita che ne portava il nome.
Enzo Crimi

 Galleria Fotografica:

 

Giuseppe De Thomasio, La Santissima Trinità – Chiesa di S. Nicola – Randazzo

I discepoli di Emmaus, (paliotto), secolo XIX, marmo scolpito. Randazzo, Basilica San Nicolò di Bari

Vittorio Sgarbi ammira i due episodi di San Nicola scolpiti da Antonello Gagini sotto la statua del Santo .

Chiesa di San Nicola. Opera di Salvatore Grasso

   

Antonio Gagini

 

L’Imperatore Carlo V

 

 «Sul mio impero non tramonta mai il sole»

Carlo V d’Asburgo nacque a Gand, nelle Fiandre, il 24 febbraio 1500, e morì a San Jerónimo de Yuste il 21 settembre 1558.
Carlo V discendeva da alcuni dei casati più illustri della nobiltà europea: infatti, era figlio di Filippo d’Asburgo, detto il Bello (p

L’Imperatore Carlo V d’Asburgo.

erciò nipote dell’Imperatore Massimiliano d’Asburgo) e di Giovanna detta la Pazza (figlia di Ferdinando d’Aragona e di Isabella di Castiglia).

Nel 1516, dopo la morte di Ferdinando il Cattolico, Carlo (che, alla morte del padre, nel 1506, aveva già ereditato i Paesi Bassi), divenne re dell’ormai unificato Regno di Spagna, che, da un lato, con il possesso del regno di Napoli, della Sicilia, della Sardegna e delle Isole Baleari, già occupava una posizione centrale nel Mediterraneo; dall’altro, con le recenti conquiste sulle sponde del continente americano, si proiettava verso gli oceani, contendendo ai Portoghesi il dominio delle nuove terre.

Recatosi in Spagna, non riuscì, però, ad ottenere il consenso delle Cortes che, convocate, rivendicarono la loro autonomia, negandogli i crediti richiesti. Nel 1519, allorché morì Massimiliano d’Asburgo, si recò in Germania a porre la propria candidatura alla corona imperiale, lasciando come reggente in Castiglia Adriano di Utrecht. Subito divampò la rivolta, detta dei comuneros; Carlo, ritornato nel 1522, ristabilì l’ordine mostrandosi clemente verso i ribelli e limitandosi a giustiziare i capi principali, ma fu questo il primo segno delle contraddizioni fra interessi regionali e politica europea, che tormentarono tutto il suo regno

Intanto, nel 1519, nonostante l’opposizione del re di Francia Francesco I, Carlo, comprando gli elettori grazie al prestito di una forte somma di denaro concessagli dai banchieri tedeschi di Augusta Fugger e Welser, era riuscito a farsi incoronare imperatore ad Aquisgrana, con il nome di Carlo V: il suo potere si estendeva, ora, su un immenso territorio, che, oltre all’Impero, comprendeva i possedimenti borgognoni, i possedimenti dinastici degli Asburgo e la corona spagnola, con le colonie americane, per cui si poteva effettivamente dire che il suo era “un impero su cui non tramontava mai il sole” (secondo le sue stesse parole).

Francesco I, re di Francia, che aveva posto senza successo la propria candidatura, reagì all’accerchiamento territoriale in cui si era venuto a trovare da parte di Carlo V con la guerra. Nel 1521 scese in Italia, rivendicando il ducato di Milano, già conquistato da Luigi XII, e iniziando una lotta che, attraverso quattro fasi, terminò solo nel 1544, con il trattato di Crépy, con cui fu raggiunta la pace sulla base dello “status quo”.

Di fronte ai problemi sollevati dalla Riforma, la posizione di Carlo fu molto prudente per il timore di urtare i principi tedeschi. Alla dieta di Worms (1521), Lutero, che non aveva ritrattato, fu lasciato libero e di fatto non fu perseguitato nemmeno dopo il bando. Alla dieta di Spira (1526) fu sancita la liceità della confessione luterana sino alle decisioni del successivo concilio; e quando, a una seconda dieta di Spira (1529), Carlo, che si era riconciliato con il pontefice, tentò di risolvere la questione con la forza, le reazioni protestanti (lega di Smalcalda e protesta di Augusta, 1530) lo fecero tornare su una posizione conciliatrice.

Si faceva intanto sempre più grave il problema turco: nel 1534 Khair ad-Din, detto il Barbarossa, tolta Tunisi al re berbero Mulay Hasan, se ne serviva come base per le scorrerie dei suoi pirati. Carlo organizzò una spedizione a cui parteciparono tutti gli Stati europei, esclusa Venezia. Tunisi venne restituita a Mulay Hasan e i pirati subirono una dura sconfitta.

Antony Van Dick-Ritratto equestre dell’imperatore Caro V.

Nel 1545 si era aperto il Concilio di Trento e Carlo si era andato convincendo che era ormai possibile risolvere il problema protestante con la forza. Alleatosi con Maurizio di Sassonia, condusse una campagna sul Danubio, a cui Paolo III partecipò con uomini e mezzi e che si risolse con la vittoria di Muhlberg (1547), in cui fu distrutto l’esercito protestante e molti capi vennero fatti prigionieri.
Ma la situazione si capovolse rapidamente e Carlo fu costretto a firmare il trattato di Passavia (1552), con cui vennero liberati i principi protestanti prigionieri e fu ristabilita in Germania la libertà di culto. Una sua frase famosa era: “La ragione di stato non deve opporsi allo stato della ragione”.
Logorato nel fisico e nel morale, essendo ben consapevole di aver visto fallire il proprio disegno di monarchia universale cattolica, Carlo abdicò (1555-56), ritirandosi nel convento spagnolo di Yuste, dopo aver affidato la corona d’Austria al fratello Ferdinando I e la corona di Spagna con tutti i suoi domini al figlio Filippo II. Nel 1558 Ferdinando I assunse il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero .

Il 16 ottobre del 1535  Carlo V venne a Randazzo e si fermò per tre giorni nel Palazzo Reale prima di ripartire per Messina.
Su questa visita molto si è scritto, qui vediamo di seguito quello che il Cappuccino padre  Luigi Magro scrisse nel suo “Cenni Storici della Città di Randazzo” : 

Per poter aderire all’opinione dei nostri storici Concittadini che affermano che l’Imperatore si sia fermato tre giorni a Randazzo, sarebbe necessario dare una delucida­zione o fare una correzione: Carlo V° partì da Palermo il giorno 14 e giunse a Polizzi, il giorno 15 giunse a Troina, il giorno 16 giunse a Randazzo fermandosi il 17, 18 e 19; il 19 partì per Taormina  ed il 20 per Messina.

            In questa occasione, avendo trovato cadente per la vetustà l’antico Campanile di S. Nicolò, non approvando che fosse demolito un monumento così pregevole dell’arte antica, attesoché vantava l’epoca di sua costruzione probabilmente sin dall’anno 448, stimò piut­tosto farlo fortificare con grosse catene di ferro, a spese del suo Imperiale Erario, come fu eseguito. Sebbene poi, con pena universale bisognò demolirlo nel secolo XVIII° perché il terremoto dell’11 gennaio 1693 che atterò la Città di Catania, lo aveva reso pericolante.

            Dicono pure i nostri storici Concittadini, nei loro manoscritti che, quando l’Imperatore, dal punto della diruta Chiesa di S. Elia scoprì il nostro Paese, volgendosi ai circostanti, ab­bia detto queste parole: “Come si appella questa Città con tre Torri?” indicando i Campanili delle tre Chiese Parrocchiali; alla quale domanda il Magistrato rispose: “Semprecché la Pa­rola Reale di Vostra Cesarea Maestà non deve andare indietro, è questa la Città di Ran­dazzo dalla Vostra Maestà or ora onorata col Titolo di Città”. Al ché l’Imperatore soggiunse: resta accordato. ( A ricevere l’Imperatore è stato il Magistrato Civico (Sindaco di quei tempi) che si chiamava Francesco Lanza così come riportato nel libro rosso della chiesa di San Martino ndr ).

            Di questo Titolo si servì l’Imperatore nel primo Privilegio che poi emanò a Messina per confermare a Randazzo tutti i Privilegi antecedenti i quali erano stati confermati nel Parlamento Generale che dallo stesso Imperatore era stato tenuto in Palermo nel prece­dente mese di settembre (Reg. Lib. Magno foglio 48).

            Perciò Antonio Filoteo, nella celebre sua Topografia del Monte Etna, encomia la no­stra Città con queste parole: “Randatium nobile Oppidum et Caesaris beneficio Civitatem”.
Oltre a dare al nostro Paese il Titolo di Città sembra che l’Imperatore lusingato dell’accoglienza molto calorosa, affacciandosi da una finestra del Palazzo Reale rivolgendosi alla folla acclamante , abbia detto:” Estoes  todos  Caballeros ” ( Siate tutti Cavalieri ) dal che il sottotitolo di questo sito: ” tutticavalieritutti “.
(Analogamente recatosi a Genova disse ai nobili genovesi: “Vi nomino tutti Marchesi”).
 Da quel giorno da quella finestra non si è affacciato più nessuno .
A ricordo di questa memorabile visita qualche Randazzese malizioso gli dedicò una poesia: 

E Carlu Quintu ti ‘ncurunau regina
Quannu passava ‘nta lu to Rannazzu
Ti vossi ‘nta lu sonnu chiu vicina
Cu’ illu ti purtau ‘nta lu palazzu…… 

 

Del suo passaggio in città rimane traccia in un documento del  Libro rosso della chiesa di San Martino[1]:

«Die 18 octobris 1535: octave ind(ictioni)s
Sia noctu (et) manifesto ali posteri como nelo / supradicto tempo passao d(i) q(ui)sta chitati d(i) / Randatio la cesaria maiestà del imperaturi / n(ost)ro Carolo V° venendo cu(m) sum(m)a leticia (et) / triumpho havendo cu(m) la sua virtuti victori / d(i) Carthagini fedifraga (et) i(n) la ecclesia d(i) / Sancto Martino li fonti erano plini d(i) / aqua rossa (et) inanti li porti d(i)la predicta / ecclesia li foru facti certi arch(i) triu(m)phali / (et) tuti quisti cosi foru facti e(s)endo / aucturi et p(ro)curaturi lo venerabili / pres(bi)t(er)i Franchisco Purchello Valete»[2].

Il reverendo Giuseppe Plumari, parlando di tale evento, nel suo manoscritto Storia di Randazzo, riferisce che:

«Dai Manoscritti dè nostri Concittadini, si è venuto a capo di sapere, ch’Egli arrivò in questa nostra Patria nel Dì 18 ottobre di esso Anno 1535: Che la Porta della Città, pella quale entrò questo Augusto, nomata di S. Martino, fù apparata con più Archi trionfali; E che il Civico Magistrato, ch’era andato ad incontrarlo con tutta la Nobilità sino al Piano nomato Gurrita, arrivato, che fù al punto di dover entrare nella Città, gli presentò, dentro una Tazza di Argento, le Chiavi di tutte le Porte della Città.
Accompagnato indi dalla così detta Nobile Cavalcata, e dal Popolo giulivo, entrò in // Città, cavalcando sù di un bianco destriero, ed andò ad albergare nell’ampio Real Palazzo, in cui erano soliti abitare gli altri Sovrani antecessori.
Fin’oggi si osserva una Fenestra di esso Palazzo, che guarda la Tramontana, quale trovasi chiusa, e murata in venerazione di essersi dalla medesima affacciato il detto Imperatore. […]
Dimorò in Randazzo questo Augusto Monarca per lo spazio di altri tre Giorni, avendo ascoltata la S. Messa ogni mattina in ciascuna delle tre Chiese Parrocchiali, celebrata dall’Arciprete di quella Staggione; Ed in questa occasione, avendo trovato indebolito dalla Vetustà l’antico Campanile della Parrocchia di S: Nicolò, quale sembrogli, che minacciava rovina, non approvando Ei, che si demolisse un monumento così pregevole dell’antichità, atteso che vantava l’Epoca di sua costruzione sin dall’Anno 448 […], stimò piuttosto di farlo fortificare con grosse Catene di ferro a spese dell’Eratio suo Imperiale; come fù eseguito».

 

Ed aggiunge:

«Dicono pure i nostri Storici né loro Manoscritti, che allo scoprir, che fece esso Imperatore dal punto della // diruta Chiesa di Sto Elia, questa nostra Patria, disse à circostanti le seguenti parole: Come si appella questa Città con tre Torri? Indicando i Campanili delle tre Chiese Parrocchiali; a cui risposero così: Semprecchè la Parola Reale di V. Cesarea Maestà non deve andare indietro, è questa la Città di Randazzo, dalla Maestà Vostra, or ora onorata del Titolo di Città, al chè l’Imperatore soggiunse: Resta accordato»[3].

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Figura 4: La città di Randazzo vista da dove un tempo sorgeva la chiesa di Sant’Elia

Di questa breve ma memorabile visita rimangono anche alcune leggende, ancora vive nella memoria popolare locale.
Una leggenda racconta che l’imperatore Carlo V, compiaciuto per l’accoglienza e le ovazioni del popolo randazzese, mentre era affacciato ad una finestra del Palazzo Reale, pronunciò la leggendaria frase: “Todos caballeros” (Siate tutti cavalieri), che fu intrepretata dal popolo come elevazione dei randazzesi al rango di cavalieri. La stessa finestra, sembra sia stata protagonista muta di un altro evento leggendario. La tradizione narra, infatti, che l’Imperatore mentre era affacciato a quella finestra, scorse una giovane e bella fanciulla bionda, appartenente ad una famiglia nobile randazzese di origini normanne, della quale si infatuò perdutamente e, pare, che dalla loro unione nacque un figlio/a illeggittimo/a.

FrancescoRubbino

 


 

 

 


 

CONVENTO FRATI MINORI CAPPUCCINI

                                                                     DENOMINAZIONE: RandatiumRandazzo

   ANNO DI FONDAZIONE:

Fondato nel 1544 dal M.R.P.Arcangelo da Catania essendo Generale P.Francesco da Jesi.

Il secondo convento,secondo il Bollario,fu fabbricato nel 1600.
Il convento e l’orto,incamerati dal Governo nel 1866,furono riacquistati dai Frati che vi eressero il Seminario Serafico.

AVVENIMENTI STORICI – CRONOLOGIA

CRONOLOGIA

 

 440 a.c.  –   La Città di Trinacia (futura Randazzo) nel 440 a.C. fu  assediata e sconfitta dai Siracusani.  I Trinacesi  diedero prova di grande valore e per non ca­dere in mano al nemico, cui non vollero arrendersi, si uccisero tutti l’un l’altro, senza restarne in vita che fosse uno”.  (così scrive Emmanuele La Monaca, nella sua “Antichità di Sicilia”).

254 – Il 1° febbraio del 254 si verificò una terribile eruzione dell’Etna. Gli abitanti del luogo si rivolsero alla SS Vergine che accogliendo le suppliche salva la Città dalla lava. Grati del celeste favore i Tiraciesi costruirono una Chiesa di legno nella quale rimase nello stesso luogo dove si era trovato il pilastro con l’Immagine della Madonna  e fu chiamata  Santa Maria del Pileri.  (Padre L.Magro) 

891 –   Secondo il Codice Arabo Tomo II° fogl. 285, nel 891  Randazzo aveva la popolazione di ventitremila anime.

1074  –  Il monastero di San Giorgio, che prima si chiamava Monastero di S. Maria Maddalena delle Moniale Benedettine,  prese questo nome per volere del Conte Ruggero che aveva lasciato lì il Quadro con l’Immagine di San Giorgio Martire e  cin­que pezzetti di ossa fra cui un’intera costola preziose Reliquie del  Santo ed un dente mascellare dell’Apostolo Paolo.

1088 Il Pontefice Urbano II (ispiratore della Prima Crociata per la liberazione di Costantinopoli e realizzatore del programma di portare e tenere   la  Campania e la  Sicilia saldamente nella sfera d’influenza cattolica,) diretto a Troina si fermò a Randazzo e celebrò messa nella chiesa di S. Maria (unica di rito latino).

1198  – La Chiesa Abbaziale di Randazzo era “Suffraganea” di Messina, ol­tre che per tradizione, anche perché una Bolla Pontificia di Innocenzo III°, emanata nell’anno 1198, trascritta da Carlo Domenico Gallo negli Annali della Città di Messina,  accordava a Bernardo Arcivescovo di Messina l’uso del Pallio, autorizzandolo a poterlo usare non solo nella propria Diocesi, ma pure nelle Chiese suffraganee di Troina, Lipari, Cefalù, Taormina e Randazzo.

1150 – …… nel veridico sito detto Triocla, oggi su fortissima rupe,  è giacente quella Nobile Città che fu denominata Randatium.
(Nota bene: = RANDATIUM : nome originario da Trinacium, che senza la T fu detta dai Saraceni Rinacium e Ranacium. Il primo che poi la denominò Randatium fu il conte Ruggiero, allora quanto concesse all’Abate di Sant’Angelo di Brolo l’ex feudo di Santa Maria del Bosco).

1154  Il geografo arabo del re Ruggero II  El-Edrisi descrive Randazzo come un villaggio “del tutto simile ad una cittadina con un mercato che pullula di mercanti e artigiani”, testimoniandone il particolare periodo di prosperità economica.

1195  –  L’Imperatore Arrigo VI, nel suo viaggio (1195 ?) da Castrogiovanni a Messina dove si recava per causa di malattia, a settembre fu a Maniace ; in tale occasione dovette necessariamente passare da Randazzo.

1197  – La Regina Costanza – moglie dell’Imperatore Arrigo VI  – fu di passaggio da Randazzo in luglio 1197, nel suo viaggio da Messina a Palermo.

1210  –  L’Imperatore Federico II e sua moglie la Regina Costanza, per consiglio dei medici in quanto a Palermo vi era la peste, soggiornarono per la salubrità del clima prima a Montalbano e poi a Randazzo ove si fermarono tutto il mese di ottobre.

1217  –  La chiesa di Santa Maria. La data della costruzione della Chiesa si trova scolpita nell’ Epigrafe  sul pilastro di tramontana della Chiesa che recita  (la traduzione è di don Calogero Virzì) 🙁 una nuova versione di Angela Militi la data 12 marzo del 1214. vedere: randazzo segreta)     “ Nel lasso di tempo del 1217 dopo la nascita della Vergine Maria del Verbo, fu costruito questo edificio coperto da volte in pietra sopra archi sostenuti da dodici colonne lavorate con arte eccellente.  Un leone collocato sopra la parte terminale orna con arte questa opera egregia, tempio venerato di Cristo.  Nell’anno del Signore 1239 questa opera fu portata a termine “.
 Con Lettere Apostoliche  del 20 settembre 1957 fu elevata a Basilica Minore Pontificia.  

1239 – Nella cornice del  muro di destra della Basilica di Santa Maria (dalla parte del corso Umberto I) si legge la scritta  “IMPERANTE”.  Doveva esserci scritto: ” IMPERANTE FEDERICO II “. La domenica di Palma del 1239, però, il Papa Gregorio IX  scomunica per la seconda volta l’Imperatore e quindi  la frase resta incompleta.

1256    “L’imperatore Manfredi, figlio naturale del Re Federico II e della Regina Bianca, presa d’assalto Randazzo nel 1256, e si fece quì acclamare Re, due anni prima che fosse coronato in Palermo, lasciando quì Governatore suo zio Federico Lanza Principe di Antiochia e Conte di Capizzi, dal quale ebbe origine in Randazzo questa Fami­glia della quale Nicolò De Antiochia fu uno dei Senatori nel 1282,  e Benedetto De Antiochia che sposò in Ran­dazzo Margarita Omodei, Baronessa di Maletto”.

1282  –  Pietro I d’Aragona il 10 agosto 1282 sbarcava a Trapani e dopo essere stato incoronato a Palermo si diresse (8 settembre) a Randazzo  – unica città murata dell’entroterra del Valdemone posta sull’alto Alcantara che presentava per l’esercito siciliano tutte le garanzie di una città fortificata – e qui fece attendere il suo esercito, in una località che ancora, a ricordo, porta il nome di “Campu re“, per soccorrere Messina assediata dagli Angioini.  

1282 –  Randazzo prese parte ai Vespri Siciliani (ribellione scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo contro i francesi). La città insorse contro gli Angioini e nel piano che circonda il lago Gurrita i randazzesi sterminarono le truppe francesi che presidiavano la città.

1282 Pietro I d’Aragona fa restaurare le porte di San Giorgio e la porta aragonese, detta anche Porta di San Giuliano, che deve il suo nome al fatto che Re Pietro d’Aragona restaurandola, fece apporre accanto allo stemma del paese anche il proprio e quello della moglie Costanza. 

1286  –  Il re Giacomo D’Aragona, secondogenito di Pietro e della regina Costanza, visitò Randazzo e la definì Terra Prelibata.

1292  – 
Nella battaglia navale, il mese di luglio, che vide contrapporsi il re di Sicilia Federico II contro Carlo D’Angiò perse la vita il randazzese Corrado Lanza che nel 1282 era stato nominato  dal Re  Pietro I° Senatore di Randazzo occupando pure la Carica di Gran Cancelliere della Corona di Sicilia.

1296  –  Lo storico Giuseppe Bonfiglio (1547-1622) cosi descrive Randazzo parlando della guerra tra il Re Federico II e Carlo D’Angiò    “Vicino Castiglione principale fortezza del Laoria, è situata la Città di Randazzo la quale, per le sue ricchezze, nobiltà di  Cittadini, numerosità di popolo e grandezza di territorio, a nessuna del Regno è seconda”.

1299  –  Michele Amari (Palermo 1806 – Firenze 1899 storico, politico ed arabista) nella sua opera “La guerra del Vespro Siciliano” definisce: “Randazzo, principal città in Val Demone dopo Messina” . Commentando un testo arabo  trova che Randazzo veniva definita: “città  tetra e sinistra , nonostante i suoi balconi , le sue porte di pietra scolpita”.

1300 – Agli inizi del 1300, il duca Roberto d’Angiò, sferrò un attacco armato contro Randazzo, città fedelissima a re Federico III d’Aragona. I Randazzesi serrarono le porte, le munirono di armati e presidiarono le otto torri di guardie scelte. Per evitare un lungo, probabile assedio, i cittadini passarono al contrattacco: in una notte di buio fittissimo, l’esercito randazzese uscì da Porta Pugliese ed attaccò gli armati angioini. Seguì un furioso combattimento: l’esercito angioino fu costretto a battere in ritirata dall’impeto dei Randazzesi. L’avvenimento va sotto il nome di “assalto della Fonte del Roccaro”, una  fontana che ancora esiste sulle sponde del fiume Alcantara.

1303  –  Federico d’Aragona o Federico II (Barcellona 1273-Paternò 1337),  incoronato re di Sicilia (o di Trinacria) a Palermo il 25 marzo del 1296, per una particolare distinzione di onore e per lo sviluppo  urbanistico della Città, il 10 febbraio 1303 emanò un decreto con cui fece obbligo a tutti i baroni del regno di trasferirsi a Randazzo assieme alla sua Corte per villeggiare nei quattro mesi estivi.

1312 La Regina Eleonora, moglie del Re Federico II, diede alla luce a Randazzo il Reale Infante cui, nella fonte battesimale della Chiesa  di S. Nicolò, fu imposto il nome di Guglielmo e  gli fu dato dal Padre il titolo di primo Duca di Randazzo. 

1337  –  Il Re Federico II,  nell’ultimo giro che fece in Sicilia, giunto a Castrogiovanni   elesse il suo quartogenito Principe Giovanni quale secondo Duca di Randazzo in sostitu­zione del fratello Guglielmo deceduto nel 1320, all’età di otto anni. A questo Duca, oltre ai Casali soggetti al Distretto di Randazzo, furono addette le Città di Troina, Castiglione e Francavilla. 

1337  Giovanni d’Aragona,  Quarto figlio di re Federico III di Trinacria e di Eleonora d’Angiò, nacque nella primavera del 1317. Dotato di ricchi feudi (Mineo, Alcamo, Francavilla, Torino, Malta, Pantelleria), alla morte di Federico nel 1337, in virtù appunto del testamento paterno vide elevato al rango di Marchesato, fino allora mai conferito in Sicilia, la sua signoria di Randazzo, ottenendo un posto di grande rilievo nella feudalità siciliana

1338  –  Il Re Pietro II° , figlio primogenito di Federico II,  e la moglie Elisabetta di Baviera che sposò nel 1321,  tenne Residenza in Randazzo con tutta la Reale Famiglia, nei quattro mesi di estate. 

1342  –  Divenuta  vedova la Regina Elisabetta l’ 8 agosto 1342, insieme ai figli Ludovico e Federico, dovette rimanere a Randazzo   sino al 1347, per disposizione del Duca Giovanni, Tutore di Ludovico ed Amministratore del Regno.

1348  – Si può leggere  da un diploma del 1348, emanato in Catania il 14 agosto  da Federico il Giovane,  Duca di Atene, Marchese di Randazzo, Conte di Mi­neo e Calatafimi, che Randazzo ottenne la Reale ap­provazione di due Capi­toli dove era dichiarato che il Distretto della Città di Randazzo era costituito da dodici Casali e precisamente : Spanò, Carcaci, Floresta, Pulichello, Cattaino, Bolo, S. Teodoro, Chisarò, Cuttò, Santa Lucia, Maniace e Bronte, e nelle Cause Criminali, soggetti al Capitano Giustiziere di Randazzo.

1358  –  Il Re Federico III°  tenne  Randazzo un Parlamento Generale di tutti i Baroni fedeli, per trovare i mezzi per poter vincere ed umi­liare tutti i nemici.

1380  – Nel 1380, come riferisce il Padre Lazana Carmelitano e con lui anche il Padre Giu­seppe Fornari, essendo venuti a Randazzo i Padri Carmelitani per fondarvi un Convento, fu loro concessa la  Chiesa che i Trinaciesi, Triocolini ed Alesini, quando si accamparono in un sito ad oriente della Città,  fabbricarono un Suburbio (sobborgo)  e vi edificarono una Chiesa per loro Parrocchia che dedicarono a San Michele Arcangelo,  accanto alla quale edificarono il loro Cenobio (monastero).  Questo Convento con la relativa Chiesa si rese glorioso sotto il governo di Padre Luigi Ra­batà Religioso Carmelitano, nato in Monte San Giuliano in quel di Trapani, circa il 1420 e morto in fama di santità in Randazzo, in un sabato di maggio, con molta probabilità il giorno 11 del 1490.

1366  – Il Principe di Torremuzza Vincenzo Castelli scrive  nei Fasti di Sicilia, vol. I°, pag. 75 ,  che quando ancora l’Infante Maria aveva tre anni ed era sotto la tutela di Artale d’Aragona suo Balio, fu riunito in Randazzo il Parlamento Generale del Regno rap­portato,  per stabilire la successione di Maria, nel caso che fosse deceduto il Re Federico III°, allora molto grave e senza eredi maschi. 

1398  –  Il  Re Martino e la Regina Maria furono in Randazzo, accompagnati dal Car­dinale Gilforte, Arcivescovo di Palermo e da fra’ Paolo Romano Arcivescovo di Monreale, a preghiera dei quali, furono perdonati i Baroni ribelli.

1411  –  La regina Biancadopo aver visitato in lungo e in largo la Sicilia con la sua corte itinerante, venne anche a Randazzo  il 3 giugno 1411 e venne accolta con tutti gli onori. Fu così contenta che fece scrivere una missiva dal suo segretario a Palermo: “…….. hodie intrammu feliciter in quista terra di randazu, undi fommu richiputiet ascuntrati cum solemni festa et alligrizia da tucti universaliter....”.

1414  –  L’Arciprete di Randazzo R.mo Matteo D’Elefante nel 1400 fece un’istanza al Metropolitano Arcivescovo di Messina, perché fosse dichiarata la Chiesa di S. Maria la maggiore sopra delle altre due Chiese di S. Martino e S. Nicolò. Dopo 14 anni di litigio,
il 15 febraio 1414 l’Arcivescovo di Messina e Metropolitano di Ran­dazzo, Mons. D. Tommaso Crisafi proferì la sua sentenza definitiva con la quale di­chiarò Maggiore sulle altre Chiese quella di S. Maria, col Titolo di Madre Chiesa duratura in perpe­tuum usque ad finem mundi.

1419  –  Il Beato Matteo Gallo di Agrigento (1377-1450) fu il fondatore del nostro Convento dei Frati Osservanti cioè di Santa Maria di Gesù. Il culto della sua beatificazione  venne riconosciuto dalla Chiesa con decreto del 21 febbraio 1767, approvato da papa Clemente XIII.
La memoria si celebra l’8 febbraio.

1420  –  Luigi Rabatà dell’Ordine dei Carmelitani nasce a Monte San Giuliano. Muore 11 maggio 1490 in odore di santità. Si distinse per carità ed umiltà. Le sue ossa riposano nella Basilica Minore di Santa Maria. La Congregazione dei Riti ha permesso nel 1841 con un Decreto il culto del Beato

1420  –  Mons. Francesco Conzaga (1546-1620)  Gene­rale dell’Ordine Francescano  scri­vendo della fondazione del Convento dei Minori Osservanti di Randazzo dedicato a S. Ma­ria di Gesù, afferma che è stato fabbricato, a spese pubbliche, dai Cittadini di Triocla, vulgo Randazzo, nel 1420. La donazione venne  confermata dal Re Alfonso, con Diploma che si trova copiato in margine nell’atto  della Donazione stipulato in Randazzo presso le Tavole del Notaro Guglielmo Milìa, il 3 gennaio 1420.

1420  – Per poter edificare il Convento di Santa Maria di Gesù i Giurati di Randazzo donarono come locale alcune fabbriche appartenenti al Comune, che erano reliquie dell’antico teatro di Triocla che i Saraceni avevano distrutto e convertito in Quartiere militare e  poi diventato magazzino del Comune. Tale donazione venne confermata da Re Alfonso con Diploma che fu in­serito a margine dell’Atto  presso il Notaro Guglielmo Milia, il 23 gennaio 1420, in Randazzo.

1426  –  Il 24 dicembre del 1426 il R.mo Capitolo della Cattedrale di Messina, funzionante da Metro­politano,  confermò la superiorità della Chiesa Abbaziale di S. Maria, perché le due ex Cattedrali di S. Nicolò e S. Martino non avevano voluto cedere a detta Chiesa l’esercizio e le funzioni di Madre Chiesa di Randazzo. Nel 1435 anche il Sommo Pontefice Eugenio IV riconfermò questa supremazia.

1435  –  Sotto il Sommo Pontefice Eugenio IV, a richiesta dei Randazzesi, la Città Abbaziale ( cioè le tre chiese: Santa Maria, San Nicola e San Martino) di Randazzo viene incorporata  nella Diocesi di Messina di cui era Suffraganea già dal 1198.  Nel 1872 passa nella Diocesi di Acireale.

1438  –  Il Re Alfonso sollecitato   dall’’Arciprete di Santa Maria  Santoro Palermo confermava la supremazia della Madre Chiesa di S. Maria e il  2 febbraio 1439 lo stesso Re Alfonso mandò Lettera Oratoria all’Arcivescovo di Messina per dar esecutoria alla citata Bolla già spedita nel 1434 per detta supremazia.

  1450 –  Alfonso V  d’Aragona detto il Magnanimo visitò Randazzo il 1 maggio e riaffermò il previlegio giuridico che i Randazzesi potevano essere giudicati solo da Magistrati della Città e ribadisce il diritto di tagliare il legname nei boschi della Foresta della porta di Randazzo.  

1466  –  San  Francesco di Paola venne a Randazzo per incontrare , Simone Pollichino, uno dei Giurati di Randazzo, per avere l’autorizzazione a potere estrarre dal suo fondo il legname e trasportarlo da Tortorici fino a Torrenova e di là, via mare, a Milazzo per la costruzione di un Convento.

1466 – “ Era il 26 ottobre del 1466, quando il viceré Lupum Ximenez d’Urrea approvava, per la prima volta,  le Consuetudini di Randazzo, un sistema di norme civili – composte da 58 articoli – che regolavano la vita comunitaria della città. Le stesse furono redatte durante «un Consiglio generale in locu» e sottoposte allo stesso viceré per la conferma, il 6 giugno dello stesso anno, dal reverendo Jaymum de Citellis, arcipresbitero della terra di Randazzo e dal nobile Michaelem la Provina «sindicos et ambaxiatores universitatis terre Randacii» (Vito La Mantia.Consuetudini di Randazzo, Palermo, 1903.  (dal blog.: www. randazzo segreta.it di Angela Militi). 

1470Gualtiero Spadafora, barone di Maletto, ma residente a Randazzo in piazza San Nicola nel “Palazzo del Duca “, fondò  l’Ospedale Civile per gli Infermi Poveri e miserabili, a beneficio del quale donò in per­petuo i salti d’acqua di tutti i mulini, serre d’acqua e battinderi ossia paratori esistenti nel Fiume Grande di Randazzo ch’egli possedeva per investitura feudale. Questa donazione, con testamento del 3 ottobre 1470 presso il Notaro Pino Camarda di Randazzo, ebbe la conferma Reale il 9 ottobre dello stesso anno 1470, come si leg­geva nella Giuliana dell’Ospedale Cittadino redatta dal nostro storico locale Sac. D. Anto­nino Pollicino circa il 1706  con atto pubblico del 31-10-1470, in Notaio Pino Camarda.

1476 – Il 3 agosto venne istituita la Fiera Franca nell’ambito del territorio della chiesa di Santa Maria. Questo privilegio fu concesso dal Re Giovanni (Giovanni II D’Aragona – 1398/1479 -)  La Fiera Franca fa da volàno alla manifestazione della “a Vara” che si svolgeva e si svolge il 15 di agosto. 

1477  – Il Supremo Gerarca della Chiesa Universale, dopo furibonde liti tra le tre Chiese per la supremazia,  nel 1470 incaricò per la  Revi­sione della  Causa il  Delegato Apostolico Mons. D. Leonzio Crisafi Archimandrita di Messina, con l’espresso incarico di  ponderare bene tutte le ragioni dei Ricorrenti e  pro­nunziare una  Sentenza finale la quale avesse forza di perpetuo silenzio sopra tutto.  Dopo una lunga discussione della Causa che durò circa sette anni , Mons. Crisafi spedì la  sentenza definitiva il 16 gennaio 1477, dove si riaffermava la parità di tutti i diritti e privilegi delle tre Chiese.

1487  –  Il Monastero di S. Filippo di Demena, detto anche di S. Filippo di Fragalà viene annesso al territorio di Randazzo così detto Nuovo, con Diploma 4 febbraio 1487 del Re Ferdinando II° di Castiglia. In esso Diploma fu ordinato che , non si potesse portare vino da altra parte se non dalla sola Città di Randazzo. 

1492 Gli ebrei di Randazzo sono costretti a lasciare la Città a seguito del provvedimento di  Ferdinando II  d’Aragona re della Sicilia (1468/1516) che prevedeva l’espulsione di tutti gli ebrei dai suoi territori. A seguito di ciò vendettero alle Monache di S. Giorgio la sopraddetta casa con l’attigua Moschea e due altri casaleni con degli annessi e il Cimitero confinanti con il Monastero, con il patto di ritorno nel caso che fossero richiamati dall’esilio. L’atto fu redatto presso il Notaro Staiti il 26 novembre IIª Indiz. 1492,

1506  –  La baronessa Giovannella De Quatris, con atto notarile redatto  il 5 marzo dal Notaro Geronimo Crupi di Palermo e l’assenso di Ferdinando II, lasciò il suo vistoso patrimonio (i feudi di Flascio e Brieni) alla Chiesa di Santa Maria creando la sua “maramma” o fabbriceria per cui si fu in grado di terminare i lavori di ricostruzione e la si potè arricchire di quegli arredi sacri preziosissimi che formano il suo pregevolissimo tesoro. Tale decisione venne confermata e ratificata dal Re Ferdinando il Cattolico il 25 aprile dello stesso anno e il 22 dicembre del 1545, con Bolla Pontificia, venne ratificata dal Sommo Pontefice Paolo III

1519  –  I giurati di Randazzo volendo costruire un convento dei Frati di San Domenico di Gusman, si riunirono  nella Chiesa Parrocchiale di San Nicolò il 4 aprile 1519 e ad unanimità di voti decisero di chiedere al Padre Provinciale dei Domenicani l’autorizzazione a costruirlo. Avuto il benestare scelsero come luogo il locale della cosidetta Torrazza, che era l’antico Palazzo con Torre della nobile famiglia Russo, di origine Lombarda, ma che poi era diventata proprietà dei nobili Si­gnori D. Antonino e Figli Floritta. Pertanto il 20 aprile 1519 presso il Notaro Vincenzo Di Luna fu stipulato l’atto non solo della Torrazza ma anche  delle due chie­sette attigue di Santa Maria delle Grazie e dell’Apostolo San Barnaba. 

1523 –  Nella cappella del SS. Sacramento della Chiesa di S. Nicolò si ammirano, di Antonello Gagini, un tabernacolo posto dietro l’altare ed altri bassorilievi eucaristici e qualche scena della Passione. I lavori furono commissionati il 7 dicembre 1523 per onze 37 pari a lire 471,75, ma incominciati nel 1535 e rimasti incompleti per la morte dell’artista avvenuta nell’aprile dello stesso anno e poi rifiniti dal figlio  Giacomo.

1535 – Il sindaco (Magistrato Civico per quei tempi)  è  Francesco Lanza.

1535  –  Ai piedi di questo campanile ( di S.Martino ) si affacciò la cavalcata del biondo e triste  Imperatore Carlo V  il 16 ottobre e si fermò per  tre giorni nel Palazzo Reale prima di ripartire per Messina. A Lui si attribuiscono le fatidiche parole. ” Estoes  todos  Caballeros ” ( Siate tutti Cavalieri ).   Dal che il sottotitolo di questo sito: ” tutticavalieritutti “.

1535 L’imperatore Carlo V giunse a Randazzo il 18 ottobre del 1535. Dicono pure i nostri storici concittadini, nei loro manoscritti che, quando l’Imperatore, dal punto della diruta Chiesa di S. Elia scoprì il nostro Paese, volgendosi ai circostanti, abbia detto queste parole: “Come si appella questa Città con tre Torri?” indicando i Campanili delle tre Chiese Parrocchiali; alla quale domanda il Magistrato rispose: “Semprecché la Parola Reale di Vostra Cesarea Maestà non deve andare indietro, è questa la Città di Randazzo dalla Vostra Maestà or ora onorata col Titolo di Città”.  Al ché l’Imperatore soggiunse: resta accordato. (Padre Luigi Magro). A ricevere l’Imperatore è stato il Magistrato Civico (Sindaco di quei tempi) che si chiamava Francesco Lanza così come riportato nel libro rosso della chiesa di San Martino.

1535L’Imperatore Carlo V  ordinò che venisse rifatto il Campanile di San Nicola che le autorità cittadine volevano abbatterlo perché pericolante, e che venisse fortificato con grosse catene di ferro, a spese del Regio Imperiale Erario. Il campanile fu poi demolito nel secolo XVIII a causa del terremoto dell’11 gennaio 1693 che demolì Catania. 

1535Tra il 1535 e il 1540, secondo un pregevole ragionamento di Don Virzì,  deve essere il periodo nel quale i Randazzesi costruirono “a Vara”.  Carro trionfante alto 18 metri con 25 figure viventi che rappresentano i Misteri Mariani:
  Dormizione o Morte,  Assunzione  e  Incoronazione di Maria Santissima. Costruito  dai nostri bravi artigiani dietro la direzione – pare – dell’architetto messinese Andrea Calamech.

1536 Nel marzo 1536 vi verificò una violenta eruzione dell’Etna. Lo storico Tommaso Fazello (1498-1570), testimone oculare della spaventosa eruzione, così descrisse l’inizio dell’evento eruttivo: «il 23 di marzo del 1536, verso il tramontare del Sole, una nube di fumo nero al di dentro rosseggiante coprì la cima dell’Etna, e poco dopo dal cratere, e da nuove aperture fattesi nel contorno, uscì un gran fiume di lava che verso oriente andò a coprire un lago, dove liquefacendosi le nevi che vi erano si formò un grosso torrente che furioso scese con corso arcuto verso Randazzo sommergendo greggi di pecore, animali e tutto ciò che incontrò».

1536  –  A seguito di questa violenta eruzione dell’Etna, il  23 marzo 1536, la colata lavica, emessa dal cratere di monte Pomiciaro, ostruì nuovamente l’alveo del fiume Flascio determinando la formazione del lago Gurrida.78

1536  –  Il Papa Paolo III nel suo secondo anno di Pontificato, ordina, tramite l’arcivescovo di Messina mons. Andrea  Mastrilli, ai preti delle tre parrocchie, di non vantare più diritti di “proeminentia” nelle processioni, né diritti di vessilli. 

1537  –  Per volere di re Carlo V, che sottrae a Randazzo popolazione e introiti, viene fondata la cittadina di Bronte. (Arch. Francesca Paolino). 

1540 – In una notte di tempesta del settembre del 1540 alcuni viandanti, che portavano un crocifisso, chiesero ospitalità al parroco della chiesa di San Martino. L’indomani e per tre giorni successivi, non poterono ripartire in quanto il temporale era sempre più violento. Questo fu interpretato dalla Comunità Ecclesiale come un segno del Signore che voleva che il Crocifisso rimanesse nella chiesa. Fu acquistato e ” Il Crocifisso della Pioggia”  o “‘u Signuri ‘i l’acqua “ da allora è fatto segno di grande devozione soprattutto nei periodi di siccità e carestia.
Il Crocifisso è opera di Giovanni Antonio Mattinati scultore di Messina.
 
1544 – Fondazione del Convento de’ Frati Minori Cappuccini. Un secondo Convento fu costruito nel 1600. Il Convento e l’orto nel 1866 furono incamerati dal Governo e riacquistati dai Frati che vi eressero il Seminario Serafico. Distrutto dalla guerra nel 1943 fu ricostruito e ingrandito e il Seminario rimase funzionale sino alla chiusura definitiva dopo il Concilio.

1551 – Il primo aprile G. Antonio Fasside, nato a Randazzo, vescovo di Cristopoli e ausiliare dell’Arcivescovo di Monreale, consacrò la nostra monumentale Basilica. (Padre Vincenzo Mancini).  Nel  2001450° dalla Dedicazione – viene ricordata questa data con una solenne celebrazione nella Basilica e con la pubblicazione ” La Basilica Santa Maria di Randazzo”.

1522 – Il 1 di ottobre fu commissionato allo scultore di Palermo Antonello Gagini (1478/1536) la statua di San Nicola – che ancora ora si trova nella omonima chiesa – per intervento (come fideiussore) di Gian Michele Spadafora nipote del Beato Domenico Spadafora.(P.Raimondo ) . Federico De Roberto ci racconta che se la statua non fosse riuscita bene il Gagini avrebbe dovuta rifarla.

1536 l’Etna eruttò due larghi torrenti di fuoco che vennero a formare le  Sciare dell’Annunziata, così titolate dalla vicina Chiesa. La  lava ostruì il corso del fiume, estendendosi in larghezza fino al lago Gur­rida, per cui le acque non potendo più scorrere dal lato meridionale della Città, vanno ad inabissarsi in certi sotterranei acquedotti naturali dello stesso lago che dal volgo, in lingua Siciliana, vengono chiamati pirituri.

1553  – Padre Agostino da Randazzo fu Provinciale dei Cappuccini di tutta la Sicilia. 

1555  –  L’Imperatore Carlo V convocò un’ Assemblea nel mese di marzo a Messina per poter ottenere dei soldi essendosi indebitato per le molte guerre che aveva sostenuto. In questa occasione chiese pure di poter vendere  e di alienare dal Regio Demanio la Città di Randazzo. I Randazzesi per impedire questa ingiuriosa vendita si recarono a Messina e riuscirono ad impedire la vendita e la alienazione sborsando al Regio Erario la somma di quattromila scudi. Questa Transazione fu stipulata il 4 novembre 1555, come sta registrata nel Libro Magno dei Privilegi di Randazzo.

1567 Camerata Girolamo pubblica il libro ” Trattato dell’honor vero, et del vero dishonore. Con tre questioni qual meriti più honore, ò la donna, ò l’huomo. O’ il soldato, ò il letterato. O’ l’artista, ò il leggista ”  presso l’editore Alessandro Benacci.

1569 – La nostra Città così veniva definita: Randazzo Città di Sicilia: TRIOCLA – TRIOCLAE.  Bevilacqua Vocabolario – Venezia 1569.

1575  – Gli abitanti di Randazzo erano ottantaquattro mila (84.000) per cui si meritò l’epiteto di URBIS PLENA.

1575 – La nostra Città fu funestata dalla peste fino al 1580. Dopo inutili tentativi di domare “la bestia” furono costretti ad incendiare quasi tutto il quartiere di Santa Maria.  Molte famiglie nobili abbandonarono per sempre Randazzo. I deceduti si calcola che furono all’incirca trentaduemila persone.

1576  Erasmo Marotta nasce a Randazzo. Compose madrigali, mottetti, litanie, salmi e musicò l’Aminta di Torquato Tasso. Fu l’inventore del dramma pastorale in Italia.  “sul cader degli anni” si fece gesuita. Muore il 6 ottobre 1641.  

1578  – Con il perversare della  peste, che infierì a lungo per ben 5 anni nella nostra Città, il Convento del Carmine fu trasformato in Lazzaretto per gli appestati non poveri, mentre per i poveri si è provveduto con una baracca costruita nella piazza antistante simile ad altre due costruite fuori le mura della Città.

1578  –  Antonino Randazzese l’anno di nascita di questo umile frate minore. Divenne responsabile provinciale del suo Ordine che guidò con molta saggezza. Fu un acuto agiografo. Rimangono alcune sue opere manoscritte sulla vita dei santi. Morì il 13 giugno 1632. 

1579  – Padre Vincenzo da Randazzo   prima Vicario Provinciale e poi, per la morte del Provinciale Padre Antonio da Torto­rici, nel seguente Capitolo fu nominato Provinciale.

1582 – La chiesa di San Nicola venne rifatta ed ingrandita per la terza volta, lo dimostra la scritta all’esterno dell’abside dal lato di mezzogiorno: 
              ”  L’antichità fece – il tempo disfece – la posterità con mezzi – pubblici e privati – più bellamente rifece –   (Padre Luigi Magro).

1584  – Nel Convento di Randazzo fu tenuto un Capitolo (Assemblea elettiva e legislativa dell’Ordine Francescano)  in cui fu eletto Provinciale Padre Ludovico da Catania. Altri Capitoli furono tenuti nel 1701 e nel 1739.

 1590  –  Muore a Palermo – Randazzese di nascita – Giovanni Domenico De Cavallaris, famoso giureconsulto fu tra gli esperti che presero parte alla elaborazione della legislazione della Sicilia.

1600  – Si apprende da un Documento del secolo XVII che sotto il Regno di Filippo IV° Re di Spagna (1605-1665) era stata proposta la vendita della Città di Randazzo, ma non vi si riuscì perché Pietro Oliveri, morto a Madrid il 1680, Reggente del Su­premo Consiglio d’Italia, quale cittadino di Randazzo,  ne prese la difesa e  furono così tanti gli argomenti che seppe portare che non fu posta in vendita. ( La data precisa non ci é nota).

1610 I Padri Cappuccini con Atto del 20 maggio 1600 presso il Notaro Pietro Dominedò, volendo costruire un Convento acquistarono il terreno da un  un certo Giuseppe Margaglio che, ben volentieri lo vendette e l’ 8 settembre1600, con gran concorso di popolo, fu ivi eretta la Croce . L’anno se­guente il 14 aprile 1601 , fu tenuto un Civico Consesso  per trattare sulla contri­buzione della spesa per la erezione di questo secondo Convento, e questa fu così generosa da accelerare i tempi e nel 1610 il lavoro della Chiesa e del Convento, che furono dedicati al SS. Salvatore, era terminato.                   

1604 – In base alla documentazione raccolta da Francesco Fisauli, – “Le Confraternite di Randazzo nella Storia e nel diritto ecclesiastico” – a partire dal 1604 le Confraternite e le loro Chiese, da laiche o indipendenti diventarono prima Chiese venerabili e poi Chiese filiali delle tre Parrocchie: S. Maria, S. Nicola, S. Martino.

1615 – Il Vicerè di Sicilia Duca d’Ossuna convocò a Palermo il Parlamento Generale del Regno.  Randazzo mandò come suo Procuratore il Dott. D. Pietro Fisauli che, grazie alla sua amicizia con il Vicerè, ottenne molte Grazie e Privilegi che si leggono  in un Diploma datato
Palermo il 7 agosto 1615,  e registrato a Randazzo nel Libro Grande dei Privilegi, il 12 novembre 1615. 

1616 –  Una lapide in arenaria posta sulla porta di levante ci fa sapere che essa fu ricostruita ed ampliata nel 1616
su progetto dell’Arch. Francesco Rubino: “ Ars et labor – Francisci Rubini – 1616 “.

1618  –  Il gesuita Giuseppe Marzio nasce a Randazzo nel 1618 . Nel 1654 pubblicò: Primo saggio di Panegirici. Fu molto apprezzato come “sacro oratore”. Morì nel 1676.

1619  –  l’Arcivescovo di Messina Andrea Mastrilli propose la soppressione della Parrocchia di S. Nicolò, dietro  il pretesto di cederla ai Padri Gesuiti che volevano fon­dare un Collegio in Randazzo ed anche perché i Sacerdoti di questa Chiesa non potevano vivere, essendo la Chiesa povera di rendite. Il 3 dicembre  1619,  Notaro Pietro Dominedò redige l’atto della fusione della Chiesa di S.Nicolò con la chiesa di Santa Maria avendo sottoscritto l’atto tutti i Sacerdoti dell’una e dell’altra Chiesa.

1621  –  Il Notaio (Notar) Pietro Dominedò il 18 settembre certifica che nella chiesa di Santa Maria vi sono 28 Preti.
Ironicamente annotato: «Or se ciò si fu da Pastori ; che è; e che sarà dai Secolari ? Auri sacra fames.

1624  –  Non essendo stata eretta la chiesa di Santa Maria con la chiesa di S. Nicola a Collegiata in quanto  avrebbero con ciò acquistata la tanto desiderata Maggioranza anche sopra l’altra Parrocchia di S. Martino, cosa contraria alla egualità stabilita dalle Sentenze Apostoliche precedenti, l’Atto di fusione non ebbe effetto e le due chiese ritornarono ad essere due Parrocchie.

1624 Nel mese di giugno scoppio la peste a Palermo. I Palermitani si votarono a Santa Rosalia e venne a cessare la peste nella Città. Pure Randazzo fu colpita e il Magistrato Municipale con tutti i cittadini come riconoscenza per la cessazione della peste, si votarono a Santa Rosalia facendo fare  un quadro con la Sua Immagine che fu posto dentro la Chiesa dei Conventuali di San Francesco. Quadro andato perduto con i bombardamenti del 1943 sotto le macerie della Chiesa.         

1628  –  IL Concittadino Dott. in Teologia D. Antonino De Aiuto che ritornava da Roma volendo che i Padri Gesuiti fondassero un Collegio di Studi a Randazzo, Gli lasciò tutti i suoi beni a condizione che non dovessero pretendere la chiesa di San Nicola. Venuti in Randazzo i Gesuiti, dopo la morte del Testatore, presero possesso dell’eredità che ammontò a 350 Onze annue di rendita,  fondarono il loro Collegio nella casa ereditata e aprirono la Chiesa della Madonna delle Grazie, sotto il nuovo Titolo di S. Igna­zio. Ma reputando insufficiente la rendita De Aiuto per il mantenimento del Collegio, pretesero di avere dai Procuratori della Fabbrica di S. Maria, il denaro cumulato in Cassa. Da qui nacque un lungo contenzioso di cui fu coinvolto anche il il Vicerè Duca di Alcalà, ma i Padri Gesuiti non riuscirono a spuntarla. Nel 1638 poi i Padri Gesuiti, adducendo che la loro abitazione era angusta, che essi non avevano potuto ottenere la Chiesa di S. Nicolò e che era insufficiente l’annua rendita di Onze 350 proveniente dalla eredità De Aiuto, pur aumentate di Onze 50 date dall’Università di Randazzo per mantenere il Collegio, erano costretti a lasciare la Città, cedendo la eredità De Aiuto ai Padri Minimi del Convento di S. Francesco di Paola.

1632 –  Nella Parrocchiale chiesa di S. Nicolò esiste l’Arciconfraternita dell’Opera della Mise­ricordia fondata sotto il Titolo del “SS. Crocifisso in suffragio delle Anime del Purgatorio” il 1° luglio 1632 dall’Arciprete di Randazzo Dott. D. Ettore Prescimone approvata dalla Curia Arcivescovile di Messina per mezzo del Vicario Generale D. Mario Guzzaniti ed esecutoriatà nella Curia di Randazzo il 10 luglio 1632.

1636
–  Il 27 agosto del 1636, Filippo IV re di Spagna, bisognoso di denaro  inviò alla città di Randazzo una pergamena reale con la quale chiedeva ai cittadini una notevole somma per la Corona, minacciando di annullare la demanialità della Città, con la conseguente vendita in qualità di Feudo.  I Randazzesi raccolsero il donativo dal feudo Torrazzo e dalla vendita del Castello.

1640 – L’11 gennaio 1640, don Carlo Romeo  comprò dal Regio Fisco per 404 onze il Castello di Randazzo (dove ora è ubicato il Museo Archeologico Vagliasindi)  e il titolo di barone del Castello di Randazzo.

1647 – Il sindaco di Randazzo è  Don  Giovanni Romeo. 

1647 – Nella chiesa di San Martino, dietro la porta maggiore, si conserva un antico Battistero di marmo rosso con pilastrini ottagonali ed archetti ogivali con capitelli frondosi, nel quale, benché a stento, si legge la seguente iscrizione:
               “Qui crediderit et Baptizatus fuerit Salvus erit. Hoc opus Expeditum fuit per me Magistrum Angelum De Riccio de Messana. Sub Anno Incarnationis Domini + MCCCCXXXXVII “.  “Chi avrà creduto e sarà Battezzato sarà salvo. Questo lavoro fu concepito da me Maestro Angelo De Riccio da Messina. Sotto l’anno del Signore 1447.”

1647 – Dal 16 luglio al 9 agosto scoppiò a Randazzo una rivolta a causa dell’aumento delle tasse e per l’estrema miseria nella quale era ridotta la Città. Don Muzio Spatafora, Vicario Generale, alla testa di sei compagnie entrò il 27 luglio nella nostra Città e dopo aver eseguito arresti e alcune condanne a morte ristabilisce la pace. Il cardinale Trivulzio dichiara che il motivo scatenante della rivolta palermitana dell’agosto 1647 è stata proprio la dura repressione militare avvenuta a Randazzo.  ( Daniele Palermo).

 1650  – Nasce a Randazzo, probabilmente in questa data Francesco La Guzza . Uomo di molta cultura ed un  grande predicatore. Scrisse molte opere religiose. 

1674  –  La regina Marianna d’Austria il 21 novembre concede a Randazzo il titolo di Graziosissima per essere stata aiutata a sottomettere la città di Messina , ribelle alla Spagna. 

1676  –  Nasce a Randazzo Nunzio Perciabosco poeta comico ed autore di varie commedie e drammi di cui alcuni titoli:
 – Donna Margherita o vero l’incognita conosciuta negl’accidenti del carnovale, 
 – L’Altamura o vero l’amorosa simpatia
 – Fidauro o vero le bellicose vendette favorita dalla fortuna
 – L’Olivara o vero l’Amante crudele
 – Il Polifemo o vero la Tirannide soggiogata.
Gli è stata dedicata una via (graziosissima) dietro la chiesa di San Martino che va verso piazza San Pietro.

1678 –  Il Re Carlo II° figlio del Re Filippo IV dopo la reggenza della Madre Marianna  salito al trono di Spagna spedì una lettera il 26 aprile dove manifestava la riconoscenza per la fedeltà ed il valore mostrato dai Cittadini Randazzesi. 

1679  –  Dopo la dichiarazione del Re Carlo II° anche Randazzo il 19 marzo 1679 dichiarò Patrono della Città San Giuseppe, Sposo di Maria, sottoscrivendo l’Atto ben 300 Famiglie, l’Arciprete D. Giuseppe Emmanuele Oliveri, n. 51 sacerdoti e n. 32 Chierici addetti al Servizio delle Tre Parrocchie.

1680  –  Pietro Oliviero il 15 luglio muore a Madrid. Nato a Randazzo, ma non si conosce la data di nascita. Fu autore di pregiate opere giuridiche. Nel 1678 fu Reggente del Supremo Consiglio d’Italia e con questa carica si recò a Madrid. 

1686  La confraternita di Maria SS Annunziata della Chiesa dell’Annunziata è stata fondata il 25 maggio 1686 ed  un tempo riuniva massari ( Contadini a cui era affidata la gestione di un appezzamento di terreno  in base a un contratto di locazione – detto contratto di masseria).

1689  –  Vi fu una grande inondazione e il  Fiume straripando inondarono il Borgo denominato dei Conciariotti ove erano le Concierie che rimasero di­strutte con tutte le case ivi esistenti. Anche  la Chiesa di S. Maria dell’Itria fu inondata e per  tale di­sastro cessò di funzionare. Rimase pure demolito il Ponte grande a cinque archi che congiungeva Randazzo con Santa Domenica, ed altri due piccoli uno chiamato della Misericor­dia che dava accesso alla Chiesa omonima e l’altro della Fontana del Roccaro.

1693 –  Il  più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale si verificò in tutta la SiciliaIl primo terremoto fu il 9 gennaio 1693 attorno alle ore 21:00. Il  secondo terremoto – preceduto circa 4 ore prima da un’altra forte scossa che però non aggravò sensibilmente i danni della prima – avvenne il giorno 11 gennaio 1693 alle ore 13:30 ed ebbe effetti veramente catastrofici. Tutto il periodo sismico fu, inoltre, accompagnato da un’intensa attività dell’Etna. La statistica ufficiale, redatta nel maggio 1693, riporta circa 54.000 mortiCatania, Acireale e i piccoli centri del versante sud-orientale dell’Etna furono quasi interamente distrutti.  Anche  Randazzo ebbe diversi morti e notevoli  danni alle abitazioni e  fu sconquassato il Campanile di S. Nicola che era stato incatenato a spese dell’Imperatore Carlo V°, quando onorò la no­stra Città di sua presenza, e dopo pochi anni si è dovuto abbattere.  Le repliche, anche di forte intensità, furono avvertite per oltre 3 anni .La nostra Città di Randazzo ebbe dei danni e

1718 Ebbe luogo la sanguinosa battaglia di Francavilla fra tedeschi e spagnoli, passarono da Randazzo tante truppe spagnole da non poter essere ospitate nei vari conventi locali, per cui si dovette ricorrere alle Chiese per alloggiare i soldati. La prima che fu adibita a Caserma, come la più grande, fu quella di S. Nicola.

1718 – Il Capitano d’Arme D. GIORGIO LICARI è  Patrizio della Città e occupò Cinque volte la Carica di Capitano Giustiziere,

1720 – Vi fu una notevole siccità. Infatti non piovve per ben 18 mesi. Delle sette fontane da cui attingevano acqua i nostri concittadini cinque erano prosciugate ( Roccaro, Gallo, Erba Spina, Sanamalati e Sela dei PP.Cappuccini) solo due (Flascio e Faucera) erano attive.

1724  –  Francesco Onorato Colonna  (1683/1731) dei Duchi di Cesarò e dei Marchesi di Fiumedinisi storico e letterato scrive il libro:  Idea dell’antichità della Città di Randazzo. Il libro è custodito nella biblioteca comunale di Catania. 

1730  L’attuale statua di Rannazzu Vecchiu è, in realtà, una copia, realizzata negli anni ’30 del 700, commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto)  a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo, i cui resti – un leone, un’aquila e un berretto frigio –, attualmente, si trovano murati sulla parete settentrionale della chiesa di San Nicola. 

1741  – Sulla porta dell’Ospedale vi è un Medaglione in pietra su cui è scolpita in rilievo la Ma­donna della Pietà che è stata qui trasportata dal vecchio Ospedale: porta inciso l’anno 1741.

1741 –  Carlo III , Re delle due Sicilie, istituì a Randazzo un Tribunale Commerciale con ampia Giurisdizione sopra 27 Città e Terre.
 
1741 – L’Infante Filippo. primo figlio maschio di Carlo III, Re delle Due Sicilie, nato il 13 giugno 1741,  ebbe il titolo di Conte di Calabria e  Duca di Randazzo.

1746 – 29 novembre, fu innalzata, nella piazza antistante la chiesa di San Nicola, la nuova statua, in marmo, di Randazzo Vecchio, emblema e memoria della storia della città. Essa venne commissionata dall’abate Pietro Rotelli (†1765 agosto), a sostituzione della statua originaria, in arenaria, risalente al XII secolo. Diverse sono le ipotesi avanzate sul personaggio che rappresenta: ciclope Piracmone, Ducezio, re dei Siculi, o l’unione delle tre etnie della città (Lombardi, Greci e Latini). Differenti sono anche le interpretazioni avanzate, sin’ora, intorno al significato allegorico dei tre animali – leone, serpenti e aquila – che accompagnano Randazzo Vecchio.
(Angela Militi
)

1746Visita del monsignore Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina, il quale stette a Randazzo dal 13 al 29 dicembre nel corso della quale celebrò il rito della consacrazione della chiesa di San Martino (21 dicembre).

1746 –  Il 27 dicembre 1746 Mons. Francesco Tommaso Moncada, Arcivescovo di Messina. essendo in Randazzo in occasione della Sacra Visita, consacrò la Chiesa di San Nicola e nel 1751, in qualità di Delegato Apostolico, la eresse, insieme alle altre due S. Martino e S. Maria, alla dignità di Collegiata, con le relative Dignità ed Insegne Canonicali di cui la Cappa corale e l’Ermellino che vennero confermati dalla S. Sede nel 1785.

1753  Il Viceré D. Eustachio Duca di Viefuille venne a Randazzo verso le ore 17 del 14 novembre 1753 e si fermò sino al 28 dello stesso mese alloggiando nel Convento dei Minori Conventuali della Chiesa di S. Francesco. In questa occasione Gli fu fatto presente che a causa della peste (1575-1580) la popolazione si era di molto ridotta, impoverita ed abbandonata per sempre dai Nobili che si erano trasferiti a Messina. Il Viceré ordinò di regolare le tasse secondo la popolazione del 1753.     

1756  –   Il Marchese Fogliani, nuovo Viceré di Sicilia il 12 maggio, dispose che, a causa della diminuzione della popolazione per la elezione dei Giurati, vi fossero due scrutini, uno per eleggere due del Ceto Nobile ed uno per eleggere due del Ceto Civile.

1760 Il Collegio San Basilio nasce come Monastero Basiliano tra il 1760 e il 1768. Divenuto di proprietà del Comune, grazie alle leggi eversive del 1866/67, fu concesso ai Salesiani nel 1879 che per volontà di don Bosco divenne il primo centro studi salesiano della Sicilia.

1761  –  Arcangiolo Leanti  nel suo ” Lo stato presente della Sicilia del 1761″ così descrive Randazzo:
Città piccola reale, pur mediterranea, posta alle falde dell’Etna: è animata in quattro parrocchie da 4.169 abitatori; ha quattro conventi di religiosi e tre di monache dell’Ordine di S. Benedetto. Presso questa città trovasi il lago Gorrida, di cui molto favoleggiarono gli antichi poeti greci e latini. 

1767  –  Il Re Carlo III° dispone, con un decreto datato 25 aprile, che a tutti quelli che avessero avuto il Padre o l’Avo iscritti nella Mastra Civile (la Mastra era l’elenco dei nobili per la partecipazione alla elezione dei 4 Magistrati che avrebbero governato la Città) gli era concesso di passare nella Mastra Nobile.

1770  –  L’Arciprete Don Giuseppe Plumari ed Emmanuele, nacque il 17 agosto dal notaio D. Candeloro  e da Paola Emmanuele. Gloria primaria ed unica della Storiografia Randazzese, ci ha lasciato una grande opera , che ci parla di tutte le glorie della nostra Città. Muore il 1 ottobre del 1851 e probabilmente fu seppellito nella Chiesa di Santa Maria, ma della sua tomba si è perduto ogni ricordo.  

1785  – Finalmente, dopo tre secoli di discordie fra le Tre Chiese , come si rileva dagli Atti del Regio Notaro  D. Carmelo Ribizzi, in data  6 marzo  1785, troviamo che le tre Collegiate otten­nero dalla S. Sede il Privilegio della Cappa di Coro ossia l’Ermellino.

1789 – Al fine di equilibrare su tutti i cittadini del Regno le entrate dello Stato  Ferdinando III re di Sicilia (Ferdinando IV re di Napoli) fece eseguire un censimento generale. A Randazzo si ebbe  il seguente risultato: 
             Quartiere di Santa Maria:  Maschi 607     Femmine 467   totale 1074
              Quartiere di san Nicolò:    Maschi 1415    Femmine 1183  totale 2598
              Quartiere di San Martino: Maschi 1476   Femmine 1129 totale 2605
              Totale : 6.277 anime.
Il censimento è stato fatto da Don Girolamo Saletti deputato della locale Deputazione.

1808  –  Il Sindaco di Randazzo é  il Dott. Filippo Scala”

1818  Il 20 febbraio vi fu un tremendo terremoto. Non si hanno notizie per  danni agli uomini o alle cose si sa di questo terremoto in quanto il Quadro raffigurante San Giorgio donato dal Conte Ruggero I di Sicilia (1031-1101) al Monastero si stacco dal muro e cadendo si ridusse in minutissimi pezzi, essendo corroso dalla tignuola, come ebbe a constatare il Duca di San Mar­tino, allora Intendente di Catania, venuto a visitare per ordine del Sovrano la nostra Città. Federico II°, insieme alla Regina Eleonora, (circa il 1312) donarono alle Monache di San Giorgio un Quadro dipinto su Tavola, rappresentante il Transito del loro Patriarca San Be­nedetto,  anche questo cadde e andò in frantumi .   

1824 –  Alla morte del re Ferdinando I , la Chiesa di San Nicola – che funzionava da Cattedrale del triennio – celebrò solenne funerale; ma, dato il caso specialissimo, anche le altre due chiese vollero celebrare il suo: e i funerali furono tre.
(Pietro Silvio Rivetta in arte Toddi).

1825 – L’Arciprete Giuseppe Plumari  il 30 agosto rivolse una petizione al Re Francesco I°  perché fosse demandata l’Amministrazione dei Beni della Baronessa Joannella De Quatris lasciati alla Maramma di S. Maria, ad una Commissione locale, sotto il controllo del Consiglio degli Ospizi di Catania, togliendo dalle mani dell’Amministratore residente a Palermo, perché la Chiesa, in poco più di un secolo di tale Amministrazione aveva avuto la perdita di almeno Onze sessantatre­mila (63.000).  Il Re  accoglie la petizione e dà disposizioni affinché sia eseguita. 

1834  – Nel 1834 si accese una forte polemica provocata da uno scritto sulle “glorie di Randazzo di Leonardo Vigo”, pubblicato nelle Effemeridi Scientifiche e Letterarie di Palermo, dopo ch’egli aveva consultato il manoscritto: Idea dell’Antichità di Randazzo di Don Francesco Colonna dei Duchi di Cesarò e dei Marchesi di Fiumedinisi, ed il Sunto della Storia di Randazzo, scritto ed inviato dall’Arciprete Don Giuseppe Plumari Emanuele all’Accademia dei Zelanti della Città di Acireale.

1835  –  Paolo Vagliasindi Basiliano pubblica per la tipografia del Giornale di Scienze Lettere ed Arte di Palermo “Discussione storica e topografica di Paolo VAGLIASINDI basiliano di Randazzo” . L’Opera polemicamente cerca di confutare alcune teorie dello storico Giuseppe Plumari sulle origini della nostra Città.

1836 – La presunta data dell’apertura del Cimitero. Questa data infatti è riportata in una lapide ancora esistente nella zona pericolante.

1836 La confraternita dell’Addolorata, che precedentemente si chiamava Confraternita di Maria SS.ma degli Agonizzanti, non possiede alcun documento manoscritto che ne attesti la data di fondazione. Ha solo un recente dattiloscritto in cui tra l’altro si legge: data di fondazione 20 luglio 1834; data di autorizzazione da parte di Ferdinando II, re delle due Sicilie, 13 febbraio 1836.

1838  –  Paolo Vagliasindi Polizzi, nasce nel 1838 e si deve a Lui l’esistenza del Museo Archeologico Vagliasindi.  Infatti nel 1889 in un suo fondo in contrada Sant’Anastasia-Mischi  furono trovati casualmente dei reperti archeologici oggi esposti nel museo archeologico di Randazzo e nel museo Paolo Orsi di Siracusa.

1847 l’Arciprete Giuseppe Plumari scrive: ” Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia esposta dall’Arciprete di essa Città Giuseppe Plumari ed Emmanuele dottore in Sacra Teologia e socio dell’Accademia dè Zelanti di Scienze, Lettere, ed Arti della Città di Aci-Reale. Divisa in tre volumi. – Volume I  anno 1847 “.

1847 – Il  22 settembre 1847, il sindaco di Randazzo con l’aiuto del Canonico Giuseppe Cavallaro amministratore dell’Opera De Quatris, , crearono  il Corpo Bandistico  Città di Randazzo. La spesa in quell’epoca, è stata circa di trenta Onze.

1849 –  l’Arciprete Giuseppe Plumari scrive: ” Storia di Randazzo trattata in seno ad alcuni cenni della Storia Generale di Sicilia esposta dall’Arciprete di essa Città Giuseppe Plumari ed Emmanuele dottore in Sacra Teologia e socio dell’Accademia dè Zelanti di Scienze, Lettere, ed Arti della Città di Aci-Reale. Divisa in tre volumi. – Volume II   anno 1849″.

1855 –  Muore nel Monastero di Randazzo l’Abate D. Paolo Vagliasindi. Fu Segretario della Camera dei Pari nel 1848, profondo conoscitore delle scienze storiche, archeologiche, economiche siciliane. Scrisse sull’eruzione dell’Etna del 1832, La Riflessione Sull’Appendice (1835) e confutando le tesi del Plumari sulle origini di Randazzo “DISCUSSIONE STORICA E TOPOGRAFICA DI PAOLO VAGLIASINDI BASILIANO DI RANDAZZO”.  Sostituì le lettere ad uno Obelisco egiziano. Seppellito nella chiesa di S.Maria di Gesù sulla tomba fu inciso: “Voce mortale non potrà accrescere meriti alla fama di Lui “.

1859 Padre Gesualdo De Luca, ex Provinciale Cappuccino da Bronte,  “ In S. Martino di Randazzo chiesa collegiata Parrochiale a turno matrice “, fece l’elogio funebre per Sua Maestà Ferdinando II re delle Due Sicilie. Il testo integrale lo trovi nella sezione “LIBRERIA”. 

1860Giuseppe Garibaldi da Messina ordina a Nino Bixio di recarsi a Randazzo – dove giunge il 6 agosto insediandosi nella casa di Giuseppe Fisauli –  per sedare la rivolta scoppiata a Bronte, Linguaglossa, Adrano.

1861   –  Nicola Petrina, politico, sindacalista e uno dei fondatori dei  Fasci Siciliani o Fasci Siciliani dei lavoratori  ( con Giuseppe De Felice,  Giacomo Montalto, Francesco Paolo Ciralli, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, Bernardino Verro ),  nasce a Randazzo il 13 novembre 1861 e muore il 28 dicembre del 1908 a Messina a causa del tremendo terremoto che ha colpito questa città.

1861  –   Gli abitanti di Randazzo sono : 7005 

1864  –  Gaetano Basile fu Ferdinando nasce a Randazzo il 6 luglio. E’ stato un medico e igienista italiano, Direttore della Sanità Pubblica dal 01/02/1934 al 28/02/1935. Nel dicembre 1912 fu prescelto come Direttore capo della divisione per il servizio igienico generale al Ministero dell’Interno e nel 1916 ricevette la medaglia d’oro ai benemeriti della salute pubblica. Nel dicembre 1930 fu promosso Direttore Generale della Sanità Pubblica. Nel 1943 avendo avuto distrutta la casa di Catania dai bombardamenti del 1943 si ritirò a Crocitta dove morì il febbraio 1951. Una immensa folla partecipò al suo funerale. Il Comune gli ha intitolato una tra le più belle strade della città.

1866 – Nel 1866 lo Stato incamerò i beni di tutte le Confraternite, senza eccezione alcuna. (Con il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866, detta legge eversiva, fu negato il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni, e le congregazioni religiose regolari, ai conservatori ed i ritiri che comportassero vita in comune ed avessero carattere ecclesiastico). 

1866  –  A seguito della legge eversiva (il regio decreto n. 3036 del 7 luglio 1866) fu soppresso il convento dei Carmelitani. I fedeli allora chiesero che le Sante Reliquie del Beato Luigi Rabatà fossero tolte dalla chiesa del Carmine e fossero trasfe­rite nella Chiesa Collegiata di Santa  Maria. La  Sacra Congregazione dei Riti, con l’approvazione di Pio X°,  in data 10 giu­gno 1910 accordava la richiesta di traslazione dalla Chiesa del Carmine ove erano state conservate per più di quattro secoli, alla Chiesa di S. Maria. 

1868  –  Sindaco della Città e don Giuseppe Fisauli. 

1872 La città di Randazzo che fino al 1435  faceva parte della diocesi di Messina, passa con la diocesi di Acireale.

1875  –  Secondo il Vocabolario Geografico – Storico – Statistico e il Dizionario Geografico Postale del regno d’Italia il comune di Randazzo era dotato di un ufficio postale, di scuole e d’istituti di pubblica beneficenza.  

1878 – Le nostre Autorità Municipali (Sindaco Giuseppe Fisauli), preoccupati di dare una buona educazione ai nostri giovani, in accordo con le Autorità Ecclesiastiche, fecero venire le Suore di Carità che presero la Direzione dell’Asilo, della Scuole Elementari ed in seguito dell’Ospedale.  L’Asilo fu inaugurato il 13 settembre 1878 ed eretto in Ente Morale l’8 dicembre dello stesso anno. Lo scopo è l’ammissione dei bambini di ambo i sessi, dai tre ai sei anni per ricevere la prima educazione religiosa e civile.  La prima Deputazione ebbe a Componenti i Signori: Giuseppe Vagliasindi Romeo Presidente, Dottor Antonino Birelli e Giuseppe Fisauli Piccione Deputati.

1879 – Sindaco della Città è il barone Giuseppe Fisauli.

1879 – Su indicazione del prefetto di Catania Conte Ottavio Lovel de Maria e il comm. Achille Basile. che caso stranissimo, rappresentavano uno Stato massonico e anticlericale, ed il vescovo di Acireale Mons. Gerlando Genuardi,  le autorità della Città –  l’Arciprete Francesco Fisauli, il Sindaco B.ne Giuseppe Fisauli, il Consigliere Provinciale Giuseppe Vagliasindi –  si incontrano con i delegati di Don Bosco –  Don Gio­vanni Cagliero (reduce dalla prima missione salesiana in Patagonia, e che poi, qualche anno dopo, diventerà cardinale di Sancta Romana Ecclesia.” Pino Portale”) e Don Celestino Durando – per firmare la “Convenzione” dove si stabiliscono i lavori di ristrutturazione e ammodernamento del vecchio monastero basiliano che avrebbe dovuto ospitare il Collegio Salesiano e si fissò la data dell’inizio dell’opera con scuole elementari e ginnasiali per l’ottobre del medesimo anno 1879.

1884  –  Gustavo Vagliasindi nasce a Randazzo. Professore universitario di argomenti agricoli nel 1947 promosse la fondazione della Facoltà di Agraria di Catania. L’Università nel 1961 gli conferì alla memoria la medaglia d’oro al merito della scuola. Il comune di Sanremo il “Garofano Rosso”.  Morì a Catania nel 1957.

1885 – Viene eletto sindaco Paolo Vagliasindi (1858/1905) a soli 27 anni.

1886 – Il pittore viterbese Pietro Vanni dipinge “La Madonna in trono col Bambino” che si trova sull’altare Maggiore (1663 in marmo policromo intarsiato) nella Basilica di Santa Maria.

1887 – Viene rieletto sindaco Paolo Vagliasindi (1858/1905).

1887 – Si diffonde una epidemia di colera. Il sindaco Paolo Vagliasindi, per la sua opera meritoria gli viene attribuita la medaglia d’argento al valore civile da parte del Governo.

1887 – Viene costruito il ponte sul fiume Alcantara tutto in pietra lavica e con una serie di accorgimenti per consolidare il terreno circostante. Il 13 agosto 1943 i tedeschi ritirandosi fecero crollare con delle mine le tre arcate. 

1891  –  Giuseppina Dilettoso Vagliasindi (in religione Suor Maria Addolorata) nasce a Randazzo il 21 giugno. Rimasta vedova dedicò tutta la sua vita al Signore. Fondò l’Opera Betania Ancelle di Gesù Sacerdote, con lo scopo di assistere i sacerdoti, quelli malati e più bisognosi.  Morì il 15 agosto 1981. 

1893  –  l’Orfanotrofio Femminile, affidato alle Suore di Carità, veniva fondato e dedicato al Sacro Cuore di Gesù dal Rev.mo Canonico D. Francesco Fisauli fu Dott. Vincenzo e dai Signori: Barone Avv. Benedetto Fisauli con i fratelli Ing. Vincenzo, Avv. Antonio, Colon­nello Brigadiere Diego, Avv. Gualtiero figli del Barone Giuseppe, 11 maggio 1893 e 20 settembre 1894 presso il Notaro Basile avv.Giuseppe, con lo scopo di ricovero, istru­zione e mantenimento, fino alla maggiore età, delle orfane abbandonate, nate legittime da genitori che ebbero domicilio in Randazzo.

1895Inaugurazione della Ferrovia CircumEtnea il 29 settembre.  Mario Mandalari (1851-1908), che arrivò a Randazzo comodamente seduto sul treno inaugurale, descrive, nel libro “Ricordi di Sicilia: Randazzo” ( N.Giannotta editore – 1897) con accenti trionfali “ la vittoria dell’Uomo sul Mostro”, il Gigante Mongibello, che, ormai cinto di rotaie, non riesce ad ostacolare la marcia del Progresso.

1896 – Per opera del  Canonico D. Vincenzo Panissidi  viene costituita nella Chiesa di San Nicola la Confraternita del SS. Sacramento che, sorta modestamente fra alcuni parrocchiani, andò vie più accrescendosi col titolo di Pia Società del SS. Sacramento e venne canonicamente fondata dopo un decennio di esistenza, nel 1896. Venne poi elevata al rango di Confraternita l’anno 1925 ed aggregata alla Primaria Arciconfraternita di Roma.

1896Andrea Capparelli  fu nominato Rettore dell’Università di Catania. Nato a Randazzo il 14.12.1854 .  Nel 1880 si laurea in Medicina all’Università di Catania. Fisiologo si interessò pure di Neurologia, Istologia e Terapia. Importanti i suoi studi sul diabete. Morì a Catania nel giugno 1921 . 

1897Scoppia nella nostra Città una epidemia di colera.

1899 – l’onorevole Paolo Vagliasindi  (1858/1905), deputato per 4 legislature, il  14 maggio del 1899 viene nominato Sottosegretario all’Agricoltura, Industria e Commercio durante il governo di Luigi Pelloux.  Carica che mantiene fino al 21 giugno 1900.

1903 Cesare Finocchiaro pubblica il libro. “L’acqua potabile in Randazzo “. Editore: lo Stabilimento Tipografico di Catania. 

1903  –  il 4 ottobre fu inaugurato nella Sala del Palazzo Comunale un Circolo di Cultura e una sezione dell’Archivio Storico per la Sicilia Orientale. Il Vice Presidente, prof. V. Casagrande, tenne il discorso inaugurale, mentre F. Basile ricordò quella cerimonia con un opuscolo intitolato “Circolo di cultura a favore della gioventù”.  

1903 Vito La Mantia Commendatore, Grande Ufficiale e Primo Presidente Onorario di Corte d’Appello –  pubblica il libro: “Consuetudini di Randazzo.  Editore : Tip. Stab. A. Giannitrapani via Monteleone n. 23 – Palermo

1905 – Sindaco è l’avvocato  Gualtiero Fisauli 

1905 – il 23 dicembre 1905 a soli 47 anni muore di pleurite a Catania l’onorevole Paolo Vagliasindi (1858/1905).

1906/1907  –   il 1° acquedotto costruito a Randazzo (1906/1907). sindaco pro- tempore  Gualtiero Fisauli.  L’acqua detta di “Pietre Bianche” proviene dalle sorgenti di Portale o Pietre Bianche, Tortorici (ME) a circa 1350mt. sul livello del mare, portata acqua circa 7 litri al secondo. Sorgente di Montone-territorio di Randazzo circa 1275 mt. sul livello del mare, (portata:  1 litro/sec). La condotta che raccoglie l’acqua  delle due sorgenti arriva al Serbatoio dei  Cappuccini, dopo avere attraversato alcune  zone, tra cui  Roccabellia e Murazorotto.  Acque eccellenti e saluberrime sono definite dalla ” Relazione a cura del Prof. Eugenio Di Mattei-Università di Catania”.

1907 –  Randazzo ebbe la luce elettrica per la prima volta dall’Officina del Sig. D. Ciccione Vagliasindi.

1907 Douglas Sladen pubblica a New York : “Sicily The New Resort an Encyclopedia of Sicily by Douglas Sladen”  una guida turistica della Sicilia.  Nella II parte del libro da pag. 462 a pag. 468 si parla di Randazzo impreziosito da belle foto.

1908 – Sindaco della Città è Sebastiano Polizzi.  Il 30 giugno 1908 firma la transazione dove vengono sanciti i criteri e stabilite le norme e segnate le quote che spettano a ciascun Ente dell’eredità della Baronessa Dè Quatris.  Così si pose fine a quasi 300 anni di lotte fra le Tre Chiese (San Martino, San Nicola, Santa Maria).

1909 – Lo storico di Acireale  Vincenzo Raciti Romeo (1849-1937)  Fu un Canonico e archivista della cattedrale di Acireale e bibliotecario della locale Accademia Zelantea. Studioso di storia patria si dedicò con particolare cura alla storia della città di Acireale e dintorni. Nel 1909 pubblicò due suoi scritti: “Da Acireale a Randazzo” e “Randazzo Origini e monumenti”. Si trovano in originale presso la Biblioteca Zelantea di Acireale.

1909 – Federico De Roberto pubblica il libro “Randazzo e la Valle dell’Alcantara”.  Editore: Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo. Il libro contiene n.147  illustrazioni e I tavola. 

1909Il sindaco di Randazzo è l’avvocato Sebastiano Polizzi.

1909 Vito La Mantia (1822/1904) storico e giurista siciliano il quale  fu anche Consigliere di corte di Cassazione a Roma, coadiuvato dai figli completò alcuni lavori originali in materia di diritto consuetudinario  tra cui   “Le consuetudini di Randazzo”  che venne pubblicato nel 1909.  L’intero testo lo puoi leggere nel profilo di Angela Militi.

1910 –  il Sacerdote don Salvatore Calogero Virzì nasce 11 gennaio a Cesarò (ME). Salesiano, Educatore, Storico della nostra Città, Ricercatore.  Si spegne intorno alle ore venti del 21 novembre 1986 al San Basilio di Randazzo.

1910Per iniziativa di Giovanni Puglisi ( anarchico e poi socialista)  il 18 maggio venne scoperta una lapide nella casa natale di Nicola Petrina che così diceva: 
                ” In questa casa / il 13 novembre 1861 / schiudeva gli occhi / a vita intensa di entusiasmi e di lotte NICOLA PETRINA // Le calamità pubbliche e il carcere iniquo / furono per lui campo fecondo / di azione di pensiero / La catastrofe di Messina del 28 dicembre 1908 / tragicamente lo travolse // Il Popolo di Randazzo / pose questo ricordo / il giorno 18 maggio 1910 / solennemente commemorando / il tribuno gagliardo l’apostolo fervente / di una civiltà più vera ed umana “.
              La lapide non esiste più a causa degli eventi bellici del 1943 che distrussero un gran parte della nostra Città.

1910  – La  Sacra Congregazione dei Riti, approvato da Pio X° in data 10 giu­gno 1910,  accordava la richiesta di  traslazione dei resti del Beato Luigi Rabatà dalla Chiesa del Carmine ove erano state conservate per più di quattro secoli, alla Chiesa di S. Maria. Avendo poi il popolo, in occasione del colera del 1911, ad iniziativa del Vescovo, fatto voto al Beato di procedere presto a tale traslazione se Egli avesse ottenuto da Dio la cessazione del morbo entro il 15 agosto, concessa la Grazia come la si desiderava, si procedette alla preparazione ed il 13 agosto 1912 avveniva la trasla­zione in forma solennissima.

1911  –  Si registra a Randazzo una epidemia da colera.

1911 – Dopo aver inaugurato la statua del Re Umberto  I nella Piazza Roma di Catania, il Re Vittorio Emmanuele III e la Regina Elena  il 31 maggio vennero a Randazzo con il treno reale della Circumetnea.  Alla stazione il commissario  Spasiano  a nome della Città offrì un mazzo di fiori. Proseguendo i reali si fermarono alla villa Statella del marchese Giovanni Romeo. Accompagnavano  il Re il Ministro degli Esteri Sangiuliano, il Ministro di Grazia e Giustizia Finocchiaro Aprile, il Ministro dei Lavori Pubblici Sacchi, la Presidenza del Senato e della Camera dei Deputati con parecchi Onorevoli ed il Prefetto della Provincia.

1912  –  Il 13 agosto le ossa del beato Luigi Rabatà furono trasportate in processione dalla chiesa del Carmine alla Basilica Minore di Santa Maria. Dal 1866 (ano della soppressione degli Ordini religiosi per le leggi eversive) erano state dimenticate nel convento carmelitano. Si racconta che il beato aveva salvato nel 1897  Randazzo dal colera. 

1913Walter Leopold (1882-1976) in un lavoro svolto per la sua tesi di dottorato a Dresda : ” Studio sulle architetture medievali a Castrogiovanni (odierna Enna), Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo” a proposito della nostra città scrive : 
       «la roccia nera di basalto lavico su cui Randazzo è stata costruita scende a strapiombo verso il fiume Alcantara, che scorre proprio sotto le sue mura. Sono da apprezzare le caratteristiche paesaggistiche particolari di un centro storico incastonato sui declivi dell’imponente vulcano Etna. Estremamente interessanti sono la Chiesa di Santa Maria e la torre di San Martino». 

(Antonino Portaro). 

1914  –  Il sindaco di Randazzo è  Alberti Capparelli. 

1914  – Il 19 aprile 1914, a Randazzo, nel corso di una cerimonia cui parteciparono numerosi cittadini, e le varie associazioni del tempo, dietro iniziativa del sindaco Alberto Capparelli, in onore dell’on.le Paolo Vagliasindi, veniva inaugurata una lapide, scolpita da Antonino Corallo, e posta sul cantonale del Palazzo Vagliasindi in via Umberto I, il cui testo, dettato proprio da Federico De Roberto, recita:
         “Paolo Vagliasindi / nelle lotte della vita pubblica / portò la forza e la gentilezza / di un cavaliere antico / in Parlamento e al Governo / fu propugnatore immutabile / di libertà con ordine / crudelmente troncata / prima di dare tutti i suoi frutti / l’opera nobilissima / del Cittadino esemplare / vive nella memoria dei contemporanei / rivivrà nella storia / di questa diletta sua terra.” 

 

1915 La prima Guerra Mondiale (1915-1918) causò a Randazzo la morte di ben 150 nostri Concittadini e un gran  numero di feriti e mutilati. I superstiti di questa spaventosa guerra furono insigniti del titolo di “ Cavalieri dell’Ordine di Vittorio Veneto “.  

1918 – Sindaco di Randazzo è  Andrea Capparelli ( la giunta è formata da: U.Vagliasindi, G. Caldarera, D Vagliasindi, G. Fisauli, G. Panissidi ).

1919 – A seguito di molte manifestazioni di Popolo per le condizioni misere in cui versava, vi fu una scalata al Municipio e la folla inferocita  resistette  alla forza pubblica che fu costretta ad usare le armi e sparò sui manifestanti  causando la morte di nove Cittadini.

1919 – Giuseppe Bonaventura nasce a Randazzo il 6 Ottobre. Nel 1951 assieme a Vito Scalia e Antonio D’Amico fu uno dei fondatori della CISL di Catania, e Segretario Generale dal 1961 al 1964. Fu Consigliere Provinciale e Sindaco della nostra Città dal 14 dicembre 1960 al 26 agosto 1961. Morì prematuramente a 45 anni il 17 dicembre 1964. E’ stato il personaggio politico e sindacale di maggior prestigio nella seconda metà del novecento di Randazzo.

1920 – Nel mese di aprile fanno visita a Randazzo  la novellista irlandese EDITH SOMERVILLE (1858-1949) e la musicista inglese e leader del movimento “Women’s Suffrage” delle Suffragettes ETHEL SMYTH (1858-1944), meglio nota come Dame Ethel Smyth Descrivono la nostra Città in un modo orrido con delle affermazioni francamente molto gratuite. Puoi leggere l’articolo cliccando: “Non tutti parlano bene di Noi” .

1920  –  Il 25 luglio, preceduto da una serie di proteste anche da parte di molte donne, vi fu una grande dimostrazione di Cittadini contro il Commissario Prefettizio Rocco Scriva, a causa della mancanza del pane e da una iniqua distribuzione della farina. I dimostranti assaltarono il Municipio e dopo che furono stati costretti ad uscire si accalcarono dietro le due porte d’uscita. I carabinieri , forse impauriti da tutta questa gente, incominciarono a sparare sulla folla. Il risultato fu che vi furono sette morti ( i contadini Vincenzo Calcagno, Francesco Paolo Magro, Giuseppe Sorbello, il pastore Giuseppe Giglio, il calzolaio Luigi Celona, il falegname Benedetto La Piana, e lo scalpellino Gaetano Mangione) e sedici feriti di cui quattro dell’Arma.

1921 Il 14 gennaio  Padre Domenico Spadafora fu dichiarato, dal Papa Benedetto XV (1854-1922) ufficialmente Beato. Nasce a Randazzo nel 1450 dai Conti Spadafora. Educato dai padri Domenicani consegue il titolo di  Maestro di Teologia. Viene consacrato sacerdote nel 1479 e dietro invito della locale comunità nel 1491 si reca a  Montecerignone dove fa costruire il conventino con sei celle per i frati e la Chiesa dedicata alla Madonna. Nel 1494 durante la quaresima avvenne ” il miracolo dei fiori”. Muore il 21 dicembre 1521

1921 – Il Principe Ereditario Umberto di Savoia il 28 ottobre fu ospite del marchese Giovanni Romeo nella sua casa di Statella. La data di questa visita è incisa in una delle  tre lapidi murate nella facciata del Castello sulla veranda.

1921 – Gli abitanti di Randazzo sono  17.762  il massimo storico.

1921 – Il Ministero della Pubblica Istruzione pubblica un catalogo del Patrimonio Artistico dello Stato suddiviso per Province. In quella di Catania, Randazzo fa bella mostra di sé. Puoi leggerlo “Elenco degli Edifici Monumentali” del sito  .

 1923 – Le principesse Mafalda (morì il 27 agosto 1944 nel  Campo di concentramento di Buchenwald, Weimar, Germania ) e Giovanna di Savoia il 24 aprile furono ospiti del marchese Giovanni Romeo alla Statella.  La data di questa visita è incisa in una delle  tre lapidi murate nella facciata del Castello sulla veranda.

1929 – Con Decreto del 13 luglio del Governo di S.M. il Re Vittorio Emanuele III la superiora Suor Maria Carolina Zefilippo e la direttrice Suor Antonietta Veggiotti  dell’Istituto Santa Caterina, furono decorate con Medaglie D’Oro per gli oltre quarant’anni di insegnamento con lodevolissimi risultati.

1931Guglielmo Policastro scrive, “Randazzo: La città del silenzio.” e  “Il museo Vagliasindi di Randazzo”. 

1931 – Nel dicembre del 1931 i confrati dell‘Arciconfraternita delle SS Anime del Purgatorio di S. Nicola approvarono un nuovo statuto che all ‘articolo 8 così recita:” …si proibisce in modo tassativo ed assoluto a qualsiasi rettore di portare il Cristo morto in casa propria”. Prima di questa data veniva portato nella casa del Governatore dell’Arciconfraternita, dove il “Cristu ‘ndo cataletto” veniva preparato e ornato e da lì partiva la processione.

1932 – Il prof Enzo Maganuco visita Randazzo con la speranza di rinvenire una qualche traccia della chiesetta di Sancta Maria in Nemore. Visitò pure  la chiesa di Sant’Agata che descrisse nel libro “Cicli di affreschi medievali a Randazzo e a Nunziata di Giarre”. A seguito di questa visita nella rivista “Panorami di Provincia” pubblicò una serie di articoli sull’Architettura, Pittura, Miniatura della nostra Città e descrisse – mirabilmente –  il libro di preghiere della baronessa Giovanella Dè Quatris . 

1934
– Il parapetto della “Tribonia”
  (oggi largo Monsignore Vincenzo Mancini) è stato costruito nel 1934. Questa data risulta incisa nel secondo pilone di destra, guardando verso il fiume. (segnalato da Vincenzo Rotella).

1936  –  Mons. Don Salvatore Russo Vescovo Diocesano di Acireale, dopo la S. Visita Pastorale fatta in Ran­dazzo l’ 8 dicembre 1936, emanò una ordinanza nella quale pose fine alla diatriba fra le Tre Chiese Santa Maria,  San Nicolò e San Martino, dichiarando e decretando la loro totale autonomia e  parrocchialità, che vi deve essere un solo Parroco e che il Matriciato a turno viene abolito. La sola chiesa di Santa Maria resta per sempre la sede dell’Arcipretura con tutto quello che ne consegue.     

1936 –  Essendo Arciprete il Can. D. Giovanni Birelli, dopo la rinunzia dell’Arc. Mons. D. Francesco Paolo Germanà, col contributo di tutti i Cittadini, venne rifatto, in lastre di marmo, tutto il pavimento antico della Chiesa di San Nicola che era in mattonelle di terracotta e già malandato ed avvallato in molti punti per le sepolture sottostanti.

1937Francesco Fisauli  discute la sua tesi di laurea in diritto ecclesiastico, dal tema “Le Confraternite di Randazzo nella Storia e nel diritto ecclesiastico”  all ‘Università di Bologna , relatore il Prof. Cesare Magni.

1941  –  Il vescovo di Acireale Mons. Russo, il 2 luglio, avanzò alla Santa Sede una petizione,  accompagnata da oltre quattromila firme e con l’approvazione di tutte le Organizzazioni Randazzesi sia Civili che Religiose, con la quale chiedeva alla Sacra Congregazione dei Riti,  di poter ornare del Titolo di Santuario la Chiesa di Maria Santissima del Monte Carmelo con i privilegi consentiti dal Diritto e da concedersi dal medesimo Ordinario. Petizione che ebbe l’approvazione. 

1943 Dal 13 luglio al 13 agosto Randazzo fu oggetto di pesantissimi bombardamenti da parte degli Alleati. Le incursioni aeree furono 84 e furono utilizzati 425 bombardieri medi, 249 leggeri e 72 cacciabombardieri. Si calcola che su Messina e Randazzo volarono più di 1.100 aerei.  L’80% degli edifici furono distrutti – la chiesa di S.Martino fu la più danneggiata – e i tedeschi completarono l’opera saccheggiandola. Per saperne di più leggi la tesi di  Lucia Lo Presti
         “Randazzo la Cassino di Sicilia. Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto e danneggiato negli anni della seconda guerra mondiale”.

1943 – La Prefettura di Catania il 26 giugno calcola che gli sfollati (intere famiglie che abbandonarono le proprie case per rifugiarsi nelle caverne, grotte, masserie e case di campagne abbandonate) furono 983.

1943 – 
Randazzo venne occupata il 13 agosto dai “Falcons” del 39°reggimento di fanteria della 9^ divisione statunitense.

1943 – Dal 13 luglio al 13 agosto, secondo quanto riporta US Air Force, Randazzo subì attacchi aerei per diciannove giorni: dieci giorni nel mese di luglio e nove nel mese di agosto.

1944 Naufragio del piroscafo Oria il 12 febbraio, una delle maggiori tragedie della seconda guerra mondiale, nella quale persero la vita oltre 4000 soldati italiani che, fatti prigionieri dai tedeschi, dovevano  essere trasferiti da Rodi al Pireo e da lì deportati in Germania. Soldati che  non si erano piegati al volere nazista. Tra questi due soldati Randazzesi: Salvatore Fornito e Renato Vagliasindi.  (Vito Gullotto).

1945Salvatore Genovese – Partigiano nato a Randazzo il 19 settembre 1921 e morto a Spalato il 9 aprile 1945. Fucilato da un plotone di esecuzione nazista nel carcere di Spalato assieme ad altri 28 giovani partigiani dopo un processo “farsa”.

1945  –  Antonio Canepa, noto pure con lo pseudonimo di Mario Turri, nasce a Palermo il 25 ottobre 1908 e la mattina del 17 giugno 1945 fu ucciso in un conflitto a fuoco con i carabinieri, in contrada Murazzu Ruttu sulla SS n. 120, in circostanze non del tutto chiare. Insieme a Lui morirono Carmelo Rosano di 22 anni e Giuseppe Lo Giudice di 18 anni. Canepa è stato un docente e politico italiano e fu comandante dell’ Esercito Volontario per la Indipendenza della Sicilia  (EVIS).  Sul luogo dove è stato ucciso sorge un cippo dedicato ai caduti dell’ E.V.I.S. Antonio Canepa è sepolto nel cimitero di Catania, nel viale dei siciliani illustri, accanto a Giovanni Verga e Angelo Musco.

1946 – Il Consiglio Comunale il 18 aprile 1946 elegge Sindaco il dottor  Giuseppe Emanuele.

1947Il Consiglio Comunale nella seduta del 9 maggio 1947 approva il  Piano di Ricostruzione redatto dal prof. Giovanni Rizzo. Definitivo il 12 febbraio 1948.

1947  –  Il 26 aprile  muore il pittore randazzese Francesco Paolo Finocchiaro a Taormina dove si era stabilito nel 1930 avendo acquistato Villa Florenzia e l’hotel Excelsior. Pittore molto rinomato, le Sue opere si trovano a Roma, Napoli ed in molte altre città. Nella Casa Bianca (USA) è esposto un suo quadro raffigurante  Theodore ed Eleanor Roosevelt, con i quali intrattenne un’intensa amicizia. I bombardamenti del 1943 distrussero il dipinto  la Trasfigurazione che si trovava nella chiesa di S. Francesco di Paola. Del Finocchiaro possiamo ammirare  la tavoletta con il Pastorelloappartenente al Comune di Randazzo che faceva bella mostra  nella stanza del Sindaco, e  il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano all’ingresso della Basilica di Santa Maria. Nato a Randazzo il 15 marzo 1868, studiò all’Istituto di Belle Arti di Napoli, si trasferì a Roma, dove si fece un nome eseguendo ritratti di notabili ed ecclesiastici.

1947
Il Consiglio Comunale in data 5 luglio 1947 elegge Sindaco  Pietro Vagliasindi. 

1948Antonio Pallante, giovane studente universitario di Giurisprudenza di Randazzo, (aveva allora 24 anni)  il 14 luglio davanti a Montecitorio ferisce gravemente il segretario del PCI  Palmiro Togliatti con quattro colpi di calibro 38. Subito preso fu condannato a 19 anni di reclusione. Ne sconto 5 anni. Togliatti ordinò ai suoi di non commettere azioni che potevano comportare l’inizio di una guerra civile. Così si salvò la Repubblica.

1950 – La confraternita del S. Cuore è Stata costituita il 12 novembre 1950, lasciata chiudere dagli stessi confrati nel 1966 e ricostituita nel 1999.

1951 Il padre Luigi Magro da Randazzo dei Frati Minori Cappuccini al secolo Magro Santo fu Vincenzo muore il 16 novembre. Nato il 29 giugno 1881 a Randazzo, fu ordinato sacerdote a Nicosia il 7 febbraio 1904. Oltre che apprezzato per il suo impegno pastorale, ha dedicato la sua vita alla ricerca e allo studio della Storia di Randazzo scrivendo:   Cenni storici della Città di Randazzo    dai primi abitatori della Sicilia fino al 1946. Questo documento rivisitato dal salesiano don Sergio Aidala , è fondamentale per la conoscenza della Storia della nostra Città.

1952 – Consiglio Comunale nella seduta del 10 giugno 1952  elegge Sindaco  Pietro Vagliasindi. 

195411 febbraio Francesco Vagliasindi fonda l’Opera Pro Facci Mucciati in onore dei suoi genitori Giuseppe ed Anna Vagliasindi.

1955 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 28 febbraio 1955 elegge Sindaco Nicolò Palermo. 

1956– Il Consiglio Comunale elegge nella seduta del 12 giugno 1956 Sindaco Pietro Vagliasindi. 

1959 – Alla presenza dell’on.le Angelini Ministro dei Trasporti il 4 giugno viene inaugurato il tronco ferroviario  Alcantara-Randazzo . Si conclusero così positivamente anni di lotta di tutti i Comuni della Valle avendo come alfiere l’avvocato Ferdinando Basile.

1960 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 14 dicembre 1960 elegge Sindaco Giuseppe Bonaventura .

1961 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 26 agosto 1961 elegge Sindaco  Giuseppe Montera. 

1962 – Monsignore Salvatore Russo – Vescovo di Acireale – dispone, dopo avere ottenuto dal Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi, la licenza ad erigere a “Congregazione Religiosa delle Ancelle di Gesù Sacerdote” l’Opera della N.D.  Giuseppina Dilettoso,  il 3 agosto 1962  con un Suo decreto “l’erezione canonica in persona morale dell’Opera Betania – Ancelle di Gesù Sacerdote – con sede a Randazzo via Musco, 14.  Nomina Direttrice, vita natural durante, la Signora Dilettoso Giuseppina ved. Vagliasindi, promotrice e sostenitrice dell’Opera suddetta”. 

1964Leonardo Sciascia durante un suo viaggio sull’Etna visita la nostra Città, lo accompagna Ferdinando Scianna, noto fotografo, che gli scatta alcune foto nella piazza di San Martino. In seguito scriverà un bell’articolo  sui “Paesi Etnei”. 

1965 Il Consiglio Comunale nella seduta del 20 febbraio 1965 elegge Sindaco Sebastiano Giuffrida .

1966 Nel Settimanale “ABC” del 14 agosto compare un articolo di Luigi Stancampiano dal titolo: “Brache di cemento par il Ciclope Piracmone ” dove si racconta che, con bella ironia,  “ un ignoto muratore ha ricoperto nottetempo l’addome della antica statua con uno strato di malta a presa rapida per onorare la severità dell’epoca in cui viviamo”. (R.N. n.3 del novembre 1982). Era sulla bocca di tutti che ha commettere questo atto “moralistico” pare sia stato il signor S.S. istigato dal un noto professionista S.D.

1968 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 27 marzo 1968 elegge Sindaco Sebastiano Giuffrida. 

1968 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 31 agosto 1968 delibera di acquistare la villa  “Vagliasindi”  di piazza Loreto con tutta l’area circostante per consentire la costruzione dell’attuale Scuola Media. 

1969 – Il Consiglio Comunale nella seduta del 22 gennaio 1969 elegge Sindaco Santo Camarata .

1969 – Il Professore Pietro Virgilio pubblica il 24 maggio per la Scuola Salesiana del Libro – Catania Barriera  il libro Randazzo e il Museo Vagliasindi” con foto di “Dal Vecchio-Vega”.  Opera fondamentale per la conoscenza del Museo. Lo scopo di questa pubblicazione è racchiuso in questa dedica: “Ti ho vista nel crepuscolo/possa presto io vederti nello splendore/della tua rinascita”.

1970  –  Si svolsero le elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale dopo la parentesi commissariale del dr. Vincenzo Viviano. Il consigliere Vincenzo Munforte (1906) del PSIUP ebbe a dire, con grande soddisfazione, che finalmente erano stati estromessi i  nobili dal civico consesso.  Infatti tra i trenta Consiglieri eletti nella votazione del 6 giugno per la prima volta nella storia della nostra Città, non vi erano rappresentati nobili nè loro discendenti.  

1970 – Il consiglio Comunale nella seduta del 13 agosto 1970 elegge Sindaco  Paolo Felice Iovino

1971 – Il Consiglio Comunale nella seduta del ….. aprile 1971 elegge Sindaco   Giuseppe Montera 

1971 –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 5 ottobre 1971 elegge Sindaco  Francesco Rubbino (a soli 22 anni)

1971 – Vengono consegnati dal sindaco  Francesco Rubbino,  con una commovente cerimonia svoltasi nella sala del Consiglio Comunale,  la Medaglia e l’Attestato agli insigniti di “Cavalieri dell’Ordine di Vittorio Veneto ” per avere partecipato alla guerra 15/18.  così come previsto dalla legge 18 marzo 1968 n.263 

1972 – Viene approvata dall’ARS la legge n. 44 del 22 luglio 1972 , ottenuta a furor di popolo,che autorizzava i Mercati Domenicali in Sicilia,  ove per tradizione si erano svolti. In esecuzione di questa legge, l’Assessore Regionale all’Industria e Commercio, con D.A. n. 558 del 13 settembre 1972 sanciva il diritto all’apertura del Mercato Domenicale nel Comune di Randazzo, di fatto esistente da oltre trentacinque anni.

1972 –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 31 luglio 1972 rielegge Sindaco  Francesco Rubbino

1972  –  Il Consiglio Comunale nella seduta del 30.10.1972 eleggeva sindaco Giuseppe Gulino. 

1975   Giuseppe (Pippo) Gullotto e Alfio Scirto  danno vita a Radio Randazzo International  la prima radio libera di Randazzo. 

1976Il Consiglio Comunale il 24 aprile istituisce La Biblioteca Comunale .  Dopo una apertura saltuaria dal mese di ottobre del 1978 inizia a funzionare con regolarità. 

1979  –  Il Consiglio Comunale elegge sindaco Francesco Rubbino

1979  –  Il Consiglio Comunale (Sindaco Francesco Rubbino) nella seduta del 2 febbraio 1979 concede la “Cittadinanza Onoraria” al Salesiano Salvatore Calogero Virzì  per essersi distinto con azioni e opere a valorizzare e fare conoscere le tradizioni ed il patrimonio storico ed artistico della Città.

1980  –  Il Collegio Salesiano San Basilio il 2 giugno con Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali viene insignito dalla Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.  

1981 – Nel mese di febbraio iniziano le trasmissioni di  TVR ( Tele Video Randazzo), la prima rete televisiva randazzese. Pippo Gullotto inizia la sua avventura televisiva presentando programmi che riscuotono sempre grande successo.

1981  –  Il 17 marzo ebbe inzio “Eruzione di Randazzo“. Dopo tutta una serie di scosse telluriche e aperture di varie fratture a quota 2625 e 2500 m, ebbe inizio la colata lavica principale con fuoruscita di lava a quota 1800 m. con direzione tra Randazzo e Montelaguardia, distruggendo boschi, vigneti, coltivazioni,  case di campagne . Inoltre tagliava il binario della CircumEtnea e della Ferrovia dello Stato, la SS.120, la strada provinciale verso Moio ed altre strade comunali e poderali e raggiungeva le sponde del fiume Alcantara. Dopo aver percorso km.7,5 la lava si fermò. L’attività  delle bocche di frattura (1250-1115) continuò fino al 23 marzo ma il braccio di lava che minacciava Randazzo rallentò fino ad arrestarsi a circa 2 km dall’abitato. 

1982 – il 19 marzo viene inaugurata la statua di San Giuseppe dello scultore Gaetano Arrigo. Messa nella piazza San Giovanni Bosco, guarda il vulcano Etna, nella speranza che la città possa essere protetta.

1983 – Dopo varie vicissitudini burocratiche, giudiziarie, amministrative e finanziarie alle ore 19,24 del 22 agosto dal pozzo 2 di Santa Caterina sgorgava in abbondanza l’acqua rinvenuta a una profondità di 160 metri. Per la nostra Città è un evento storico ha dichiarato il sindaco Salvatore Agati ai cittadini, tecnici e amministratori presenti.

1987 – il 1 febbraio del 1987 si svolge la cerimonia della riapertura dell’Ospedale Civile . Presenti alla cerimonia, oltre ad un folto pubblico di cittadini ed addetti alla sanità e  con la gioiosa partecipazione della Banda Musicale di Randazzo “Erasmo Marotta“,  il Presidente Rino Nicolosi (che ha finanziato l’opera), l’assessore alla Sanità Aldino Sardo Infirri, l’assessore agli Enti Locali Francesco Parisi, il Sottosegretario ai Trasporti Nicola Grassi Bertazzi, gli onorevoli Nino Perrone, Pino Firrarello, Salvatore Leanza, Nino Caragliano, Raffaele Lombardo, il Sindaco Salvatore Agati e molte autorità politiche, civili e religiose non solo del nostro Comune. Nel ringraziare tutti  il Presidente dell’USL n.39  Francesco Rubbino, ha ricordato le tante vicissitudini passate per poter ristrutturare ed ammodernare il Presidio Ospedaliero.

1987Sabato 23 maggio 1987 ha avuto luogo la cerimonia di intitolazione di una piazza al Maggiore paracadutista Francesco Vagliasindi. Il sindaco Salvatore Agati assieme al fratello del Maggiore Paolo Vagliasindi ha scoperto la lapide commemorativa alla presenza di numerose autorità e di cittadini.

1988 – L’Amministrazione Comunale (sindaco Salvatore Agati) acquista la collezione dei Pupi Siciliani che viene collocata nella saletta ricavata nel seminterrato all’interno del Castello ove è anche ubicato il Museo Archeologico Paolo Vagliasindi 

1988 – Il Consiglio Comunale il 13 dicembre elegge sindaco Salvatore Agati.

1989 – Il Consiglio Comunale su proposta del sindaco Salvatore Agati con delibera n. 192 del 27 novembre 1989 concede la Cittadinanza Onoraria all’on. Calogero Mannino.

1990 – Il consiglio Comunale il 29 maggio  elegge sindaco  Francesco Rubbino.

1990 – Viene inaugurata nel mese di luglio la statua di San Giovanni Bosco nella piazza di San Francesco di Paola.

1991 – La Siciliana Gas inizia i lavori di metanizzazione della Città.

1992 – il Consiglio Comunale il 23 novembre elegge sindaco Giovanni Germanà.

1993 – Il Consiglio Comunale il 21 aprile elegge sindaco Francesco Lanza.

1994 – Nelle elezioni comunali del 27 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Angela Vecchio.

1996   Il Consiglio Comunale, Sindaco  Angela Vecchio, Presidente Fabio Aidala, con delibera n. 33 del 6 maggio intitola la Sala del Consiglio in: “Sala Consiliare Giovanni Falcone Paolo Borsellino “.

1996 – Tra il 20 e il 29 marzo si verificò un evento franoso che interessò il lato sinistro del fiume Alcantara. Il movimento esteso per circa 1850 metri di lunghezza e di circa 900 metri di larghezza copri 165 ettari di terreno. La frana distrusse quasi un chilometro di S.S. n° 116, che collega gli abitati di Randazzo e Santa Domenica Vittoria, trascinò a valle terreni coltivati di un certo pregio causando danni all’economia locale, infine, rovinò all’interno dell’alveo del fiume, ostruendolo e formando un invaso di sbarramento naturale di circa 375.000 m³, che impediva il normale deflusso delle acque verso valle.

1998 – Nelle elezioni comunali del  8 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Ernesto Del Campo.

2002 La Link Japan, una tra le maggiori reti televisive giapponesi, annualmente produce uno special televisivo di 30 minuti, dedicato ad un personaggio nazionale o straniero che si è distinto particolarmente per la sua attività.  Il 2002 è stato celebrato dall’ONU come anno dedicato alla montagna e alla natura ed è stato questo il motivo per cui i responsabili dell’emittente nipponica hanno voluto dedicare uno dei suddetti programmi ad un personaggio che si occupa di ambiente e natura.
La scelta è caduta sul nostro concittadino Vincenzo Crimi Commissario Superiore della  Forestale
.

2003 –  Nelle elezioni comunali del  10 giugno  i cittadini eleggono direttamente sindaco Salvatore Agati.

2005  –  Medaglia D’Argento al Merito Civile. Data del Conferimento il 25 gennaio 2005 con la seguente motivazione: Comune, occupato per la posizione strategicamente favorevole dall’esercito tedesco, fu sottoposto per trentuno giorni, tanto da essere definito  ” la Cassino di Sicilia “, a violentissimi bombardamenti che provocarono numerose vittime civili e la distruzione dell’intero abitato. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.  13 luglio – 13 agosto 1943

2006 – Il 20 settembre 2006, all’età di 83 anni, si è spento a Catania  Angelo Priolo. Ornitologo di fama mondiale. Nel 1983 viene costituito il Museo Civico di Scienze Naturali . Nel 1986 consegna al Comune la sua Collezione Ornitologica di 2250 esemplari che rappresenta una delle maggiori raccolte di uccelli che si conservino nell’Italia Meridionale. Nel 1991 viene nominato, assieme a Luigi Lino del WWF, Conservatore Onorario del Museo. Nel 2012 aderendo ad una richiesta dell’Associazione Ornitologica, ma soprattutto per riconoscenza e gratitudine della nostra Comunità,  gli viene intitolato il Museo.

2007Emanuele Manitta, già portiere della A.S.Randazzo, fa il suo esordio nel campionato di calcio della Serie A nella partita Livorno – Roma (1-1) 21 gennaio 2007. E’ il primo giocatore di calcio Randazzese che ha giocato nella massima divisione calcistica. Emanuele Manitta ha anche giocato nel Bari, Ragusa, Messina, Napoli, Catanzaro, Bologna, Siena.

2008 – il 22 febbraio muore all’età di 90 anni ad Acireale  padre Antonino Maugeri. Era nato a Randazzo il 4 settembre 1918 primo di nove fratelli di cui un altro , padre Rosario, anch’esso sacerdote.  Per più di 40 anni canonico della chiesa San Pietro e Paolo di Acireale fu stimato ed amato dagli acesi non solo per la missione sacerdotale, ma soprattutto per l’intelligenza e cultura. Appassionato di musica fu pianista, organista, compositore vincendo diversi concorsi di musica sacra. Nel 1990 nasce la Corale Polifonica ” Don Antonino Maugeri “. Il 23 maggio 2007 gli è stato intitolato l’Auditorium dell’Istituto “Galileo Galilei”  di Acireale.

2008 –  Nelle elezioni comunali del  1 luglio  i cittadini eleggono direttamente sindaco Ernesto Del Campo.

2011 – Gli abitanti di Randazzo sono:  11.108

2013 –  Nelle elezioni comunali del  12 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Michele Mario Mangione.

2013 Carmelo Carmeni  (nato a Randazzo il 29 settembre 1972) ha vinto il sesto campionato del mondo di forgiatura disputatosi a Stia (Arezzo) nei giorni tra il cinque e l’otto settembre durante la XX Biennale Europea d’Arte Fabbrile La gara  ha visto la partecipazione di 200 fabbri provenienti da 20 paesi stranieri e aveva come temaPlasticità“.  Carmeni ispirandosi alla Sicilia e a Luigi Pirandello ha intitolato la sua opera “Uno, nessuno e centomila”. I lavori eseguiti sono stati giudicati da una giuria internazionale.

2013 – Il 15 di agosto, causa una pioggia torrenziale e persistente,  “a Vara”,  per ovvi motivi di sicurezza, non “esce”. La prima volta da quando è stata ripristinata l’uscita. Con una discutibile decisione delle autorità Comunali e Religiose la domenica 18  “a Vara” niesci.

2016 – Alla presenza di molte autorità e cittadini il 29 aprile si è svolta la cerimonia di  intitolazione dello spiazzo antistante il lato nord della chiesa e la sacrestia (‘a Tribonia) all’Arciprete Monsignore Vincenzo Mancini che d’ora in poi si chiamerà  “Largo mons. Vincenzo Mancini”. Il sindaco Michele Mangione ha dichiarato che la Giunta  con delibera n. 19 del 19 febbraio 2016 stabilendo di dedicargli questo “largo” ha voluto riconoscere i tanti meriti dell’Arciprete Mancini nei confronti della nostra Cittadinanza.  Il vescovo Antonino Raspanti e il parroco don Domenico Massimino hanno ricordato il suo impegno sacerdotale.

2017 – il 23 settembre nasce il sito: www.randazzo.blog . Lo scopo è dare una rappresentazione dell’arte, della storia, della cultura, dei costumi, degli avvenimenti, dei personaggi e dei luoghi della nostra Città.  Amministratori : Giulio Nido, Francesco Rubbino, Lucio Rubbino .

2018 –  Nelle elezioni comunali del  11 giugno i cittadini eleggono direttamente sindaco Francesco Sgroi.

2018 – Il 15 di agosto, causa una pioggia torrenziale e persistente,  “a Vara”,  per ovvi motivi di sicurezza, non “esce”. Le autorità Comunali e Religiose decidono di fare uscire “a Vara” domenica 25 agosto. Arrivata in piazza Municipio si blocca per un guasto tecnico e si è costretti a farla ritornare lentamente indietro. 

2019 Il Consiglio Comunale nella seduta del 30 maggio approva, su proposta dell’Amministrazione Comunale, la delibera n.17 avente per oggetto:“Dichiarazione dello stato di dissesto finanziario, dell’ente, ai sensi dell’art. 246 del D. Lgs. 267/2000”. Per la prima volta nella sua storia amministrativa avviene questa Dichiarazione di Dissesto. Le conseguenze per i Cittadini e per i fornitori saranno molto gravi.

2019 Il  Presidente della Repubblica, a seguito della Dichiarazione del Dissesto Finanziario del Comune,  in data 23 agosto 2019, su proposta del Ministero dell’Interno, che ha competenza sulla finanza locale, ha nominato tre Commissari Straordinari che faranno parte dell’Organo Straordinario di Liquidazione ( OSL ) al fine di estinguere la massa debitoria del comune. I tre Commissari del dissesto sono il dott. Giuseppe Milano, Funzionario in servizio della Prefettura di Catania, il Dott. Antonino Alberti, Segretario Generale in quiescenza ed il Dott. Andrea Dara, Dottore Commercialista dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Palermo. Detto OSL con delibera n. 1 del 18 settembre 2019 si è regolarmente insediato ed ha eletto a suo Presidente il Dott. Giuseppe Milano.

2020 – Il 9 marzo a seguito del Coronavirus (Covid-19) che ha colpito tutto il Mondo, siamo costretti a rimanere in casa . Si può uscire soltanto per lo stretto necessario. Sono state chiuse le scuole, bar, negozi, e quasi tutte le attività lavorative. 

2020 –  Al concorso di  Londra il Decanter Awards 2020 – il concorso enologico più importante al mondo – che si è svolto il 25 settembre, sono state premiate tre etichette di Al-Cantàra. La medaglia d’oro e ben 95 punti su 100 a   “O Scuru O Scuru”,   un vibrante e corposo Etna rosso Doc del 2017 ottenuto da grappoli del vitigno etneo per eccellenza, il nerello mascalese, raccolto a mano da antichissimi ceppi prefillossera sparsi a macchia di leopardo nella tenuta di Feudo Sant’Anastasia e qui vinificato in purezza, degustati alla cieca insieme a oltre 16.000 vini da un giuria internazionale di oltre cento esperti per .
Due medaglie d’argento sono invece per “Luci Luci” 2018 (Etna Bianco Doc da uve carricante, altra cultivar autoctona dell’Etna a bacca bianca) con 93 punti e per “‘A Nutturna” 2018 (IGP Terre Siciliane, bianco di nera da uve di nerello mascalese vinificate in bianco) al quale sono stati assegnati 92 punti. Anche lo scorso anno, Al-Cantàra ha ricevuto tre medaglie al Decanter.
Grande soddisfazione per Pucci Giuffrida, commerciante catanese, che grazie ai molti premi vinti, si è guadagnato in quindici anni l’affettuoso appellativo di “vigneron letterario”.

2020 – Il Presidente della Regione Nello Musumeci con l’Ordinanza n. 47 del 18 ottobre 2020 ordina particolari misure di contenimento del contagio nel territorio del Comune di Randazzo a causa del Coronavirus (COVID-19). Praticamente dichiara “Zona Rossa” la nostra Città per una settimana. Randazzo sembra una città morta. 

2020  –  Salvatore Rizzeri, noto storico Randazzese, pubblica per l’Edizione La Rocca “RANDAZZO E LA SUA STORIA  Origine ed Evoluzione nei Secoli”. Una Opera di 429 pagine ricca di illustrazioni e commenti.

2021  –  Giovedì 28 ottobre  muore, a 45 anni,  Vera Guidotto. Sabato 30 alle ore 10 sono stati celebrati i funerali nella chiesa del Sacro Cuore. Nonostante il divieto a causa del Covid la partecipazione della gente è stata assai numerosa. Vera è stata una ragazza molto segnata dal destino, ma nonostante questo è riuscita a diventare una poetessa ed una scrittrice di raro talento. Nata a Randazzo il venerdì 10 settembre 1976  Ha frequentato regolarmente le Scuole Medie e Superiori. Nel 1998 scrive un libro sull’amore e l’amicizia dal titolo “Il diverso non esiste”. Scopre di avere una propensione per la poesia e ne scrive parecchie con profonda e limpida semplicità. Le sue riflessioni sulle cose del mondo ed i suoi racconti non sono mai banali. Randazzo perde una grande donna (mai vinta) e in campo letterario la prima e la più importante. 

2022 –  Il sindaco Francesco Sgroi il 4 febbraio rassegna le dimissioni dalla carica di Sindaco. 

2022  –  Nelle elezioni comunali del  12 giugno i cittadini eleggono direttamente Sindaco Francesco Sgroi

2022  –  Il 3 novembre (II anniversario della sua morte) è stato presentato, nella sala consiliare “Falcone e Borsellino” del Palazzo Municipale il libro postumo di Salvatore Agati : La Storia di Randazzo. Lungo il corso tracciato dal Plumari. Dopo i saluti del vice sindaco Gianluca Anzalone, sono intervenuti Giuseppe Giglio, Alfonso Sciacca relatore, il sen. Pino Firrarello, padre Domenico Massimino, Maristella Dilettoso, Francesco Rubbino, dr. Patti.  Rosaria Agati a nome della famiglia ha ringraziato i presenti.

2022  –  Il maratoneta Antonino La Piana (20.01.1979) il 6  novembre partecipa alla Prestigiosa Maratona di NEW YORK  percorrendo tutto l’itinerario in 03.52.19. Nino La Piana non è nuovo a  queste imprese sportive infatti negli anni 2021/2022 ha partecipato, percorrendo tutto l’itinerario, a più di 20 maratone. Nino la Piana è il primo randazzese che riesce ad ottenere questi risultati.

2022  –  Sabato 3 dicembre è morto il Prof. Antonino Grasso. Nato a Randazzo il 16 ottobre 1943. Giornalista, scrittore, dotto conferenziere con molti titoli accademici tra cui: Magistero in Scienze Religiose conseguito nel 1999,  Bacellierato in S. Teologia conseguito nel 2000, Dottorato in S. Teologia con specializzazione in Mariologia che insegna nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Luca” di Catania aggregato alla Pontificia Facoltà Teologia di Sicilia.
 È stato Insignito il 02 giugno 1980 dal Presidente Sandro Pertini dell’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana” “per particolari benemerenze” acquisite al servizio dell’emigrazione degli italiani in Germania.
 Autore di 10 pubblicazioni mariane:  “Maria con te”  [1994] ; “E la Vergine distese le mani” [1995]  ; “Guadalupe. Le apparizioni della “Perfetta Vergine Maria” ,   “Maria, madre della speranza, Donna di legalità”  [2006] ;   “La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI” [2008];   “Maria di Nazareth. Saggi teologici” [2011] ;  “Perchè appare la Madonna? Per capire le apparizioni mariane” [2012] ;   Maria, maestra e modello di fede vissuta [2013] ;  Apparizioni, malati e guarigioni a Lourdes. La prodigiosa guarigione di Delizia Cirolli il miracolo n. 65 di Lourdes riconosciuto dalla Chiesa [2015] ;   Maria, Madre di misericordia: “sotto il tuo manto c’è posto per tutti” Meditazioni [2016] ;  Lucia Mangano. Una vita d’unione con Maria.
Insieme a
don Santino Spartà è stato il realizzatore del “Parco Sciarone” e del sito web ” www. fatimaparcosciaronerandazzo. 
É autore e gestore del portale di Mariologia  http://www.latheotokos.it,
raccomandato dalla Congregazione per il Clero e dalla Pontificia Academia Mariana Internationalis. ha migliaia di pagine di articoli su ogni aspetto della Mariologia, filmati, audio, immagini, ecc. è il sito mariano più visitato d’Italia e uno dei più visitati del mondo in campo mariano ed è stato recensito spesso.

Un nostro illustre concittadino che ricordiamo con affetto, stima e ammirazione.

2023  – È operativa da ieri  – 20 marzo – la commissione di indagine con il compito di realizzare un accesso ispettivo presso il comune di Randazzo. La misura è stata disposta dal prefetto di Catania, Maria Carmela Librizzi, su delega del ministro dell’Interno, per verificare l’eventuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso. La commissione, secondo le previsioni del Testo unico degli enti locali, dispone di tre mesi – rinnovabili per ulteriori tre mesi – per terminare gli accertamenti e presentare al prefetto le conclusioni dell’attività ispettiva effettuata.

2023    Il 17 settembre viene pubblicato da Amazon il libro di padre Luigi Magro Cappuccino “Cenni Storici della Città di Randazzo” (1946) a cura di Francesco e Lucio Rubbino. Il libro originale viene implementato da oltre 50 fotografie molte delle quali riproducono i ritratti degli Scrittori Storici a cui fa riferimento il Magro (al secolo Santo Magro). Le note bibliografiche sono 72 e le pagine 427. 

 

Rubrica a cura di LucioFrancesco Rubbino

 

BIBLIOGRAFIA:
  –  Giuseppe Plumari ed Emmanuele  (1770/1851):  Storia di Randazzo, trattata in seno ad alcuni cenni  della Storia Generale della Sicilia – Ms. in 2 voll. 1849, presso la Biblioteca Comunale di Palermo.
 – Giuseppe Plumari ed Emmanuele: Primo Volume della Storia di Randazzo  .
  –  Padre Luigi Magro Cappuccino: Cenni storici della Città di Randazzo 1946 .
  –  Angela Militi : sito ” Randazzo Segreta.myblog,it”  .
  –  Federico De Roberto : “Randazzo e la Valle dell’Alcantara” .
  –  Don Calogero Virzì – Salesiano .
  –  Maristella Dilettoso : Randazzo città d’arte nel 1994.  Guida alla Città di Randazzo nel 2002. 
    Un beato che unisce : Randazzo e Montecerignone, nell’anno 2006.  
    Detti, sentenze, proverbi, storielle, modi di dire, usanze e anedotti  siciliane: un viaggio nell’universo      
    randazzese. 
  –  Lucia Lo Presti : Randazzo la Cassino di Sicilia. Indagine sul patrimonio storico-artistico distrutto danneggiato
     negli anni della seconda guerra mondiale .
  –  Antonio Agostini : Sei secoli di oreficerie. Artisti e committente internazionali e isolane nell’etnea Randazzo .
  –  Walther Leopold : Architetture del medioevo in Sicilia a Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia e Randazzo”. 
     Berlino 1917 . 
  –  Nino Grasso : Portale di Mariologia – latheotokos.it  .
  –  Maria Teresa Magro : Museo Archeologico Vagliasindi .
  –  Vito La Mantia : Le consuetudini di Randazzo (1903) .
  –  Enzo Crimi : Randazzo e il suo Territorio. Al Quàntara la Valle Incantata
  –  Emanuele Mollica : De Quadro (una storia prende vita) – Baronessa De Quadris
  –  Mario Alberghina : Ospedale Civile Randazzo – 1470/1864 
  –  Stefano Bottari : Le oreficerie di Randazzo
  –  Domenico Ventura : Randazzo e il suo territorio tra medioevo e prima età moderna. 
 
  –  Camerata GirolamoTrattato dell’honor vero, et del vero dishonore
 
 –  Santo Carmelo Spartà detto Don Santino : storico-scientifico di Randazzo
  – Sladen, Douglas Brooke– Sicily – The  New Winter Resort By ( pag. 462/468)
  –  Pietro Virgilio : Randazzo e il Museo Vagliasindi .
  –  Fabrizio Titone : Il caso dell’universitas di Randazzo nel tardo Medioevo .
  –  Paolo Vagliasindi Basiliano : Discussione Storica e Topografica di Randazzo (1835)
  –  Davide Cristaldi : L’Aquila Marmorea del Castello di Randazzo .
  –  Gesualdo De Luca : Elogio funebre per Sua Maestà Ferdinando II Re delle Due Sicilie .
  –  Raimondo Diaccini : Vita del Beato Domenico Spadafora .
  –  Fernando Mainenti : Il castello di Randazzo: architettura, storia, miti e leggende popolari .
  –  Francesca Passalcqua : 1787 /1805  L’intervento di Giuseppe Venanzio Marvuglia nella fabbrica di 
     Santa Maria a Randazzo .
  –  Mariangela Niglio : La Conservazione della Cinta Muraria di Randazzo .

 

 

 

 

 

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