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Magro M. Teresa- Considerazioni sui vasi plastici siciliani nella collezione Vagliasindi di Randazzo

 

Considerazioni sui vasi plastici siciliani presenti nella collezione Vagliasindi di Randazzo

 

I vasi plastici sono da considerarsi una classe fittile strettamente legata alla coroplastica. Di seguito si vuole proporre alcune notazioni tipologiche su un gruppo di esemplari provenienti dalla necropoli di Santa Anastasia di Randazzo in provincia di Catania rinvenuti nel 1886.

La collezione Vagliasindi.

La collezione Vagliasindi.

Il sito è conosciuto in letteratura sin dai primi del novecento, a seguito di una breve comunicazione di Paolo Orsi in Notizie degli scavi dell’Antichità del 1907, della campagna di scavi archeologici da parte della Soprintendenza Archeologica di Siracusa, un’altra campagna sotto la direzione dell’architetto Patricolo della Soprintendenza alle antichità di Palermo. I reperti, rinvenuti in occasione della prima campagna di scavo da Paolo Vagliasindi, rimasero di proprietà dello stesso proprietario del fondo ed erano esposti privatamente nel palazzo di sua proprietà fino al bombardamento aereo del 1943 che colpì il palazzo ed anche la collezione.
Nel 1996 furono esposti nel Museo Civico di Randazzo intitolato al suo scopritore dopo un’accurato lavoro di assemblaggio e restauro, mentre una considerevole parte è stata divisa i tra i musei archeologici di Siracusa e di Palermo.
Si deve a Barbara Heldring la coniazione del termine vaso plastico e la loro classificazione basata sulla distinzione delle caratteristiche vascolari e decorative, che la porta a suddividerli in tre gruppi.
  –   Il primo gruppo, il “ Syracuse group”, raccoglie gli esemplari dell’area sud est della Sicilia e per i quali propone come centro di produzione la stessa città.
 –   Il secondo gruppo raggruppa gli esemplari presenti nei centri del nordest della Sicilia e che denomina il “Randazzo group”, e il cui centro di produzione non sarebbe identificato.
  –  Infine il terzo gruppo, chiamato il “Selinunte group”, venivano prodotti in loco e con imitazioni nell’area circostante.

Riguardo agli esemplari del Museo Vagliasindi, nel catalogo della Heldring risultano 13 esemplari tra interi e frammentari attribuiti al Randazzo group ed un esemplare attribuito al Syracuse group, a cui aggiunge un esemplare del Museo Salinas di Palermo proveniente dagli scavi nella stessa necropoli. Per i due gruppi la Heldring propone due datazioni diverse, tra la fine del VI secolo e gli inizi del V per il gruppo siracusano e la seconda metà del V secolo per il gruppo randazzese.
Dopo i restauri e gli assemblaggi avvenuti prima della loro esposizione nel Museo Civico in realtà gli esemplari plastici risultano in numero di otto in quanto almeno tre frammenti indicati dalla Heldring sono stati ricomposti a formare un vaso configurato a colomba che presenta la testa rotonda con occhio di forma circolare applicato ed il becco appuntito. La vasca di forma allungata è desinente a ventaglio con il rendimento della coda con tratti a stecca, mostra la presenza di un beccuccio cilindrico di versamento sul un lato del dorso (Fig. 1).

La tipologia dei vasi può essere divisa in due categorie in base alla forma del contenitore, in quanto un tipo si presenta come un contenitore ovoidale allungato a cui vengono aggiunte le zampe, le orecchie, e la coda, e con l’aggiunta di due piccole appendici forate sul dorso e di un’apertura circolare che dimostra l’uso del vaso finalizzato a contenere dei liquidi. In alcuni casi è aggiunto un beccuccio troncoconico simile a quello dei gutti impostato sul dorso, come nel caso del vaso configurato a topolino (Fig. 2),

o su un lato come nel caso della colomba, il secondo tipo, costituito da un askos con tre sostegni tubolari e con l’inserzione di una parte modellata a pieno, conservando comunque le appendici forate che permettevano di sospendere il vaso in posizione orizzontale tramite una cordicella e l’apertura circolare al centro (Fig. 3).

All’interno di questi due gruppi si distinguono diverse tipologie decorative, che si differenziano : una prima tipologia con decorazione a motivo a tralci vegetali con foglie d’edera in vernice nera sovra dipinta sull’argilla che decora la parte superiore dell‘askos attorno all’apertura superiore e in sei esemplari (centauro, delfino, tre topolini), una seconda con la presenza di vernice nera che copre interamente la superficie (due topolini, due cavalli, e una colomba) che appare completa solo in un esemplare, mentre negli altri esemplari è visibile solo in parte (Fig. 4).

Per il primo tipo si distinguono due diverse fatture sulla base del colore dell’argilla utilizzata e per la tipologia decorativa, in quanto la maggior parte degli esemplari presenta la decorazione sul fondo dell’argilla di colore rosa pallido con un disegno piuttosto “affrettato” delle foglie d’edera, come nel caso del vaso configurato a delfino (Fig. 5).

Anche nel caso del vaso configurato a cavallo le briglie sono rese da piccole foglioline accostate, mentre nel caso di due vasi configurati forse a topolino (Figg. 6 e 7) la decorazione sovra dipinta vegetale è piuttosto accurata e a foglie perfettamente cuoriformi, così come il rendimento anatomico degli occhi e del muso reso da piccolo puntinato è stesa su un ingobbio lucido rossastro che lo contraddistingue.

Figg. 6 e 7

Figg. 6 e 7

Di tipo diverso è il vaso plastico configurato a centauro (Figg. 8 e 9) che presenta l’aggiunta di un busto umano modellato a pieno impostato nel recipiente che mantiene le caratteristiche dell’ esemplare configurato a cavallo. Il busto è modellato con le spalle piuttosto strette ed i pettorali evidenziati da solchi resi con l’uso della stecca ed evidenziati dall’uso di colore nero.
Le braccia, ripiegate al gomito e tese in avanti non complete, probabilmente sostenevano un attributo.
La testa di forma allungata, con la mandibola pronunciata e rivolta in avanti, presenta un naso dalle grosse narici, una fronte bombata, occhi resi tramite profonde solcature oblique con il rendimento della pupilla, ed una corta capigliatura a riccioli che copre il capo sormontata da un piccolo copricapo di forma triangolare.

Figg. 8 e 9

Figg. 8 e 9

Passando in rassegna gli esemplari di vasi plastici esposti nei musei siciliani è evidente che l’antropomorfizazione si presenta per lo più nella configurazione femminile, resa con l’inserimento della sola testa nell’askos come nel caso dell’esemplare proveniente da Santa Maria di Licodia del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, mentre resta assolutamente sino adesso isolato l’esempio maschile costituito da nostro centauro. Resta non chiara la sua caratterizzazione, definito di tipo caricaturale dalla Heldring ma che definirei piuttosto volutamente mostruoso. Tra le raffigurazione di centauro presenti nel mondo greco, per citare i più noti, sia la statuetta da Lefkandi del Museo Archeologico di Eretria (Fig 10), che l’askos del Museo Archeologico di Cos (Fig. 11) mostrano la voluta diversità del personaggio tramite delle anomalie, come è il caso della presenza di sei dita.

Figg. 10 e 11

Figg. 10 e 11

Il nostro centauro, che doveva probabilmente sostenere un ramo, come è consuetudine nelle raffigurazioni di centauri sui vasi, ma le cui braccia possono essere state volutamente rotte, e presenta anche un altro attributo, lo strano copricapo a piccole falde con tre punte che ricorda il petaso, è raffigurato in modo volutamente sgraziato e con un aspetto semi ferigno. È possibile tentare una identificazione del nostro centauro ? Un’ipotesi possibile che sia da identificarsi con chirone in quanto educatore di eroi, ma anche legato al mondo dei morti pertanto la sua collocazione in ambito funerario, sarebbe da considerarsi un messaggio implicito di educatore di fanciulli ma anche di accompagnatore o viaggiatore dell’oltretomba.

Benchè per i vasi plastici di Santa Anastasia non si hanno i dati di scavo per poter identificare l’età e il sesso dell’inumato, in altri contesti si hanno attestazioni della loro presenza in sepolture infantili, probabilmente utilizzati in rituali funerari come vasi per versare. Ma si ipotizza anche durante i riti di passaggio e di iniziazioni giovanili che potrebbero motivare la scelta dei soggetti quali la colomba e il porcellino presenti nelle statuette femminili di offerenti e dunque legati alla sfera femminile e ed il cavallo per la maschile.

Oltre ad un confronto stilistico sarebbe necessario effettuare delle analisi delle argille per l’indentificazione dei centri di produzione di questa classe ceramica che inizia a diffondersi con il declino delle importazione dai centri ionici di oggetti di lusso, quali i balsamari configurati probabilmente in connessione con gli avvenimenti politici del tempo, come la conquista persiana della Lidia e delle poleis greche d’Asia.

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List of illustrations

Title La collezione Vagliasindi.
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Title Fig. 1
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Title Fig. 2
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Title Fig. 3
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Title Fig. 4
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Title Fig. 5
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Title Figg. 6 e 7
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Title Figg. 8 e 9
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Title Figg. 10 e 11
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Maria Teresa Magro .

mariateresa.magro@virgilio.it

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