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Le fornaci del quartiere di San Giuliano di Carmelo Venezia

                                                          

Carmelo Venezia     Esistono, durante la vita di una persona, periodi di difficoltà morale,  causati  da circostanze dolorose ;  lontananza, malattie,  perdita di persone  più che cari.  Per qualche anno, non ho più voluto continuare a scrivere  il mio diario di un tempo piu’ che passato. 

Innanzi tutto, debbo ringraziare il Prof. Nunziatino Magro ; malgrado  le distanze che ci separano,  telefonicamente mi ha incoraggiato  a riprendere la mia penna, ridandomi il gusto per esprimermi  e di rimemorare il mio  passato.
  Ma, prima di continuare, desidero  chiedere scusa a tutti i miei amici e intellettuali, per l’uso del mio  semplice vocabolario.  In verita’ non ho mai frequentato le aule  e i banchi delle Università. Rappresento una vecchia generazione randazzese possedendo semplicemente un modesto diploma elementare. 
 Ma , amo moltissimo , non solamente la mia città di Randazzo perche’ è stato il luogo della mia nascita,  ma anche i resti delle sue opere d’arte  che  i nostri alleati non hanno osato demolire nel periodo dei  bombardamenti del luglio e agosto 1943.    Spesse volte, mi siedo alla terrazza del mio modesto  appartamento, ammirando il panorama del Principato di Monaco, con le sue moderne costruzioni destinati ad una classe sociale privilegiata e milionaria. 
   Talvolta, socchiudo i miei occhi, facendo divagare la mia mente ed anche il mio pensiero, percorrendo le vecchie stradine dei nostri antichi quartieri di Santa Maria, S. Nicolò e San Martino della nostra  città, luoghi riposanti, pieni di misteri, aneddoti, storie, li’ dove molti anni indietro, erano animati con la presenza di artigiani, carrettieri, contadini , musicisti, pastori, intellettuali,  moltissime signorine ,sedute davanti le loro porte d’ingresso, ricamando la loro  dote eseguendo un lavoro  d’arte e talvolta prezioso, dando vita e animazione a questi luoghi storici. 
  In certi periodi delle stagioni,  sentivamo  gli odori del vino, delle mele  e di altri frutti, che  i nostri antenati e le nostre mamme   avevano l’arte  ed il segreto di conservazione   per il periodo invernale. 
   Ma, ritorniamo  alla realtà. 
  Qualche anno indietro,  trascorrevo un certo periodo di  vacanza presso i miei  famigliari ; qualche giorno dopo il mio arrivo,  ricevo un cortese invito dal Prof.  Nunziatino Magro invitandomi   ad una lunga  passeggiata  piuttosto storica.   A bordo  del suo veicolo, abbiamo  percorso parecchi  kilometri , salendo  verso Santa  Domenica vittoria.  Ma, quale fu la mia sorpresa ? fermandosi, non solamente abbiamo ammirato  lo stupendo paesaggio della nostra Randazzo  ma  anche  il panorama dell’imponente  Etna  molto invidiata  dai nostri turisti stranieri. 
La seconda, è stata la  scoperta dei resti  di una  antica  cappella situata sul lato Sud dei Nebrodi dedicata  in passato  a San Marco
   Da  ragazzo, percorrevo spesso questo cammino  per recarmi  a Santa  Domenica Vittoria  soprattutto per assistere alla festa di S. Antonio , chiedendomi sempre , che cosa rappresentavano questi ruderi.  Penso, che qualche secolo fà ,  è stato  un luogo di raccoglimento  di pellegrinaggio, di raduno e di preghiera non solamente per i contadini ,numerosi  in questo settore agricolo, ma anche per gli abitanti delle  masserie e dei comuni limitrofi.
Finalmente,  dopo tanti anni, la mia curiosità è stata  ricompensata.  Penso, che qualche tempo indietro,  questo luogo è stato citato dal Dott. Salvatore Rizzeri  nel suo libro : Le Cento Chiese . 
     Riscendendo, dopo avere attraversato il Ponte di San Giuliano, l’ho pregato di fermarsi a sinistra su questo piazzale  chiamato volgarmente da noi randazzesi : U Stazzuni , in quanto che, volevo  far conoscere una antica costruzione dove attualmente esiste un mulino inefficiente chiamato dai nostri antenati :  Il Mulinello. 
L’accoglienza del  proprietario è stato molto cordiale e soprattutto amichevole .  Fiero di mostrare  non solamente la vecchia costruzione, ma anche il resto delle vecchie macine  o mole, con qualche resto di antichi accessori.  La  botte  situata sul  piano superiore , la quale serviva di riserva e di pressione, é in eccellente stato di conservazione  e di curiosità per gli alunni di tutte le scuole e soprattutto per  osservare   e  conoscere , i vecchi sistemi idrici usati nell’epoca passata.
   Scendendo, e passando dietro l’antica costruzione, la nostra  seconda grande  sorpresa, è stata di scoprire  una delle  antiche  fornaci , numerosissime qualche secolo fa , in questo quartiere di San Giuliano,  destinate alla fabbricazione  della calce  e nello stesso tempo alla cottura  delle tegole, mattonelle e recipienti di argilla.
  Ed è proprio di questo soggetto, di quest’ arte , di questi artigiani  più che artisti nella loro materia,  dotati di una straordinaria esperienza e di un sapere sconosciuto dai nostri  giovani, i quali  non hanno mai avuto l’occasione e la gioia  di ammirare il lavoro di questi talentuosi artigiani.
   Le fornaci  erano  state  costruite principalmente in questo quartiere ; numerose nei dintorni di  questo piazzale chiamato  come  avevo scritto prima : Stazzone :  in dialetto randazzese,  U Stazzuni.   Sopra questa superfice ,  dove  le costruzioni   in duro non esistevano,  c’erano   circa quattro fornaci ;  un certo numero appartenevano alle  famiglie  Arcidiacono, molto numerose fino agli anni   1960. 
   Altre, si trovavano  nei dintorni  della Via Regina Margherita , oggi chiamata  in onore  del nostro  concittadino  sindacalista e deceduto molto tempo   fa, Via Giuseppe Bonaventura.
   Una di queste, apparteneva  al Signor  Egidio Arcidiacono,  specializzato  nella fabbricazione di anfore, giare , vasi , lampade ad olio,
ed altri oggetti, i quali servivano  per conservare  l’acqua,  l’aceto , l’olio di oliva indispensabile  per la nostra  buona cucina. Questo artigiano, ha smesso la sua attività dopo il 1950 emigrando  come moltissimi dei nostri concittadini in Argentina.  
   Le ultime notizie  del signor Egidio, le ho ottenute nel dicembre del 1987.  Essendomi recato parecchie volte a Buenos Aires,  e dopo nella città di Haedo , situata nella grande  periferia della Capitale, dal nostro concittadino  Nino Luca, fratello del defunto Mario Luca,  all’occasione  di un incontro piu’ che affettuoso  e nello stesso tempo, per la visita della sua , grande fabbrica di mobili .
  Preciso,  che in questa Citta’ , vivevano  moltissime famiglie originarie della nostra  Randazzo.
  Il signor Egidio, si era stabilito  in un’altra regione ; forse nella città di Mendoza. 
   Diverse fornaci,  si trovavano  nei pressi  della chiesa del Signore della Pietà.  Un’atra, apparteneva alle famiglie Mazza ; salvo errore da parte mia, questa era vicino la discesa del Ciapparo. 
    Mi chiedo  sempre, perchè  i nostri antenati , avevano  dato questo nome  .   Oltrepassando la chiesetta, e andando a sinistra  seguendo la strada  che conduceva sia  alle vecchie  vasche di scarico delle fognature del comune ed anche  al vecchio Mulino di Citta’ Vecchia,  una di queste era proprieta’ del defunto Signor Alfio Bordonaro, padre del Dr.  Nunzio Bordonaro,  il  quale da  professionista, aveva creato  una vera  piccola industria  per la fabbricazione della calce e soprattutto   produrre  la migliore  qualita’ del prodotto.  
    Altre fornaci  si trovavano nel quartiere di Murazzorotto,   andando  verso il   lago Gurrida . 
   Anni passati,  questa zona era molto popolata,  dove ancora  si potevano contemplare molte  antichissime  casette costruite in pietra lavica a secco, esistenti  forse anche all’epoca araba, le quali, potevano servire  temporaneamente di alloggio  per i contadini e nello stesso tempo , come riserve di foraggio per nutrire asini, cavalli ,muli,  pecore , numerosi  in quel periodo.
   Ma quasi tutte sono state  demolite per ignoranza ed  incoscienza ,  costruendo casette certo moderne ,  ma  senza stile  ed in un modo piu’ che disordinato.

Monastero San Giorgio

Monastero di San Giorgio

   Un’ altra fornace molto antica, si trovava a fianco del muro di cinta della Citta’ tra il Convento di San Giorgio e la Via Duca degli Abruzzi esattamente a fianco dell’antica Porta dell’Erbaspina , chiamata anche , Porta del Quartarario ; esisteva anche una piccola fontanella chiamata dai nostri antenati, Fontanella dell’Erbaspina.
   Questo artigiano lavorava esclusivamente l’argilla per la fabbricazione delle Quartare, vasi, e diversi recipienti in terracotta. Desidero precisare  che questa porta con il suo semiarco e i suoi due pilastri,  era visibile prima del Luglio 1943. Una parte è stata demolita dai bombardamenti ; il resto, dall’incoscienza umana. 
   Le fornaci, potevano avere la forma di un grande  cubo  munito di  una corta ciminiera  oppure rotonde come un grande cilindro  di un diametro di parecchi metri,  munite  sempre di una ciminiera.  Il materiale  utilizzato,  erano  le  pietre laviche,  murate  con un impasto di  calce e sabbia dell’Etna .  L’ argilla  in certi casi  era  utilizzata    per  la  sua resistenza al  calore.  
    L’ interno, era  diviso in diversi piani ;  si accedeva attraverso una apertura situata a piano terra.  Il  sottosuolo  era riservato per il grande focolare, il primo perimetro , per la cottura delle pietre calcaree . Il piano superiore, per la cottura delle tegole, i mattoni, le mattonelle.  In seguito, le anfore, vasi, ed alti oggetti ad esempio  le lampade ad olio, molto utilizzate  nel periodo  della guerra  e specialmente nel periodo dei bombardamenti del luglio  e agosto 1943.  I  focolari, erano alimentati  con parecchie tonnellate di legno proveniente dalle nostre foreste comunali  ed anche da foreste private. 

DA  DOVE  PROVENIVANO  LE  PIETRE  A  CALCE ?        

La cava delle pietre a calce, si trovava  sul versante  Nord  dei Monti Peloritani parecchi kilometri dopo  il comune  di Santa Domenica Vittoria.
   Nella mia giovinezza, ho avuto una sola volta di visitarla in compagnia di un conoscente e  concittadino carrettiere , offrendomi un passaggio.  Preciso che questo signore, faceva il trasporto  di materiale edile. Non mi ricordo il nome  di  questa contrada ;  mi ricordo solamente che durante il tragitto , ho potuto ammirare  il magnifico paesaggio, ma anche  i lavori dei campi  eseguiti dai nostri bravi contadini.
  L’ estrazione delle pietre, era un lavoro molto faticoso e soprattutto pericoloso per  gli operai.  I mezzi  meccanici moderni non esistevano.   Tutto era eseguito con la forza delle loro braccia, a colpi di mazza , picco ed altri rudimentari arnesi per potere spaccare le grosse rocce, ottenendo cosi’ il volume desiderato. 
     Il trasporto  era eseguito con l’aiuto dei carretti  trainati dai muli e per i piu’ ricchi, dai cavalli.    Moltissime  famiglie di carrettieri della nostra città eseguivano il trasporto di   questo materiale, approvvigionando i proprietari delle fornaci.
   I carrettieri   partivano  nella notte, per ritornare  di buon mattino evitando cosi’ l’afoso calore  dell’ estate.  Il lavoro degli artigiani carrettieri,  era molto impegnativo  e faticoso , anche per gli  animali che in realtà erano  ben nutriti , ben curati  e ben protetti.          

IL LAVORO DELL’ARGILLA                      

  Diversi  proprietari di fornaci,  come avevo accennato prima,  si erano specializzati  nella lavorazione dell’argilla , fabbricando mattoni, mattonelle, anfore, piatti e casseruole, molto usate  dai nostri antenati  per la cottura dei cibi prelibati e gustosi.
  Queste piccole imprese,  erano proprieta’ di parecchie famiglie randazzesi.  Desidero citare  la famiglia  Mazza,  la famiglia  Bordonaro e soprattutto, le numerosissime  famiglie  Arcidiacono.
   Sicuramente,  ne esistevano altre , ma onestamente non ho mai avuto l’occasione di conoscerle.
   Per quanto concerna la famiglia Arcidiacono,  ho conosciuto i due fratelli , Luigi  e Battista,  intimi amici musicisti, che per molti anni, hanno fatto parte del Corpo Musicale di Randazzo, all’epoca in cui era diretto dal Maestro Lilio Narduzzi e sovvenzionato dal Comune di Randazzo e soprattutto con l’aiuto e la contribuzione degli abitanti  molto fieri del loro  complesso.
  Parlerò  di Battista Arcidiacono  nelle prossime pagine. 
   La  nostra argilla, era estratta  nel piano della Gurrida.  All’epoca, questo terreno , era molto argilloso.  In certe stagioni il fiume Simeto e  Flascio ,  non solamente alimentavano  il lago Gurrida ma anche moltissime superfici adibiti a vigne e ortaggi.  Alimentavano  anche un piccolo corso d’acqua che scorreva  ai piedi del Castello Svevo per finire nel fiume Alcantara. 
   Non posso precisare  il luogo esatto dove l’argilla era prelevata.  Sicuramente all’interno di certe proprietà private ed anche  nei terreni comunali pagando  una tassa.    Questa materia,  era trasportata con i carretti a Randazzo e depositata  sul luogo  di  lavoro.  Ma, prima di usarla, necessitava una lunga preparazione.  Depositata al suolo ed al sole per moltissimi  giorni l’ argilla  si riduceva cosi’ in finissima polvere.  In seguito, era depositata in un grande bacino dove era mescolata e dosata con una qualità di terra che ogn’uno di loro, conosceva il segreto ed il dosaggio.
   Il lavoro più faticoso, era quando tutta questa materia doveva essere mescolata, umidificata e pigiata da parecchi operai con la forza dei loro piedi e delle gambe, ottenendo così una materia  omogenea , malleabile e pronta per la lavorazione . 
   Gli artigiani, lavoravano a cielo aperto. Moltissime erano le donne, figlie di artigiani adibiti a questo lavoro. Sopra i loro banchi di lavoro ,confezionati in legno  oppure  con  i mattoni,  avevano  parecchi telai  in legno duro molto  resistente  all’umidità; per le tegole  di forma  trapezoidale, per  i mattoni  rettangolari, per le mattonelle in terra cotta,  i telai erano quadrati  a secondo la superfice richiesta dai clienti.  
   Per la confezione delle tegole, l’argilla era  spalmata  con le mani, livellata con una piccola regola nel suo apposito telaio, e dopo averla uscita dal telaio con l’aiuto di una piccola cordicella, era depositata sopra una forma  semi rotonda, e impermeabilizzata  con  un impasto liquido a base di argilla e depositata al suolo e al sole  per molti giorni ; in seguito all’interno della fornace  per la cottura.  Così per i mattoni ed altri oggetti.
   Giovane apprendista falegname, ho avuto parecchie occasioni di costruire molti di questi telai. Da ragazzino, vedevo lavorare molte donne ed anche uomini con una enorme rapidità. Questo lavoro era molto impegnativo ; per proteggersi dal sole, specialmente nei mesi estivi,  il loro capo era coperto  con un cappello di paglia oppure con l’aiuto di un grande fazzoletto .
Gli uomini, erano vestiti   con un semplice  pantaloncino, talvolta torso nudo  e con i piedi scalzi,  molto allegri,   fieri della loro arte e del loro sapere.      

COME  LE FORNACI ERANO PREPARATE ?     

Maestro Pippo Madè

   Il  primo  lavoro,  consisteva  allo sgombero  delle  scorie del grande focolare situato  nel piano inferiore ed alla pulitura  del perimetro interno .  Le pietre a calce, erano squadrate  con colpi di martello e mazza ;  parecchi  muri a secco erano costruiti  all’interno , occupando  cosi’ la  prima parte inferiore.  Le  tegole  , le  anfore , i grandi vasi ed altre  oggetti  da fare cuocere, erano situati sulla parte superiore.
   L’ entrata  veniva murata,  lasciando  semplicemente  un’ apertura  per  l’alimentazione del focolare   con piccoli  tronchi  d’alberi , truccioli ed anche  con enormi  mazzi di legno secco  di poco  valore , usato  generalmente per questo  lavoro.
   Il  focolare  acceso,  la fornace  doveva  essere  alimentata  e soprattutto  sorvegliata  giorno  e  notte  per  parecchi  giorni.   Talvolta,  e questo dipendeva  della quantità del materiale  da cuocere,  circa una settimana. 
  Nel periodo della mia giovinezza,  ho avuto molte occasioni  di percorrere di notte in compagnia di  mio padre  Giuseppe  e mio  nonno paterno  Carmine Venezia , mugnai di professione, la strada  che partiva   dal  vecchio mulino di Citta’ Vecchia, e che conduceva  verso la chiesetta del Signore  della Pieta’,  soffermandomi  vicino a queste  fornaci , per ammirare le fiamme che sgorgavano dal focolare  e della ciminiera ,  creando  cosi un  gioco  d’ artifizio , sviluppando  non solamente  un  grande  calore ,  ma  anche  un fumo  molto  denso ,  soffocante ,  rendendo  ancora più faticoso  il lavoro  degli operai .
   Durante  la cottura  della calce, le fornaci  erano  soggetti  ai cambiamenti  atmosferici ;  un  giorno,   parlando  con il Signor  Bordonaro,  proprietario  di questa  grande  fornace  situata in questi  paraggi ,  mi spiegò che  un cambiamento  atmosferico  durante  la cottura , poteva  influenzare  sulla durata del  fuoco.  Non posso precisare quanti gradi erano necessari per ottenere una eccellente qualità di calce ; forse  circa  900 gradi .
   Questi talentuosi artigiani pieni di esperienza e di maestria, conoscevano il momento in cui la fornace doveva essere spenta.  Talvolta, una settimana di tempo era necessaria per raffreddare l’insieme di questa piramide, e accedere all’interno recuperando   tutto il materiale  il quale era venduto a tutti gli artigiani edili  ed anche ai privati  per la costruzione e la copertura delle nostre  vecchie e moderne dimore.
Per la preparazione delle pietre a calce, i nostri artigiani muratori usavano un metodo molto semplice ;  creavano  un piccolo bacino di una profondità desiderata e secondo la quantità di calce da fare sciogliere.
  La  pietra a calce  già cotta, veniva depositata nel fondo di questo bacino e ricoperta con molta acqua. La calce al contatto con l’acqua, si scioglieva, sviluppando  un forte calore che talvolta al contatto della pelle  e del corpo, causava moltissime ustioni.
   Dalla calce sciolta,  qualche giorno dopo , si otteneva una materia  bianchissima e cremosa, la quale mescolata con la sabbia dell’Etna e con una certa dose di acqua,  ottenevano così un impasto per la costruzione  dei muri in pietra lavica ma anche per costruire case ed altre opere.    Serviva  anche per imbiancare  i muri e le pareti . 
   Possiamo anche dire, che tutte le costruzioni  della nostra vecchia Citta’, sono state eseguite e realizzate con questi materiali.  Voglio precisare un dettaglio molto importante ; nei  secoli  passati, la calce prodotta  dai nostri artigiani, era molto usata da tutti gli artisti frescanti , specializzati  nelle esecuzioni  degli affreschi.
   Ma, prima di usarla, ciascuno di loro, aveva il loro segreto di conservazione. 
   Moltissimi artisti di grande nome, conservavano la calce all’interno delle botti di legno per circa  venti anni cioè conservata per le future generazioni ;  per i  loro figli ed anche per i nipoti. 
   Non sono capace  di spiegarvi  l’effetto e la reazione chimica  di questa materia , dopo molti anni  di conservazione, posso invece affermarvi,  che questo metodo è esistito.  Onore  ai nostri artisti del passato , i quali  ci permettono di ammirare gli affreschi  e capolavori  dopo molti secoli passati.
  Molte cose si potrebbero scrivere  concernante la preparazione di questi  lavori ; ma il soggetto  è troppo importante.
Nelle precedenti  pagine,  avevo accennato   il cognome  delle famiglie  Arcidiacono.  Mi  permetto ancora di parlare  di Battista  e Luigi ;  due fratelli  che pur essendo specialisti dei lavori in terracotta erano anche due eccellenti  musicisti.
  Per molti anni, hanno fatto parte  del Corpo Musicale di Randazzo ; prima sotto la direzione del Maestro  Marrone , dopo sotto la direzione del  nostro  talentuoso maestro  Lilio  Narduzzi , deceduto a Roma  molti anni indietro.
  Ho avuto  l’onore  di averli  frequentato  dal  1950 al gennaio 1957  facendo parte  anch’io  di questo  prestigioso Complesso musicale  molto  amato da noi Randazzesi . 
  Mi  ricordo , che  tutte le domeniche  e nei giorni festivi  nel periodo  estivo,  i  cittadini   potevano assistere   e  ascoltare nelle piazze  comunali  concerti  di musica  lirica e non solo.
   Colgo  l’occasione  per ricordare un artista  dimenticato da noi randazzesi , deceduto
 a Milano qualche decennio  indietro: Battista  Arcidiacono ,  da  giovane,  a parte le sue qualità artigianali,   possedeva  una   eccezionale  dote musicale . Primo  Trombone  solista  del  Corpo musicale  sotto la direzione  del Maestro  Lilio  Narduzzi . Battista,  era sempre  alla ricerca della  perfezione , dei coloriti  e  della  raffinatezza  musicale. 
   Una  sera,  , i componenti  del  Complesso , eravamo  riuniti  nella sala del Concerto  della  Via San Giacomo per la  ripetizione  generale  di una romanza  dell’opera  Rigoletto  di Giuseppe Verdi . Il  maestro  Narduzzi  con la sua  bacchetta , chiama con un segno il primo  trombone solista !    La risposta  è stata  più che negativa !  nessun  suono.  Battista, invece di suonare,  si é messo a cantare  la romanza  mettendo un po’ in collera  il maestro ; ma dopo qualche secondo,  la collera si è  trasformata  in un grande sorriso paterno  facendo  anche ridere  tutti i componenti del Corpo  musicale.  Battista, possedeva una bella voce  ,un  orecchio  più che perfetto  sempre alla ricerca della  sensibilità  musicale.
La sua esecuzione  della Cavatina di Figaro del  Barbiere di Siviglia  era  eccezionale ;  un vero delizio per  gli  appassionati della musica lirica.  
Come  moltissimi  randazzesi,  nel periodo   del  1960  è partito per Milano, continuando  a perfezionarsi  nella storia musicale . Mi  è stato riferito  che dirigeva  un complesso  musicale, dedicandosi  anche  alla composizione.
    Ho avuto l’ occasione di rivederlo a Randazzo nel periodo estivo con il complesso  Marotta  presentando  prima dell’esecuzione  dell’ opera musicale,  i dettagli  storici  dei grandi compositori  italiani.  
   Tante storie  potrei  scrivere concernente  certi componenti  del vecchio  Corpo Musicale di Randazzo. 
  Non  volendo cambiare i miei  propositi ,  prima di terminare  questo modesto  diario,  desidero  semplicemente  citare  qualche cognome  di  concittadini  , facendo parte del Corpo musicale  negli anni  1950 ed  anche dopo.
   Gaetano  Lazzaro , grande clarinettista,  grande  copista, dotato di una eccezionale calligrafia musicale ,abitava in Piazza San Martino , allievo del Maestro Marrone,  primo clarinetto  A  sotto la direzione del Maestro Narduzzi .  Il  nostro   concittadino è deceduto  a Milano ,      Carmelo  Scalisi ,  primo clarinetto , di professione  ebanista.
   Salvatore  Mendolaro , clarinetto,  di professione calzolaio
   Salvatore  Raciti , primo clarinetto , accompagnato  dal figlio  Mario  Raciti  trombettista. In realtà Mario suonava parecchi strumenti. Voglio  ricordare  ai nostri giovani  randazzesi ,  che il Signor  Salvatore  Raciti , era un grande maestro  scalpellino ; accompagnato  dal figlio Mario,  verso gli  anni 1947  cioè nel dopo guerra,  le dobbiamo  il restauro  del Chiostro , colonne , banchine  e  finestre  del  nostro  Palazzo  Comunale , la  realizzazione  della  scalinata  del  Santuario del Carmine ,  moltissimi  lavori in pietra lavica , e innumerevoli monumenti  funerari . 
   Pietrino  Grasso , anche lui  suonava  il clarino  ed anche  i  saxsofoni . Eccellente  copista sicuramente  negli  archivi  del Complesso  Marotta,  si possono  trovare  ancora  molte  partizioni  musicali  trascritte  dalle  sue  mani.
Per  completare,  voglio accennare  la fine delle nostre  antiche  fornaci. 
   Nel quartiere  di San Giuliano  e nei  pressi della  Via  Carcare,  quasi tutte le fornaci sono state demolite .  Ci sarebbe  da  conservare  e proteggere  ancora qualche fornace più che nascosta e che  sarebbe  dell’ epoca  Araba , non  voglio citarla , per paura  della  demolizione.
Ricordo, la sera  dell’ 11 agosto 2001 in occasione  dell’ inaugurazione  della  Grande  Esposizione in onore  di Federico II , realizzata  dall’artista  siciliano Pippo MADE’   e presentata  all’ interno del Chiostro Municipale dal   Rev.mo Monsignore Santino Spartà Dopo la presentazione di questa  grandiosa esposizione, dei  suoi oggetti preziosi e del suo libro, terminò il suo discorso  accennando  la delicata questione  della  protezione e  della conservazione  dei resti antichi lasciati  per miracolo  in salvo  dopo  i bombardamenti  del  luglio e agosto 1943 . 
   Ascoltai  e  ammirai il coraggio di  questo  eminente religioso , affermando  pubblicamente  che questi,  non sono stati  ne curati  ne apprezzati  da certi cittadini .   Noi  dobbiamo essere fieri  di avere  un religioso intelligente , un uomo di  lettere , dotato di un grande sapere ,  con moltissime buone  idee  non   solamente  al livello amministrativo ,  ma anche  per la protezione dei nostri monumenti,   e per lo sviluppo del turismo locale. 
   Molte volte le sue buone idee non sono state ben seguite ed eseguite da certi dirigenti  della nostra Amministrazione .  La citta’ di Randazzo, ha bisogno di un grande sviluppo economico. Molti giovani  non hanno occupazione . Per rimediare a questa  grande lacuna, male cancerogeno della nostra epoca, due soluzioni esistono ; rilanciare  l’ agricoltura e il turismo.
    Non dimentichiamo  che il nostro territorio, è stato  sempre   una grande zona artigianale e agricola.  Produrre locale, significa creazione di posti di lavoro e impieghi per i nostri giovani , evitando così l’immigrazione  e la separazione dell’unità famigliare. Nelle contrade del nostro Comune, esistono ancora bellissime proprietà agricole con sontuose palazzine antiche di una vera bellezza architetturale inestimabile.
   Ammiro  sempre, il coraggio  dei proprietari, i quali con la forza fisica e mentale, malgrado gli inconvenienti  amministrativi, riescono con molta volontà e gusto,  al restauro,  trasformandoli in  alberghi,   ristoranti  e luoghi di vacanza , creando  qualche posto di lavoro per i nostri giovani .
      Ma, tutti  i cittadini  randazzesi  amano le  nostre antiche costruzioni ?   Trovandomi  molto distante  della mia amata Randazzo, la mia risposta è forse negativa.
   Senza  la forza  e la fede  degli abitanti, un giorno o l’altro , moltissimi vestigi antichi e meno antichi, saranno distrutte .  Non desidero impicciarmi  di certi affari . Ultimo caso , la parte  antica Est  del vecchio palazzetto  Germana’ ; questa piccola particella piu’ che antica,  è rimasta per miracolo in piedi  dopo i disastrosi  bombardamenti del 1943. 
  Da ragazzo,  ho conosciuto il vecchio palazzetto ; potrei anche  descrivere  come era , il pianoterra, era occupato  da parecchie botteghe  di artigiani ; falegnami, barbieri,  stagnini e venditori di buon  vino.
    Era possibile salvarla ?  questa particella, poteva essere inglobata nella nuova costruzione ?  Non essendo un esperto  in questa materia , non posso  rispondere a queste spinose questioni.
 Amici miei randazzesi,  amministratori comunali di tutte le tendenze ,   avete pensato al salvataggio  del nostro vecchio  Convento  di San Giorgio ?   al nostro Convento  dei Frati  Cappuccini ? al nostro rinomato  Collegio  San Basilio ?     volete  che questi monumenti cadono in rovina e dare via libera ai demolitori ?  Sarebbe un gesto ed un atto più che grave .
Il turismo,  si attira  proteggendo le vecchie pietre e non costruendo muri  in cemento  oppure in calcestruzzo . 
Ho avuto  diverse occasioni  di visitare  molte regioni della Francia  con i suoi sublimi antichi villaggi ;  talvolta  abbandonati  a causa delle guerre e delle carestie , oggi  risuscitati  dal  disastro , con la forza  e la volonta’ dei cittadini , ridando vita a queste antiche dimore , attirando molti turisti  e  molto benessere per gli abitanti.
Con la volonta’ e l’aiuto delle numerose associazioni locale,  nei nostri antichi  quartieri, molte cose  si potrebbero imbellire ;  molti abitanti lo fanno, mettendo in valore i lavori in pietra lavica, archi di porte , finestre, balconi ed altre belle cose. 
   Di ritorno nella mia Randazzo,  mi rendo conto  che certe mentalita’ e principi, non cambiano ;  pertanto, l’intelligenza e l’istruzione  esiste . 
  I cittadini randazzesi, possiedono un enorme potenziale  intellettuale , artistico e culturale .  Non dimentichiamo  che  le belle  realizzazioni culturali  , intellettuali  e architettoniche , si possono realizzare con le idee e la volonta’ di tutti gli abitanti , all’infuori  della politica e delle idee politiche.

Ringrazio il  Prof.  Nunziatino  Magro e la sua equipe  di T.G.R.  Televisione  Randazzo ,  il  Signor  Giuseppe Portale per le sue interviste ,  i suoi libri , per i suoi inteventi . Il Signor  Francesco  Rubbino per il suo sito   internet  “Randazzo . Blog” il quale con il suo lavoro  e le sue ricerche , ha onorato  e onora  la  memoria dei nostri  defunti  illustri cittadini ,   ma anche a noi immigrati randazzesi presenti  in tutti i luoghi d’Italia  e  del mondo .
Grazie  Signor Rubbino. Grazie  a tutti  coloro che hanno pubblicato  sui siti internet , e consultati  da noi residenti all’ estero.
   Auguri  a tutti i  cittadini di Randazzo , e che la nostra  Citta’ sia sempre piu’ bella, piu’ prospera, più tranquilla.
  Carmelo Venezia     Beausoleil   Agosto  2019 .                                                                                            

                                                                

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