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Don Calogero Virzì- Salesiano

 DON SALVATORE CALOGERO VIRZI’ (1910 – 1986)

Il Salesiano don Salvatore Calogero Virzì, una tra le figure di più alta levatura nel panorama della cultura siciliana del XX secolo, per Randazzo e per tanti randazzesi è stato molto di più, un pioniere, una guida, uno stimolo, colui che ha acceso in loro il gusto, spesso sopito, della conoscenza e dell’amore verso il proprio paese.

Maristella Dilettoso – Randazzo

Don Calogero Virzì – Randazzo

Nato a Cesarò (ME) l’11 gennaio 1910, compì i primi studi nel paese natale, per frequentare poi il Ginnasio all’Istituto S. Francesco di Sales di Catania. Nel 1925 entrò nella Congregazione dei figli di Don Bosco, fu poi al S. Gregorio di Catania, all’Istituto D. Bosco di Palermo, come assistente dei convittori, e quindi al S. Domenico Savio di Messina, dove, nel 1934, fu ordinato sacerdote.Tornato a Catania, al S. Francesco di Sales, frequentò l’Università e nel 1937 conseguì la Laurea in Lettere Classiche presso l’Ateneo Catanese.
Quello stesso anno fu trasferito a Randazzo, all’Istituto S. Basilio.
E fu amore a prima vista, verso la cittadina piena allora, ad ogni passo, delle vestigia dell’arte del passato, inalterata nel suo assetto medievale, ma fu anche di breve durata: di lì a poco, nel 1943, in un solo, terribile mese di fuoco, dal 13 luglio al 13 agosto, quasi l’80% di quell’ingente patrimonio artistico sarebbe finito in un cumulo di macerie e di fumo.
Nell’introduzione al bellissimo volume sulla Chiesa di S. Maria (1984) “espressione di attaccamento a quella città che mi ospita da 40 e più anni, e di amore a questo suo monumento d’arte”, don Virzì ricorda: “venendo a Randazzo mi trovai in un ambiente consono al mio spirito… fu un dolce sogno per me… che purtroppo ben poco avrebbe potuto durare. Ho perduto…tutto, rimanendo con solo ciò che avevo addosso e col rimpianto della distruzione di tutto quello che era stato il sogno più bello della mia vita… Ed io, pellegrino doloroso, mi immersi in mezzo a questa rovina, cercando il passaggio tra i mucchi di macerie…ma ogni cosa gridava il suo dolore e il suo strazio”.
Trascorso quel primo, drammatico momento, in cui il sacerdote prestò la sua opera di soccorso, ad una popolazione troppo duramente provata, don Virzì avrebbe voluto salvaguardare il centro storico da interventi tempestivi quanto inopportuni, infatti l’urgenza di ricostruire, di ridare una casa ai troppi senza tetto, finì per arrecare danni irreversibili ai monumenti e agli edifici superstiti.
Di fatto, prevalsero allora le esigenze più concrete, e non possiamo oggi emettere verdetti col senno di poi, tanto più che, per farlo obiettivamente, dovremmo avere innanzi il quadro desolante che si ritrovarono i cittadini all’indomani dei bombardamenti, rivivere il loro stato d’animo, il dolore, la miseria, la fretta di riavere un tetto…
In un clima così poco adatto, per motivi storici e contingenti, a far sviluppare una lungimirante e scientifica cultura del restauro, a don Virzì non rimaneva che vigilare affinché, nell’ansia della ricostruzione, il patrimonio artistico di Randazzo non ne fosse stravolto.

Al Collegio S. Basilio, dove fino a qualche decennio fa confluirono giovani provenienti da ogni parte della Sicilia, ricoprì, per moltissimi anni, il ruolo di docente nel biennio del Ginnasio, conferendo all’insegnamento impartito un’impronta indelebile.
Da seguace di don Bosco, infatti, nutrì sempre un’attenzione particolare verso i giovani, indirizzandoli ai valori della bellezza e dell’immortalità. I suoi allievi d’un tempo, sparsi per ogni versante della Sicilia, ne serbano tuttora un ricordo riverente e affettuoso.
Non soltanto uno studioso, ma anche un grande educatore, nel senso più lato del termine: fu proprio attraverso la scuola che riuscì a instillare nei giovani l’amore e la conoscenza del proprio paese.
Sempre al S. Basilio fu, fino all’anno della morte, direttore e curatore della pregevole Biblioteca del Collegio.

Quando, nel 1971, venne istituito il Liceo Statale a Randazzo, fu chiamato a ricoprirvi il ruolo di docente di Storia dell’Arte.
Conferenziere, professore, studioso, don Virzì ebbe nella comunità randazzese un ruolo culturale attivissimo, che proiettò anche all’esterno: fu socio fondatore e membro combattivo della Pro Loco, dell’Associazione di Storia Patria Vecchia Randazzo, e della sua filiazione Arte S. Bartolomeo, Ispettore Onorario della Soprintendenza ai Beni Architettonici, Artistici e Storici, Istruttore in corsi per guide turistiche, Consulente esterno nella Commissione igienico-edilizia comunale, in qualità di esperto, senza tralasciare per questo l’impegno scolastico e sacerdotale. Fu assistente spirituale degli ex-allievi del S. Basilio, e gli si attribuivano doti di eccellente confessore.


Nel 1979 gli era stata conferita dal Comune di Randazzo, dall’allora sindaco Francesco Rubbino, la Cittadinanza Onoraria, atto questo che veniva a sancire, formalmente, quella che era già una realtà sostanziale, perché don Virzì era, di fatto, profondamente inserito nel tessuto sociale randazzese, ne aveva assimilato la cultura e il sentire, coltivava amicizie tanto nell’ambiente ecclesiastico che in quello laico.
Per l’occasione fu pubblicato il volume bio-bibliografico “Una vita dedicata a Randazzo: Salvatore Calogero Virzì e le sue opere”, curato dal prof. Salvatore Agati.

Quanto don Virzì avesse apprezzato, e forse atteso negli anni, quel gesto, lo comprendemmo tempo dopo, entrando nel suo studio, al Collegio S. Basilio, una cameretta stipata fino all’inverosimile di carte, documenti, scaffali traboccanti di libri, pareti tappezzate di stampe, cimeli artistici e riconoscimenti, dove campeggiava la pergamena consegnatagli nel 1979 per il conferimento della cittadinanza onoraria.
Nel 1984 la stessa comunità randazzese si riunì numerosa per celebrare, nella basilica di S. Maria, alla presenza del Vescovo Mons. Malandrino, il 50° dalla sua ordinazione sacerdotale.

Morì in silenzio e improvvisamente, il 21 novembre 1986

. A un anno dalla scomparsa, gli fu intitolata la Biblioteca Comunale di Randazzo, quasi a voler rappresentare l’attualità e la continuità del suo messaggio culturale anche tra le generazioni future. Per l’occasione nell’atrio dell’edificio fu collocato un suo busto in bronzo, realizzato dallo scultore Nunzio Trazzera.
Dalla mole degli scritti di don Virzì – molti dei quali non ebbero, pur meritandola, la sorte di essere dati alle stampe – promana serietà, impegno, dedizione, entusiasmo ed amore per la ricerca ed il sapere, quali traspaiono forse solo dalle pagine di un altro illustre studioso e cultore del bello, il suo amico e sodàle professore Enzo Maganuco, meritevole anch’egli di avere fatto conoscere ed apprezzare l’arte randazzese.
Quegli scritti sempre attuali, letti, consultati, citati continuamente, costituiscono una pietra miliare per chiunque si accosti alla conoscenza di Randazzo, e il fatto che il suo messaggio cresca e perduri nel tempo, l’avrebbe reso certamente felice e consapevole di non avere lavorato invano.
“Apostolo all’interno e all’esterno di Randazzo affinché la città possa di nuovo assurgere alla dignità che le compete” fu definito don Virzì, e anche se un giorno dovessero venire alla luce nuove fonti, nuove scoperte atte a mettere in chiaro i tanti punti oscuri del passato di Randazzo, nessuno potrà mai rifiutarsi di riconoscergli obiettività di storico, equilibrio, cautela nell’esaminare e vagliare le notizie, nel porre le fonti nella giusta luce, nel non emettere mai giudizi o conclusioni che non fossero suffragati da riscontri certi e incontrovertibili.
“A lui vada il pensiero delle nuove generazioni, aperto finalmente a questi problemi. Vada la riconoscenza di tutti i suoi abitanti che, in questo fortunato risveglio ai valori più apprezzabili della nostra cittadina, è giusto che esternino il loro riconoscimento verso coloro che operarono, apprezzarono e fecero apprezzare ciò che di bello e singolare i padri ci hanno tramandato”. Con queste parole don Virzì chiudeva un articolo dedicato al professore Maganuco. Eppure, profeticamente, erano parole che si potrebbero applicare alla sua persona!,

Il giudice Sebastiano Virzì fratello di Don Virzì.

Certo, nella sua azione di “nume tutelare” del patrimonio storico-artistico di Randazzo, don Salvatore Calogero Virzì dovette imbattersi in non poche incomprensioni, del resto un certo tipo di edilizia che andò diffondendosi, spesso spregiudicatamente, dagli anni ’60 in poi, come poteva conciliarsi con la patina che il tempo aveva impresso sulla pietra lavica, con quella visione di austera bellezza di una Randazzo anteguerra, che gli era rimasta impressa negli occhi e nel cuore?
“La creatività avvalorata dall’amore del soggetto è sempre prolifica…” ebbe a dire, in una sua pagina che ci è particolarmente cara, e, considerando la mole dei suoi scritti, se ne deduce un grande amore verso Randazzo, suo paese d’adozione, ch’egli, da forestiero, riuscì ad amare come fosse stato la sua patria, e che auspicava “semper virens, semper accrescens, semper vigens” (sempre rigogliosa, sempre in crescita, sempre piena di vita), come recita l’iscrizione sul basamento del Piracmone.
Randazzo con la sua storia affascinante di re e regine, Randazzo nei suoi monumenti muti, di nera lava, cui egli seppe infondere voce, Randazzo nelle sue tradizioni cristallizzate da secoli, nelle sue ataviche rivalità dei tre quartieri in lotta, Randazzo nella sua gente di ogni estrazione sociale, dei pochi acculturati del tempo, che gli dispiegavano innanzi i vecchi libri ed i tesori d’arte custoditi nei palazzi, delle vecchiette, dei poeti estemporanei, dei monelli, dalla cui viva voce apprendeva, per tesaurizzarli, vecchi scioglilingua, proverbi, scongiuri e preghiere…
Randazzo, infine, lacerata, bombardata 84 volte, in quell’estate del 1943, prostrata davanti alle proprie macerie e davanti ai propri morti. Ma, da quel terribile momento, molte cose si sono evolute.

Don Calogero Virzì, Don De Luca, Francesco Rubbino, Giuseppe Montera

Il patrimonio perduto non si può più riacquistare, tanti recuperi e restauri non furono curati con lo scrupolo dovuto, è vero, ma don Virzì ha seminato bene, e se oggi c’è un maggiore rispetto ed interesse verso i beni artistici e monumentali, è soprattutto merito suo, di quest’uomo dalla grande vitalità, dalla grande fermezza, e dall’immensa cultura, che, nulla togliendo ai suoi meriti di sacerdote e di professore, riuscì a risvegliare nei cittadini randazzesi il culto e l’interesse per il proprio patrimonio artistico e per le proprie radici, di averli fatti conoscere un po’ meglio, di avere gettato il seme dell’amore per la propria terra nelle nuove generazioni.

Gli scritti di Don Virzì
Oltre a numerosissimi articoli su periodici locali e nazionali (La Sicilia, il bollettino del Comune Randazzo Notizie , ecc. ) molti furono gli scritti lasciati, editi e inediti:
– Memorie storiche del Collegio S. Basilio di Randazzo (inedito, 1953)
– Randazzo e le sue opere d’arte (dattiloscritto inedito del 1956),
– Paesi di Sicilia: Randazzo (Palermo: IBIS, 1965).
Su Memorie e rendiconti dell’Accademia Zelantea di Acireale ha pubblicato:
– Il regio Castello di Randazzo (1968),
– Sulla venuta di Nino Bixio nell’agosto 1860 in Randazzo (1968),
– Randazzo 1848 (1980).
E ancora:
– Storia della Città di Randazzo (1972), manuale divulgativo per le scuole,
– Breve guida attraverso i monumenti artistici della città di Randazzo…(1973),  – Randazzo nella sua storia e nei suoi costumi (inedito, 1960),
– La Chiesa di S. Maria, su Historica (Reggio Calabria, 1971).
Ha dato inoltre alle stampe le guide illustrate:
– Alcantara (1975),
– Etna (1978),
– Taormina (1979),
– Cesarò.
Per il 21° Distretto scolastico ha collaborato a
– Un itinerario etneo (1983),
– Storia, Arte e folklore in Randazzo, Castiglione e Linguaglossa (1985), e curato
– Randazzo nei suoi costumi (1986),
– Randazzo e le sue opere d’arte, 2 v. usciti postumi (1987/89).
Ricordiamo ancora:
– I cento anni del Collegio S.Basilio (1979),
– La Chiesa di S. Maria edito dal Comune di Randazzo (1984),
– Il Castello della Ducea di Maniace, pubblicato postumo nel 1992.

Maristella Dilettoso 

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                               La “Batiazza” di Francavilla tra fede, storia e leggenda pubblicato il 06 ottobre 2015 

 

Salvatore Ferruccio Puglisi e Don Virzì

   Sarà il tema dell’originale pubblicazione, di imminente uscita, “Il Salto di San Crimo”, nella quale l’autore Salvatore Ferruccio Puglisi raccoglie gli approfonditi studi rimasti inediti di Don Salvatore Virzì sul monastero basiliano e sul suo fondatore Cremete. Partendo dal… Giro d’Italia del 1954, una cui tappa attraversò il Comune dell’Alcantara.

   Seconda incursione nella narrativa per Salvatore Ferruccio Puglisi, insegnante nativo di Francavilla di Sicilia, ma residente in Veneto per lavoro: ambientalista (è stato fondatore e presidente della sezione francavillese di “Italia Nostra”), naturalista, appassionato di fotografia, autore di documentari in diapositive, campione di corsa podistica e da alcuni anni anche scrittore. Puglisi aveva già avuto a che fare con l’editoria, inizialmente dando alle stampe delle pubblicazioni riguardanti rispettivamente la flora spontanea e le testimonianze preistoriche nel territorio della Valle dell’Alcantara per poi, cinque anni fa, cimentarsi nel genere del romanzo con “Gli zucchini di Loto”. Adesso è lui stesso a preannunciarci l’imminente uscita del suo secondo lavoro letterario, dove gli aspetti autobiografici si innestano nella ricerca storica.

   “Il Salto di San Crimo” sarà il titolo della nuova opera di Puglisi, interamente incentrata sul “leggendario” monastero basiliano comunemente denominato “Batiazza” (ossia “grande abbazia”) i cui ruderi (parti di pareti perimetrali, alcune strutture ad arco attestanti l’esistenza di un opificio per la vinificazione, una grande aia inamovibile, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, qualche tomba rupestre e tanti mucchi di macerie indistinte) svettano sulla sommità di un’altura dalla strana forma cilindrica e con pareti a strapiombo ubicata nel territorio del Comune natio dell’autore, ossia Francavilla, a meno di quattro chilometri dal centro abitato nelle adiacenze della strada che conduce a Mojo Alcantara e Novara di Sicilia.

Per quanto ci riguarda, abbiamo avuto il privilegio di leggere in anteprima il prologo di Salvatore Ferruccio Puglisi a tale suo scritto e ci ha già incuriosito l’originale approccio dell’autore alla tematica trattata: fatti e personaggi “austeri” dell’età medievale vengono, infatti, introdotti dal nostalgico “amarcord” di un evento per così dire “effimero”, ossia il passaggio da Francavilla della… seconda tappa del Giro d’Italia nella memorabile giornata del 22 maggio 1954, quando il Puglisi era ancora un fanciullino di sei anni.  L’autore attinge, dunque, alla suggestiva tecnica del “flashback”, spesso impiegata nel cinema e consistente nel partire da situazioni contemporanee per poi proiettarsi a ritroso nel tempo.

   Nel caso di specie, a fare da “ponte” tra passato recente e passato remoto è proprio quello “storico” pomeriggio del ’54, quando ai francavillesi festanti per il passaggio dal proprio paese della popolarissima competizione ciclistica nazionale si contrapponeva contemporaneamente l’esperienza parallela, ma profondamente diversa, di un intellettuale che in quello stesso giorno decideva di recarsi, in tutta solitudine, in escursione alla volta della maestosa rocca della “Batiazza” per tentare di carpirne i misteri, ma finendo col rimanere piuttosto infastidito dalla chiassosa e strombazzante carovana del Giro che, prima di addentrarsi nel centro abitato di Francavilla, transitò ai piedi dell’altura su cui a tutt’oggi si ergono i resti dell’antico cenobio.

   Lo studioso in questione altri non era che l’illustre sacerdote salesiano Don Salvatore Calogero Virzì, docente di materie letterarie al Collegio “San Basilio” di Randazzo, con il quale Salvatore Ferruccio Puglisi si sarebbe incontrato otto anni dopo essendone stato allievo in quinta ginnasiale presso il collegio del Comune etneo, che a sua volta, prima che nel 1867 gli ordini religiosi venissero soppressi, aveva fatto da nuova sede dei monaci basiliani, probabilmente trasferitisi dalla “Batiazza” perché andata in rovina (anche a seguito del disastroso terremoto verificatosi sul finire del XVII secolo) o a causa del clima rigido e delle avversità atmosferiche che, durante i mesi autunnali ed invernali, rendevano pressoché invivibile quel particolare lembo sopraelevato di territorio francavillese.

   «Il compianto Don Virzì – spiega Salvatore Ferruccio Puglisiha condotto un’accurata ricerca sul monachesimo basiliano e su San Cremete, fondatore e primo abate dell’eremo di Francavilla, intitolato a San Salvatore della Placa. Al sottoscritto e ad altri allievi che venivamo dal Comune dell’Alcantara, amava parlarci spesso di Cremete.

   «Ci raccontava, in particolare, che “nella seconda metà del secolo XI, sui monti di Placa viveva questo santo eremita, attorniato da vari animali selvatici che lui era riuscito ad addomesticare. Un giorno, accompagnato dalle sue docili bestie, si presentò al Conte Ruggero, che con il suo esercito si recava a Troina per combattere contro i Mori, il quale rimase affascinato dalla figura di quel mistico. Così, salito con lui sulla sommità della rocca, gli concesse di erigere in quel posto un monastero di cui Cremete diventò l’abate ed il superiore degli altri suoi confratelli.

   «Ma un giorno alcuni monaci non vollero più ubbidire alla sua regola basiliana e pensarono di liberarsi di lui buttandolo giù dalla rocca. Ciò malgrado, Cremete sarebbe rimasto miracolosamente illeso (morì poi il 6 agosto del 1116) e, da quel momento, cominciò ad essere considerato un santo”.

   «Da qui – prosegue l’autore – il titolo di questo mio nuovo scritto (“

Collegio San Basilio – Randazzo

Il Salto di San Crimo”), che peraltro è un’espressione già usata da Antonio Filoteo degli Omodei, storico di Castiglione di Sicilia del 1500.

   «Purtroppo Don Virzì, deceduto nel 1986 all’età di settantasei anni, non fece in tempo a pubblicare questo suo studio su San Cremete ed i basiliani, di cui resta solo una semplice bozza dattiloscritta. Mi sono quindi prodigato per avere una copia di essa e, con mia grandissima sorpresa, in quei fogli ho rinvenuto anche un intero paragrafo dedicato alla descrizione della visita fatta dal religioso ai ruderi del monastero il 22 maggio del 1954 quando io, ancora scolaretto di prima elementare, ero invece tutto preso, così come l’intera popolazione francavillese, dal passaggio del Giro d’Italia.

   «“Il Salto di San Crimo” l’ho dunque articolato in due parti: la prima riguarda il mio personale ricordo di quel pezzo di storia sportiva nazionale transitata da Francavilla, mentre nella seconda ho integralmente riportato quanto scritto dal prete salesiano su quella stessa giornata, da lui vissuta in un contesto totalmente diverso da quello di noi “gente comune”».

   Mentre oggi Salvatore Ferruccio Puglisi si occupa della “Batiazza” di Francavilla dal punto di vista storico-letterario, in passato se ne è occupato da ambientalista per denunciare, in particolare, l’inopportuna installazione di freddi ed antiestetici tralicci dell’alta tensione nelle immediate adiacenze di quell’angolo di antichità.

   Tornando a “Il Salto di San Crimo”, sarà questa la seconda pubblicazione interamente dedicata all’anacoreta francavillese ed alla sua “Batiazza”. Nel 2004, infatti, lo scultore Mario Restifo, anche lui originario della cittadina dell’Alcantara, si cimentò nella narrativa con il romanzo “Il Nido dell’Aquila”, ispirato alle vicende mistico-leggendarie di San Cremete, i cui resti del capo sono conservati in un reliquario di bronzo dorato ed argento custodito nella basilica di Santa Maria a Randazzo.

Rodolfo Amodeo

 

UNA VITA DEDICATA A RANDAZZO  di Salvatore Agati 

Salvatore Agati – Randazzo

Intorno alle ore 20:00 di venerdì 21 novembre si spegneva, sicuramente senza neppure accorgersene, al San Basilio di Randazzo, la casa salesiana più antica di Sicilia, il sacerdote professore Salvatore Calogero Virzì, dopo una vita interamente dedicata alla sua missione sacerdotale, alla cura dei giovani e al loro insegnamento, allo studio e alla ricerca storico storico-artistica.
E tutto questo egli seppe portare avanti con scrupolo, competenza e modestia, cosa oltremodo difficile da riscontrare nei tempi che viviamo.

Il nostro era nato a Cesarò, un paesino sui Nebrodi in provincia di Messina, da famiglia onesta e laboriosa, l’undici gennaio del 1910. Dopo avere ricevuto i primi insegnamenti nel luogo natio, lasciava la casa Paterna per frequentare le scuole ginnasiali al San Francesco di Sales di Catania.
A contatto con i Padri Salesiani coltivò e seguì la sua vocazione che lo avrebbero portato ad entrare definitivamente nella congregazione dei figli di Don Bosco nell’anno 1925.


Lo troviamo, subito dopo, a San Gregorio di Catania poi al San Paolo di Palermo e successivamente al San Domenico Savio di Messina dove, nel 1934, riceveva gli ordini sacerdotali.

Il giovane sacerdote, nello stesso anno dell’ordinazione, ritornava ancora a San Francesco di Sales di Catania. Ed era nell’Ateneo di questa città che aveva modo di continuare i suoi studi alla Facoltà di Lettere Classiche. Appena conseguita la laurea, era il 1937, veniva trasferito a Randazzo, l’antica cittadina che tanto lustro aveva avuto nel Medioevo, dove avrebbe avuto modo di rafforzare non solo le sue attitudini all’insegnamento, ma anche la sua passione per la storia e l’arte, a contatto con un immenso patrimonio, di cui diverrà negli anni, il conoscitore più profondo e qualificato. In questo suo slancio e attaccamento troviamo il significato della sua ininterrotta presenza a Randazzo, dove rimase per il resto della sua vita.
Da persona sensibile alla cultura classica e all’arte in particolare, dove si rimane incantato della vecchia città medievale che, sebbene già scalfita dal tempo ma ancora integra nell’originaria bellezza, gli offre un insieme architettonicamente omogeneo nelle mura di cinta e nelle torri di guardia, nelle chiese e nei campanili, nei palazzi e nelle case, nelle vie e nei vicoli, nelle piazze e negli slarghi, negli elementi decorativi e nei colori.
Se a tutto questo si aggiungono ancora l’impareggiabile oreficeria, le ricche e originali suppellettili sacre, le magnifiche tele e pale pittorica, le pregevoli e maestose sculture, patrimonio di una gara esaltante tra la popolazione, che nei tre quartieri ritrovava nelle rispettive chiese di Santa Maria, Santa Nicola e San Martino il fulcro di ogni alterità partecipativa, si capisce subito come l’incanto del primo contatto si sia trasformato in un ardente desiderio di ricerca attenta e di studio meticoloso, volto a svelarne ogni particolare storico ed artistico.


Se i ricordi di una lunga collaborazione tra un maestro e un discepolo possono diventare testimonianza e messaggio, posso affermare che l’amore di Don Virzì per Randazzo nacque dalla consapevolezza scientifica che la città rappresentasse uno “scrigno di tesori” da custodire gelosamente per una migliore conoscenza di tutto ciò che i siciliani erano riusciti, sui tanti influssi portati dall’esterno, a realizzare attraverso un proprio ed originale processo creativo: Randazzo, per gli aspetti di presenza e di continuità nei tanti filoni dell’arte, rappresentava per don Virzì la più significativa chiave di lettura per comprendere l’insopprimibile bisogno espressivo del popolo siciliano.
Non aveva Don Virzì, del tutto penetrato le pieghe del complesso patrimonio artistico dell’antica città medievale del valdemone, quando sopraggiunsero i terribili giorni del luglio-agosto 1943. Infatti, nel tentativo di forzare la ritirata dei tedeschi, attestatisi sull’Alcantara lungo il confine tra la provincia di Catania e quella di Messina, gli anglo-americani misero in atto una serie di incursioni aeree e di bombardamenti che rasero al suolo Randazzo. Nei giorni che seguirono, il giovane sacerdote mentre da un lato si prodigava a portare aiuto e sollievo alla provata popolazione, dall’altro non trascurava di annotare le distruzioni e le mutilazioni che l’insieme architettonico e artistico della città avevano subito.
Va ricordato che don Virzì fu tra i pochi a sostenere che la municipalità randazzese avrebbe dovuto richiedere al governo centrale la costruzione di una città nuova, da erigersi in continuità con il centro storico, anch’esso da ricostruire e restaurare. Ciò avrebbe evitato l’obbligatorio intervento del privato che, da solo, non avrebbe assolutamente potuto salvare l’antico.
Difatti così avvenne, per cui alla distruzione della guerra seguì quella di una ricostruzione affrettata e disordinata, ma comunque necessaria. Il guasto si verificò sia sul fronte della salvaguardia che su quello, non meno importante delle legittime aspettative per avere un’abitazione dignitosa e adeguata ai tempi. Se vogliamo, su questa primaria esigenza, si pose, subito dopo, il doloroso esodo migratorio.

Questa sua visione, va chiarito, non era assolutamente limitativa, quasi che lo studioso volesse mummificare il centro storico escludendolo da ogni attività futura, così come non intendeva certo alla ricostruzione di una città nuova avulsa dal suo contesto. Queste idee erano belle lontane dalla mente lucida e competente di Don Virzì.
Lo scopo, invece, era duplice: dare un’abitazione immediata alla popolazione, secondo l’urgenza, legata alle necessità di sopravvivenza che il momento richiedeva, salvaguardando il centro storico da una ricostruzione frettolosa, non per paralizzarlo, ma per attuarla in una fase successiva, secondo un programma ben definito di restauro e di conservazione degli elementi architettonici, stilistici ed estetici, per realizzare un complesso cittadino armonico, ordinato ed omogeneo, di cui il centro storico stesso avrebbe dovuto essere il fulcro.

La linea di azione di Don Virzì, da quel momento in poi, non poté indirizzarsi, di conseguenza, se non verso una mediazione tra i bisogni della gente e le aspirazioni dell’uomo di cultura convinto che si dovessero conservare tutte le testimonianze del passato. Il fatto di non essere riuscito a fare capire il senso della sua azione gli provocò il dolore più grande della sua vita.
Tuttavia, va precisato che mentre sarebbe riuscito a comprendere e giustificare gli interventi di ricostruzione dettati da necessità, non avrebbe invece mai scusato la mancanza di volontà e di comprensione della classe dirigente nel non aver saputo porre il problema della Ricostruzione nei termini in cui andava condotto.

Nello stesso periodo in cui maturarono questi avvenimenti, Don Virzì penso bene di dovere rivolgere la sua azione educativa verso i giovani.
E la frequentatissima scuola dei Salesiani gliene diede larga occasione. Ecco, quindi, i due filoni lungo e quali l’azione dello studioso si indirizzo: la ricerca e lo studio, da una parte, e la divulgazione dall’altra. Capì, altresì, che le sorti del patrimonio storico-artistico di Randazzo non sarebbero passate solo attraverso l’azione municipale, ma principalmente attraverso la sensibilizzazione degli uomini di cultura presenti a tutti i livelli.
E in questo la sua lezione fu senz’altro più incisiva e proficua: la città divenne punto di riferimento di quanti, ed erano pochi, continuarono a credere che la conservazione del patrimonio dei progenitori sarebbe stata di valido aiuto anche al risveglio dell’attività turistica.

Ed è così che si concretizza la sua azione permanente di educazione, di sensibilizzazione e di divulgazione alla quale si dedica con impegno, passione e costanza: conferenze, dibattiti, articoli su giornali e riviste, tutto tende ad approfondire e a far conoscere Randazzo.
Nella città,come ebbe modo di affermare durante una conferenza, egli vedeva la “chiave della Sicilia sia per la storia che per l’arte”. Fu un conferenziere dalle qualità espressive stringate ma complete nell’essenzialità.
Il suo disquisire fu tanto interessante da fare perdere la dimensione temporale all’auditorium, il linguaggio usato nelle descrizioni tecnico e semplice, fu proprio di chi conosce la storia dell’arte in ogni sfumatura.

Da corrispondente di molti giornali, con i suoi articoli, pubblicati su quotidiani e periodici a diffusione nazionale, riuscì a suscitare tale interesse nei lettori, anche stranieri, da indurli a visitare Randazzo per verificare se quell’atmosfera di suggestione che, con i suoi scritti, aveva saputo creare sulla cittadina, aveva riscontri con il reale. Ma la sua opera non si fermò solo alle conferenze e agli articoli. Pur privo di mezzi, ma non di volontà, andò oltre: animò l’istituzione della Pro Loco, fondò l’associazione di Storia Patria “Vecchia Randazzo”, divenne ispettore onorario della Sovrintendenza ai Beni Architettonici, Artistici e Storici, istituì e tenne personalmente dei corsi per guide turistiche randazzesi.
Ma il frutto più significativo e proficuo della sua attività sono le opere edite ed inedite. Ed è citandole che sono certo di rendere il miglior omaggio alla memoria dell’uomo, dello studioso, del sacerdote, del ricercatore attento che, con molta umiltà, mise il suo ingegno e la sua opera al servizio di Randazzo: “Randazzo e le sue opere d’arte” del 1956, “Randazzo” del 1965,  “Il R. Castello di Randazzo” del 1968,  “Sulla venuta di Nino Bixio nell’agosto del 1860 a Randazzo” del 1968,  “Storia della città di Randazzo” del 1972,  “Breve guida attraverso i monumenti artistici della Città di Randazzo”del 1973,  “Randazzo nella sua storia e nei suoi costumi” del 1975,  “Alcantara” del 1975, “Taormina” del 1979,  “Randazzo 1848” del 1980, “Un itinerario etneo” del 1983,  “La Chiesa di S. Maria di Randazzo”del 1984.
In ultimo, non si può non sottolineare un altro aspetto importante della personalità di don Virzì, cioè quello di educatore, che pose l’insegnamento a base del suo quotidiano lavoro. In più di 50 anni di cattedra, curò i rapporti con le tante generazioni in modo personalizzato, tanto che in Lui gli allievi videro sempre non solo il docente, preparato e puntiglioso, ma, principalmente, l’amico, l’uomo che, in ogni occasione, era pronto a dare consigli ed anche ad aiutare. Ed è per questo, maggiormente, che oggi tutti coloro i quali lo hanno avuto per maestro lo piangono.

Salvatore Agati .  Randazzo Notizie n.19 del novembre 1986 

 

Collegio Salesiano San Basilio Randazzo 1879-1979

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FRANCESCO RUBBINO

Francesco Rubbino nasce a Randazzo il 18 dicembre del 1947. Dichiarato dal padre Carmelo  il 2 gennaio 1948 ( era usanza del tempo dichiarare i figli maschi nati a fine anno in quello successivo per  ritardare di un anno il servizio militare).

Ha frequentato le scuole elementari  statali di Randazzo, le medie e il ginnasio presso il Collegio Salesiano San Basilio e ha conseguito la maturità classica al liceo Capizzi di Bronte. 

Assunto nel 1974 alla Esattoria Comunale di Catania e l’anno dopo  sposa Rosetta Proietto con la quale ha due figli: Carmelo (detto Lucio) e Valentina.

 

Direttivo del Club “Gli Amici”. F.Rubbino, R.Foti. G.Guidotto, A.Fioretto, N.Modica, C.Luca, A.Priolo, A.Rubbino, F.Salanitri.

Impegno nel Sociale,  nella Politica e nelle Istituzioni:

Nel 1963 a soli quindici anni fonda, assieme ad altri coetani,  il “Club gli Amici”, Associazione Culturale e Ricreativa che aveva lo scopo di avvicinare i ragazzi di diversi ceti sociali culturali,  organizzando conferenze, cineforum, recitazioni teatrali, gite ed altre attività.

Successivamente  inizia il suo impegno nella politica iscrivendosi nella Democrazia Cristiana. Eletto delegato giovanile della sezione,  entra a far parte della Direzione Provinciale e Regionale.

Dal 1967 al 1972 è responsabile della segreteria politica di Catania dell’on.le Francesco Parisi.

Alle elezioni amministrative 1970 viene eletto Consigliere Comunale di Randazzo.

Nel 1972 dopo una drammatica rottura nel gruppo della DC tra i giovani rinnovatori ( di cui faceva parte) e la vecchia classe dirigente, viene eletto Sindaco da una coalizione formata  dai giovani della DC, dal PRI e dal PSI con l’appoggio esterno del PSIUP e del PCI.

Dopo una breve crisi nel giugno del 1973 si dimette, ma viene riconfermato nella carica dalla stessa coalizione.

                  Elezione a Sindaco – 5 ottobre 1971

 

Da ricordare durante questo mandato:

  • La commovente cerimonia di consegna degli attestati di Cavaliere di Vittorio Veneto ai nostri Combattenti della Prima Guerra Mondiale.
  • La pubblicazione del libro “Storia di Randazzo” di don Calogero Virzì, ottenuta gratuitamente grazie alla disponibilità della tipografia Pantano di Messina. Libro distribuito a tutti gli alunni delle scuole dell’obbligo per far conoscere le bellezze artistiche e storiche  del Paese.
  • La realizzazione da parte dell’ESA della strada “Quota Mille con il ritrovamento da parte degli operai della ditta del “ PITHOS” che fa bella mostra nel Museo Vagliasindi.
  • La legge n. 44 del 22 luglio 1972 , ottenuta a furor di popolo,che autorizzava i Mercati Domenicali in Sicilia,  ove per tradizione si erano svolti. In esecuzione di questa legge, l’Assessore Regionale all’Industria e Commercio, con D.A. n. 558 del 13 settembre 1972 sanciva il diritto all’apertura del Mercato Domenicale nel Comune di Randazzo, di fatto esistente da oltre trentacinque anni.

S.Agati, maresciallo Fargnioli, F.Rubbino, un operaio, G.D’Amico

Alle elezioni del 1975 si presenta con una lista civica ed è il primo degli eletti. Segue una lunga fase di turbolenza politica dove si susseguono diverse amministrazioni. Nel 1979 dopo le dimissioni di Salvatore Agati (più per problemi personali che politici), viene rieletto Sindaco.

Da ricordare durante questo mandato:

  • Il Consiglio Comunale  conferisce la Cittadinanza Onoraria al sacerdote salesiano don Calogero Salvatore Virzì.
  • Il Consiglio Comunale revoca la delibera di adozione del Piano Regolatore Generale.
  • Nel corso di una riunione con la presenza dell’on.le Vito Scalia è stato richiesto di fissare un incontro con l’allora Ministro dei Lavori Pubblici on.le Nino Gullotti per sollecitare l’ammodernamento del tratto Bronte -Adrano della SS 284 per l’eliminazione delle molteplici curve pericolose ed il rifacimento del manto stradale. Questo per consentire un più agevole collegamento con Catania. Una  delegazione formata dal sindaco di Santa Domenica Vittoria rag. Salvatore Perdichizzi, dal sindaco di Maletto Filippino Bonina,  dal sindaco di Bronte  Prof Vincenzo Paparo, dal Sindaco di Adrano Gulino e dal sindaco Francesco Rubbino viene ricevuta dal Ministro che assicura un primo finanziamento di 500 milioni. Un ulteriore finanziamento di 500 milioni  fu stanziato dal nuovo  Ministro dei LL.PP. Dr. Stammati sollecitato in un altro incontro, promosso anche questo dall’on.le Vito Scalia, con i suddetti  Sindaci.

Alle elezioni amministrative del 1980, si presenta con la lista della DC, e viene riconfermato Consigliere Comunale.

Nel 1982 viene eletto Sindaco da una coalizione di centro-sinistra.

Da ricordare durante questo mandato:

  • Sollecitato dalla Delegazione dei Sindaci, si è recato con l’assessore Giuseppe D’Amico (PSDI), a Roma accompagnati dall’on.le Dino Madaudo dal Ministro dei Lavori Pubblici on.le Nicolazzi a cui hanno rappresentato la problematica della SS 284. Il Ministro sensibilizzato nel merito e rendendosi conto dell’importanza dell’opera, provvede a finanziare il completamento dei lavori. La realizzazione di questo primo tratto di strada è stata “seguita”  da alcuni cittadini di Adrano e Bronte che pensarono bene di anteporre la tutela dei propri interessi  a quelli  della collettività.  Comunque sia uno  straordinario miglioramento della strada c’è stato.
  • La elezione della prima Assemblea Generale della USL n.39 che era costituita dai comuni di : Bronte, Randazzo, Maletto, Maniace, Santa Domenica Vittoria.
  • La istituzione del Premio Piracmone.
  • La cerimonia di consegna di Attestati ai Sigg. Consiglieri Comunali delle prime due legislature.
  • L’Inaugurazione della statua di San Giuseppe in ricordo dello scampato pericolo dell’eruzione dell’Etna dell’anno precedente (1981). 
  • La pubblicazione del periodico “Randazzo Notizie”.
  • Ma soprattutto aver posto le basi per una lunga e duratura alleanza tra alcune forze politiche che garantisse alla Città un periodo di sana stabilità politica ed amministrativa.

A settembre del 1982 si dimette da Sindaco e da Consigliere Comunale per essere eletto Presidente del Comitato di Gestione della USL n.39.

Da ricordare durante questo mandato:     

  • Più di due miliardi di lire per la ristrutturazione dell’Ospedale di Bronte.
  • Ristrutturazione locali ex INAM
  • Ristrutturazione locali Servizio Territoriale Salute Mentale
  • Ristrutturazione uffici amministrativi
  • Ristrutturazione e totale rinnovamento dell’Ospedale di Randazzo ( inaugurazione con la banda musicale e alla presenza del Presidente Rino Nicolosi)
    Finanziamenti per oltre 4 miliardi per attrezzature tecnico/sanitari.
  • Scuola Allievi Infermieri Professionali, da una sezione con 25 allievi a 4 sezioni con 100 allievi che subito hanno trovato un impiego
  • Nomina di centinaia di professori ogni anno della Scuola Allievi Infermieri Professionali. ( quasi tutti dipendenti della nostra USL che cosi per alcuni anni hanno raddoppiato il loro stipendio 
  • Assunzioni per concorso pubblico di quasi 300 (trecento) tra personale Medico Amministrativo, Infermieristico, ausiliario e tecnico 
  • Riqualificazione di tutti gli infermieri generici dei presidi sanitari in infermieri professionali.
  • Creazione del Servizio territoriale della Salute Mentale

Nel mese di maggio del 1990 si dimette dalla carica di Presidente dell’USL n.39 per candidarsi nella lista della DC, alle elezioni amministrative di Randazzo dove risulta essere il più votato (la DC prende 18 Consiglieri su 30) ed eletto Sindaco con una coalizione DC-PSI.
Dopo un periodo di fattiva collaborazione tra le varie componenti politiche il PSI decide unilateralmente di ritirare l’appoggio alla coalizione e la DC, al fine di dare continuità amministrativa alla città, forma una amministrazione monocolore riconfermando alla carica di sindaco il Rubbino. Nel febbraio 1992, in considerazione della situazione politica nazionale, ritenendo opportuno dare alla città una amministrazione che coinvolgesse tutte le forze politiche presenti in Consiglio Comunale, preannuncia le proprie dimissioni in modo di poter favorirne  un accordo.
Dopo ben sette mesi di estenuanti trattative finalmente si raggiunse l’accordo e il 22 novembre 1992 viene eletto sindaco Giovanni Germanà (PCI).
Dopo alcune mesi il Germanà decide di dimettersi. A questo punto il Rubbino ritenendo non esserci più le condizioni per dare una Amministrazione forte e unitaria si dimette da Consigliere Comunale ed invita gli altri a fare altrettanto.

Il numero dei dimissionari non fu sufficiente a far decadere il Consiglio Comunale ed i restanti Consiglieri dettero via ad una nuova amministrazione eleggendo sindaco Francesco Lanza.

 Da  ricordare durante questo mandato:

  • Accertamenti più equi e giusti sulla tassa della spazzatura con notevole recupero di somme evase ed eluse.
  • Un finanziamento straordinario sulla legge regionale n.1 di 600 milioni per servizi e 600 milioni per investimenti.
  • L’affitto dei locali Fisauli per la Biblioteca Comunale.
  • L’incarico alla d.ssa Maria Teresa Magro della Sovrintendenza delle Belli Arti di CT per la catalogazione dei reperti archeologici del Museo Vagliasindi.
  • La riapertura del Palazzo Comunale come sede degli uffici comunali.
  • La Siciliana Gas inizia i lavori di metanizzazione della Città.
  • Statua bronzea raffigurante la Pace e la Libertà in quel momento compromessa dello scultore Nunzio Trazzera posta all’ingresso del Palazzo Municipale con una commovente cerimonia.
  • Inaugurazione dell’Istituto Tecnico Commerciale alla presenza del Presidente della Provincia di Catania dr. Diego Di Gloria 

Monsignor Malandrino e il sindaco Rubbino per l’inaugurazione del Municipio.

Il Presidente della Provincia dottor Diego Di Gloria il sindaco Rubbino durantle cerimonia di inaugurazione dell’Istituto Tecnico Commerciale.

Altri incarichi in Enti Istituzionali di Francesco Rubbino: 
Assessore della Comunità Montana Etnea con sede a Zafferana Etnea nel 1979
Presidente della Unità Sanitaria Locale n. 39 con sede a Bronte dal 1982 al 1990
Componente del Consiglio Nazionale dell’ANCI  (Associazione Nazionali Comuni d’Italia)  con sede a Roma dal 1986 al 1993
Componente del Consiglio Regionale dell’ Azienda Forestale dal 1994 al 1998 con sede a Palermo
Componente, Amministratore Delegato e Presidente della Società Joniambiente ATO ( ambito territoriale ottimale) CT1 con sede a Giarre ed attualmente in liquidazione.

 

Giulio Nido, Marco Patti

 

Agatino Cariola, Pino Aprile

 

Don Virzi, Don De Luca, F.Rubbino, Giuseppe Montera

 
 

Consiglio di Amministrazione ATO CT1 – Soc. Joniambiente Giarre

 

Associazione Sportiva Randazzo

 

Rubbino, Agati, Don DeLuca ……… Maresciallo Farglioli

 
 

Sala Consiglio Comunale Bronte – Sen Firrarello, F.Rubbino. A Caruso

 

La Famiglia Rubbino

 

Nino Franco, Mimo Campione, Antonio Vecchio, Umberto Cariola, Salvatore Munforte, Francesco Rubbino.

 
 

Alberto Angela, Francesco Rubbino – dic.2019

 

Philippe Daverio con Francesco Rubbino (Milano 6 febbraio 2020)

 

Consiglio Comunale – i 100 anni di Vincenzo Munforte. I sindaci: Francesco Rubbino, Ernesto Del Campo, Giuseppe Montera, Salvatore Agati.

 
 

Giuseppe Castiglione Presidente Provincia Ct con la rappresentanza politica/amministrativa di Randazzo.

 

A. Caruso, CRACCO, F.Rubbino, A.Cariola. – Milano 6 febbraio 2020

A.Vecchio, F.Rubbino, Carmelo Carmeni, Mimmo Campione – Agosto 2019

 

 

 

 

Io con Papà e al centro l’on.le Calogero Mannino

 

Sott.Segretario Interni on.le D’Alì-Francesco Rubbino-Maria Castiglione-Graziano Calanna-sen.Pino Firrarello-Aldo Catania-Gigi Saitta.

 

 

 

Rubbino, Del Campo, Montera, Agati omaggiano i 100 anni di Vincenzo Munforte.

 

 

Riapertura Ospedale 11 febbraio 1987 - Cipriano, on.le Ferdinando Basile, on.le Francesco Parisi, on.le Salvatore Leanza, on.le Pino Firrarello, on.le Rino Nicolosi Presidente della Regione

Cerimonia di riapertura Ospedale Civile 1 febbraio 1987 – il comandante Cipriano, On.le Francesco Parisi ,arciprete Vincenzo Mancini, on.le Rino Nicolosi Presidente della Regione.

 

 

                                                     Assemblea D.C. 2 febbraio 2003

 

 

  Il 17 settembre 2023 viene pubblicato da Amazon il libro di padre Luigi Magro Cappuccino “Cenni Storici della Città di Randazzo” (1946) a cura di Francesco e Lucio Rubbino. Il libro originale viene implementato da oltre 50 fotografie molte delle quali riproducono i ritratti degli Scrittori Storici a cui fa riferimento il Magro (al secolo Santo Magro). Le note bibliografiche sono 72 e le pagine 427.


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